Nove anni fa, Christian Raimo ha scritto per Internazionale questa importante riflessione sull’idiozia latente delle indicazioni che talvolta noi docenti diamo quando forziamo la richiesta di individuazione dei “collegamenti multisplinari” al punto di farne un gioco di libere associazioni, cioè poco più di una passeggiata narrativa tenuta insieme da legami deboli: una battaglia che pensavo di condurre in solitaria, fino a quando non ho letto questo articolo.
Maggio è il mese della febbre delle tesine. Ossia: i più di cinquecentomila studenti che tra un mese affronteranno l’esame di stato, ovvero quello che chiamiamo la maturità, devono preparare una breve ricerca di una quindicina, una ventina, di cartelle che, a partire da un certo argomento, s’impegni a toccare più materie possibile. I ragazzi per lo più vanno nel panico: cercano di arrangiarsi. Se hanno cominciato a chiedere lumi già al primo quadrimestre, arrivati a questo punto dell’anno mostrano schemi strampalati con un sacco di frecce.
“Porto il Mistero: così ci metto il velo di Maya in Schopenhauer, l’enigma di Edipo in greco, il codice Enigma in storia, e i numeri irrazionali in matematica, che ne dice prof?”.
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