18 Luglio, 2016
by gabriella
In questa intervista al fisico Francesco Sylos Labini, i redattori de La Mela di Newton discutono della scientificità dell’economia neoclassica e dell’egemonia culturale che l’ha imposta senza essere scalfita dalle smentite della realtà, a partire dalla grande crisi del 2008.
La riflessione si conclude con una interessante riflessione sull’applicazione dei principi dell’economia neoclassica al finanziamento della ricerca e alla valutazione che massimizza il conformismo e insterilisce la capacità di produrre innovazione – proprio perché cambiamento e progresso sono portati dalla diversità, non dalla conformità – ottenendo stagnazione economica, contrazione delle opportunità per i giovani e impoverimento delle aree periferiche.
Un modello teorico che ambisca a diventare una spiegazione scientifica della realtà dovrebbe produrre predizioni su fatti nuovi che permettano di controllarne l’affidabilità ed eventualmente confutarlo. Il successo empirico è un buon indicatore, non certo infallibile, dell’alta probabilità che una teoria possa aver colto una qualche regolarità della realtà, e possa conseguentemente divenire utile per pianificare azioni sulla stessa realtà.
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Posted in Economia | Commenti disabilitati su Francesco Suman, Olmo Viola, L’economia neoclassica? Una pseudoscienza
22 Agosto, 2012
by gabriella
Questo articolo di Alain Garrigou sulla formazione delle credenze e convinzioni politiche è uscito su Le Monde Diplomatique il 27 marzo 2012 (traduzione dal francese di José F. Padova). L’autore vi propone una riflessione sugli esiti “produttori di realtà” del Teorema di Thomas e sulle loro dinamiche da “legge di potenza”, per effetto delle quali persone e fenomeni percepiti come vincenti vincono effettivamente le competizioni.
Il
teorema di Thomas [William I. Thomas, 1863-1947] ha quella semplicità sconcertante che rischia di lasciarci dubbiosi e increduli:
«Quando le persone considerano certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze» (1).
Per metterne in luce la portata il sociologo
Robert K. Merton evocava la disavventura della Last National Bank quando il suo direttore Cartwright Millingville, reso curioso da un’atmosfera inconsueta [regnante in banca], scopriva che i suoi clienti, messi in allarme dalle voci di una sua insolvenza, avevano appena ritirato i loro averi, provocando così il fallimento della banca stessa (2). Detto con altre parole
, non era l’insolvenza che provocava il fallimento, ma erano le voci che creavano l’insolvenza. La crisi del 1929 offriva l’immagine di un effetto di credenza mediante la profezia auto-avverantesi. Quello della finanza è, più di qualunque altro settore, il brodo di coltura di questi fenomeni, come una volta di più l’ha dimostrato la crisi dell’autunno 2008.
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6 Luglio, 2011
by gabriella
Margaret Thatcher (1925 – 2013)
Tratto dalla voce There is no Alternative della Wikipedia anglosassone (traduzione mia).
There is no alternative, (T.I.N.A) era una delle formule più spesso usate da Margaret Thatcher, primo ministro conservatore del Regno Unito. In politica e in politica economica ha assunto il significato che “there is no alternative” (non c’è alternativa) allo status quo del sistema economico e alle politiche neoliberali. Il principale argomento del liberalismo economico sostiene infatti che il libero mercato (free markets), il libero commercio (free trade), e la globalizzazione economica (capitalist globalization) sono l’unico modo in cui le società moderne possono funzionare, così che qualunque deviazione dalla sua dottrina conduce necessariamente al disastro.
La frase ha assunto il suo tono enfatico nel lessico del filosofo liberale Herbert Spencer.
Possiamo considerare l’effetto TINA il perfetto opposto dell’utopia. Infatti, come questa rappresenta l’apertura di possibilità senza la quale nessun cambiamento è possibile (e del tutto indipendentemente dalla sua realizzabilità), TINA ne costituisce la chiusura pregiudiziale.
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