Maximilien Robespierre, La nuova Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Costituzione del 24 giugno 1793

by gabriella

Robespierre tenne un discorso sulla proprietà il 24 aprile 1793, nel tentativo di riformare in senso democratico ed egualitario, o “repubblicano”, nel linguaggio giacobino, la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen del 1789 e dare una nuova costituzione alla Francia [MP3 ascoltabile da Litterature audio.com].

Il testo definitivo della costituzione giacobina sarebbe arrivato dopo pochi mesi (giugno 1793) per essere immediatamente cancellato dal rovesciamento termidoriano. Tratto da Œuvres de Maximilien Robespierre [Tome IX, Édition du Centenaire de la Société des études robespierristes, Éditions du Miraval à Enghien-les-Bains, pp. 459-469], traduzione mia.

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Progetto di Dichiarazione dei diritti dell’uomo

Maximilien Robespierre

Nell’ultima seduta ho chiesto la parola per proporre alcuni importanti articoli aggiuntivi, che si riferiscono alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Vi proporrò innanzitutto alcuni articoli necessari per completare la vostra teoria sulla proprietà.  Che questa parola non allarmi nessuno. Anime vili che stimate solo l’oro, non intendo affatto intaccare i vostri tesori, per quanto impura ne sia la fonte. Voi dovete ben sapere che questa legge agraria, di cui tanto avete parlato, non è che un fantasma creato dai criminali per spaventare gli imbecilli.

Probabilmente non c’era bisogno di una rivoluzione per insegnare al mondo che l’estrema sproporzione delle fortune è la fonte di molti mali e di molti crimini; nondimeno siamo siamo convinti che l’uguaglianza dei beni è una chimera. Per me, la ritengo ancor meno necessaria al benessere privato di quanto lo è al benessere pubblico. Si tratta ben più di rendere onorevole la povertà che non di proscrivere l’opulenza. La capanna di Fabrizio [Console romano, simbolo del magistrato, ndr.] non ha nulla da invidiare al palazzo di Crasso.

Per parte mia, preferirei essere uno dei figli di Aristide, allevato nel Pritaneo a spese della Repubblica, che non l’erede presuntivo di Serse, nato nel fango delle corti per occupare un trono decorato con l’avvilimento dei popoli e splendente per la miseria pubblicaPoniamo dunque in buona fede i principi del diritto di proprietà: è necessario, tanto più che non c’è principio che i pregiudizi e i vizi degli uomini abbiano cercato di avviluppare con nubi più spesse.

Chiedete ad un mercante di carne umana che cos’è la proprietà; vi dirà, mostrandovi quella lunga bara che chiama nave, in cui ha incassato e incatenato uomini che sembrano vivi:

«Ecco le mie proprietà, le ho acquistate ad un tanto a testa».

Interrogate un gentiluomo, che ha terre e vassalli, o che ritiene sia crollato il mondo da quando non ne ha più; vi darà della proprietà idee press’a poco simili.

Interrogate gli augusti membri della dinastia capetingia: vi diranno che la più sacra di tutte le proprietà è, senza dubbio alcuno, il diritto ereditario – del quale hanno goduto in tutta l’antichità – di opprimere, di avvilire e di dissanguare legalmente e monarchicamente i venticinque milioni di persone che abitavano il territorio della Francia con il loro consenso.

Agli occhi di tutte quelle persone, la proprietà non poggia su alcun principio morale. E perché mai la vostra Dichiarazione dei diritti sembra presentare lo stesso errore? Nel definire la libertà il primo dei beni dell’uomo, il più sacro tra i diritti che derivano dalla natura, avete detto con ragione che essa aveva per limite i diritti degli altri. E perché mai, allora, non avete applicato questo principio alla proprietà, che è una istituzione sociale? Come se le leggi eterne della natura fossero meno inviolabili delle convenzioni degli uomini! Avete moltiplicato gli articoli per assicurare la più grande libertà nell’esercizio della proprietà, e non avete detto una sola parola per determinarne la legittimità; di modo che la vostra Dichiarazione sembrerebbe fatta non già per gli uomini, ma per i ricchi, per gli accaparratori, per gli speculatori e per i tiranni. Io vi propongo di correggere questi difetti con il consacrare le seguenti verità:

Art. 1 – La proprietà è il diritto di ogni cittadino di godere e di disporre della porzione di beni che gli è garantita dalla legge.
Art. 2 – Il diritto di proprietà è limitato, come tutti gli altri, dall’obbligo di rispettare i diritti altrui.
Art. 3 – Esso non può pregiudicare né la sicurezza, né la libertà, né l’esistenza, né la proprietà dei nostri simili.
Art. 4 – Ogni possesso, ogni traffico che viola questo principio è illecito ed immorale.

Voi parlate inoltre dell’imposta per stabilire il principio incontestabile che essa può emanare solo dalla volontà del popolo o dei suoi rappresentanti. Ma dimenticate una disposizione che l’interesse dell’umanità reclama: dimenticate di consacrare il principio dell’imposta progressiva. Ora, in materia di pubblici tributi, vi è forse un principio più evidentemente riposto nella natura delle cose e nell’eterna giustizia di quello che impone ai cittadini l’obbligo di contribuire alle spese pubbliche progressivamente, secondo l’entità della propria fortuna, cioè secondo i vantaggi che essi traggono dalla società?

Vi propongo di sanzionarlo in un articolo concepito in questi termini:

I cittadini, le cui rendite non eccedono ciò che è necessario alla loro sussistenza, devono essere dispensati dal contribuire alle spese pubbliche; gli altri devono sopportarle progressivamente, secondo l’entità della loro fortuna.

Il comitato ha inoltre assolutamente dimenticato di richiamare i doveri di fraternità che uniscono tutti gli uomini e tutte le nazioni e il loro diritto ad una mutua assistenza. Sembra che siano state ignorate le basi dell’eterna alleanza dei popoli contro i tiranni. Si direbbe che la vostra Dichiarazione sia stata fatta per un branco di creature umane recintato in un angolo del globo, e non per l’immensa famiglia a cui la natura ha dato la terra quale dominio e quale soggiorno.

Je vous propose de remplir cette grande lacune par les articles suivants : ils ne peuvent que vous concilier l’estime des peuples : il est vrai qu’ils peuvent avoir l’inconvénient de vous brouiller sans retour avec les rois. J’avoue que cet inconvénient ne m’effraie pas ; il n’effraiera point ceux qui ne veulent pas se réconcilier avec eux.

Vi propongo di colmare questa lacuna con gli articoli seguenti. Essi non possono che conciliarvi la stima dei popoli: è vero che possono anche avere l’inconveniente di inimicarvi per sempre i re. Ma confesso che questo inconveniente non mi spaventa affatto; esso non spaventa coloro che non vogliono in nessun modo riconciliarsi con loro.

Ecco i miei quattro articoli:
Art. 1 – Gli uomini di tutti i paesi sono fratelli, ed i differenti popoli devono aiutarsi l’un l’altro, come i cittadini di un medesimo Stato.
Art. 2 – Colui che opprime una nazione si dichiara nemico di tutte.
Art. 3 – Coloro che fanno la guerra ad un popolo per arrestare i progressi della libertà ed annientare i diritti dell’uomo devono essere perseguiti dovunque, non già come nemici ordinari, ma come assassini e briganti ribelli.Art. 4 – I re, gli aristocratici, i tiranni, quali che siano, sono schiavi insorti contro il sovrano della terra, che è il genere umano, e contro il legislatore dell’universo, che è la natura.

 

DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO E DEL CITTADINO PROPOSTA DA MAXIMILIEN ROBESPIERRE

Stampata per ordine della Convention nationale

I rappresentanti del popolo francese, riuniti in Convenzione nazionale, riconoscendo che le leggi umane le quali non derivano dalle leggi eterne della giustizia e della ragione sono solo attentati dell’ignoranza e del dispotismo contro l’umanità; convinti che la dimenticanza ed il disprezzo dei diritti naturali dell’uomo sono le uniche cause dei crimini e delle sventure del mondo, hanno deciso di esporre, in una dichiarazione solenne, quei diritti sacri, inalienabili, affinché tutti i cittadini, avendo la possibilità di paragonare continuamente gli atti del governo con lo scopo di ogni istituzione sociale, non si lascino mai opprimere ed avvilire dalla tirannia; affinché il popolo abbia sempre dinanzi agli occhi le basi della sua libertà e della sua felicità, il magistrato le regole dei suoi doveri, e il legislatore l’oggetto della sua missione.

Di conseguenza, la Convenzione nazionale proclama, di fronte al mondo intero, e sotto gli occhi dell’immortale legislatore, la seguente Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino:

Art. 1

Lo scopo di ogni società politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo, e lo sviluppo di tutte le sue facoltà.

Art. 2

I principali diritti dell’uomo sono di provvedere alla conservazione della propria esistenza e la libertà.

Art. 3
Questi diritti appartengono in uguale misura a tutti gli uomini, quale che sia la differenza delle loro forze fisiche e morali. L’uguaglianza dei diritti è stabilita dalla natura: la società, lungi dall’attentare ad essa, non fa che garantirla contro l’abuso della forza, che la rende illusoria.

Art. 4
La libertàè il potere che appartiene all’uomo di esercitare, a suo piacimento, tutte le sue facoltà. Essa ha la giustizia per regola, i diritti altrui per limite, la natura per principio, e la legge per salvaguardia.

Art. 5
Il diritto di riunirsi pacificamente, il diritto di manifestare le proprie opinioni, sia a mezzo stampa che in ogni altra maniera, sono conseguenze così necessarie della libertà dell’uomo, che il bisogno di enunciarle suppone la presenza o il ricordo recente del dispotismo.

Art. 6
La proprietà è il diritto di ogni cittadino di godere e di disporre della porzione dei beni che gli è garantita dalla legge.

Art. 7
Il diritto di proprietà è limitato, come tutti gli altri, dall’obbligo di rispettare i diritti altrui.

Art. 8
Esso non può pregiudicare né la sicurezza, né la libertà, né l’esistenza, né la proprietà dei nostri simili.

Art. 9
Ogni commercio che viola questo principio è essenzialmente illecito ed immorale.

Art. 10
La società è obbligata a provvedere alla sussistenza di tutti i suoi membri, sia procurando loro un lavoro, sia assicurando i mezzi di esistenza a coloro che non sono in grado di lavorare.

Art. 11
I soccorsi indispensabili a coloro che mancano del necessario sono un debito di quelli che possiedono il superfluo: spetta alla legge determinare il modo in cui questo debito deve essere assolto.

Art. 12
I cittadini il cui reddito non eccede ciò che è necessario alla loro sussistenza sono dispensati dal contribuire alle spese pubbliche. Gli altri devono supportarle progressivamente, secondo l’estensione della loro fortuna.

Art. 13
La società deve favorire con tutto il suo potere i progressi della coscienza pubblica e mettere l’istruzione alla portata di tutti i cittadini.

Art. 14
Il popolo è il sovrano: il governo è opera sua e sua proprietà, i funzionari pubblici sono i suoi servitori.

Il popolo può, quando vuole, cambiare il proprio governo e revocare i propri rappresentanti.

Art. 15
La legge è l’espressione libera e solenne della volontà del popolo.

Art. 16
La legge è uguale per tutti

Art. 17
La legge non può vietare che ciò che è nocivo alla società: essa non può ordinare che ciò che le utile.

Art. 18
Ogni legge che viola i diritti imprescrittibili dell’uomo è essenzialmente ingiusta e tirannica: essa non è affatto una legge [questa tesi ha una lunga tradizione, vedi la posizione di Agostino d’Ippona, nota mia].

Art. 19
In ogni stato libero, la legge deve soprattutto difendere la libertà pubblica e individuale contro l’autorità di coloro che governano.

Ogni istituzione che non presupponga la bontà del popolo e la corruttibilità del governante è viziosa.

Art. 20
Nessuna porzione del popolo può esercitare il potere del popolo intero, ma la volontà che essa esprime dev’essere rispettata come la volontà di una porzione del popolo che deve concorrere a formare la volontà generale.

Ciascuna sezione dell’assemblea sovrana, deve godere del diritto di esprimere la sua volontà con piena libertà: essa è essenzialmente indipendente da tutte le autorità costituite e padrona di regolare la sua amministrazione e le sue deliberazioni.

Art. 21
Tutti i cittadini sono ammissibili a tutte le cariche pubbliche, senza altra distinzione che quella delle virtù e dei talenti, senza altro titolo che quello della fiducia del popolo.

Art. 22
Tutti i cittadini hanno un uguale diritto di concorrere alla nomina dei mandatari del popolo ed alla formazione della legge.

Art. 23
Affinché questi diritti non siano illusori e l’uguaglianza chimerica, la società deve stipendiare i funzionari pubblici e fare in modo che i cittadini che vivono del proprio lavoro possano assistere alle pubbliche assemblee – a cui la legge li chiama – senza compromettere la propria esistenza né quella delle loro famiglie.

Art. 24
Ogni cittadino deve obbedire religiosamente ai magistrati ed agli agenti del governo, quando essi sono gli organi o gli esecutori della legge.

Art. 25
Ma ogni atto contro la libertà, contro lo sicurezza o contro la proprietà di un uomo, commesso da chiunque, anche se in nome della legge, al di fuori dei casi da essa stabiliti e delle forme da essa prescritte, è arbitrario e nullo; il rispetto stesso della legge proibisce di sottomettervisi e, se si vuole eseguirlo con la violenza, è permesso di respingerlo con la forza.

Art. 26
Il diritto di presentare petizioni ai depositari della pubblica autorità appartiene ad ogni individuo. Quelli a cui esse sono indirizzate devono deliberare sui punti che ne sono l’oggetto, ma non possono mai interdirne, né restringerne o condannarne l’esercizio.

Art. 27
La resistenza all’oppressione è la conseguenza degli altri diritti dell’uomo e del cittadino.

Art. 28
Vi è oppressione contro l’intero corpo sociale quando è oppresso anche uno solo dei suoi membri.

Vi è oppressione contro ciascun membro quando tutto il corpo sociale è oppresso.

Art. 29
Quando il governo opprime il popolo, l’insurrezione è per il popolo e per ciascuna porzione di esso, il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri.

Art. 30
Quando ad un cittadino manca la garanzia sociale, è diritto naturale che egli difenda da se stesso tutti i suoi diritti [è il diritto di resistenza o rivoluzione, non di farsi giustizia da sé]

Art. 31
Nell’uno e nell’altro caso, assoggettare a forme legali la resistenza all’oppressione è l’ultimo affinamento della tirannia.

Art. 32
Le funzioni pubbliche non possono essere considerate come segni di distinzione, né come ricompense, ma come doveri pubblici.

Art. 33
I delitti dei mandatari del popolo devono essere severamente e agevolmente puniti. Nessuno ha il diritto di pretendersi più «inviolabile» degli altri cittadini.

Art. 34
Il popolo ha il diritto di conoscere tutte le azioni dei suoi mandatari; essi devono dargli un rendiconto fedele della loro gestione e subire il suo giudizio con rispetto.

Art. 35
Gli uomini di tutti i paesi sono fratelli, ed i diversi popoli devono aiutarsi l’un l’altro, per quanto possano, come i cittadini di uno stesso Stato.

Art. 36
Chi opprime una sola nazione si dichiara il nemico di tutte.

Art. 37
Quelli che muovono guerra a un popolo per arrestare i progressi della libertà ed annientare i diritti dell’uomo, devono essere perseguiti dovunque, non già come nemici ordinari, ma come assassini e briganti ribelli.

Art. 38
I re, gli aristocratici, i tiranni quali che siano, sono degli schiavi ribellatisi contro il sovrano della terra che è il genere umano e contro il legislatore dell’universo che è la natura».

Decreto del 21 settembre 1792

La Convenzione nazionale dichiara che: 1° Che non può esserci nessuna Costituzione che quella accettata dal popolo ; 2° Che le persone e le proprietà sono sotto la protezione della Nation.

Decreto del 21-22 settembre 1792

La Conventione nazionale decreta all’unanimità che la monarchia è abolita in Francia.

Dichiarazione del 25 settembre 1792

La Convenzione nazionale dichiara che la Repubblica francese è una e indivisibile.

Esercitazione

Porre a confronto la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo con il progetto di riforma di Robespierre, cercando di cogliere i passaggi in cui si afferma una concezione sostanziale e non solo formale dell’eguaglianza.

 

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