Dalle “macchine per insegnare” all’iPad. Verso una scuola della mediocrità

by gabriella

Ho scritto questo articolo durante il ministero Profumo, quando i test INVALSI non erano ancora uno degli strumenti di valutazione delle scuole. Vi commentavo un testo pionieristico degli anni ’60 [alcuni stralci in fondo all’articolo], con cui Burrhus Skinner aveva provato a reinterpretare, ad un decennio dalla loro introduzione nella scuola americana, le “macchine per insegnare” (computer-assisted instruction) che aveva teorizzato nel contesto dell’applicazione alla didattica della psicologia comportamentista.

In queste riflessioni, Skinner ribadiva che le macchine per insegnare non costituiscono soltanto una innovazione tecnica ma rappresentano l’attuazione di nuovi princípi nel campo dell’insegnamento. Esse permettono infatti di “accelerare l’apprendimento” attraverso l’applicazione delle tecniche dell’istruzione programmata, basate sul rinforzo del comportamento corretto (l’insegnamento qui è semplice addestramento).

Questa tecnologia richiede però la ridefinizione degli obiettivi educativi non più in termini di “capacità da migliorare”, o di “processi mentali da sviluppare”, ma di comportamenti, prestazioni che si desidera produrre come risultato (osservabile e verificabile) dell’apprendimento [è questo il fondamento epistemologico dei test INVALSI]. 

friedrich_nietzsche_zeichnung_by_berzelmayrNella riflessione di Skinner è dunque già contenuta l’analisi di un modello scolastico le cui retoriche sono tratte dal linguaggio, familiare agli insegnanti, del cognitivismo (la didattica per competenze), ma i cui obiettivi sono quelli comportamentisti della riduzione dell’insegnamento ad addestramento a compiti più o meno sofisticati e della rinuncia all’educazione di una generazione: il programma della decostituzionalizzazione della scuola italiana, della nuova Zuchtung (in versione decisamente peggiorativa rispetto a quella conformistica, ma formativa, che Nietzsche detestava).

L’articolo presenta brevemente la psicologia e l’antropologia comportamentiste, segue una breve illustrazione della pedagogia e della didattica computer assisted e uno stralcio della riflessione critica di Skinner a dieci anni dalla sperimentazione negli USA delle macchine per insegnare. Qui, invece, la mia proposta didattica (rivolta ad un quinto liceo) in relazione ai test a risposta chiusa: Fighting (the fear of) the test.

Una nazione che distrugge il proprio sistema educativo, degrada la sua informazione pubblica, sbudella le proprie librerie pubbliche e trasforma le proprie frequenze in veicoli di svago ripetitivo a buon mercato, diventa cieca, sorda e muta. 

Apprezza i punteggi nei test più del pensiero critico e dell’istruzione.

Celebra l’addestramento meccanico al lavoro e la singola, amorale abilità nel far soldi.

Sforna prodotti umani rachitici, privi della capacità e del vocabolario per contrastare gli assiomi e le strutture dello stato e delle imprese. 

Li incanala in un sistema castale di gestori di droni e di sistemi. Trasforma uno stato democratico in un sistema feudale di padroni e servi delle imprese.

Chris Hedges, Perché gli Stati Uniti distruggono il loro sistema scolastico2012

 

L’antropologia di Burrhus Skinner

L’orientamento comportamentista

L’orientamento pedagogico e la didattica sono strettamente legate alla visione che si ha dell’uomo e dei suoi processi mentali. Per comprendere la teoria skinneriana delle “macchine per insegnare”, ovvero di un insegnamento inteso come addestramento, bisogna quindi prima di tutto considerare l‘antropologia implicita del comportamentismo (o alla teoria della mente), sulla quale Skinner e Watson basarono le loro tesi.

Il comportamentismo (o behaviorismo) è un orientamento della psicologia moderna che si sviluppa nel primo novecento in Russia (Pavlov) e negli Stati Uniti (Watson, Skinner), in reazione alle difficoltà del programma strutturalista (che segna la nascita della psicologia) il quale, in accordo con il clima positivista, ricercava metodi scientifici per la misurazione della “sensazione” (Fechner, Wundt).

I comportamentisti, soprattutto americani, conservarono l’idea positivista che conoscere scientificamente significasse soprattutto misurare e contestarono l’ambito scelto dagli strutturalisti tedeschi per la conduzione dei loro test. A loro giudizio, la sensazione, quale stato psichico interno, non era conoscibile, mentre lo era il comportamento umano che poteva essere osservato e compreso in termini di stimoli (S) e risposte (R).

Nel 1913, Watson affermò che gli eventi ambientali svolgono un ruolo determinante nel modellare il comportamento, il quale è sempre il risultato di un condizionamento stimolo/risposta. Ad ogni stimolo esterno corrisponde una risposta dell’organismo che, ripetuta nel tempo, determina l’apprendimento. A sua volta, Skinner sostenne che il comportamento è regolato da precise leggi e che manipolando l’ambiente è possibile controllare sia il nostro comportamento che quello degli altri.

Watson e Skinner ritenevano infatti che gli uomini fossero completamente malleabili (sono gli anni in cui i nascenti studi sulla comunicazione, sviluppano la Bullet Theory o teoria dell’ago ipodermico, secondo la quale i mass media sono potenti strumenti di manipolazione persuasoria di un pubblico amorfo e passivo) ipotesi che oggi la psicologia (e le scienze della comunicazione) rigetta(no) nei termini riduttivistici e semplificati del comportamentismo.

Nel 1954, Skinner scrisse che un buon insegnamento è il frutto di alcuni semplici accorgimenti:

• iniziare dal punto in cui si trova l’allievo senza dare nulla per scontato;
• non avere troppa fretta nel proseguire con un ritmo che l’allievo non è in grado di sostenere, ma rispettare il suo personale ritmo di apprendimento;
• non permettere mai che le risposte sbagliate restino senza correzione, né quelle giuste senza gratificazione.

 

La visione pedagogica skinneriana

teorie-comportamentistePartendo da simili presupposti, Skinner sostenne che le macchine per insegnare possono svolgere agevolmente questi compiti e rispettare queste regole anche meglio di un insegnante in carne ed ossa, e sono dunque destinate a diventare strumenti essenziali nel campo dell’educazione. Lo psicologo spinse anzi la sua profezia fino ad affermare che quando i calcolatori sarebbero diventati meno ingombranti e difficili da usare e meno costosi, sarebbero diventati un aiuto molto potente per l’insegnamento.

Skinner_teaching_machine

Teaching machine

Su questa visione riduzionista della mente – successivamente contestata dal cognitivismo e dal costruttivismo che aggiunsero l’elemento C (cognizione, elaborazione) allo schema S-R [S-C-R] , i comportamentisti edificarono un modello di apprendimento molto rigido, particolarmente adatto ad essere realizzato con le macchine (computer assisted learning).

Nell’apprendimento programmato di Skinner:

L’obiettivo didattico è definito a priori in modo rigoroso e formale;
• Le situazioni stimolo connesse con l’obiettivo didattico sono tenute il più possibile sotto controllo;
L’obiettivo didattico, considerato troppo complesso per poter essere illustrato globalmente all’allievo, quindi spiegato e appreso, viene frammentato in obiettivi parziali (nei quali si perde il significato d’insieme), il cui apprendimento è rinforzato separatamente;
• Le risposte dell’allievo sono costantemente tenute sotto controllo;
• Le risposte positive dell’allievo sono gratificate in modo sistematico e programmato.

Le critiche di riduzionismo e di aver proposto una visione semplificata della mente portarono la psicologia (e la psicologia dell’apprendimento) all’abbandono delle teorie comportamentiste, alle quali si sostituirono gli approcci radicalmente opposti del cognitivismo e del costruttivismo. Questi nuovi orientamenti misero l’accento sui processi interni e basarono la didattica su modelli capaci di tener conto dei fattori cognitivi (ed affettivi) che favoriscono il raggiungimento degli obiettivi didattici, e non soltanto degli obiettivi stessi.Cartoon_of_students_receiving_the_cane,_1888

L’apprendimento è ora concepito come un impegno attivo da parte dei discenti a costruire la propria conoscenza, piuttosto che come travaso della conoscenza dalla mente del docente a quella dello studente. La psico-pedagogia novecentesca, da Maria Montessori a Piaget, dalle Agazzi  a Dewey, è stata solo marginalmente comportamentista ed è per questo quasi totalmente identificabile con l’orientamento “attivista”.

Oggi, ci sono segnali di un possibile rovesciamento di prospettiva: test a risposta chiusa e standardizzazione della formazione stanno radicalmente modificando gli obiettivi formativi della scuola pubblica italiana, alla quale si affida ormai il compito di insegnare con le macchine (meglio se a piattaforma chiusa e proprietaria come gli iPad) e col bastone [il Ministro Profumo è, d’altra parte, un raffinato teorico di questo metodo]: in trenta per classe, con il tempo scuola tagliato, possono infatti essere raggiunti solo obiettivi semplificati [parcellizzati in unità didattiche prive di interesse esistenziale], dunque poco stimolanti per gli allievi, i quali possono essere disciplinati – come già osservava Dickens, solo col bastone].

Viceversa, i bisogni formativi indispensabili per muoversi in modo competente in un mondo sempre più codificato e complesso, saranno probabilmente soddisfatti da iniziative private, già oggi finanziate da uno stato che lascia crollare il proprio sistema dell’istruzione e ne delegittima sistematicamente l’azione, togliendo agli insegnanti gli strumenti minimi per sviluppare l’autonomia, la critica e il pensiero degli allievi. Stiamo andando verso una scuola della zuchtung (Nietzsche), dell’allevamento e della mediocrità.

Di seguito alcuni stralci tratti dal testo di B. F. Skinner, Studi e ricerche (la selezione di testi italiana è del 1976) nei quali si evidenzia, da un lato, il punto di vista dello psicologo su un insegnamento inteso come indottrinamento e, dall’altro, il disagio dell’uomo di scienza per l’entusiasmo di un business che interpretò radicalmente l’idea delle “macchine per insegnare”, come sostituzione del docente e dei contenuti editoriali all’insegnamento, altra tendenza decisamente attuale.

La scuola è un grosso affare. Le macchine d’insegnamento sono state presentate come una promettente industria, tanto che sono circolate mirabolanti previsioni circa le vendite dei testi programmati. Sono stati spacciati per macchine per insegnare dei dispositivi che erano stati costruiti o progettati senza alcuna comprensione della loro funzione o delle reali necessità d’impiego. Nessun autore, più di colui che redigeva un testo programmato, ha avuto un’accoglienza tanto calda presso gli editori. Molti programmi da usarsi con le macchine o come testi sono stati immessi nel mercato senza essere stati preventivamente sottoposti ad una valutazione.

 La “meccanizzazione della scuola” è stata intesa nel suo senso letterale, cioè quello di fare con la macchina ciò che prima veniva fatto dalle persone. Alcune delle cosiddette macchine per insegnare basate sul calcolatore hanno semplicemente lo scopo di duplicare il comportamento degli insegnanti. Automatizzare la scuola con insegnanti meccanici è come voler automatizzare la banca con ragionieri meccanici. Ciò che è necessario fare in entrambi i casi è un’analisi delle funzioni che devono essere espletate a cui faccia seguito la progettazione di un’apparecchiatura adeguata. Niente di ciò che ora conosciamo circa il processo di apprendimento richiede una strumentazione molto elaborata.

Una condizione importante è data dalla relazione esistente tra il comportamento e le sue conseguenze; l’apprendimento ha luogo quando il comportamento viene “rinforzato”. La potenza del rinforzo non è del tutto apprezzata da quelli che non hanno un’esperienza diretta con i rinforzi o per lo meno non hanno visto degli esperimenti dimostrativi. Elaborando le cosiddette contingenze di rinforzo è possibile provocare delle notevoli modifiche nel comportamento. Nelle discussioni dell’insegnante con i suoi studenti, nei libri che egli dà loro da leggere, nelle tabelle e nell’altro materiale che mostra, nelle domande che pone e nelle contingenze. L’analisi sperimentale chiarisce queste contingenze e suggerisce molti miglioramenti [B. F. Skinner, Studi e ricerche, 1976].

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