La guerra di liberazione italiana dal fascismo e dall’occupante nazista nasce dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e si conclude con le giornate dal 19 al 25 aprile 1945 nelle quali i partigiani proclamano l’insurrezione generale, liberando città, occupando fabbriche, prefetture, caserme, spesso entrando prima degli “alleati” nelle città presidiate da fascisti e tedeschi.
È stato un vasto fenomeno di ribellione popolare che ha unito persone di diversa estrazione sociale, ruolo, orientamento politico.
Resistettero reparti del regio esercito – dalla Divisione Aqui a Cefalonia ai 650.000 militari (IMI) che, fatti prigionieri dai tedeschi, preferirono la deportazione nei campi di sterminio all’adesione al fascismo e alla collaborazione con la Repubblica di Salò (morirono in 400.000) – disertarono e presero la via della montagna o difesero armati le città – attaccando reparti tedeschi o carceri e questure fasciste – studenti, operai, maestri.
Morirono in cinquantamila, 75 anni fa.
Indice
1. Storia della Resistenza
1.1 La fame, la guerra, la fabbrica. Cultura popolare e antifascismo nel 1943
1.2 Gli eventi dal 19 al 30 aprile 1945
2. I partigiani
2.1 Storie e testimonianze dei partigiani di montagna
2.2 Le lettere dei condannati a morte della Resistenza
2.2.1 Ultima lettera di Luigi Rasario, da “Tra un’ora la nostra sorte”
2.3 Mirka e le altre
2.4 Zerocalcare, A Giovanni Prono, partigiano
2.5 I GAP e Via Rasella
2.6 Italo Calvino, Oltre il ponte
2.7 IMI, la storia dei militari italiani internati nei lager nazisti
2.8 L’internamento degli ex-partigiani negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari
3. I caduti della Resistenza
3.1 Il massacro della Benedicta
4. Le stragi, la deportazione, i lager
4.1 I quindici di Piazzale Loreto
4.2 La Risiera di San Sabba. Lettera di Pino Robusti alla fidanzata
4.3 Le stragi nazifasciste
4.3.1 Umbria: 479 vittime in 181 stragi
4.4 I fascisti perugini nel 44
5. La liberazione
5.1 Adriano Prosperi, La mia liberazione
5.2 La differenza tra libertà e liberazione
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1. Storia della Resistenza
1.1 La fame, la guerra, la fabbrica. Cultura popolare e antifascismo nel 1943
Quando l’ingiustizia diventa legge,
la resistenza diventa dovere.
Bertold Brech
La fame, la guerra, la fabbrica. Cultura popolare e antifascismo nel 1943
1.2 Gli eventi dal 19 al 30 aprile 1945
Nella settimana da 19 al 25 aprile i partigiani, su ordine del CLN, danno il via all’insurrezione generale, mentre gli Alleati dilagano nella pianura padana. Dalle montagne, i partigiani confluiscono verso i centri urbani del Nord Italia, occupando fabbriche, prefetture e caserme. Nelle fabbriche occupate viene dato l’ordine di proteggere i macchinari dalla distruzione. Le sedi dei quotidiani sono usate per stampare i giornali clandestini dei partiti che componevano il CLN.
Mentre avviene tutto questo le formazioni fasciste si sbandano e le truppe tedesche battono in ritirata. Si consuma il disfacimento delle truppe nazifasciste, che davano segni di cedimento già dagli inizi del 1945 e i cui vertici si preparavano alla resa agli Alleati.
La mattina del 14 aprile, in un’Imola che sembrava deserta, entra per primo l’87° Reggimento Fanteria del Gruppo di Combattimento “Friuli”[17] a cui, però, viene subito comandato di dirigersi verso Bologna.
Poco dopo giunge la divisione Carpatica polacca, comandata dal generale Wladyslaw Anders insieme ai soldati del Gruppo di Combattimento “Legnano”[18], che viene accolta dagli imolesi nel frattempo usciti dai loro rifugi.
Ancora la mattina del 21 aprile, è il “Friuli” ad entrare per primo[19] a Bologna, passando per la Porta Maggiore, nel tripudio dei bolognesi. In giornata giungono anche i polacchi, il “Legnano” e altri gruppi.
Gli americani liberano Modena il 22 aprile, Reggio Emilia il 24 e Parma il 25. Nella stessa data, a Genova, inizia l’insurrezione, che porterà il generale tedesco Gunther Meinhold ad arrendersi formalmente al CLN ligure il 25 aprile.
Milano e Torino sono liberate il 25 aprile: questa data è stata perciò assunta quale giornata simbolica della liberazione di tutta l’Italia dal regime nazifascista e, denominata Festa della Liberazione, viene commemorata annualmente in tutte le città italiane.
Le truppe alleate arrivano nelle principali città liberate nei giorni seguenti. La liberazione di molte città, inclusi centri industriali di importanza strategica, prima dell’arrivo degli alleati rese la loro avanzata più rapida e meno onerosa in termini di vite. In molti casi avvennero drammatici combattimenti strada per strada. I resti dell’esercito tedesco e gli ultimi fascisti della Repubblica Sociale Italiana sparavano asserragliati in vari edifici o appostati su tetti e campanili su partigiani e civili. In alcuni casi, come a Firenze nel settembre 1944, avvennero vere e proprie battaglie, ma solitamente la loro resistenza si ridusse a una disorganizzata guerriglia, per esempio a Parma e a Piacenza.
La notte tra il 25 e il 26 aprile 1945 Benito Mussolini, con i suoi gerarchi e le loro famiglie pernotta a Grandola ed Uniti nell’hotel Miravalle nella frazione di Cardano.
Il 27 aprile 1945, Benito Mussolini viene catturato a Dongo, in prossimità del confine con la Svizzera, mentre tenta di espatriare assieme all’amante Claretta Petacci, indossando la divisa di un soldato tedesco.
Riconosciuto dai partigiani, è fatto prigioniero e giustiziato il giorno successivo, 28 aprile, a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como; il suo cadavere viene esposto impiccato a testa in giù, accanto a quelli della stessa Petacci e di altri gerarchi, in piazzale Loreto a Milano, dove viene lasciato alla disponibilità della folla, che infierisce sul cadavere.
In quello stesso luogo, infatti, otto mesi prima i nazifascisti avevano esposto e dileggiato, quale monito alla Resistenza italiana, i corpi di quindici partigiani uccisi.
Il 29 aprile la resistenza italiana ha formalmente termine con la resa incondizionata dell’esercito tedesco, e i partigiani assumono pieni poteri civili e militari.
Il 30 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia dichiara che:
la fucilazione di Mussolini e dei suoi complici è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro paese ancora coperto di macerie materiali e morali.
Oggi possiamo dire che quelle macerie non sono ancora state rimosse.
2. I partigiani
2.1 Storie e testimonianze dei partigiani di montagna
Giordano Cavestro (Mirko). 18 anni, studente di scuola media. Nato a Parma il 30 novembre 1925, nel 1940 dà vita ad un bollettino antifascista attorno al quale si mobilitano numerosi militanti. Dopo l’8 settembre 1943 lo stesso nucleo diventa centro organizzativo e propulsore delle prime attività partigiane nella zona di Parma.
Catturato il 7 aprile 1944 a Montagnana (Parma), nel corso di un rastrellamento operato da tedeschi e fascisti, viene fucilato il 4 maggio 1944 nei pressi di Bardi (Parma) con altri quattro compagni.
Cari compagni, ora tocca a noi.
Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d’Italia.
Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l’idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella.
Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile.
Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care.
La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio.
Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà.Parma, 4 maggio 1944 Giordano Cavestro
Siamo i ribelli della montagna è stata scritta nel marzo del 1944, sull’Appennino ligure-piemontese da Emilio Casalini (Cini), comandante della III brigata d’assalto Garibaldi “Liguria”, distrutta il 6 aprile del 44 nel massacro della Benedicta (150 superstiti su 800).
Bruno Frittaion (Attilio). 19 anni. Studente. Nato a San Daniele del Friuli (Udine) il 13 ottobre 1925. Sino dal 1939 si dedica alla costituzione delle prime cellule comuniste nella zona di San Daniele, dopo l’8 settembre 1943 abbandona la scuola unendosi alle formazioni partigiane operanti nella zona, prende parte a tutte le azioni del Battaglione “Písacane”, Brigata “Tagliamento”, e quindi, con funzioni di vicecommissario di Distaccamento, dei Battaglione “Silvio Pellíco ” -. Catturato il 15 dicembre 1944 da elementi delle SS italiane, tradotto nelle carceri di Udine, più volte torturato, fucilato il 1 febbraio 1945 nei pressi dei cimitero di Tarcento (Udine) con altri sette compagni.
Edda,
voglio scriverti queste mie ultime, e poche righe. Edda, purtroppo sono le ultime si, il destino vuole così, spero ti giungano di conforto in tanta triste sventura. Edda, mi hanno condannato alla morte, mi uccidono; però uccidono il mio corpo non l’idea che c’è in me. Muoio, muoio senza alcun rimpianto, anzi sono orgoglioso di sacrificare la mia vita per una causa, per una giusta causa e spero che il mio sacrificio non sia vano anzi sia di aiuto nella grande lotta. Di quella causa che fino a oggi ho servito senza nulla chiedere e sempre sperando che un giorno ogni sacrificio abbia il suo compenso. Per me la migliore ricompensa era quella di vedere fiorire l’idea che purtroppo per poco ho servito, ma sempre fedelmente.
Edda il destino ci separa, il destino uccide il nostro amore quell’amore che io nutrivo per te e che aspettava quel giorno che ci faceva felici per sempre. Edda, abbi sempre un ricordo di chi ti ha sempre sinceramente amato. Addio a tutti.
Addio EddaUdine, 1 febbraio 1945 Bruno Frittaion
2.2 Le lettere dei condannati a morte della Resistenza
2.2.1 Ultima lettera di Luigi Rasario, da “Tra un’ora la nostra sorte”
Ultima lettera di Luigi Rasario, da “Tra un’ora la nostra sorte”
2.3 Mirka e le altre
2.4 Zerocalcare, A Giuseppe Prono, Partigiano
2.5 I GAP e Via Rasella
2.6 Italo Calvino, Oltre il ponte
2.7 IMI, i militari italiani internati nei lager nazisti
La storia degli IMI, i militari italiani internati nei lager nazisti
2.8 L’internamento degli ex-partigiani negli OPG
L’internamento degli ex-partigiani negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari
3. I caduti della Resistenza
Chiamiamo “resistenza” la mobilitazione in armi di decine di migliaia di italiani, di cui circa 44.700 caduti, 15.000 dei quali uccisi dai tedeschi (Wehrmacht e SS) e dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945.
Si calcola che i caduti per la Resistenza italiana (in combattimento o uccisi a seguito della cattura) siano stati complessivamente circa 44.700; altri 21.200 rimasero mutilati ed invalidi; tra partigiani e soldati regolari italiani caddero combattendo almeno in 40.000 (10.260 della sola Divisione Acqui impegnata a Cefalonia e a Corfù).
Le donne partigiane combattenti furono 35 mila, mentre 70 mila fecero parte dei Gruppi di difesa della donna; 4.653 di loro furono arrestate e torturate. 2.750 furono deportate in Germania, 2.812 fucilate o impiccate; 1.070 caddero in combattimento; 15 vennero decorate con la medaglia d’oro al valor militare.
Dei circa 40.000 civili deportati, per la maggior parte per motivi politici o razziali, torneranno solo 4.000. Gli ebrei deportati nei lager furono più di 10.000; dei 1.023 deportati ad Auschwitz dal ghetto di Roma, tornarono solo in sedici.
Tra i soldati italiani che dopo l’Armistizio di Cassibile dell’8 settembre decisero di combattere contro i nazifascisti sul territorio nazionale continuando a portare la divisa, morirono in 45.000 (esercito 34.000, marina 9.000 e aviazione 2.000), ma molti dopo l’armistizio parteciparono alla nascita delle prime formazioni partigiane (che spesso erano comandate da ex ufficiali).
Furono invece 40.000 i soldati che morirono nei lager nazisti, su un totale di circa 650.000 deportati in Germania e Polonia dopo l’8 settembre (tra di loro, anche mio nonno N.D.R.) per aver rifiutato di entrare nei reparti della RSI in cambio della libertà. Rifiutò il 90% dei soldati e il 70% di ufficiali [vedi il § 2.4 IMI, la storia dei militari italiani internati nei lager nazisti].
Si stima che in Italia nel periodo intercorso tra l’8 settembre 1943 e l’aprile 1945 le forze tedesche (sia la Wehrmacht che le SS) e le forze della Repubblica Sociale Italiana compirono più di 400 stragi (uccisioni con un minimo di 8 vittime), per un totale di circa 22.000 caduti cittadini comuni, partigiani, ebrei. Tra le più sanguinose, quella delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant’Anna di Stazzema.
Fischia il vento, uno dei più celebri canti della resistenza, è stata scritta dal Comandante partigiano Felice Cascione, nel 1943.
E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore
tra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccioAl lamento d’agnello dei fanciulli
all’urlo nero della madre
che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafoAlle fronde dei salici, per voto
anche le nostre cetre erano appese
oscillavano lievi al triste ventoSalvatore Quasimodo, Alle fronde dei salici, 1946
3.1 Il massacro della Benedicta
"Questa è una storia da raccontare"Il reportage di oggi di Antonello Savoca ci porta a Cascina Benedicta #PiccoleStorieDiProvincia #QuanteStorie Rai3
Publiée par Quante Storie sur Jeudi 2 mars 2017
4. Le stragi, la deportazione, i lager
4.1 I quindici di Piazzale Loreto
4.2 La Risiera di san Sabba. Lettera di Pino Robusti alla fidanzata
4.3 Le stragi nazifasciste
4.3.1 Umbria: 479 vittime in 181 stragi
4.4 I fascisti perugini nel ’44
5. La liberazione
Democracy must be learned anew in each generation.
Gordon Allport, Introduzione a Kurt Lewin, Resolving Social Conflicts, 1967
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