Nell’ideale educativo di Sparta, il cui momento di maggior splendore si colloca tra VII e VI secolo a.C., in un’epoca di poco successiva alla stesura dei poemi omerici, si coglie un’eco dell’areté eroico, ma con la fondamentale differenza che l’atto eroico non indica più l’abilità e il coraggio del singolo guerriero e non ha più come fine la gloria individuale, ma la difesa e il potenziamento della polis.
Il testo della lezione è ricavato dai classici Jaeger e Marrou.
L’idea di areté, cioè di perfezione umana, identificata da Omero nel valore innato degli aristocratici (Achille, Ulisse) che si esprime sul campo di battaglia, ma anche nelle qualità politiche dei capi (la capacità di guidare i mirmidoni con la parola di Achille, di trovare strategie vincenti in guerra di Ulisse e di parlare con i suoi pari di Telemaco), viene messa dallo spartano Tirteoal servizio del bene comune: la difesa della città (l’oplita spartano, Leonida).
Dopo le grandi trasformazioni che si annunciano nella Ionia dell’VIII secolo a.C., l’eccellenza passa dal piano militare a quello civile, legandosi al lavoro nell’opera del beota Esiodo, cantore della perfezione umana del popolo, e alla giustizia realizzata dalla buona legge nell’arconte di Atene, Solone. Con Solone si assiste alla prima laicizzazione dei concetti di giustizia e ingiustizia, pensati da Esiodo come dono e castigo degli dèi, ma dall’arconte già messi strettamente in relazione all’azione umana.
Con Protagora e i sofisti si assiste alla definitiva democratizzazione e laicizzazione dell’eccellenza, iniziata rispettivamente con Esiodo (democratizzazione) e Solone (laicizzazione): suprema virtù è ora il sapere, non più una qualità di una categoria di individui o un privilegio di casta, ma un modo di essere che tutti possono apprendere.
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