Recalcati esamina le distorsioni educative della scuola contemporanea (non solo, ma soprattutto, italiana): la stupidità valutativa, il ripiegamento su un insegnamento trasmissivo, la finalizzazione della didattica al principio di prestazione, ma anche la rinuncia ad insegnare davvero una disciplina, un campo del sapere, a vantaggio di una generica accoglienza che lascia i giovani privi di «quel trasporto erotico verso la cultura che costituisce il vero antidoto per non smarrirsi nella vita». Tratto da Repubblica, 20 settembre 2013.
In queste settimane che la Scuola riapre le sue porte auguro che ogni insegnante ritrovi il senso del suo lavoro – bistrattato e umiliato economicamente e socialmente – come uno tra quelli più decisivi nella formazione dell’individuo. Auguro loro di saper ritrovare passione nello spiegare una poesia di Ungaretti, le leggi della termodinamica, la deriva dei continenti, una lingua nuova, la bellezza formale di una operazione di matematica o di un teorema di geometria.
Auguro che la loro parola riesca a tenere vivi gli oggetti del sapere generando quel trasporto amoroso ed erotico verso la cultura che costituisce il vero antidoto per non smarrirsi nella vita. Nel nostro tempo la scuola di ogni ordine e grado sembra ridotta ad un “esamificio”. L’impeto della valutazione vorrebbe imporre scansioni dell’apprendimento uguali per tutti. Sempre più si sta imponendo una scuola che il “sogno” di un recente ministro della pubblica istruzione codificava con le tre “i” (impresa, inglese, informatica), cioè una scuola fondata sul principio di prestazione.
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