31 Marzo, 2015
by gabriella
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31 Marzo, 2015
by gabriella
Nel Discours de la servitude volontaire un diciottenne La Boétie riflette sul malencontre, il «tragico evento», il «malaugurato accidente» in seguito a quale l’uomo rinunciò alla propria natura, «l’esser nato propriamente per vivere libero», scegliendo invece la servitù e la rassegnazione alla sottomissione. La storia nasce proprio da quella rinuncia cioè, come notò Pierre Clastres, da «quella rottura fatale, quell’evento irrazionale che noi chiamiamo “nascita dello Stato”» che non ha nulla di necessario né dal punto di vista economico, né politico, né biologico.
La Boétie scrive negli anni che vedono l’acuirsi delle guerre di religione in Francia dopo il massacro degli ugonotti nella notte di S. Bartolomeo intorno al 1576 (anno presunto della pubblicazione), mentre cominciano a delinearsi le basi dello Stato assoluto: perché gli uomini, fatti per essere liberi, rinunciano con tanta naturalezza alla loro libertà? Perché la volontà di servire, come servitude volontaire, alberga nell’animo degli individui, come desiderio di identità e di riconoscimento e non è, invece, una costrizione che li piega al dominio del tiranno? Queste le sue domande.
Siate dunque decisi a non servire mai più e sarete liberi. […] la prima ragione per cui gli uomini servono di buon animo è perché nascono servi e sono allevati come tali.
Étienne de la Boétie
«No, non è un bene il comando di molti; uno sia il capo, uno il re», così Ulisse, secondo il racconto di Omero, si rivolse all’assemblea dei Greci. Se si fosse fermato alla frase «non è un bene il comando di molti» non avrebbe potuto dire cosa migliore. Ma mentre, a voler essere ancora più ragionevoli, bisognava aggiungere che il dominio di molti non può essere conveniente dato che il potere di uno solo, appena questi assuma il titolo di signore, è terribile e contro ragione, al contrario il nostro eroe conclude dicendo: «uno sia il capo, uno il re».
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31 Marzo, 2015
by gabriella
Con il titolo L’anarchia selvaggia, Elèuthera ha pubblicato la traduzione italiana di quattro importanti saggi scritti da Pierre Clastres tra il 1976 e il 1977: La question du pouvoir dans les sociétès primitives, in cui l’antropologo affronta il tema della radicale diversità delle società primitive da quelle gerarchiche, differenziate, statali in cui viviamo; Archeologie de la violence : La guerre dans les societes primitives (Monde en cours) nel quale Clastres propone una convincente riforma dell’antropologia hobbesiana e della concezione scambista di Lévi-Strauss, mostrando come guerra e dono siano l’uno il rovescio dell’altro, dunque, entrambi originari; Liberté, Malencontre, Innomable in cui sviluppa un avvincente commentario del Discours de la servitude volontaire di la Boétie, riconoscendo nella nascita dello stato, cioè della diseguaglianza e della sua codificazione, la nascita della storia e della servitù umana e Âge de la pierre âge d’abondance, la prefazione dedicata alla pubblicazione francese di Stone Age Economics (1972) di Marshall Sahlins, in cui fa risaltare il legame tra potere e debito attraverso un’illuminante analisi della figura del Big Man, il capo senza potere dei selvaggi.
«Mondo senza gerarchie, gente che non obbedisce a nessuno, società indifferente al possesso di ricchezze, capi che non comandano, culture senza morale perché ignorano il peccato, società senza Stato».
Pierre Clastres
“Nel governo del saggio, il suo effetto si estende su tutta la nazione, ma non sembra emanare da lui. Egli influisce su tutto, ma non rende la gente dipendente da lui. La sua influenza è presente, ma non riesci a identificarla, e ciascuno si compiace di sé. Egli sta ritto nel vuoto insondabile e vaga nella sfera del non-essere”.
Laozì
Fabrizio Tassi, Società senza Stato: domani? No, ieri l’altro…
Una società senza classi (senza ricchi che spossessano i poveri). Una società senza divisioni tra dominanti e dominati (senza organi separati di potere).
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29 Marzo, 2015
by gabriella
Una sintesi dell’articolo di Sara Garbagnoli, dottoranda presso il Centre de Sociologie Européenne dell’École des Hautes Études en Sciences Sociales (Paris) sulla creazione e l’etichettamento della teoria del genere. La studiosa spiega come l’«ideologia del genere» sia la caricatura delle ricerche prodotte nell’ambito degli studi di genere che rende invisibile l’approccio genetico strutturalista che li caratterizza: «lungi dal sostenere che ciascuno può scegliere la sua identità o il suo orientamento sessuale, tali studi indagano il funzionamento dell’ordine sessuale e delle gerarchizzazioni che lo definiscono. Storicamente costruito, l’ordine sessuale è, infatti, solidamente naturalizzato attraverso un sistema di strutture sociali che iscrivono le norme che lo caratterizzano nelle categorie mentali, nelle categorie istituzionali e nelle divisioni del mondo sociale come fossero un fatto di natura».
Pubblicato in About Gender, vol. 3, 6, 2014, pp. 250-263. In coda un’intervista alla studiosa che sintetizza efficacemente i temi della sua ricerca.
Per una ricognizione completa del tema, anche nei suoi risvolti pedagogici, si veda anche La Ricerca (Loescher), Dicembre 2015, II, n. 9, pp. 76.
1. L’«ideologia del genere»?
L’«ideologia del genere» sconosciuta e misteriosa come il Carneade di manzoniana memoria? Sì, se si considera che pochi ancora sanno che l’espressione è stata coniata all’inizio degli anni 2000 in alcuni testi redatti sotto l’egida del Pontificio Consiglio per la Famiglia con l’intento di etichettare, deformare e delegittimare quanto prodotto nel campo degli studi di genere. No, se si osserva la diffusione virale che tale sintagma ha conosciuto (restando assai nebuloso nel suo significato) da almeno due anni a questa parte, a partire dal momento in cui il suo impiego è migrato dai testi vaticani per diventare parte degli slogan scanditi da migliaia di manifestanti mobilitatisi (in Francia e in Italia, soprattutto) contro l’adozione di riforme giuridiche miranti alla riduzione delle discriminazioni subite dalle persone non-eterosessuali (matrimonio tra persone dello stesso sesso, riconoscimento dell’omogenitorialità, legge di contrasto alle violenze omotransfobiche).
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29 Marzo, 2015
by gabriella
Il MOIGE chiede alla scuola pubblica un insegnamento compatibile con il credo
Fahrenheit del 30 aprile ha dedicato il dibattito d’apertura all’esposto presentato dalle associazioni Giuristi per la vita e Pro Vita onlus contro gli insegnanti del Giulio Cesare di Roma, accusati di aver fatto leggere ai loro studenti pagine di Sei come sei di Melania Mazzucco, «di forte impronta omosessualista in cui alcuni passi rivelano un forte contenuto pornografico».
Gran parte della discussione si è incentrata sul tema dell’omosessualità e sull’opportunità di affrontare scolasticamente il tema con le scene di erotismo gay incluse nella lettura, nonostante il Direttore generale del MOIGE [Associazione di genitori che si dichiara aconfessionale, ma si ispira strettamente alla morale cattolica] sia andato dritto allo scopo, usando la circostanza per accusare il Giulio Cesare e la scuola pubblica [quando esercita la libertà d’insegnamento], di «violazione del patto di corresponsabilità educativa» [il suo intervento qui da 8:22 a 13:22].
Ciò che Antonio Affinita (MOIGE) censura, è «la dinamica da Minculpop» per la quale «uno può autonomamente svegliarsi e parlare di quelli che sono i propri modi di intendere queste tematiche» ovvero, esprimersi liberamente in conflitto con la morale dominante. Secondo il MOIGE, la scuola dovrebbe invece negoziare con i genitori i contenuti da veicolare agli studenti, astenendosi dall’insegnare quelli che non incontrano il loro gradimento: questo il significato, a loro avviso, del principio costituzionale che attribuisce a scuola e famiglia la responsabilità educativa. Non viene in mente ad Affinita che il principio della corresponsabilità educativa implica appunto che nessuna agenzia formativa possa arrogarsi il monopolio della parola e che la scuola repubblicana sia appunto il luogo in cui i giovani possono entrare in contatto con la diversità culturale e la molteplicità dei punti di vista.
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Posted in Pedagogia, Scuola Pubblica, Sociologia | Commenti disabilitati su Sull’amore omosessuale il MOIGE attacca la scuola pubblica
29 Marzo, 2015
by gabriella
Ci sono 58 diciture su Facebook per descrivere la propria identità sessuale. Ma se nessuna fosse adatta a noi, ora possiamo scegliere anche l’opzione gender-free.
Last year we were proud to add a custom gender option to help people better express their identities on Facebook. We collaborated with our Network of Support, a group of leading LGBT advocacy organizations, to offer an extensive list of gender identities that many people use to describe themselves. After a year of offering this feature, we have expanded it to include a free-form field.
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Posted in Psicologia, Sociologia | Commenti disabilitati su Non straight identity on Facebook
28 Marzo, 2015
by gabriella
Dalle osservazioni etnografiche sulle differenze del modo di vivere il genere nelle diverse culture umane, alla tesi freudiana sulla sua genesi, l’idea che il genere sia storicamente costruito e non biologicamente dato (tra i fondamenti delle scienze umane) non piace alla Chiesa cattolica. Le osservazioni della sociologa della famiglia.
Ancora una volta, per voce del capo dell’episcopato italiano, il cardinale Bagnasco, la Chiesa cattolica ha lanciato il proprio anatema contro la “teoria del genere” in quanto promuoverebbe la confusione tra maschile e femminile dando vita, per ciò stesso, ad un «transumano», ad una sorta di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, «privo di meta e di identità».
È fin troppo facile pensare che dietro a queste parole si celi innanzitutto la condanna di ogni tentativo di normalizzare l’omosessualità come uno dei modi in cui uomini e donne sperimentano la propria sessualità. Esse tuttavia rappresentano una visione dell’umanità che ci riguarda, donne e uomini, a prescindere dall’orientamento sessuale. Si tratta di una visione in cui la differenza sessuale diviene totalizzante, assorbe e spesso impedisce ogni altra differenza, una forma di naturalizzazione priva di storia e riflessività che di fatto ipostatizza non tanto le differenze sessuali, quanto il modo in cui, a partire da esse, si sono costruiti rapporti e identità sociali e interi modelli organizzativi e culturali.
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Posted in Psicologia | Commenti disabilitati su Chiara Saraceno, L’anatema della Chiesa contro la teoria del genere
28 Marzo, 2015
by gabriella
Il bullismo omofobico secondo la denuncia del consigliere texano Joel Burns e nella lezione tenuta dal prof. Ian Rivers al Dipartimento di Filosofia e scienze dell’educazione dell’Unipg il 4 ottobre 2016.
La denuncia di Joel Burns
Un anno e mezzo fa Joel Burns, un consigliere comunale di una cittadina texana, prese la parola durante una riunione nella quale si parlava di tutt’altro per raccontare cosa significa essere un giovane omosessuale. La sua confessione divenne improvvisamente famosa:
Non l’ho mai raccontato a nessuno, fino a stasera, nemmeno alla mia famiglia, a mio marito, a nessuno. Ma la notizia di questi suicidi mi ha smosso qualcosa dentro, e non mi interessa se ci saranno delle ripercussioni politiche per questo racconto. Questa storia non è per gli adulti, è per quei ragazzi che forse in questo momento stanno pensando di impiccarsi o riempirsi di pillole. Dovete sapere che c’è molto di più: sì, la scuola è stata difficile, il coming out è stato doloroso, ma datevi la possibilità di vedere quanta vita, una vita migliore, avete di fronte. E andrà meglio: uscirete da quella famiglia che non vi accetta, alla fine della scuola non dovrete avere più nulla a che fare con quegli stronzi, se non volete. Vi farete nuovi amici che vi capiranno e la vita migliorerà immensamente.
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25 Marzo, 2015
by gabriella
Le domande di un pastore
Nel Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, Leopardi affida alla voce di un pastore nomade le grandi domande sul senso della vita e dell’universo.
Solo, sotto il cielo stellato, il pastore tenta di spiegare la condizione umana, il ripetersi dell’esistenza di generazione in generazione, il succedersi dei giorni e delle notti, il susseguirsi delle stagioni; cerca di capire il perché del dolore e di quell’inquietudine angosciosa definita dalle parole “tedio” e “fastidio”, un’inquietudine che è infine tutt’uno proprio con il bisogno di senso.
La spiegazione è tentata dapprima guardando la vita dal punto di vista della luna, dall’alto, e poi guardandola invece dal punto di vista delle pecore, dal basso. Il punto di vista del pastore è per così dire impregiudicato, e spregiudicato: non ci sono un’ideologia, una religione, un sistema filosofico, una qualunque petizione di principio che impongano una direzione alla ricerca: l’importante è dare un significato alla condizione degli uomini e al rapporto che gli umani hanno con l’universo. Ebbene: Leopardi pone così, con un linguaggio semplice e diretto ma anche con la massima serietà e radicalità, le più grandi questioni filosofiche affrontate nei secoli da tutte le civiltà e tutte le culture.
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22 Marzo, 2015
by gabriella
Dagli anni novanta, i governi, tanto di centro destra che di centro sinistra, hanno introdotto diversi cambiamenti al mercato del lavoro, in nome della competitività e della piena occupazione giovanile, ma nei fatti tutte le riforme sono strettamente legate alla visione secondo cui il lavoro è una merce da scambiare sul mercato.
Termini come pensione di anzianità e retributiva, liquidazione, CCNL, contratto a tempo indeterminato e reintegro del lavoratore hanno perso progressivamente significato a favore di parole come flessibilità in entrata e uscita, deregolamentazione, precarietà, collocamento privato e libertà di contrattazione fra il datore di lavoro e il lavoratore.
Lamberto Dini
Nel 1995 (legge 355/1995) il passaggio del sistema pensionistico dal metodo retributivo (la pensione è calcolata in proporzione agli ultimi anni di salario) a quello contributivo (la pensione viene calcolata in funzione dei contributi versati durante l’arco della vita lavorativa) e l’istituzione della gestione separata dell’Inps è stato il primo passo verso lo smantellamento del modello di lavoro in essere dagli anni settanta grazie all’approccio bipartisan da parte delle forze politiche. La riforma contributiva su cui era inciampato il governo Berlusconi, viene approvata senza problemi dal suo successore Lamberto Dini, sostenuto da una maggioranza molto ampia di centrodestra e di centrosinistra.
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