Orwell, I principi della società di controllo
Nel 1948, George Orwell scrisse un romanzo distopico ambientato nel 1984 che fu ascritto al genere della fantascienza
La società immaginata da Orwell era dominata dalla sorveglianza universale del «grande fratello» ed il regime autoritario fondava il proprio controllo imponendo una lingua semplificata, pensata per scongiurare ogni forma di pensiero libero e divergente.
Sotto, i passi più significativi.
Ogni de-gradazione individuale e nazionale si manifesta subito con una degradazione rigorosamente proporzionata al linguaggio.
Joseph De Maistre, Serate di Pietroburgo. Secondo colloquio
Dove si fa violenza al linguaggio è già iniziata la violenza sugli umani.
Italo Calvino, Lezioni americane
Fine specifico della neolingua non era solo quello di fornire … un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero
G. Orwell, 1984; Appendice, I principi della Neolingua
La libertà è la libertà di poter dire 2 + 2 = 4. Se questa libertà è garantita, tutto ne segue
G. Orwell, 1984
[…] Accanto a questo si sviluppa […] la tendenza a non credere all’esistenza di una verità oggettiva, perché tutti i fatti devono adattarsi alle parole e alle profezie di qualche führer infallibile
G. Orwell, Lettera del 1944 in cui illustra le tesi che cinque anni dopo inserisce in 1984.
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Du Fu 杜甫, Canto del vento d’autunno e della capanna, Poesia dei carri
Traggo da Quel che resta del mondo questa lirica del grande poeta cinese Du Fu 杜甫 , vissuto sotto la dinastia Tang.
Du Fu nacque infatti nel 712, nei pressi di Luoyang (Henan) dove, quale figlio di un funzionario di rango inferiore, fu educato alla cultura dei classici secondo la visione confuciana del compito dei funzionari mandarini.
Nel mese ottavo una burrasca d’autunno
Tolse al mio tetto tre strati di paglia;
Dappertutto le sparse; sopra il fiume,
Sulle due rive, dentro la palude,
In alto sopra gli alberi.
E dai dintorni vennero ragazzi
A frotte, che vedendomi
Vecchio e debole, mi portaron via
La paglia sotto gli occhi; la rubavano
E tra i loro canneti di bambù
L’ammucchiavano lesti. Ed io cercavo
Di fermarli, ma invano: non bastava
La mia voce.
Pablo Neruda, Non incolpare nessuno
Ieri, uscendo dalla 3F, mi sono imbattuta in un foglietto, attaccato da qualcuno sulla parete del corridoio. C’era scritto:
Non incolpare nessuno,
non lamentarti mai di nessuno, di niente,
perché in fondo
Tu hai fatto quello che volevi nella vita.Accetta la difficoltà di costruire te stesso
ed il valore di cominciare a correggerti.
Il trionfo del vero uomo
proviene delle ceneri del suo errore.Non lamentarti mai della tua solitudine o della tua sorte,
affrontala con valore e accettala.
In un modo o in un altro
è il risultato delle tue azioni e la prova
che Tu sempre devi vincere.Non amareggiarti del tuo fallimento
né attribuirlo agli altri.
Accettati adesso
o continuerai a giustificarti come un bimbo.read more »
La nottola di Minerva
Nella scena di Blade Runner in cui Roy si reca a casa dell’ing. Tyrrell per cercare un modo di prolungare la vita dei replicanti, si nota una civetta, simbolo della conoscenza di cui quell’abitazione era il tempio.
La nottola, o civetta, di Minerva, è l’essere alato che accompagna Athena glaucopide nei miti dell’antica Grecia, nei quali simboleggia la saggezza e la filosofia.
Da Omero in poi, Atena è infatti definita glaukopis (γλαυκώπις), appellativo che viene solitamente tradotto come con lo sguardo scintillante o dagli occhi lampeggianti.
Il termine è una combinazione di glaukos [γλαύκος, che significa “lucente”, “argenteo” ed ha la stessa radice del nome greco glaux (γλαύξ, civetta), probabilmente per i particolari occhi di cui è dotato l’animale] e ops (ώψ, “occhio” o talvolta “viso”).
La figura di quest’uccello capace di vedere di notte è strettamente legata alla dea della saggezza che, fin dalle prime raffigurazioni, è dipinta con la civetta appollaiata sulla testa.
Gli occhi e il becco del rapace seguono la linea della lettera φ (fi), simbolo alfabetico greco della filosofia che accomuna armonia, bellezza e amore per la conoscenza e per la ricerca in senso lato.
La nottola di Minerva compare nell’ultimo capoverso della Prefazione dei Lineamenti di filosofia del diritto di Hegel, che la dipinge come l’uccello che inizia il suo volo sul far del crepuscolo.
La filosofia non può essere l’anticipo di un mondo che dovrà venire: è il proprio tempo appreso col pensiero. Hegel nota infatti che la filosofia sboccia sempre al momento culminante delle civiltà: Socrate e Platone sono vissuti quando cominciava la decadenza della Grecia ed essa iniziava a lacerarsi al proprio interno; non sono fioriti quando la Grecia vinceva contro i Persiani.
[…] la filosofia arriva sempre troppo tardi. Come pensiero del mondo, essa appare per la prima volta nel tempo, dopo che la realtà ha compiuto il suo processo di formazione ed è bell’e fatta. […] La nottola di Minerva inizia il suo volo sul far del crepuscolo.
Georg Simmel, La diade e la triade
Simmel è stato il primo ad intuire che le dimensioni del gruppo influenzano le sue dinamiche. Nel testo seguente la sua analisi delle proprietà della coppia e del trio e la straordinaria analisi filosofica del loro significato.
La diade deriva le sue proprietà da un fatto fondamentale: la sua sopravvivenza in quanto insieme è legata al consenso dei due sottoinsiemi che la compongono. Basta che A o B per qualche motivo escano dall’insieme e la diade non esiste più. Da questo derivano alcune sue proprietà strutturali.
Ad esempio, la diade è costretta alla intimità e alla vicinanza, consente solo i sentimenti che legano (l’amore, l’odio), non tollera l’indifferenza, non conosce la trascendenza, è ossessionata dall’orizzonte della propria fine, e deriva dalla sua mortalità costitutiva la sua tonalità tragica ed estrema («il vero e proprio luogo di una genuina tragedia sociologica»).
L’ingresso di un terzo elemento modifica radicalmente le proprietà della diade. Alla sua ineluttabilità – stare con l’altro, o separarsi da lui – si sostituisce una gamma di possibilità complesse: l’alleanza di A con C contro B, C come capro espiatorio e pharmakos, C come tertius gaudens che massimizza in modo calcolato i propri benefici ‘vendendo’ il proprio sostegno talvolta ad A talvolta a B, C come gate keeper delle comunicazioni indirette tra A e B ormai incapaci di comunicazione diretta (quanti figli nascono per questo), C come ‘giudice’, ecc.
L’unificazione ideologica d’Italia nella letteratura ottocentesca per l’infanzia
Indice
1. La letteratura pre-unitaria per l’infanzia
1.1 Il Giannetto
2. L’unificazione ideologica d’Italia nella letteratura per l’infanzia
2.1 Pinocchio
2.2 Cuore
Conclusioni
1. La letteratura preunitaria per l’infanzia
Uno sviluppo interessante della letteratura per ragazzi si registra nel periodo risorgimentale preunitario, quando nelle regioni più avanzate degli stati italiani si avverte l’esigenza di un ampliamento dell’istruzione infantile.
1.1 Il Giannetto
Nel 1836, il pedagogista milanese Luigi Alessandro Parravicini pubblica il Giannetto, un libro scolastico che alternava parti narrative a sfondo morale e nozioni di varie discipline, inaugurando una formula di successo che varrà al volume sessanta riedizioni in cinquant’anni. Il libro è, sostanzialmente, un percorso nozionistico fuso con un piano narrativo e morale che segue la crescita e l’ascesa sociale di un vero self-mademan nostrano, dal tirocinio in bottega degli anni giovanili alla maturità in cui diventa un gran signore e un benefattore.
Caratteristico di questa letteratura in generale, e del Giannetto in particolare è l’intento di favorire l’apprendimento di un ordine sociale gerarchico, dipinto come giusto e naturale, al quale è necessario adeguarsi. Valori e modi di comportamento, dal necessario rispetto per i superiori alla compassione per chi ha avuto la ventura di nascere povero, vengono proposti ai giovani lettori in modo incalzante, scongiurando in partenza ogni lettura critica o difforme.
La parola ci fa uguali 1. L’unificazione linguistica degli italiani e i maestri degli esclusi
Il testo seguente è la prima di tre lezioni di sociolinguistica dedicate alla comprensione del rapporto tra pensiero e linguaggio, tra condizione sociale e competenze cognitivo/espressive.
In questa parte si affrontano i problemi dell’unificazione linguistica degli italiani dialettofoni dopo l’unità politica e l’introduzione della scuola media unificata del 1963. La lezione approfondisce le difficoltà scolastiche dei ragazzi di estrazione popolare e la lezione dei nuovi maestri, da don Milani a Mario Lodi, da Bruno Ciari a Orlando Spigarelli a Maria Maltoni e Don Roberto Sardelli.
Nella seconda parte si prendono in esame i contributi dei sociolinguisti anglosassoni Basil Bernstein e William Lavov.
Nella terza e ultima lezione si approfondiscono i problemi dell’analfabetismo strumentale, funzionale e di ritorno attraverso gli studi di Tullio De Mauro.
Le prime due lezioni sono state elaborate a partire da testi di Maria Giuseppa Lo Duca.
Finché ci sarà uno che conosce 2000 parole e un altro che ne conosce 200,
questi sarà oppresso dal primo. La parola ci fa uguali.
Gli allievi di don Roberto Sardelli
Indice
1. L’Italiano nell’Italia preunitaria
1.1 Dal fiorentino alla lingua letteraria
2. La diffusione dell’italiano nel secondo dopoguerra e l’insuccesso scolastico
2.1 I maestri
2.1.1 Don Lorenzo Milani
2.1.2 Bruno Ciari
2.1.3 Mario Lodi
2.1.4 Orlando Spigarelli, Maria Maltoni
2.1.5 Don Roberto Sardelli
1. L’italiano nell’Italia preunitaria
1.1 Dal fiorentino alla lingua letteraria
Il primo dato storico e sociologico da avere ben chiaro è che l’idioma chiamato, a partire dal Cinquecento, «italiano» (formatosi attraverso la stilizzazione del dialetto fiorentino trecentesco, arricchito di latinismi e depurato di tratti locali), questo idioma è rimasto per secoli appannaggio nemmeno delle classi dirigenti, ma (fuori di Firenze, delle maggiori città toscane e di Roma) appannaggio quasi esclusivo della gente di lettere.
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La parola ci fa uguali 2. Gli studi sociolinguistici di Basil Bernstein e William Labov
Seconda lezione di sociolinguistica dedicata alla comprensione del rapporto tra pensiero e linguaggio, tra condizione sociale e competenze cognitivo/espressive. In questo testo esaminiamo il contributo dei sociolinguisti anglosassoni Basil Bernstein e William Labov.
La prima lezione è stata dedicata ai problemi dell’unificazione linguistica italiana e alle esperienze dei maestri degli esclusi, da don Milani a Bruno Ciari a don Sardelli.
La terza, invece, agli studi di Tullio De Mauro sull’analfabetismo strumentale, funzionale e di ritorno.
Indice
1. Basil Bernstein
2. William Labov
Videolezioni: 1. La parola ci fa uguali. L’unificazione linguistica degli italiani e i maestri degli esclusi 2. La parola ci fa uguali 2. Basil Bernstein e William Labov 3. La parola ci fa uguali 3. L’analfabetismo funzionale e di ritorno
La parola ci fa uguali 3. Analfabetismo strumentale, funzionale e di ritorno
Terza lezione di sociolinguistica dedicata al rapporto tra pensiero e linguaggio e, specificamente, alla comprensione del rapporto tra pensiero e linguaggio, tra condizione sociale e competenze cognitivo/espressive.
In questa parte si affrontano l’analfabetismo strumentale, funzionale e di ritorno attraverso gli studi di Tullio De Mauro e si cerca di dare risposta alle domande: quanti sono gli italiani che non comprendono le istruzioni di un foglio illustrativo? di un semplice nesso di causalità, oppure il lessico tecnico degli economisti e dei meteorologi e i termini in inglese dell’informazione quotidiana dal Fiscal Compact alla Spending Review?
La prima lezione è stata dedicata ai problemi dell’unificazione linguistica italiana e ai maestri degli esclusi, da don Milani a Bruno Ciari a don Sardelli. La seconda, invece, al contributo dei sociolinguisti anglosassoni Basil Bernstein e William Labov.
Indice
1. La camera ardente di De Mauro e l’attacco alla scuola
2. L’analfabetismo strumentale e la battaglia per l’alfabetizzazione in Italia
3. L’analfabetismo funzionale
3.1 Gli studi di Tullio De Mauro sull’analfabetismo
4. L’analfabetismo di ritorno
4.1 Paolo Di Stefano, Se sette italiani su dieci non capiscono la lingua
1. La camera ardente di De Mauro e l’attacco alla scuola
Quelle diseguaglianze [sociali] danno luogo a diseguaglianze di trattamento che producono risultati diseguali, da cui nascono diseguali capacità di orientarsi nei percorsi scolastici, che danno luogo a una molto diversa qualità dei titoli ottenuti, da cui infine si determinano diseguali possibilità di inserimento nel lavoro e nella vita sociale.
Tullio De Mauro, Internazionale, 1176, 21 ottobre 2016
Nel giorno della camera ardente di Tullio De Mauro [il 6 gennaio scorso], la ministra Fedeli ha esteso la sperimentazione della secondaria breve ad altre quaranta scuole, facendo toccare il numero di 100 agli istituti che diplomano gli studenti con un anno di anticipo.
Non è chiaro se l’iniziativa, intrapresa dai precedenti governi, abbia altro obiettivo oltre quello di togliere altre risorse alla formazione e far passare più rapidamente i nostri diciottenni dalla condizione di studente a quella di disoccupato, sottooccupato o universitario in difficoltà.
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