Posts tagged ‘conformismo’

20 Novembre, 2023

Introduzione alla psicologia sociale

by gabriella

Il compito principale della psicologia sociale è di analizzare come l’attività mentale delle persone viene condizionata dalla realtà sociale.

In questa prima parte del modulo, i temi dell’attribuzione e degli errori d’attribuzione (tra i quali la tesi disposizionale del male) e dell’obbedienza all’autorità, presentati attraverso alcuni celebri esperimenti americani del dopoguerra.

Indice

1. Gli studi di psicologia sociale nel secondo dopoguerra
2. L’attribuzione e l’origine del male

2.1 Gli studi sull’attribuzione
2.2 Philip Zimbardo, L’origine del male e l’effetto Lucifero

2.2.1 La visione corrente del crimine come errore fondamentale d’attribuzione e l’ideologia della «tolleranza zero»
2.2.2 La psicologia del male e l’esperimento carcerario di Stanford
2.2.3 Concezione disposizionale e situazionale del male
2.2.4 L’esperimento carcerario e il silenzio trentennale di Zimbardo

 

3. L’esperimento Milgram e l’obbedienza all’autorità

3.1 Il reality francese del 2010
3.2 L’esperimento Milgram

        3.2.1 Eteronomia e ridefinizione della situazione

3.3 Come resistere al tempo della barbarie
3.4 La rosa bianca e la necessità della resistenza
3.5 Obbedienza e disobbedienza in filosofia politica

 

4. Il caso di Kitty Genovese e l’effetto bystander (indifferenza dello spettatore)

1. Il caso di Kitty Genovese
2. L’ignoranza pluralistica e la diffusione di responsabilità
3. Ignoranza pluralistica ed effetto spettatore (bystander effect)
4. Inerti di fronte a un dramma: le risposte della psicologia sociale

 

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13 Dicembre, 2021

Psicologia sociale 2

by gabriella

Seconda parte del modulo di Psicologia sociale [qui la prima parte] dedicato agli atteggiamenti, all’opinione e al senso comune, cioè a temi condivisi dalla disciplina con la sociologia.

Indice

1. Gli atteggiamenti

1.1 Gli studi sull’atteggiamento
1.2 La formazione degli atteggiamenti
1.3 Il rapporto tra atteggiamenti e comportamenti
1.4 Il cambiamento degli atteggiamenti
1.5 L’aggiramento della comunicazione persuasiva a contenuto minaccioso

 

2. Il conformismo e l’esperimento di Solomon Asch

2.1 L’esperimento Asch
2.2 Il conformismo e i mass media

 

3. La costruzione dell’ostilità sociale e l’esperimento Sherif
4. Stereotipi e pregiudizi

4.1 Gli stereotipi
4.2 Come funzionano gli stereotipi
4.3 I pregiudizi
4.4 Come comprendiamo la realtà sociale

 

5. Le opinioni

5.1 Le logiche del senso comune

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15 Gennaio, 2017

Sono un uomo moderno

by gabriella

Tempi di conformismo e soft power nell’interpretazione di Antonio Albanese.

Publié par Antonio Albanese FanPage sur vendredi 24 avril 2015

8 Agosto, 2016

Ugo Morelli, Conformismo

by gabriella

houellebecqLa voce Conformismo di Doppiozero.

“Il vero pericolo è nella vita ordinaria”,

dice Michel Houellebecq in un’intervista in cui parla della mostra “Rester Vivant”, presentata al Palais de Tokio di Parigi. Nei nostri comportamenti e nelle nostre vite la consuetudine e la forza dell’abitudine prevalgono non solo in virtù della propria forza, ma anche grazie alle nostre paure di innovatori riluttanti o mancati. Finiamo così per colludere più o meno consciamente con le ansie di chi teme il cambiamento o con gli scopi di chi presidia la conservazione.

Quante volte ci capita di voler mettere in discussione l’ordine che prende una certa situazione e di non riuscirci, in quanto l’attrazione ad adeguarsi all’altro o agli altri prevale sulla nostra tentazione a trascendere quell’ordine e a sopraelevarci. Allo stesso tempo accade di aspettarci che qualcun altro nel nostro gruppo ci venga incontro quando prendiamo una posizione pionieristica, o originale e discontinua, ma guardandoci intorno non vediamo nessuno, o meglio vediamo occhi bassi, atteggiamenti indifferenti e silenzi tenaci, ritrovandoci così in solitudine.

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18 Luglio, 2016

Francesco Suman, Olmo Viola, L’economia neoclassica? Una pseudoscienza

by gabriella

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In questa intervista al fisico Francesco Sylos Labini, i redattori de La Mela di Newton discutono della scientificità dell’economia neoclassica e dell’egemonia culturale che l’ha imposta senza essere scalfita dalle smentite della realtà, a partire dalla grande crisi del 2008.

La riflessione si conclude con una interessante riflessione sull’applicazione dei principi dell’economia neoclassica al finanziamento della ricerca e alla valutazione che massimizza il conformismo e insterilisce la capacità di produrre innovazione – proprio perché cambiamento e progresso sono portati dalla diversità, non dalla conformità – ottenendo stagnazione economica, contrazione delle opportunità per i giovani e impoverimento delle aree periferiche.

Un modello teorico che ambisca a diventare una spiegazione scientifica della realtà dovrebbe produrre predizioni su fatti nuovi che permettano di controllarne l’affidabilità ed eventualmente confutarlo. Il successo empirico è un buon indicatore, non certo infallibile, dell’alta probabilità che una teoria possa aver colto una qualche regolarità della realtà, e possa conseguentemente divenire utile per pianificare azioni sulla stessa realtà.

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4 Luglio, 2015

Gioacchino Toni, Estetiche del potere. Il blu

by gabriella

blue pill

La falsa neutralità del blu e l’estetica del conformismo in questo articolo di Carmilla ispirato a Blu. Storia di un colore di Michel Pastoureau [(2002), Ponte alle Grazie, Milano, 2008].

“You take the blue pill, the story ends. You wake up in your bed and believe whatever you want to believe”

Morpheus, Matrix, 1999

Digitando su di un motore di ricerca immagini il nome di personaggi come Jean-Claude Juncker, Mario Draghi, Christine Lagarde, Angela Merkel, Barack Obama, David Cameron, Mariano Rajoy Brey, Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Vladimir Putin, Nicolas Sarkozy, Francois Hollande, Marine Le Pen ecc., si nota che, indipendentemente dal “colore politico”, il blu predomina ampiamente sia nell’abbigliamento che nei fondali dei convegni e degli studi televisivi. Il medesimo risultato si ottiene anche inserendo i nominativi di vecchie glorie vicine, come Tony Blair e George Bush (junior o senior), e lontane, come Margaret Thatcher e François Mitterrand. Anche digitando i nomi dei più influenti organismi economici o politici, ammesso siano distinguibili, come International Monetary Fund, World Bank, Goldman Sachs, European Union, United Nations, European Central Bank ecc., nuovamente trionfa il blu, in tutte le sue tonalità.

Il blu è rassicurante e viene percepito come colore poco connotato politicamente, è il colore del “buon senso”, che non spaventa, che lascia andare a letto tranquilli sapendo che per adeguarsi a quel colore non ci si deve esporre troppo. Nel mondo occidentale il blu, nelle sue varianti, pare essere di gran lunga il colore preferito da buona parte della popolazione, indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza. L’abbigliamento, che è forse l’indicatore più efficace, se indagato sul lungo periodo, testimonia tale preferenza, indipendentemente dalle mode effimere che durano una stagione. Anche quando nei sondaggi il blu non viene indicato come colore preferito, facilmente risulta citato tra quelli “meno sgraditi”, ciò risulta importante perché la mancata ostilità è una carta decisiva in mano a chi intende esercitare il potere.
Matteo Renzi ospite a ''Porta a Porta''

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20 Ottobre, 2013

Dalla sorveglianza moderna alla New Surveillance. Il ruolo delle tecnologie informatiche nei nuovi metodi di controllo sociale

by gabriella

sorveglianzaTratto dal Centro di documentazione su carcere, devianza, marginalità dell’Università degli Studi di Firenze.

1.1. Origini storiche dei processi di sorveglianza

 Il re prende nota di tutte le loro intenzioni,
Con mezzi che nemmeno possono immaginare

William Shakespeare, Enrico V

 

L’espressione società della sorveglianza” è stata spesso ascritta a David Lyon, sociologo canadese che ha studiato, in molte sue opere, gli effetti dei nuovi mezzi di controllo sociale, e delle loro interazioni con le più recenti tecnologie informatiche. In realtà, il primo a parlare di “società della sorveglianza”, è stato Gary T. Marx, in un articolo comparso nel 1985 sulla rivista The Futurist (1). Il sociologo statunitense analizza il forte cambiamento avvenuto nel passaggio dall’era moderna all’era postmoderna, in cui le nuove tecnologie assumono un ruolo principale nel nuovo assetto sociale, ed afferma senza timore che

grazie alla tecnologia informatica sta crollando una delle ultime barriere che ci separano dal controllo totale.

Gary T. Marx definisce questo fenomeno New Surveillance: lo scopo della sua analisi è proprio quello di marcare le differenze tra la sorveglianza sviluppatasi con la nascita degli stati moderni nel XIX secolo, quando la raccolta dati serviva allo stato per amministrare la nazione, e la sorveglianza contemporanea, quella in cui non solo lo stato, ma anche le aziende commerciali, le assicurazioni, agenzie ed organizzazioni dei più svariati settori raccolgono ed elaborano informazioni personali su chiunque, con lo scopo di controllarne e manipolarne le interazioni sociali, le preferenze, le opinioni.

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5 Ottobre, 2013

Christian Caliandro, La distopia italiana

by gabriella

Una bella riflessione sulla condizione giovanile contemporanea sullo sfondo della marcescenza dell’immaginario collettivo e del declino, prima di tutto culturale, dell’Italia. Molti aspetti in evidenza, dal malaffare al cinismo della classe dirigente, fino alla stupidità dilagante, dalla crisi della produzione culturale al successo dei sessantenni evergreen, trovano una convincente lettura unitaria in questo articolo che si conclude spiegando come precario venga da prece, perché indica colui che è costretto ad implorare per ottenere ciò che sarebbe suo diritto.

Nel 1961 Kurt Vonnegut pubblicò quello che è ancora oggi uno dei migliori racconti distopici di sempre. Harrison Bergeron tratteggia in poche, dense pagine una società paralizzata (in un’America «senza tempo»), in cui viene tecnicamente impedito a tutti di pensare: la gente guarda orribili e inutili programmi in tv, e per quelli un pochino più intelligenti l’Handicapper General – che tutto vigila e controlla attraverso i suoi agenti – ha predisposto un dispositivo radiofonico nelle orecchie che a intervalli regolari trasmette allarmi, campane, esplosioni che impediscono a persone come George, il padre di Harrison, di

«trarre un indebito vantaggio dal proprio cervello».

Il presupposto è che la cultura sia intrinsecamente pericolosa dal momento che esaspera le contraddizioni invece di comporle e impedisce il conseguimento di un’agghiacciante «uguaglianza», basata sullo spegnimento delle funzioni intellettuali e critiche. Sulla stupidità programmata.

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28 Aprile, 2013

Gilles Deleuze, I concetti di genealogia e di senso

by gabriella

Gilles Deleuze ritratto da Michel Tournier negli anni '50

Traggo da uno dei testi fondativi della Nietzsche renaissance e prima grande opera di Gilles Deleuze – Nietzsche et la philosophie (1962), trad. it. Nietzsche e la filosofia, Torino, Einaudi, 2002 – i due paragrafi iniziali dedicati ai concetti di genealogia e di senso [l’evidenziazione in grassetto è mia, quella in corsivo di Deleuze].

 

1. Il concetto di genealogia

Nel suo significato più ampio, il progetto di Nietzsche consiste nell’introduzione dei concetti di senso e di valore in filosofia. Non v’è dubbio che gran parte della filosofia contemporanea è vissuta e vive tutt’ora di Nietzsche; forse però non nel modo in cui egli avrebbe desiderato.

Nietzsche nonNietzsche nel 1875 all'epoca delle Considerazioni Inattuali ha mai tenuto nascosto il fatto che la filosofia del senso e dei valori dovesse essere una critica. Così Kant non ha condotto la vera critica perché non ha saputo porne il problema in termini di valori; e ciò costituisce uno dei spunti principali da cui muove l’opera nietzscheana.

Ora, nella filosofia contemporanea la teoria dei valori ha dato vita ad un nuovo conformismo e a nuove forme di sottomissione. La stessa fenomenologia ha contribuito, mediante il suo apparato, a far sì che quell’ispirazione nietzscheana in essa spesso presente, si assoggettasse al moderno conformismo. Nel caso di Nietzsche dobbiamo prendere le mosse dal fatto che la filosofia dei valori, com’è da lui istituita e intesa, è la vera realizzazione della critica, il solo modo di realizzare al critica totale, ossia di fare filosofia a “colpi di martello”. La nozione di valore implica infatti un sovvertimento critico. Da una parte i valori sembrano o si fanno passare per principi: una valutazione presuppone determinati valori sulla cui base stimare i fenomeni. D’altra parte, però, se si va più a fondo, sono i valori a presupporre valutazioni, “punti di vista di apprezzamento” da cui proviene il loro stesso valore. Il problema critico sta nel valore dei valori, nella valutazione dalla quale deriva il loro valore; è il problema della loro creazione.

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26 Maggio, 2012

Gli intellettuali

by gabriella

Giuseppe Patella, Vita e morte dell’intellettuale postmoderno

«La tentazione di Siracusa»

Se consideriamo la attuale progressiva irrilevanza degli intellettuali, la loro scarsa influenza sui processi decisionali della società, la loro definitiva perdita di prestigio sociale, possiamo concluderne che gli intellettuali siano una classe già estinta o in avanzato processo di estinzione? A questa domanda è facile rispondere che è sotto gli occhi di tutti che nella società contemporanea sono cambiate molte delle condizioni che garantivano non solo la loro azione ma anche la loro sopravvivenza e, quindi, oggi quello che è in discussione è proprio la loro stessa ragion d’essere.

D’altra parte oggi è notoriamente venuta meno la stagione dell’impegno e con essa sembra essere tramontata anche l’epoca posta all’insegna di quella che Jacques Derrida ha chiamato la «tentazione di Siracusa», che si può intendere cioè come l’epoca dominata dalla tentazione ricorrente degli intellettuali di intervenire direttamente in politica, di consigliare i potenti e in qualche modo di deviare o condizionare il corso della storia.
Scrive infatti Derrida (2001, p. 9):

«Un filosofo crede di essere qualificato per illuminare con i suoi consigli politici un’arte o un potere di governare; si sente chiamato da un potente, dall’imperatore, dal sovrano, dal re, il principe o il tiranno, dal capo di Stato o il dittatore, il Duce o il Führer, dal Presidente o il Segretario generale del partito, di una Causa o di un Sindacato». In questa tentazione, in cui sono caduti tanto Platone nell’antichità quanto Heidegger nel Novecento, solo per fare due nomi, «si possono anche vedere le gesticolazioni, talvolta ingenue, talvolta colpevoli, di pensatori che hanno creduto o voluto, sino al secolo che è appena terminato, divenire gli ispiratori, i consiglieri, i teorici del sovrano, i maestri del pensiero dei padroni dell’epoca, i mentori di un potere conservatore o rivoluzionario» (p. 10).

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