… ma dalla competizione scientifica con i russi che avevano lanciato lo Sputnik. In questo articolo uscito su Repubblica nel 2017, in occasione del trentennale dello snodo italiano, Arturo di Corinto prova a rimuovere una delle più resistenti semplificazioni giornalistiche sulle origini di Internet.
Internet non è nata come progetto militare. Levatevelo dalla testa. Internet è nata per battere i sovietici nella corsa allo spazio. Come? Collegando fra di loro i migliori scienziati americani e facilitando lo scambio dei dati fra i centri di supercalcolo sparsi negli Stati Uniti.
L’idea fu di Dwight David “Ike” Eisenhower, il presidente americano che da generale aveva guidato lo sbarco in Normandia per sconfiggere i nazisti di Hitler.
Il presidente, preoccupato che l’America perdesse la propria egemonia scientifica, tecnologica, economica e militare dopo il lancio nello spazio dello Sputnik sovietico nel 1957, riunì attorno a sé i migliori cervelli dell’epoca e nominò il rettore del Mit James Killian a capo dell’Arpa, Advanced Project, Research Agency (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata) per contrastare il milione di scienziati messi in campo dalla Russia.
Pochi anni dopo, ma prima che nel 1972 l’Arpa assumesse compiti militari diventando DARPA (Defense Advanced Project, Research Agency), la rete Arpanet, progenitrice di Internet, era già nata.
La Cyberspace Declaration of Independence scritto in risposta alle leggi liberticide sul copyright (il Communications Decency Act, 1996) da John Perry Barlow.
Governi del Mondo, stanchi giganti di carne e di acciaio, io vengo dal Cyberspazio, la nuova dimora della Mente. A nome del futuro, chiedo a voi, esseri del passato, di lasciarci soli. Non siete graditi fra di noi. Non avete alcuna sovranità sui luoghi dove ci incontriamo.
Noi non abbiamo alcun governo eletto, è anche probabile che non ne avremo alcuno, così mi rivolgo a voi con una autorità non più grande di quella con cui la libertà stessa, di solito, parla. Io dichiaro che lo spazio sociale globale che stiamo costruendo è per sua natura indipendente dalla tirannia che voi volete imporci. Non avete alcun diritto morale di governarci e non siete in possesso di alcun metodo di costrizione che noi ragionevolmente possiamo temere.
L’Agenzia americana delle telecomunicazioni (FCC) ha autorizzato la differenziazione di velocità di traffico e costi per gli utenti Internet, abolendo uno dei principi fondamentali dell’architettura di Internet, quello della Net Neutrality, oggetto di una lunga battaglia delle associazioni per il diritto di parola (freespeech). E’ l’avvento del controllo e della discriminazione in una rete fin qui libera e orizzontale.
Un’utile ricognizione del tema dell’attendibilità delle informazioni web con interessanti strumenti per definirla concretamente. Tratto da Pensierocritico.eu.
Una ricerca condotta dalla ricercatriceGitte Landgaard ha dimostrato che un gruppo di volontari, sottoposti alla visualizzazione flash di un centinaio di website, ha maturato un’opinione inconscia (positiva o negativa) su ognuno di essi, in un tempo di circa 50 millesimi di secondo.
A supporto delle sue ricerche la Landgaard cita i risultati di alcuni studi neurofisiologici (Damasio 2000, LeDoux 1992, Ekman 1992), che hanno evidenziato come, in presenza di uno stimolo visivo il sistema limbico (cioè il nostro cervello emotivo), viene interessato prima che questo stimolo possa essere interpretato dalla neocorteccia (il nostro sistema cognitivo).
Quando una persona guarda la pagina di un website, il suo sguardo impiega alcune decine di secondi prima che egli possa maturare un’opinione conscia del suo interesse per quella pagina.
In un tempo molto più breve, la stessa persona ha però maturato un’opinione inconscia del suo gradimento estetico, indipendente dalla qualità e usabilità di quel website.
Stefano Rodotà è morto oggi. Lo ricordo come l’unico garante per la privacy che abbiamo avuto e uno dei pochi capaci di pensare in modo adeguato il diritto di e a Internet.
In attesa di uno spazio alternativo commerce-free, la libertà di chi naviga su Internet ha bisogno di protezione. Tratto da Micromega.
Perché si è tornati a discutere intensamente di nuove regole per Internet, addirittura di una sua “costituzione”? La spiegazione si trova nel congiungersi di una serie di fattori tecnologici, politici e istituzionali, che hanno modificato un contesto considerato ormai stabile, spingendo più d’uno a sottolineare che siamo di fronte a una possibile svolta storica.
Gianfranco ha tradotto un’infografica dedicata alla cura dell’identità digitale e alla salvaguardia della propria reputazione in rete. L’insieme è un’utile ricognizione di ciò che occorre sapere quando lasciamo le nostre tracce online perché tutto ciò diciamo o facciamo in rete resta per sempre e può essere rintracciato da chiunque. Tratto da AulaBlog.
In un “vecchio” Post pubblicato su Mashable l’11/02/2011 e intitolato “Protecting Your Online Reputation: 4 Things You Need to Know“, viene presentata un’infografica che fornisce utili consigli e suggerisce tecniche per “coltivare” la propria “reputazione digitale“. Il tema della “e-reputation” o “digital identity” è uno dei più importanti e cruciali problemi del nostro tempo.
Possiamo riconquistare la sovranità sulla tecnologia? Sì, ma solo a patto di riconquistare prima la sovranità sull’economia e la politica, andando oltre le favolette fabbricate dal contemporaneo capitalismo tecnologico. Micromega pubblica alcuni stralci della prefazione alla nuova edizione di Silicon Valley: I signori del silicio di Evgeny Morozov.
Come concetto, internet non è una nitida fotografia della realtà. Somiglia più alla macchia d’inchiostro del test di Rorschach, e di conseguenza chi la guarda ne trarrà una lezione diversa a seconda della sua agenda politica o ideologica. Il problema di internet come concetto regolativo su cui basare una critica alla Silicon Valley è che la rete è così ampia e indeterminata – può contenere esempi che portano a conclusioni diametralmente opposte – che lascerebbe sempre alla Silicon Valley una facile via di fuga nella pura e semplice negazione. Dunque qualsiasi sua critica efficace dovrà anche sbarazzarsi del concetto stesso.
Una mappa per evitare le semplificazioni giornalistiche e le proposte di regolamentazione degli ignoranti (autorevoli e non) e comprendere che il Surface web, il Deep web e il Dark web sono tre modalità d’accesso diverse a contenuti online, non la linea di confine tra il bene e il male, l’anonimo e il tracciabile, il legale e l’illegale.
Pubblicato su StartupItalia e segnalato dall’instancabile Gianfranco Marini. Rinvio invece ad un altro articolo, scritto tre anni fa in occasione del trasferimento dei contenuti dal blog gratuito scienzeumanegiudici.wordpress.com (subdominio WordPress) a questo, chi volesse approfondire la strana storia di Internet, vale a dire la sua nascita universitaria, non atomica né aziendale, e le ragioni per cui la rete deve restare libera, non commerciale, anonima.
Il web non è solo quello che conosciamo e usiamo ogni giorno. Quando parliamo di web in genere ci riferiamo ai siti web del nostro giornale preferito, dell’università, dei motori di ricerca, ai blog e ai social network. Ma questo è soltanto il surface web, il web di superficie. Il surface web è la punta dell’iceberg di tutti questi servizi che emergendo da Internet, chiamiamo genericamente WEB. Sotto al web di superficie c’è ilDeep Web.
1. La comunicazione nella società della partecipazione (participatory culture, 2006 Jenkins)
Distributed cognition The ability to interact meaningfully with tools that expand mental capacities. Collective intelligence The ability to pool knowledge and compare notes with others toward a common goal. Judgment The ability to evaluate the reliability and credibility of different information sources. Networking The ability to search for, synthesize, and disseminate information. Negotiation The ability to travel across diverse communities, discerning and respecting multiple perspectives, and grasping and following alternative norms.
Tutto ciò che postiamo o pubblichiamo in rete non si cancella più. Facciamo quindi attenzione a ciò che scriviamo, riflettiamo prima di condividere qualcosa (think before post).
Evitiamo di postare immagini o video dai contenuti forti, spiacevoli e/o privati e facciamo attenzione ad esternare sentimenti, emozioni e pensieri
Un corsivo baconiano de La Stampa dedicato al decennale dell’iPhone, un articolo dedicato allo smartphone walking e un video dedicato alla schiavitù dell’always on.
Alberto Mattioli, Così nacque l’homo-smartphone, schiavo della connessione perpetua
La tecnologia è sempre un progresso, ma double face [vedi l’uso baconiano del mito di Dedalo, nota mia]. l suo destino è quello di risolvere dei problemi creandone dei nuovi. Giorgio Stephenson inventa il treno e, insieme, i disastri ferroviari. Nasce la televisione, e se ne appropria Barbara D’Urso. Costruiscono gli scooter, e Alessandro Di Battista ci sale sopra per comiziare. Così, il decennale dell’iPhone non è solo una festa. Non sono tutt’oro quei pixel che luccicano. Certo, essere connessi a Internet è utile; sempre, magari, no. Fra mail, Facebook, WhatsApp, Twitter, Messenger, Instagram, Pinterest e via cliccando non c’è un attimo di pace. La connessione full time dà dipendenza (e talvolta anche un po’ alla testa).
Arturo di Corinto, La vera storia di Arpanet che NON nacque come progetto militare
by gabriella… ma dalla competizione scientifica con i russi che avevano lanciato lo Sputnik. In questo articolo uscito su Repubblica nel 2017, in occasione del trentennale dello snodo italiano, Arturo di Corinto prova a rimuovere una delle più resistenti semplificazioni giornalistiche sulle origini di Internet.
Internet non è nata come progetto militare. Levatevelo dalla testa. Internet è nata per battere i sovietici nella corsa allo spazio. Come? Collegando fra di loro i migliori scienziati americani e facilitando lo scambio dei dati fra i centri di supercalcolo sparsi negli Stati Uniti.
L’idea fu di Dwight David “Ike” Eisenhower, il presidente americano che da generale aveva guidato lo sbarco in Normandia per sconfiggere i nazisti di Hitler.
Il presidente, preoccupato che l’America perdesse la propria egemonia scientifica, tecnologica, economica e militare dopo il lancio nello spazio dello Sputnik sovietico nel 1957, riunì attorno a sé i migliori cervelli dell’epoca e nominò il rettore del Mit James Killian a capo dell’Arpa, Advanced Project, Research Agency (Agenzia per i progetti di ricerca avanzata) per contrastare il milione di scienziati messi in campo dalla Russia.
LEGGI 30 aprile: l’Italia festeggia il suo Internet day
Pochi anni dopo, ma prima che nel 1972 l’Arpa assumesse compiti militari diventando DARPA (Defense Advanced Project, Research Agency), la rete Arpanet, progenitrice di Internet, era già nata.
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