La percezione: storia e analisi del processo cognitivo

by gabriella

Le lezione su come funziona il processo percettivo, quali studi hanno contribuito alla sua scoperta e quali implicazioni ha il nostro modo di percepire sulla vita individuale e sociale.

Sapere come percepiamo il mondo, ci permette di rispondere alla domanda: il mondo è così come lo vediamo o no?

 

Indice

1. La Gestalt e gli studi sulla percezione

1.1 Il concetto di struttura e le due leggi fondamentali della Gestalt

2. La percezione

2.1 La percezione come processo cognitivo
2.2 Il funzionamento della percezione
2.3 La percezione dei colori

2.3.1 Lo spettro elettromagnetico

2.4 Le leggi della percezione visiva

2.4.1 La relazione figura-sfondo

 

3. Percepire è dare significato

3.1 Percezione e psicologia sociale

3.1.1 Un esempio dalla cronaca: la pareidolia e il fantasma dell’orfano

 

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1. La Gestalt e gli studi sulla percezione

Nella lezione sull’apprendimento, si è visto come il comportamentismo (russo e americano) si sia opposto allo strutturalismo, giudicando le conoscenze sulla sensazione offerte dalla scuola di Lipsia troppo soggettive e non verificabili.

Anche gli psicologi della scuola «della forma» (Gestalt) iniziarono le loro ricerche criticando lo strutturalismo, del quale non condividevano la concezione della mente, concepita (positivisticamente) come una matrice di elementi semplici in connessione lineare tra loro.

Al contrario, per gli studiosi della Gestalt – termine tedesco che significa «forma», «organizzazione», «struttura», «sistema»la coscienza è un fenomeno unitario, non scomponibile in singoli elementi.

La mente non è una matrice di elementi semplici

I gestaltisti Max Wertheimer, Wolfgang Köhler, Kurt Koffka, Kurt Lewin e Karl Duncker condussero una serie di esperimenti, tra il 1910 e il 1930, per dimostrare che una percezione complessa non può essere spiegata come semplice somma delle sensazioni di cui è composta: la mente è una struttura (o un sistema), non lavora per somma ed accumulo.

 

1.2 Il concetto di struttura e le due leggi fondamentali della Gestalt

il cristallo è come il cervello, una struttura complessa in cui ogni componente interagisce con tutti gli altri

L’idea di fondo della Gestalt è che i fenomeni complessi possono essere compresi solo utilizzando l’idea di struttura, piuttosto che quella di elemento.

Nell’immagine a fianco, è raffigurata la struttura interna di un cristallo, oggetto la cui specificità non può essere colta osservando i singoli elementi che lo compongono, ma solo esaminando la struttura che li lega insieme e conferisce al cristallo una regolarità speciale.

Questa idea, introdotta in psicologia dalla Gestalt, è un’idea fondamentale non solo per le scienze naturali, ma per tutte le scienze umane. Al di là della psicologia, in ambito antropologico, ad esempio, Lévy-Strauss ha mostrato come le società tradizionali non si possano comprendere senza conoscere la struttura della parentela.

I gestaltisti si sono soffermati particolarmente sulle leggi dell’organizzazione della mente, cioè sul modo in cui il nostro cervello interpreta e organizza i dati della percezione. Ad esempio, ciò che l’individuo coglie nel percepire una melodia non sono i singoli suoni o le singole note musicali, ma la struttura melodica che nasce dall’interdipendenza che lega le singole note tra loro.

Di qui le due leggi fondamentali della Gestalt:

la Gioconda è più dei colori che la compongono

La Gioconda è più dei colori che la compongono

1. L’intero è più della somma delle parti (olismo): Il Requiem di Mozart è ben più che l’alternarsi delle sette note; la Gioconda è più che la somma dei colori o dell’insieme delle pennellate che l’hanno realizzata;

vediamo la luna grande se ha il paesaggio come sfondo

Vediamo la luna grande se ha il paesaggio come sfondo

piccola se alta nel cielo

piccola se alta nel cielo

2. Nessuno stimolo possiede in sé un significato immutabile e costante e il significato che di volta in volta assume dipende dal contesto (relatività delle percezioni), ovvero una stessa parte ha caratteristiche differenti se considerata singolarmente o inserita nel tutto.

In sintesi, secondo Wertheimer, Köler e Koffka, percepire è diverso che sommare semplicemente delle sensazioni: il nostro sistema nervoso infatti interpreta e organizza le sensazioni e conferisce loro una forma, cioè un significato, un senso.

 

2. La percezione

2.1 La percezione come processo cognitivo

l'ape

Il mondo visto dall’ape e da noi. Ma il mondo reale com’è?

La percezione è un processo cognitivo legato alla nostra capacità di avere sensazioni, cioè di essere impressionati dagli oggetti della realtà esterna.

Come tutti i processi cognitivi (come la memoria, l’intelligenza, l’apprendimento ecc.) richiede un intervento attivo da parte della mente, proprio perché non è una risposta automatica del nostro organismo all’ambiente, ma un’elaborazione degli stimoli che provengono da esso.

La sensazione e le percezioni, insomma non esistono come attività isolate, ma fanno parte di un processo più ampio di esperienza e conoscenza che prende il nome di attività cognitiva.

Già a partire dagli studi pionieristici di Hermann von Helmholtz, sappiamo che noi non percepiamo la realtà così com’è,

«poiché il sistema percettivo corregge i valori della percezione all’insaputa del soggetto».

Per sistema percettivo intendiamo l’attività degli organi di senso (vista, udito, tatto, gusto, odorato) e l’organizzazione degli impulsi provenienti dai sensi da parte del sistema nervoso.

 

2.2 Il funzionamento della percezione

Si è visto che la percezione non è una risposta automatica del nostro organismo all’ambiente, ma l’elaborazione (di norma, inconsapevole) degli stimoli che vengono dall’ambiente.

Se entriamo nel meccanismo percettivo vediamo infatti che ogni nostra percezione è il risultato di più fattori. Ogni percezione, infatti, dipende:

1. Dalla natura dell’oggetto, vale a dire dalle caratteristiche fisiche dello stimolo, onde, particelle o molecole, che i nostri organi di senso riescono o non riescono a cogliere.

Ad esempio, le radiazioni ultraviolette non sono percepite dall’uomo, ma sono viste dalle api. L’uomo vede però altri tipi di radiazioni luminose che chiama colori. Analogamente, noi non percepiamo gli ultrasuoni che invece sono uditi dalle balene (frequenze bassissime: infrasuoni) e dai cani. Alcuni  animali, inoltre, non si limitano a ricevere, ma emettono anche ultrasuoni: i pipistrelli.

Retina: coni (rossi) e bastoncelli (viola)

Retina: coni (rossi) e bastoncelli (viola)

2. Dall’effetto prodotto sui nostri sensi dall’oggetto.

Ad esempio, le cellule della retina sensibili alla luce si chiamano coni e bastoncelli e si decompongono quando sono colpite dalla luce; il timpano, situato all’interno dell’orecchio, vibra in presenza di onde sonore; i recettori olfattivi sono cellule ciliari poste nella parte alta del naso e sono sensibili alle molecole odorose; le papille gustative percepiscono invece altri messaggi di natura chimica, ovvero delle molecole che percepiamo come sapori.

3. Da come la mente interpreta e organizza – cioè riceve, decodifica, memorizza – tali informazioni.

il nostro cervello interpreta e distorce

Non è solo la retina a percepire le immagini: attraverso il nervo ottico esse arrivano al talamo e alla corteccia cerebrale visiva che elabora ulteriormente i segnali; non è solo il timpano a percepire i suoni, ma dall’orecchio esterno all’orecchio interno ci sono terminazioni nervose che arrivano all’area acustica della corteccia cerebrale, la quale riceve, decodifica e memorizza i suoni; e non sono solo le cellule olfattive a percepire gli odori, ma esse attivano il bulbo olfattivo e vengono inviate al sistema limbico che è il centro cerebrale delle emozioni: ecco perché l’innamoramento spesso si lega ad un profumo, o Proust rivive le emozioni dell’infanzia sentendo il profumo di un biscotto (una madeleine).

 

Gregory Bateson

Gregory Bateson (1904 – 1980)

 

Come ha scritto il filosofo e antropologo Gregory Bateson in Mente e Natura (1979), il suo ultimo libro:

La mappa non è il territorio è il nome non è la cosa designata.

C’è una differenza profonda tra realtà e rappresentazione che spesso ci sfugge. Bateson attribuisce questo rischio all’emisfero destro del nostro cervello, che è sede dell’affettività e non riesce a distinguere il nome dalla cosa rappresentata.

Egli descrive molto chiaramente perché questo accade nel paragrafo Non esiste esperienza oggettiva (pp.48-49):

Ogni esperienza è soggettiva. Questo non è che un corollario di ciò che viene discusso nel paragrafo IV: che è il nostro cervello a costruire le immagini che noi crediamo di “percepire”. È significativo che ogni percezione abbia le caratteristiche di un’immagine.

Un dolore è localizzato in una parte del corpo: ha un inizio, una fine e una collocazione, e si evidenzia su uno sfondo indifferenziato. Queste sono le componenti elementari di un’immagine. Quando qualcuno mi pesta un piede, ciò che sperimento non è il suo pestarmi il piede, ma l’immagine che io mi faccio del suo pestarmi il piede, ricostruita sulla base di segnali neurali che raggiungono il mio cervello in un momento successivo al contatto del suo piede col mio.

L’esperienza del mondo esterno è sempre mediata da specifici organi di senso e da specifici canali neurali. In questa misura, gli oggetti sono mie creazioni e l’esperienza che ho di essi è soggettiva, non oggettiva. Tuttavia, non è banale osservare che pochissimi almeno nella cultura occidentale, dubitano dell’oggettività di dati sensoriali come il dolore o delle proprie immagini visive del mondo esterno. La nostra civiltà è profondamente basata su questa illusione.

Alfred Korzybski (1879 – 1950)

Anche il matematico polacco Alfred Korzbybski, ha mostrato nel suo lavoro che gli esseri umani sono limitati nelle loro conoscenze dalla struttura del loro sistema nervoso e da quella del linguaggio, perché noi non possiamo sperimentare il mondo direttamente, ma solo attraverso le nostre astrazioni che sono immagini prodotte dal sistema nervoso e convenzioni linguistiche  (cioè parole) che scambiamo per cose.

Si racconta che mentre teneva una lezione ai suoi studenti, Korzbybski si interruppe per prendere qualcosa dalla sua borsa e mormorando di aver bisogno di mangiare qualcosa offrì dei biscotti a quelli seduti in prima fila. «Buoni questi biscotti, vero?» commentò con quelli che ne avevano accettato uno, scoprendo il pacchetto da cui li aveva presi che mostrata la scritta “Biscotti per cani”. «Vedete?» osservò notando che quelli che avevano mangiato correvano fuori dell’aula a sputarli, «la gente non mangia solo il cibo, ma anche le parole e il sapore del primo è spesso influenzato da quello delle seconde».

 

2.3 La percezione dei colori

luceI colori della radiazione luminosa rappresentano solo una piccola parte dello spettro delle radiazioni elettromagnetiche. Con i nostri occhi possiamo vedere solo certe frequenze delle radiazioni elettromagnetiche, quindi noi vediamo solo una piccolissima parte di queste radiazioni.

 

2.3.1 Lo spettro elettromagnetico

L’insieme delle radiazioni costituisce lo spettro elettromagnetico. Le radiazioni sono onde elettromagnetiche caratterizzate da una lunghezza d’onda e da una frequenza.
La frequenza rappresenta il numero di oscillazioni effettuate dall’onda in un secondo (unità di tempo) e si misura in Hertz (Hz). La lunghezza d’onda è la distanza percorsa dall’onda durante un tempo di oscillazione. Con la vista riusciamo a percepire lunghezze d’onda comprese tra i 400 e i 700 nanometri (nm) a cui diamo il nome di luce visibile.
spettroLa luce visibile è bianca in quanto è formata da tutte le frequenze dello spettro visibile. A ciascuna frequenza è associato un determinato colore.

Quando percepiamo il colore di un oggetto quello che succede è che i fotoni (da cui è formata la radiazione luminosa) riflessi dall’oggetto arrivano attraverso il nostro occhio fino alla retina che li trasforma (trasduzione) in segnali nervosi che vengono inviati al cervello.

Quando vediamo un oggetto, per esempio rosso, vuol dire che quell’oggetto assorbe tutte le frequenze della luce (o radiazione elettromagnetica) corrispondenti a tutti i colori tranne quella corrispondente alla luce rossa, in altri termini assorbe tutti i colori tranne il rosso che viene riflesso.

Quando percepiamo il bianco avviene che tutte le frequenze vengono riflesse, mentre se percepiamo un oggetto come nero tutte le frequenze vengono assorbite dall’oggetto.

In altri termini: un rossooggetto è bianco perché riflette tutti i colori (il bianco è la sommasistema ottico di tutti i colori), un oggetto è nero perché assorbe tutti i colori, mentre è verde o blu o giallo perché riflette solo quel colore mentre assorbe tutti gli altri.

Ad esempio, l’acqua risulta blu perché quando la luce del sole, che contiene tutti i colori, vi penetra, alcuni colori, particolarmente arancione e rosso, vengono assorbiti dalle sue molecole, quindi quando la luce arriva ai nostri occhi ha minore colorazione arancione e rossa e ci appare come se fosse più blu rispetto a ciò che chiamiamo luce bianca.

 

2.4 Le leggi della percezione visiva

Wertheimer, Köhler e Koffka hanno così codificato i principi o leggi della percezione:

calice visi1. La forma globale ha la meglio sugli elementi che la compongono, è percepita come un insieme (non come la somma degli elementi che la compongono) e distinta dallo sfondo su cui è impressa.

Questa è la ragione per cui l’immagine a fianco è ambigua: il nostro sistema visivo non riesce a decidere se il bianco è lo sfondo oppure no. In questo modo, a seconda della decisione su ciò che sia figura e ciò che sia sfondo, vediamo alternativamente una coppa o due visi che si fronteggiano.

2. La legge della “buona forma”: la struttura percepita è sempre la più semplice.

3. La legge della prossimità: il nostro sistema percettivo raggruppa gli elementi in funzione delle rispettive distanze.

Questa è la ragione per cui vediamo due insiemi di segni al cui interno sono linee verticali (sx) e linee orizzontali (dx) di punti. In realtà, l’immagine consiste in un certo numero di punti disposti nello spazio.

4. La legge della somiglianza: gli stimoli simili vengono percepiti in modo raggruppato. Questa è la ragione per cui nell’immagine soprastante vediamo due “quadrati” e non due insiemi generici di punti.

5. La legge della chiusura: le linee che formano delle figure chiuse tendono ad essere viste come delle unità.

Le linee spezzate della figura A vengono percepite con un  triangolo, mentre le linee della figura B come due triangoli sovrapposti di cui quello in superficie copre parti di tre cerchi scuri e sembra più luminoso di quello “sottostante” (ciò in quanto siamo abituati al fatto che le cose poste sopra sono colpite dalla luce e sembrano più chiare di quelle sotto).

 

2.4.1 La relazione figura-sfondo

calice e volti

In uno stimolo visivo, certi elementi si impongono come forma e altri ne costituiscono lo sfondo.

Nel caso delle figure ambigue o reversibili, la nostra percezione è instabile perché ciascuna delle due figure è figura e sfondo, come nell’immagine a fianco dove si vedrà alternativamente un calice o due visi a seconda che si fissi la parte bianca o la nera.

Nella figura di Leeper a fianco, denominata “mia moglie e mia suocera”, una parte degli osservatori vedrà una bella ragazza col cappellino di profilo, e un’altra il volto di un’anziana donna col fazzoletto bianco e il mento prominente, a seconda che si isolino alcuni elementi o altri dell’immagine.

Leeper: mia moglie e mia suocera

In sintesi, come mostrano i gestaltisti, percepire è diverso che sommare semplicemente delle sensazioni, perché il nostro sistema nervoso interpreta e organizza le sensazioni e conferisce loro una forma. In particolare, il nostro sistema visivo sembra essere fatto in modo da creare delle percezioni di particolari tipi di forme (ad esempio i visi).

Secondo la Gestalt, questo modo di organizzare le forme è innato. La ricerca di senso è quindi innata nella nostra specie.

In proposito i paleoantropologi ritengono che l’attitudine a conferire significato alle cose e a comprendere in modo globale sia stata la qualità adattiva che ha permesso ad una specie debole e fisicamente poco dotata, di sopravvivere in un ambiente altamente ostile: capire che “criniera+artigli+coda=leone” sembra insomma essere stato decisivo per le possibilità di sopravvivenza dei nostri antenati ominidi.

I nostri antenati impararono a distinguere il mantello di un leone nella savana

Si tratta dell’unica deroga a quanto sappiamo dell’apprendimento umano: impariamo tutto dall’ambiente, tranne il modo di organizzare le informazioni [in ambito filosofico, sarà Leibniz ad arrivare a questa conclusione, criticando il riduzionismo empirista di Locke secondo il quale ogni nostra conoscenza deriva dall’esperienza].

 

3. Percepire è dare significato

Percepire non significa quindi solamente cogliere una forma, una struttura, ma organizzare in modo significativo gli elementi percepiti, cioè attribuire ad essi un significato.

Percepire è dunque interpretare, non accogliere passivamente le impressione che ci vengono dal mondo esterno.

Nella figura a fianco, siamo in presenza di due elenchi, uno alfabetico, l’altro numerico, con al centro una figura ambigua che viene interpretata come una B se si è iniziata la lettura in orizzontale, o come un 13 se si è partiti dall’alto.

Ciò mostra come nei casi di indecisione tendiamo ad estendere ciò che conosciamo già alla disambiguazione degli elementi incerti. L’informazione sensoriale è dunque la stessa, ma l’interpretazione varia a seconda dell’aspettativa creata dal significato attribuito al primo elemento.

 

3.1 Percezione e psicologia sociale

Jerome Bruner (1915 - 2016)

Jerome Bruner (1915 – 2016)

La scuola cognitivista del New Look ha messo in evidenza l’importanza nella percezione dei fattori soggettivi come i pregiudizi, i bisogni e le motivazioni.

In questo contesto, Jerome Bruner e Cecile Goodman hanno  fatto un esperimento con un gruppo di bambini per verificare come le emozioni influenzino le percezioni.

Gli psicologi riunirono bambini di diversa estrazione sociale per verificare in che modo bambini ricchi e bambini poveri percepissero la grandezza delle monete.

Verificarono così che alla richiesta di disegnarle, i bambini poveri tracciavano tondi di misura superiore alla reale grandezza delle monete, attribuendo loro un significato molto maggiore di quanto non facessero i bambini ricchi (che le disegnavano più o meno delle dimensioni reali). Anche in questo caso, a parità di stimolo la percezione è diversa.

Gordon Allport (1897 – 1967)

Un altro celebre esperimento, regolarmente citato nell’esposizione dei processi cognitivi – percezione, memoria – è quello di Allport e Postman (1947) ambientato nella metropolitana di New York. I due psicologi somministrarono per alcuni istanti ad un gruppo di americani dei fotogrammi che ritraevano un bianco malvestito e con un coltello in mano e un nero benvestito e con una valigetta 24 ore in mano, chiedendo ai soggetti chi fosse l’individuo malvestito e aggressivo.

La maggior parte dei soggetti sbagliò l’attribuzione, mostrando come la percezione visiva sia influenzata da emozioni, cognizioni e pregiudizi, cosa che mise seriamente in dubbio l’attendibilità delle testimonianze visive in ambito penale. 

Allport e Postman si accorsero infatti che un’idea dominante tende ad eliminare tutti i dettagli non congruenti in una percezione e a costruire attorno a sé un gruppo di dettagli ad essa conformi che la avvalori.

 

3.1.1 Un esempio dalla cronaca: la pareidolia e il fantasma dell’orfano

fantasma17 febbraio 2015, Google Street View avrebbe fotografato il fantasma di un bambino affacciato alla finestra di un orfanotrofio abbandonato di Liverpool, in Inghilterra.
Questa la notizia rilanciata da molti siti internazionali. Nelle immagini appare una chiazza gialla dietro una finestra del vecchio edificio. Aumentando lo zoom, la macchia assume una vaga forma umana: potrebbe ricordare qualcuno con addosso un giubbotto colorato e forse con un cappuccio in testa. È la prova che l’edificio è popolato da inquietanti presenze?
In realtà, il fantasma esiste solo nella mente di chi osserva la foto. È un fenomeno noto come pareidolia, cioè l’attribuzione di significato a una figura ambigua, come quando uniamo i puntini fino a creare forme o quando vediamo una certa sagoma in una macchia o sulla superficie della luna.
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