L’articolo di Massimo Passerini è uscito martedì 20 ottobre su Avvenire ed è stato letto e commentato da Prima Pagina a Radiorai3.
Tra i tanti modi in cui la pandemia di Covid 19 ha impattato con le nostre vite, uno dei più evidenti riguarda la capacità del virus di accentuare le disuguaglianze e colpire dove persistono fattori di fragilità.
In questo l’emergenza sanitaria sembra un rilevatore dei punti deboli di una società, mostrando dove si dovrebbe intervenire per promuovere un contesto più equo, giusto e rispettoso della dignità di tutti. Lo si è visto all’inizio con gli anziani, più colpiti ed esposti di fronte a questo male. Lo si nota pensando ai danni subiti dai più piccoli e dalla generazione privata di opportunità educative, di relazione e di gioco. Lo si osserva guardando al mondo del lavoro e alle categorie meno protette, o alle famiglie con meno mezzi. E lo si vede anche mettendo a fuoco l’universo femminile.
Il fascismo non è morto nel ‘45, al contrario, lasua visione del mondo (e la sua psicologia, come pensava Adorno) precedono la forma storica assunta nel ventennio e sono (malauguratamente) più longeve della dittatura mussoliniana.
Nel testo seguente, la tesi di Umberto Eco nei quattordici punti dell’articolo uscito sulla “New York Review of Books”, il 22 Giugno 1995. La traduzione italiana è tratta da Punk4free.
Eco titolò questo saggio Ur-fascism che in italiano è stato reso con Ur-fascismo, il fascismo perenne. Ho sostituito “persistente” a “perenne”, per segnalare da un lato la perniciosa resistenza dei tratti culturali e psicologici più elementari e inconsapevoli [che Adorno chiamò «etnocentrismo, personalità fascista o autoritaria»], dall’altro, l’assoluta contingenza e storicità di ciò che è umano, anche quando sembra eterno.
1. La prima caratteristica di un Ur-Fascismo è il culto della tradizione
Il tradizionalismo è più vecchio del fascismo. Non fu solo tipico del pensiero controrivoluzionario cattolico dopo la Rivoluzione Francese, ma nacque nella tarda età ellenistica come una reazione al razionalismo greco classico.
Nel bacino del Mediterraneo, i popoli di religioni diverse (tutte accettate con indulgenza dal Pantheon romano) cominciarono a sognare una rivelazione ricevuta all’alba della storia umana. Questa rivelazione era rimasta a lungo nascosta sotto il velo di lingue ormai dimenticate. Era affidata ai geroglifici egiziani, alle rune dei celti, ai testi sacri, ancora sconosciuti, delle religioni asiatiche. Questa nuova cultura doveva essere sincretistica. “Sincretismo” non è solo, come indicano i dizionari, la combinazione di forme diverse di credenze o pratiche. Una simile combinazione deve tollerare le contraddizioni. Tutti i messaggi originali contengono un germe di saggezza e quando sembrano dire cose diverse o incompatibili è solo perché tutti alludono, allegoricamente, a qualche verità primitiva.Come conseguenza, non ci può essere avanzamento del sapere. La verità è stata già annunciata una volta per tutte, e noi possiamo solo continuare a interpretare il suo oscuro messaggio. E sufficiente guardare il sillabo di ogni movimento fascista per trovare i principali pensatori tradizionalisti. La gnosi nazista si nutriva di elementi tradizionalisti, sincretistici, occulti.
La più importante fonte teoretica della nuova destra italiana, Julius Evola, mescolava il Graal con i Protocolli dei Savi di Sion, l’alchimia con il Sacro Romano Impero. Il fatto stesso che per mostrare la sua apertura mentale una parte della destra italiana abbia recentemente ampliato il suo sillabo mettendo insieme De Maistre, Guenon e Gramsci è una prova lampante di sincretismo. Se curiosate tra gli scaffali che nelle librerie americane portano l’indicazione “New Age”, troverete persino Sant’Agostino, il quale, per quanto ne sappia, non era fascista. Ma il fatto stesso di mettere insieme Sant’Agostino e Stonehenge, questo è un sintomo di Ur-Fascismo.
2. Il tradizionalismo implica il rifiuto del modernismo
Sia i fascisti che i nazisti adoravano la tecnologia, mentre i pensatori tradizionalisti di solito rifiutano la tecnologia come negazione dei valori spirituali tradizionali.
Tuttavia, sebbene il nazismo fosse fiero dei suoi successi industriali, la sua lode della modernità era solo l’aspetto superficiale di una ideologia basata sul “sangue” e la “terra” (Blut und Boden). Il rifiuto del mondo moderno era camuffato come condanna del modo di vita capitalistico, ma riguardava principalmente il rigetto dello spirito del 1789 (o del 1776, ovviamente). L’illuminismo, l’eta’ della Ragione vengono visti come l’inizio della depravazione moderna. In questo senso, l’Ur-Fascismo può venire definito come “irrazionalismo”.
3. L’irrazionalismo dipende anche dal culto dell’azione per l’azione
L’azione è bella di per sé, e dunque deve essere attuata prima di e senza una qualunque riflessione. Pensare è una forma di evirazione.
Perciò la cultura é sospetta nella misura in cui viene identificata con atteggiamenti critici. Dalla dichiarazione attribuita a Goebbels (“Quando sento parlare di cultura, metto mano alla pistola”) all’uso frequente di espressioni quali “Porci intellettuali”, “Teste d’uovo”, “Snob radicali”, “Le università sono un covo di comunisti”, il sospetto verso il mondo intellettuale è sempre stato un sintomo di Ur-Fascismo. Gli intellettuali fascisti ufficiali erano principalmente impegnati nell’accusare la cultura moderna e l’intellighenzia liberale di aver abbandonato i valori tradizionali.
4. Nessuna forma di sincretismo può accettare la critica
Lo spirito critico opera distinzioni, e distinguere è un segno di modernità. Nella cultura moderna, la comunità scientifica intende il disaccordo come strumento di avanzamento delle conoscenze. Per l’Ur-Fascismo, il disaccordo è tradimento.
5. Il disaccordo è inoltre un segno di diversità
L’Ur-Fascismo cresce e cerca il consenso sfruttando ed esacerbando la naturale paura della differenza. Il primo appello di un movimento fascista o prematuramente fascista è contro gli intrusi. L’Ur-Fascismo è dunque razzista per definizione.
6. L’Ur-Fascismo scaturisce dalla frustrazione individuale o sociale
Il che spiega perché una delle caratteristiche tipiche dei fascismi storici è stato l’appello alle classi medie frustrate, a disagio per qualche crisi economica o umiliazione politica, spaventate dalla pressione dei gruppi sociali subalterni. Nel nostro tempo, in cui i vecchi “proletari” stanno diventando piccola borghesia (e i Lumpen si autoescludono dalla scena politica), il fascismo troverà in questa nuova maggioranza il suo uditorio.
7. A coloro che sono privi di una qualunque identità sociale, l’Ur-Fascismo dice che il loro unico privilegio è il più comune di tutti, quello di essere nati nello stesso paese
È questa l’origine del nazionalismo: inoltre, gli unici che possono fornire una identità alla nazione sono i nemici. Così, alla radice della psicologia Ur-Fascista vi è l’ossessione del complotto, possibilmente internazionale.I seguaci debbono sentirsi assediati. Il modo più facile per far emergere un complotto è quello di fare appello alla xenofobia.
Ma il complotto deve venire anche dall’interno: gli ebrei sono di solito l’obiettivo migliore, in quanto presentano il vantaggio di essere al tempo stesso dentro e fuori. In America, ultimo esempio dell’ossessione del complotto è rappresentato dal libro The New World Order di Pat Robertson.
8. I seguaci debbono sentirsi umiliati dalla ricchezza ostentata e dalla forza dei nemici
Quando ero bambino mi insegnavano che gli inglesi erano il “popolo dei cinque pasti”: mangiavano più spesso degli italiani, poveri ma sobri. Gli ebrei sono ricchi e si aiutano l’un l’altro grazie a una rete segreta di mutua assistenza. I seguaci debbono tuttavia essere convinti di poter sconfiggere i nemici. Così, grazie a un continuo spostamento di registro retorico, i nemici sono al tempo stesso troppo forti e troppo deboli. I fascismi sono condannati a perdere le loro guerre, perché sono costituzionalmente incapaci di valutare con obiettività la forza del nemico.
9. Per l’Ur-Fascismo non c’è lotta per la vita, ma piuttosto “vita per la lotta”
Il pacifismo è allora collusione col nemico; il pacifismo è cattivo perché la vita è una guerra permanente. Questo tuttavia porta con sé un complesso di Armageddon: dal momento che i nemici debbono e possono essere sconfitti, ci dovrà essere una battaglia finale, a seguito della quale il movimento avrà il controllo del mondo. Una simile soluzione finale implica una successiva era di pace, un’eta’ dell’Oro che contraddice il principio della guerra permanente. Nessun leader fascista è mai riuscito a risolvere questa contraddizione.
10. L’elitismo è un aspetto tipico di ogni ideologia reazionaria, in quanto fondamentalmente aristocratico
Nel corso della storia, tutti gli elitismi aristocratici e militaristici hanno implicato il disprezzo per i deboli. L’Ur-Fascismo non può fare a meno di predicare un “elitismo popolare”. Ogni cittadino appartiene al popolo migliore del mondo, i membri del partito sono i cittadini migliori, ogni cittadino può (o dovrebbe) diventare un membro del partito.Ma non possono esserci patrizi senza plebei. Il leader, che sa bene come il suo potere non sia stato ottenuto per delega, ma conquistato con la forza, sa anche che la sua forza si basa sulla debolezza delle masse, così deboli da aver bisogno e da meritare un “dominatore”. Dal momento che il gruppo è organizzato gerarchicamente (secondo un modello militare), ogni leader subordinato disprezza i suoi subalterni, e ognuno di loro disprezza i suoi sottoposti. Tutto ciò rinforza il senso di un elitismo di massa.
11. In questa prospettiva, ciascuno è educato per diventare un eroe
In ogni mitologia l'”eroe” è un essere eccezionale, ma nell’ideologia Ur-Fascista l’eroismo è la norma. Questo culto dell’eroismo è strettamente legato al culto della morte: non a caso il motto dei falangisti era: “Viva la muerte”. Alla gente normale si dice che la morte è spiacevole ma bisogna affrontarla con dignità; ai credenti si dice che è un modo doloroso per raggiungere una felicità soprannaturale. L’eroe Ur-Fascista, invece, aspira alla morte, annunciata come la migliore ricompensa per una vita eroica. L’eroe Ur-Fascista è impaziente di morire. Nella sua impazienza, va detto in nota, gli riesce più di frequente far morire gli altri.
12. Dal momento che sia la guerra permanente sia l’eroismo sono giochi difficili da giocare, l’Ur-Fascista trasferisce la sua volontà di potenza su questioni sessuali
È questa l’origine del machismo (che implica disdegno per le donne e una condanna intollerante per abitudini sessuali non conformiste, dalla castità all’omosessualità). Dal momento che anche il sesso è un gioco difficile da giocare, l’eroe Ur-Fascista gioca con armi, che sono il suo Ersatz fallico: i suoi giochi di guerra sono dovuti a una invidia penis permanente.
13. L’Ur-Fascismo si basa su un “populismo qualitativo”
In una democrazia i cittadini godono di diritti individuali, ma l’insieme dei cittadini è dotato di un impatto politico solo dal punto di vista quantitativo (si seguono le decisioni della maggioranza).
Per l’Ur-Fascismo gli individui in quanto individui non hanno diritti, e il “popolo” è concepito come una qualità, un’entità monolitica che esprime la “volontà comune”. Dal momento che nessuna quantità di esseri umani può possedere una volontà comune, il leader pretende di essere il loro interprete. Avendo perduto il loro potere di delega, i cittadini non agiscono, sono solo chiamati pars pro toto, a giocare il ruolo del popolo. Il popolo è così solo una finzione teatrale. Per avere un buon esempio di populismo qualitativo, non abbiamo piu’ bisogno di Piazza Venezia o dello stadio di Norimberga. Nel nostro futuro si profila un populismo qualitativo Tv o Internet, in cui la risposta emotiva di un gruppo selezionato di cittadini può venire presentata e accettata come la “voce del popolo”.
A ragione del suo populismo qualitativo, l’Ur-Fascismo deve opporsi ai “putridi” governi parlamentari. Una delle prime frasi pronunciate da Mussolini nel parlamento italiano fu:
“Avrei potuto trasformare quest’aula sorda e grigia in un bivacco per i miei manipoli.”
Di fatto, trovò immediatamente un alloggio migliore per i suoi manipoli, ma poco dopo liquidò il parlamento. Ogni qual volta un politico getta dubbi sulla legittimità del parlamento perché non rappresenta più la “voce del popolo”, possiamo sentire l’odore di Ur-Fascismo.
14. L’Ur-Fascismo parla la “neolingua”
La “neolingua” venne inventata da Orwell in 1984, come la lingua ufficiale dell’Ingsoc, il Socialismo Inglese, ma elementi di Ur-Fascismo sono comuni a forme diverse di dittatura. Tutti i testi scolastici nazisti o fascisti si basavano su un lessico povero e su una sintassi elementare, al fine di limitare gli strumenti per il ragionamento complesso e critico.
Stralcio dall’articolo dedicato dal Rasoio di Occam a Qu’est-ce un peuple?, nuovo testo collettaneo dell’editore canadese La Fabrique, le definizioni di popolo, popolare e populismoofferte da Alain Badiou, Pierre Bourdieu, Judith Butler e Jacques Rancière e le conclusioni dell’ottimo redattore di Francesismi.
Esistono, per Alain Badiou, quattro sensi in cui intendere il termine “popolo”, due negativi e due positivi. La prima declinazione, negativa, è quella identitaria, razzista, di un popolo tanto “puro”, tanto “originario”, quanto immaginario. La seconda, altrettanto negativa, è quella che
subordina il riconoscimento di un “popolo” a uno Stato che si suppone legittimo e buono, solo perché organizza la crescita, quando può, e quando non può almeno la persistenza della classe media»,
legando quindi indissolubilmente il suo destino a quello dello Stato nazionale.
Cosa sia di preciso nessuno lo ha capito, ma il termine prolifera: in bocca a sprovveduti di varia provenienza, riempie ormai i comizi d’amore e d’odio, le pagine di tanta stampa, in Europa e in Italia soprattutto, dopo il varo della campagna d’autunno del partito di Repubblica, rinvigorito da quella altrettanto possente de L’Unità.
Fino a qualche decennio fa, lo spettro si aggirava per altri lidi. In particolare in America Latina dove alcuni sostengono che sia nato all’epoca di Jan Domingo Peron. Oppure per il vasto panorama del terzo mondo asiatico e africano, i cui leader nazionalisti (in particolare i nazionalizzatori delle risorse locali) erano spesso aggettivati come tali: populisti.
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