Pierre Clastres, L’anarchia selvaggia. Le società senza stato, senza fede, senza legge, senza re
Con il titolo L’anarchia selvaggia, Elèuthera ha pubblicato la traduzione italiana di quattro importanti saggi scritti da Pierre Clastres tra il 1976 e il 1977: La question du pouvoir dans les sociétès primitives, in cui l’antropologo affronta il tema della radicale diversità delle società primitive da quelle gerarchiche, differenziate, statali in cui viviamo; Archeologie de la violence : La guerre dans les societes primitives (Monde en cours) nel quale Clastres propone una convincente riforma dell’antropologia hobbesiana e della concezione scambista di Lévi-Strauss, mostrando come guerra e dono siano l’uno il rovescio dell’altro, dunque, entrambi originari; Liberté, Malencontre, Innomable in cui sviluppa un avvincente commentario del Discours de la servitude volontaire di la Boétie, riconoscendo nella nascita dello stato, cioè della diseguaglianza e della sua codificazione, la nascita della storia e della servitù umana e Âge de la pierre âge d’abondance, la prefazione dedicata alla pubblicazione francese di Stone Age Economics (1972) di Marshall Sahlins, in cui fa risaltare il legame tra potere e debito attraverso un’illuminante analisi della figura del Big Man, il capo senza potere dei selvaggi.
Accessibili in rete anche La societé contre l’Etat. Recherches d’anthropologie politique, Paris, Editions de Minuit, 1974 [disponibile anche in trad. inglese].
«Mondo senza gerarchie, gente che non obbedisce a nessuno, società indifferente al possesso di ricchezze, capi che non comandano, culture senza morale perché ignorano il peccato, società senza Stato».
Pierre Clastres
“Nel governo del saggio, il suo effetto si estende su tutta la nazione, ma non sembra emanare da lui. Egli influisce su tutto, ma non rende la gente dipendente da lui. La sua influenza è presente, ma non riesci a identificarla, e ciascuno si compiace di sé. Egli sta ritto nel vuoto insondabile e vaga nella sfera del non-essere”.
Fabrizio Tassi, Società senza Stato: domani? No, ieri l’altro…
Una società senza classi (senza ricchi che spossessano i poveri). Una società senza divisioni tra dominanti e dominati (senza organi separati di potere).
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Friedrich Nietzsche, Della redenzione
L’amor fati contro lo spirito della vendetta. Da Così parlò Zarathustra.
Un giorno quando Zarathustra passò sul gran ponte, gli storpi e i mendicanti lo circondarono, e un gobbo gli parlò così:
«Guarda, Zarathustra! Anche il popolo impara da te e presta fede alla tua dottrina: ma affinchè possa crederti interamente è ancor necessario una cosa – tu devi anzi tutto convincere gli infermi! Ne hai qui grande scelta e, in verità, un’occasione che devi afferrare… Tu devi rendere la vista ai ciechi e far correre gli zoppi; e togliere un poco a colui che ha troppa roba sul dorso: – ecco, io penso, il vero modo per far sì che gl’infermi credano in Zarathustra!»
Ma Zarathustra rispose a colui che gli aveva parlato:
Governo, potere e critica in Michel Foucault
Ricordare Foucault, nel trentennale della morte.
Che cos’è la critica? E’ l’arte di non essere eccessivamente governati.
Michel Foucault
Paolo Napoli, Il governo e la critica
Il contesto della ricerca di Foucault
In Qu’est-ce que la critique? [in «Bulletin de la Société Française de Philosophie», avril-juin 1990, 2, p. 35-63; trad. it. Illuminismo e critica, Roma, Donzelli, 1997] é descritta la storia di una virtù e sono spiegate le forme e le ragioni del suo valore permanente. Con felice agilità d’argomenti Michel Foucault invita il lettore a un’incontro originale con l’idea di critica costringendolo a superare entusiasmi e diffidenze che non di rado accompagnano la parola. La critica non appare lo strumento di un’egemonia intellettuale che segna il privilegio di una casta, quella dei critici appunto, é invece una forma di vita che caratterizza l’autonomia etica di ogni individuo, il lavoro progettuale di un’esistenza. Sottratta alla rigidità del metodo, essa resta esperienza pratica in cui concepire l’esercizio della libertà.
A questa nuova visione contribuisce Foucault quando nel maggio 1978 si trova alla Sorbona […]. Tuttavia per capire il contesto in cui matura in Foucault l’idea di «critica», occorre considerare due elementi: uno occasionale, l’altro più determinante. Il primo è l’incontro con la cultura buddista […] La pratica della meditazione, quale ricerca dell’unione tra il corpo e l’anima, viene avvicinata sulla scorta di una categoria assai pregnante come quella di «governo». Mentre nella pratica dello zen il rappporto col sé mira a una attenuazione della presenza dell’io, lo sforzo delle tecniche cristiane consiste nell’esaltare la presa sul soggetto, nel raggiungere la sua verità più profonda grazie a una strategia globale di goveno dell’uomo. Ma lo zen in realtà è solo l’occasione per attualizzare un problema che percorre da cima a fondo le lezioni al Collège de France a partire dal 1978: la questione del governo.
Michel Foucault, La verità e le forme giuridiche
I seminari tenuti all’Università cattolica di Rio de Janeiro tra il 21 e il 25 maggio 1973 sono tra i testi più importanti e illuminanti di Foucault.
Partendo dall’analisi di alcuni testi nietzscheani, Foucault vi illustra la genealogia del soggetto e dei saperi, mostrando come l’uno e gli altri si costituiscano attraverso giochi di verità e pratiche agonistiche di sapere e potere. Nella seconda parte, dedicata a una celebre lettura dell’Edipo sofocleo – colui che sa e che può troppo -, Foucault mostra la nascita della separazione tra sapere e potere, cioè della critica e della filosofia occidentale quali «diritto di opporre una verità senza potere a un potere senza verità».
La questione se al pensiero umano appartenga una verità oggettiva non è una questione teorica, ma pratica. E’ nell’attività pratica che l’uomo deve dimostrare la verità, cioè la realtà e il potere, il carattere terreno del suo pensiero. La disputa sulla realtà o non-realtà di un pensiero che si isoli dalla pratica è una questione puramente scolastica.
K. Marx, Seconda tesi su Feuerbach [l’incipit è un mio commento al testo foucaultiano, non una sua citazione di Marx]
Presenterò oggi una riflessione metodologica per introdurre il problema che, sotto il titolo “La verità e le forme giuridiche”, può esservi sembrato un po’ enigmatico. Tenterò di presentarvi il punto di convergenza di tre o quattro serie di ricerche esistenti, già esplorate, già inventariate, per confrontarle e riunirle in una sorta di ricerca non dico originale ma almeno innovativa.
Friedrich Nietzsche, Delle tre metamorfosi
Il primo discorso di Zarathustra dopo la discesa dalla montagna. In Così parlò Zarathustra (1885), edizione liberamente accessibile liberliber, pp. 53-56.
Tre metamorfosi dello spirito io vi narro: come lo spirito divenne cammello, e il cammello leone, e il leone fanciullo.
Molte cose gravi sono per lo spirito, per lo spirito forte e paziente dove impera il rispetto: il suo vigore brama ciò che è pesante, ciò che v’è di più pesante. Che v’è di pesante? questo chiede lo spirito paziente; e ‘inginocchia al pari del cammello, e vuole lo si carichi molto. Che v’è di più pesante, o eroi? così chiede lo spirito paziente; ditemelo affinchè me lo addossi e mi rallegri della mia forza. Non è questo: umiliarsi per far soffrire il proprio orgoglio? Mettere in luce la propria follia per deridere la propria sapienza? O non è questo: disertare la nostra causa quand’essa celebra la sua vittoria? Salir su gli alti monti per tentare il tentatore? Oppure è questo: nutrirsi delle ghiande e dell’erbe della conoscenza e soffrir la fame dell’anima per amore della verità?
Zarathustra, l’annuncio del superuomo
Una nuova umanità che si lasci alle spalle la meschina affermazione di sé [il prologo dello Zarathustra è tra le pagine classiche della critica all’individualismo borghese o “filisteo”] ed affermi onestamente le ragioni della vita [cioè di quell’esistenza piena che ogni uomo ha il dovere di conquistare e il diritto di affermare]. Questo è il lieto annuncio del superuomo, il passo del grande negatore, dunque dell’affermatore di ogni giustizia, del grande immoralista, perciò dell’unica morale che valga la pena di abbracciare.
Io amo i grandi spregiatori perchè sono i grandi adoratori, frecce del desiderio verso l’opposta riva.
Amo coloro che non cercano, oltre le stelle, una ragione per offrirsi in sacrificio o perire;
amo coloro che si sacrificano alla terra, perchè la terra appartenga un giorno al superuomo.
Quando Zarathustra giunse alla vicina città che è presso le foreste, trovò gran popolo raccolto sul mercato: poichè era corsa voce che vi si sarebbe veduto un funambolo. E Zarathustra così parlò al popolo:
«Io vi annunzio il Superuomo. L’uomo è cosa che deve essere superata. Che avete fatto voi per superarlo? Tutti gli esseri crearono finora qualche cosa che sorpassa loro stessi: e voi volete essere il riflusso di questa grande marea, e tornare piuttosto al bruto anzichè superare l’uomo?
Che cosa è la scimmia per l’uomo? Una derisione o una dolorosa vergogna. E questo appunto dev’essere l’uomo per il Superuomo: una derisione o una dolorosa vergogna.
Voi avete percorso la strada che porta dal verme all’uomo, ma molto c’è ancora in voi del verme. Una volta eravate scimmie, e ancor adesso l’uomo è più scimmia di tutte le scimmie. Ma anche il più saggio, fra di voi, non è che una cosa sconnessa, un essere ibrido tra pianta e fantasma. Ma vi dico forse di divenir piante o fantasmi?
Ecco, io vi insegno il superuomo!Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: il superuomo sia il senso della terra!
Vi scongiuro, fratelli miei, restate fedeli alla terra, e non credete a coloro che vi parlano di speranze soprannaturali. Sono avvelenatori, lo sappiano o no.
Sono spregiatori della vita, moribondi, avvelenatori di sé medesimi; la terra ne è stanca: se ne vadano dunque.read more »
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