Nella Teogonia e ne Le opere e i giorni, Esiodo racconta i miti della nascita del tempo e delle storie di dèi e uomini. Ai tempi di Crono, gli uomini, creature a cavallo tra mondo animale e divinità, vivevano insieme agli dèi: era l’età dell’oro.
Tratto da L’univers, les dieux, les hommes. Récits grecs des origines (1999), trad it. L’universo, gli dèi, gli uomini. Il racconto del mito, Torino, Einaudi, 2000.
Indice
1. L’età dell’oro: uomini e dèi
1.1 Al tempo di Crono, prima della guerra dei Titani
1.2 La lontananza di ogni male
2. Prometeo, la condizione umana
3. Pandora, la figura della donna nel mito greco
Mappa
La genealogia degli dei
1. L’età dell’oro: uomini e dèi
Antefatto: Zeus era figlio di Crono, a sua volta figlio di Urano. Urano figlio e sposo di Gea, impediva ai suoi figli (i Titani, gli Ecatonchiri e i Ciclopi) di nascere perché temeva di essere spodestato da loro. Gea, sconvolta, armò la mano di Crono che aggredì il padre recidendogli i testicoli con una falce.
Iniziò così il regno del titano Crono che unitosi alla sorella Rea, generò molti dèi, divorandoli però come aveva fatto il padre Urano, prima di lui. Rea allora partorì l’ultimo figlio, Zeus, di nascosto e lo fece crescere forte e sano fino ad affrontare il padre e batterlo.
[pp. 49-51] Zeus siede sul trono e da lassù domina l’intero universo. Il mondo possiede un proprio ordine. Gli dèi si sono dati battaglia, alcuni di loro hanno trionfato. Tutto quanto esisteva di malvagio nel cielo etereo è stato cacciato via, o imprigionandolo nel Tartaro, o spedendolo sulla terra, presso i mortali. E agli uomini, che cosa accade ? Che cosa ne è di loro ?
La storia ha inizio non proprio con l’origine del mondo, ma piuttosto nel momento in cui Zeus è già re, quando il mondo divino ha trovato cioè un suo ordine e una sua stabilità.
1.1 Al tempo di Crono, prima della guerra dei Titani
Gli dèi non vivono unicamente sull’Olimpo, ma dividono con gli uomini degli angoli di mondo. Esiste in particolare un luogo in Grecia, vicino a Corinto, una pianura, a Mekone, in cui uomini e dèi vivono insieme, mescolati gli uni con gli altri. Banchettano in compagnia, siedono alla stessa tavola, partecipano a feste comuni: ciò significa che per uomini e dèi che vivono insieme, ogni giorno è un giorno di festa e di felicità. Si mangia, si beve, si sta in allegria, si ascoltano le Muse cantare la gloria di Zeus e le avventure divine. In poche parole: tutto procede nel migliore dei modi.
La pianura di Mecone è terra di ricchezza e abbondanza, tutto vi nasce spontaneo. Secondo il proverbio, basta possedere un piccolo appezzamento di terra in quella vallata perché arrivi la ricchezza, infatti Mecone non risente dei rischi del cattivo tempo né degli imprevisti di stagione.
È l’età dell’oro, quando dèi e uomini non erano ancora separati, età dell’oro che a volte viene chiamata il «tempo di Crono», prima che si scateni la lotta fra Crono e i Titani da una parte, e Zeus e gli Olimpici dall’altra, quando il mondo non è ancora in balia della violenza pura e semplice. È la pace, è un tempo prima del tempo.
Anche gli uomini vi hanno il proprio posto, ma come vivono? Non soltanto, come si è visto, partecipando agli stessi banchetti degli dèi, ma anche senza conoscere nessuno dei mali che opprimono oggi la razza dei mortali, degli effimeri, di coloro che vivono alla giornata senza sapere cosa accadrà domani, e senza neppure provare una vera sensazione di continuità con quanto è accaduto ieri, che non smettono mai di cambiare, che nascono, crescono, si fanno forti, poi si indeboliscono e muoiono.
In quel tempo, invece, gli uomini restavano eternamente giovani, le loro braccia e le loro gambe erano forti e belle esattamente come alla nascita, per loro non si poteva quasi parlare di una vera e propria nascita, era piuttosto come se spuntassero dalla terra. Forse Gaia, Terra madre, li aveva generati cosi come aveva generato gli dèi. O forse, più semplicemente, senza bisogno di porsi la questione della loro origine, essi erano da sempre lì, mescolati agli dèi, come gli dèi.
In quell’epoca, dunque, gli uomini non conoscevano né nascita né morte, ma soltanto l’eterna giovinezza. Non subivano i cambiamenti causati dal tempo che consuma le forze e che fa invecchiare. Dopo centinaia, forse migliaia di anni, sempre uguali a quando erano nel fiore dell’età, questi primi uomini si addormentavano, sparivano cosi come erano apparsi. Non c’erano più, eppure non si poteva veramente parlare di morte.
Laboratorio
1. Dove vivono gli dèi?
2. In quale momento della storia degli dèi si colloca l’età dell’oro?
3. Come vivono gli uomini?
4. Quale differenza con la condizione che conosciamo, rispetto a nascita e morte?
1.2 La lontananza di ogni male
Allora non c’erano nemmeno lavoro, malattie e sofferenza. Gli uomini non dovevano lavorare la terra: a Mecone, tutti i cibi, ogni bene, era a loro completa disposizione. La vita somigliava a quella che alcuni racconti attribuiscono agli Etiopi: ogni mattina trovavano una tavola imbandita sulla quale erano disposti e ben serviti cibo e bevande. Non soltanto i cibi, le carni, erano sempre pronte e le messi crescevano senza essere coltivate, ma addirittura tutte le vivande si presentavano già cotte. La natura offriva spontaneamente e naturalmente tutti i beni domestici più raffinati e curati. Cosi vivevano gli uomini in quei tempi lontani, all’insegna della più completa felicità.
Le donne non sono ancora state create, esiste il femminile, esistono le dee, ma non le donne mortali. Gli esseri umani sono soltanto maschi: così come non conoscono le malattie, la vecchiaia, la morte e il bisogno di lavorare, non conoscono l’unione con le donne. Non appena un uomo, per avere un bambino, ha bisogno di unirsi con una donna, creatura insieme simile e differente da sé, la nascita e la morte diventano la battaglia dell’umanità. Nascita e morte costituiscono due stadi di un’esistenza: perché non ci sia più morte bisogna che non ci sia più nascita.
A Mecone dèi e uomini vivono insieme, riuniti, ma è venuto il momento della separazione. Il distacco ha luogo dopo che gli dèi hanno concluso al loro interno la grande spartizione. La questione degli onori e dei privilegi riservati a ciascuno viene dagli dèi inizialmente regolata con la violenza. Fra Titani e Olimpici la spartizione è il risultato di una lotta in cui ha finito per prevalere la forza bruta e il puro dominio, senza mezzi termini.
Una volta conclusa la prima spartizione, gli Olimpici hanno cacciato i Titani nel Tartaro, hanno chiuso e ben serrato sopra le loro teste le porte della prigione sotterranea e notturna e quindi si sono installati tutti insieme nell’alto del cielo. Si è poi reso necessario regolare i problemi fra loro; Zeus ha avuto l’incarico di ripartire i poteri, e lo ha fatto non mediante un’imposizione violenta, ma cercando di raggiungere un accordo comune fra gli dèi Olimpici. La divisione fra gli dèi è ottenuta al termine sia di un conflitto aperto, sia di un accordo, se non proprio stipulato fra eguali, almeno fra alleati e parenti, partecipi di una medesima causa, parte di uno stesso conflitto.
2. Prometeo, la condizione umana
3. Pandora, la figura della donna nel mito greco
Esercitazione
Distinguere il racconto dal suo significato, tenere distinti narrazione e analisi simbolica.
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