Archive for ‘Storia’

25 Aprile, 2024

Raticosa, più forte dell’oblio e dell’odio

by gabriella
vandalismo alla cascina Raticosa

La targa commemorativa prima dell’asportazione – La sottrazione e l’oltraggio

La cascina Raticosa, rifugio e comando della V Brigata Garibaldi, è uno dei luoghi simbolo della lotta partigiana in Umbria.

Si trova tra Ponze e Cupoli, sulla strada di Cancelli e Acqua Santo Stefano, i villaggi di montagna tra Trevi e Foligno (PG) che subirono i rastrellamenti del febbraio 1944. Su quei viottoli, nella notte tra il 2 e il 3 febbraio, ventiquattro giovani partigiani furono catturati dai nazisti e inviati al campo di Mathausen, dal quale la gran parte non fece ritorno.

Qualche anno fa, qualcuno si era arrampicato fino alla cascina per tracciare una svastica sul muro del comando partigiano e rimuovere la targa che ne ricorda la storia. Il giorno dopo (3 marzo 2015), Enrico Angelini, uno dei combattenti scampati al massacro, è tornato a riparare l’offesa:

Spero che a oltraggiare questo luogo sia stato qualche giovane esaltato che magari ignora la nostra storia, e che faccia in tempo a ravvedersi.

Enrico Angelini alla cascina Raticosa

Al posto della targa portata via dai vandali, adesso c’è il fiore di Angelini. Dell’ignoranza della nostra storia dovremo occuparci noi.

fiore

 

La Resistenza italiana e il 25 aprile

La fame, la guerra, la fabbrica. Cultura popolare e antifascismo nel 1943

I fascisti perugini nel 1944

Ai quindici di Piazzale Loreto

La storia degli IMI, i militari italiani internati

Ultima lettera di Luigi Rasario: Tra un’ora la nostra sorte”

Risiera di San Sabba, Lettera di Pino Robusti alla fidanzata

Mirka

25 Aprile, 2024

L’internamento degli ex-partigiani negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari

by gabriella

dalla resistenza al manicomioLa chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari porta alla luce l’internamento di centinaia di ex-partigiani nell’Italia del dopoguerra. In Un’odissea partigiana. Dalla Resistenza al manicomio [Feltrinelli 2015], Mimmo Franzinelli e Nicola Graziano, uno scrittore e un magistrato, hanno raccontano gli atti del manicomio criminale di Aversa. Tratto da Carmilla.

Al termine del secondo conflitto mondiale, in quel periodo complesso che vede l’Italia transitare verso la democrazia, la magistratura processa centinaia di ex partigiani per reati commessi durante la lotta al nazifascismo e nell’immediato dopoguerra. Questa situazione contraddittoria è favorita dalla mancata epurazione fascista (magistrati, funzionari, poliziotti del passato regime non vengono rimossi dai loro incarichi) e condizionata dall’avvio di una nuova fase storica, la Guerra fredda, appena cominciata.

La fallita estromissione di personalità colluse con la dittatura consente un clima di rivalsa e di pregiudizio antiresistenziale, che si concretano nell’uso strumentale del dispositivo giuridico. In estrema sintesi, «il sistema giudiziario rimane quello forgiato nel Ventennio». Per tutelare gli antifascisti incriminati, gli avvocati della difesa ricorrono alla seminfermità mentale, suggerendo il manicomio come alternativa al carcere. L’accorgimento si rivelerà ben presto controproducente. Nel 1946, l’amnistia Togliatti, da cui la detenzione manicomiale è esclusa, genera uno scenario paradossale ma emblematico: la scarcerazione per i fascisti e l’esonero dall’indulto per i partigiani reclusi in manicomio. Riguardo poi l’applicazione dell’amnistia, fin da subito cifre e modalità parlano chiaro:

«Il 30 giugno 1946, a otto giorni dall’emanazione, l’amnistia Togliatti è stata applicata a 7106 fascisti e a 153 partigiani. La giustizia della neonata Repubblica italiana, con una mano rialza i collaborazionisti, con l’altra percuote i partigiani».

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24 Aprile, 2024

La storia degli IMI, i militari italiani internati nei lager nazisti

by gabriella

internati-militari-italianiI militari italiani internati (IMI) nei lager tedeschi furono 700.000.

Di loro, oltre 600.000 [tra cui mio nonno], davanti alla possibilità di aderire alla Repubblica di Salò ed essere liberati, rifiutarono, preferendo conservare la loro dignità di soldati, rigettare la guerra e respingere il fascismo, ora inquadrato con chiarezza nelle responsabilità condivise con l’alleato nazista.

Cinquantamila non tornarono.

Tra i novantamila che giurarono fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana, moltissimi rientrarono in patria per disertare e per formare bande partigiane. In Liguria, sul Monte Rosa, interi battaglioni erano composti di soli IMI.

Come racconta Luca Borzani [La guerra di mio padre, Genova, Il Nuovo Melangolo, 2013], si trattò di un fenomeno imponente che coinvolse quasi tre milioni di famiglie; un fenomeno, come osserva, Ercole Ongaro [Storia della Resistenza nonviolenta in Italia, Bologna, I libri di Emil, 2013] non compreso immediatamente dagli storici che, nel dopoguerra si concentrarono sui partigiani di montagna [al fine di difenderne la memoria, precocemente infangata].

Per capire chi erano bisogna leggere i due passi delle lettere ai familiari di Francesco Grasso e Giuseppe de Toni riferite da Ercole Ongaro.

Indice

1. Dall’intervista a Luca Borzani a Fahrenheit
2. Dall’intervista di Ercole Ongaro a Uomini e profeti

2.1 La lettera di Francesco Grasso
2.2 La lettera di Giuseppe de Toni

 

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22 Aprile, 2024

Le lettere dei condannati a morte della Resistenza

by gabriella

Radiorai3 ha dedicato le trasmissioni dell’intera giornata del 25 aprile 2012 all’anniversario della Liberazione. Tra i documenti, il video delle Voci della resistenza – diffuso dal sito – e le Lettere di condannati a morte.

Voci della Memoria

24 Febbraio, 2024

«Ha fatto anche cose buone»: il culto di Mussolini e le bufale sul fascismo in Italia

by gabriella

culto del duce

Banalizzazione e ignoranza sono, secondo lo Spiegel, i due ingredienti della rimozione collettiva dei crimini fascisti e del conseguente culto di Mussolini.

L’articolo seguente, tradotto da italiadallestero.info, fa luce sull’incredibile persistenza delle falsità sul fascismo davanti a un popolo, quello tedesco, che a differenza del nostro non ha mancato di fare i conti con la storia. In coda l’elenco delle bufale fasciste, la storia di Faccetta nera, il campo di concentramento di Arbe.

 

Indice

1. Hans-Jürgen Schlamp, Il culto di Mussolini in Italia

1.1 «Sei l’unico Dio»
1.2 «Mussolini era un galantuomo»
1.3 Rimozione collettiva del passato
1.4 Un paese più sano grazie alla destra

 

2. I miti del fascismo

2.1 «Devi ringraziare il Duce se esiste la pensione»
2.2 «Il Duce garantì l’assistenza sanitaria a tutti lavoratori»
2.3
«La cassa integrazione guadagni è stata pensata e creata dal Duce»
2.4 «Il Duce ha avviato il progetto della bonifica pontina»
2.5 «Ai tempi del Duce eravamo tutti più ricchi»
2.6 «Il Duce ha fatto costruire grandi strade in Italia»
2.7 «Quando c’era lui i treni arrivavano in orario»
2.8 «Il governo di Mussolini raggiunse il pareggio di bilancio il primo aprile 1924 (e quindi è migliore dei governi attuali)»
2.9  «Mussolini rinunciò al suo stipendio per risanare l’economia e finanziare la guerra»
2.10 «Mussolini non aumentò le tasse»
2.11 Mussolini impose ai membri del governo l’uso delle biciclette facendo risparmiare miliardi al popolo italiano
2.12 I fascisti non hanno mai rubato
2.13 Il Duce è stato l’unico uomo di governo che abbia veramente amato questa nazione

 

3. Squadrismo e violenza politica

3.1 La repressione: dagli omicidi al Tribunale speciale per la difesa dello Stato
3.2 Il confino
3.3 La deportazione
3.4 La guerra

 

4. Il razzismo coloniale: la storia di Faccetta nera

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14 Dicembre, 2023

Refaat Alareer, Se devo morire

by gabriella

Il poeta e insegnante di letteratura inglese Refaat Alareer, è stato ucciso in un bombardamento a Gaza la settimana scorsa.

Se dovessi morire,
tu devi vivere
per raccontare
la mia storia
per vendere le mie cose
per comprare un po’ di carta
e qualche filo,
per farne un aquilone
(fallo bianco con una lunga coda)
cosicché un bambino,
da qualche parte a Gaza,
guardando il cielo
negli occhi
in attesa di suo padre che
se ne andò in una fiamma

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9 Novembre, 2023

Martine Ostorero, La caccia alle streghe. Stigmatizzazione dell’Altro e paura del diavolo

by gabriella
martine ostorero

Martine Ostorero

 «L’immaginario del sabbah è una costruzione colta al servizio della strumentalizzazione delle credenze».

Martine Ostorero

«La tecnica dei semplificatori del mondo, santi inquisitori o cinici demagoghi che siano,
pare essere sempre quella dell’espulsione della paura oltre i confini del gruppo, o almeno ai suoi margini.
Localizzando lì, nel nemico po nello straniero, la colpa della crisi avvertita o temuta,
s’ottiene di dar vita a un ulteriore “luogo comune” sostitutivo o di rinforzo.
Capita così che il nero, l’ebreo, lo zingaro, o come avviene sempre di più, l’immigrato,
assumano il ruolo di pharmakói, di capri espiatori: insieme veleno e antidoto,
responsabili del disordine e, in quanto vittime immolate, propiziatori dell’ordine».

Roberto Escobar, Metamorfosi della paura, 1997

Presentazione della lezione tenuta dalla prof.ssa Martine Ostorero dell’Università di Losanna al seminario del Progetto Pestalozzi sulla Storia della paura, tenuto il 10 maggio 2012 a Losanna.

Il testo, preceduto da una videolezione realizzata sul tema per i miei studenti, si conclude con alcuni documenti storici relativi ai processi per stregoneria tenutisi nel cantone svizzero del Vaud nel XV secolo.

Secondo Martine Ostorero (Univ. Lausanne), la descrizione delle pratiche di demonolatraia e dell’immaginario legato al sabbah (etimo legato, non a caso, alla festività ebraica dello shabbat, sabato) è stata la prima condizione della caccia alle streghe.

La seconda è stata invece la diabolizzazione della magia e di tutte le eresie, azione che si è sviluppata come una costruzione colta al servizio della strumentalizzazione delle credenze. Il momento d’avvio fondamentale della stigmatizzazione delle streghe è la bolla papale del 1325-27 che identifica magia ed eresia, producendo il fondamentale slittamento che porterà all’assimilazione dell’eresia alla stregoneria a cui aderirà lo stesso Tommaso d’Aquino.

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11 Gennaio, 2023

Il materialismo storico

by gabriella

Ludwig Feuerbach

Con Marx ed Engels, la filosofia europea arriva a una nuova definizione dell’umano: noi siamo non solo il risultato delle esperienze e degli stimoli che abbiamo ricevuto, ma anche i creatori e produttori di queste esperienze e stimoli, dunque l’uomo è creatore di se stesso.

Di qui la spiegazione della storia, dei valori, dello spirito dei tempi che cambia in funzione delle scelte e dello sguardo degli uomini che costruiscono le condizioni di esperienza delle generazioni successive.

Gli idealisti tedeschi arrivano, con Feuerbach a concepire la coscienza umana come un prodotto delle condizioni in cui singoli e collettività vivono, cioè come un prodotto della loro esistenza.

Marx oltrepassa questa prospettiva per indicare l’uomo come l’essere che trasforma il mondo ed è egli stesso il prodotto della propria creazione (cioè delle trasformazioni operate dalle generazioni precedenti).

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3 Maggio, 2022

1. Adriano Prosperi, Rinascimento e Umanesimo

by gabriella
Antonello da Messina - Condottiero (Louvre)

Antonello da Messina, Condottiero 1475

Introduzione a Umanesimo e Rinascimento attraverso il capitolo L’Umanesimo, la stampa, le nuove geografie mentali della Storia moderna e contemporanea (Torino, Einaudi, 2000, I, pp. 102-120) [titoli dei paragrafi miei].

Indice

1. Una cultura nuova in un’età di cambiamenti
2. I concetti storici di Umanesimo e Rinascimento
3. Una rivoluzione silenziosa: ill libro a stampa
4. La cultura del libro e la nuova posizione dell’intellettuale laico: Valla ed Erasmo da Rotterdam
5. La moda e l’imitazione dell’antico
6. Libri antichi e scienza moderna

 

1. Una cultura nuova in un’età di cambiamenti

Lo spirito di avventura, la fiducia nelle proprie forze, la curiosità e l’apertura intellettuale che si percepiscono nelle relazioni dei viaggiatori e dei conquistatori europei ci parlano di una cultura nuova, ottimista, fiduciosa nella leggibilità del mondo e nel valore delle azioni umane.

Né la cupa minaccia delle epidemie di peste né il pericolo imminente dell’avanzata turca sembrano capaci di alterare questa disposizione generale del modo di pensare.

Per indicare il valore umano, l’italiano dell’epoca usava il termine «virtù» (latino virtus) e lo immaginava in perenne e contrastato legame con la cieca sorte, il caso, indicati anche qui dal termine latino «fortuna».

Da Dante a Machiavelli, la «virtù» umana individuale è una grande protagonista dei pensieri di questa cultura. Già l’Ulisse dantesco richiamava ai suoi compagni un’idea alta della natura umana:

Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza.

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1 Maggio, 2022

Biblioteca Panizzi, Stampa e censura nel 500

by gabriella

Autodafé (dal portoghese “atto di fede”)

L’avvento della stampa mutò in modo radicale rispetto ai secoli precedenti la natura e la dimensione del problema relativo al controllo, sia politico che religioso, della produzione e della circolazione dei libri. L’immissione sul mercato di libri in quantità molto elevata e a prezzi relativamente contenuti consentì una facilità di accesso alla cultura e una diffusione del sapere mai conosciuti prima.

Le straordinarie potenzialità dell’uso della nuova tecnologia furono ben presto rese evidenti dalla rapida diffusione della Riforma protestante.

Tra il 1517 e il 1530 gli scritti di Lutero furono divulgati in oltre trecentomila copie: un evento storicamente senza precedenti. Lo stesso Lutero definì la stampa

“l’atto di grazia più alto di Dio”,

mentre uno scrittore protestante, l’inglese John Foxe, scriveva:

“Quante saranno le tipografie nel mondo, tanti saranno i fortilizi contrapposti a Castel Sant’Angelo, cosicchè o il papa dovrà abolire il sapere e la stampa oppure la stampa avrà infine ragione di lui”.

Per arginare gli effetti della Riforma e per combattere la diffusione delle teorie ereticali, la Chiesa cattolica mise in campo una vasta azione di difesa dell’ortodossia con la riaffermazione, attraverso il Concilio di Trento, dei dogmi messi in discussione dal protestantesimo, con la persecuzione degli eretici e con il controllo e la censura della produzione libraria.

Nel 1542 papa Paolo III istituiva la Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione o Sant’Uffizio, il tribunale preposto alla repressione dell’eresia, mentre risale al 1559 il primo indice dei libri proibiti.

La sua struttura, che sarà ripresa dagli indici successivi fino alla metà del Seicento, si articola in tre classi: la prima comprende gli autori dei quali si proibisce la lettura di tutte le opere; nella seconda sono raccolti 126 titoli di 117 autori, 332 opere anonime, una lista di Bibbie vietate e un elenco di 61 tipografi la cui produzione è interamente proibita; la terza comprende intere categorie di libri, come quelli senza data e luogo di pubblicazione o ancora le opere di astrologia e magia.

Per leggere le Bibbie e i Nuovi Testamenti in volgare, infine, si rendeva obbligatoria un’apposita licenza del Sant’Uffizio che in nessun caso veniva rilasciata alle donne o a chi non conoscesse il latino.

L’estremo rigore e la severità di questo primo indice provocarono vivaci reazioni e proteste, tanto che il nuovo papa, Pio IV, nel 1564 promulgava un altro indice più moderato e tollerante, corredato da dieci regole rivolte a conferire maggiore organicità e razionalità all’azione di controllo e censura. Con la regola decima veniva ribadito l’obbligo di sottoporre ogni manoscritto da stampare all’esame delle autorità ecclesiastiche per ottenerne l’autorizzazione alla pubblicazione (“imprimatur”), mentre la regola ottava consentiva la pratica dell’espurgazione, ammettendo la possibilità che un’opera proibita fosse rimessa in circolazione dopo essere stata corretta con l’eliminazione delle parti incriminate.

Tra le oltre seimila edizioni del Cinquecento conservate nel ricco patrimonio della Biblioteca Panizzi, sono stati selezionati alcuni volumi che recano le tracce più vistose degli interventi di espurgazione e che documentano nel modo più diretto l’impatto che la censura ecclesiastica ha esercitato nei confronti della stampa nel secolo della Controriforma.


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