27 Maggio, 2014
by gabriella
Jérémie Fontanieu nella sua classe di Drancy
Potrebbe essere considerato il successore di Pennac questo venticinquenne parigino che si è inventato un modo per portare al successo scolastico i ragazzi di periferia, cioè studenti in gravi situazioni di svantaggio, distratti da situazioni familiari drammatiche e privi di motivazione-speranza di riscatto sociale o personale. Quel tipo di studente che riempie, ormai, anche le classi delle scuole italiane, giusto con meno implicazioni etniche.
Il prof. Fontanieu insegna economia e scienze sociali a Drancy – cittadina alla periferia nord di Parigi nota per essere stata lo snodo ferroviario principale per Auschwitz. Il suo metodo spicca per realismo e assenza di cornici pedagogiche: si limita ad insegnare con passione, arricchendo le sue lezioni di stimoli eterogenei, puntando tutto sulla cooperazione sinergica famiglia-scuola (contando sulla particolare sensibilità di quelle immigrate), sulla verifica settimanale degli apprendimenti, sulla semplicità e ripetitività dei compiti, calibrati senza fretta sulle reali capacità degli allievi.
Sembra aver capito a perfezione il significato della tesi di Vaneigem che «il lassismo non è il soffio della libertà, ma il fiato della tirannia», e non poteva essere che un giovane precario. Ne parla questa settimana Le Monde.
Jérémie Fontanieu, professeur de sciences économiques et sociales au lycée Delacroix à Drancy (Seine-Saint-Denis) a vingt-cinq ans, ce prof tout juste débarqué dans le «93» – par choix-, a décidé de se fixer un objectif de 100% de réussite au bac. A un mois des premières épreuves, il semble en passe de réussir. Une gageure dans ce lycée de banlieue à la réputation peu flatteuse.
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Posted in Didattica - Teoria, Pedagogia | 2 Comments »
27 Febbraio, 2014
by gabriella
Traggo da La letteratura e noi, questa riflessione critica sulla direttiva MIUR che invita ad individuare nei nostri studenti la presenza di bisogni educativi speciali.
Mi permetto di proporre alcune riflessioni in riferimento al dibattito in corso nel mondo della scuola e degli ambienti pedagogici sulla questione dei cosiddetti ‘bisogni educativi speciali’ che ha trovato una sua esplicita formalizzazione nei documenti del Miur di dicembre 2012 e marzo 2013.
Considero la questione estremamente delicata e complessa ma anche importante poiché è il riflesso di una concezione della scuola e di una visione della gestione delle differenze in termini di apprendimento, crescita individuale e collettiva. In sostanza ne va del modello di società che vogliamo costruire formando le future generazioni e quindi della nostra idea di democrazia.
Faccio rapidamente alcune considerazioni e pongo alcuni quesiti sui quali invito il mondo della scuola ma anche dell’educazione in generale a riflettere seriamente:
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Posted in Pedagogia, Scuola Pubblica | Commenti disabilitati su Alain Gousseau, BES. Quale inclusione?
12 Gennaio, 2014
by gabriella
Con la direttiva 17.12.2012 sui Bisogni Educativi Speciali, il MIUR ha richiamato l’attenzione su quella parte rilevante del disagio scolastico non legata a deficit cognitivo o a disturbi d’apprendimento (DSA) certificati. Gli studenti con bisogni educativi speciali sono, infatti, bambini e ragazzi, in condizioni di difficoltà (linguistica, psicologica o sociale) non includibili nelle prime due voci.
Un documento dell’Università di Bologna, evidenzia gli anacronismi (l’Unesco ha raccomandato già dal 2000 di sostituire l’espressione Bisogni Educativi Speciali con Educazione per tutti e non si tratta di un problema nominalistico), le arretratezze (il paradigma biomedico a cui i BES fanno riferimento attribuisce tutte le difficoltà d’apprendimento all’individuo, mentre il modello relazionale o “comunicativo”, decisamente più aggiornato, le interpreta come il prodotto dell’interazione tra l’individuo e il suo contesto), ed infine l’ipocrisia di una direttiva che invita la scuola a farsi carico della complessità educativa e sociale, senza specifico supporto economico, organizzativo, formativo: non sono infatti previste risorse per gli strumenti didattici, il numero di alunni per classe resta di 27/35, né si prevede l’assegnazione di insegnanti di sostegno o di formazione per gli insegnanti.
In questo contesto, la direttiva 2012 sui BES può ben essere definita, come osserva Ivana Prete nell’ultimo intervento, come uno strumento che «vela di inclusione una politica che giustifica l’esclusione» per quanto, paradossalmente, in quel teatro dell’assurdo che è ormai la scuola, capita persino di doverlo difendere.
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21 Maggio, 2013
by gabriella
Nel 2011, Fondazione Agnelli, Caritas e Associazione Treelle proponevano un radicale cambiamento nella filosofia del sostegno agli alunni portatori di bisogni educativi speciali (BES): tenerli in classe ad insegnare italiano e matematica ai ragazzi disabili era dispendioso e poco efficace – si sosteneva -, meglio creare una nuova entità burocratica, i Centri Risorse per l’Integrazione, sportelli unici dedicati ai bisogni educativi speciali anche al di fuori dell’orario scolastico.
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