Archive for ‘Economia’

15 Febbraio, 2015

Il marxismo erratico del ministro

by gabriella

yanis varoufakisIl ritratto del Sole24Ore del Ministro delle Finanze del governo greco all’indomani dell’incarico di governo e le Confessions of an Erratic Marxist tenute dall’economista al 6° Subversive Festival il 14 maggio 2013 (traduzione di Giancarlo Iacchini) nelle quali spiega il senso della sua Modest proposal.

 

Il y aura ce jour […]. Rien ne peut entamer la terrifiante lumiére glacée de cette certitude.

Jacques Derrida

Il ritratto del Il Sole24Ore

Yaris Yarufakis

Yanis Varoufakis

Si definisce un «economista accidentale», approdato all’insegnamento dell’economia dopo aver studiato matematica e statistica, ed è l’espressione della linea dura di Syriza contro l’austerity imposta ad Atene dai creditori internazionali. Probabilmente già oggi Yanis Varoufakis – 53 anni, uno degli accademici che Alexis Tsipras ha chiamato dalle loro sedi universitarie all’estero per andare a costituire il nucleo della futura squadra di governo – giurerà da ministro delle Finanze, come ha confermato lui stesso in un’intervista radiofonica a un’emittente irlandese.

Sarà dunque Varoufakis, doppia nazionalità greca e australiana, l’interlocutore con cui leader e istituzioni europee andranno a trattare la rinegoziazione del debito. E la trattativa non si annuncia facile. Basta scorrere interviste e prese di posizione pregresse del professore, ex consigliere di George Papandreou, oggi docente di Economia alla texana Lyndon Johnson University di Austin e autore di volumi sulla crisi finanziaria e sulla teoria dei giochi oltre che di una “Modest Proposal” per l’uscita dalla crisi dell’eurozona, scritta con gli economisti Stuart Holland e James K. Galbraith.

«Distruggeremo le basi su cui hanno costruito, decennio dopo decennio, un sistema che succhia l’energia e il potere economico da ogni altro membro della società»,

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10 Febbraio, 2015

La crisi degli asini

by gabriella

asiniApologo sulla crisi del debito di Occupy Wall Street.

Un uomo in giacca e cravatta è apparso un giorno in un villaggio.

In piedi su una cassetta della frutta, gridò a chi passava che avrebbe comprato a € 100 in contanti ogni asino che gli fosse stato offerto.
I contadini erano effettivamente un po’ sorpresi, ma il prezzo era alto e quelli che accettarono tornarono a casa con il portafoglio gonfio, felici come una pasqua.
L’uomo venne anche il giorno dopo e questa volta offrì 150 € per asino, e di nuovo tante persone gli vendettero i propri animali.
Il giorno seguente, offrì 300 € a quelli che non avevano ancora venduto gli ultimi asini del villaggio.
Vedendo che non ne rimaneva nessuno, annunciò che avrebbe comprato asini a 500 € la settimana successiva e se ne andò dal villaggio.

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9 Febbraio, 2015

Varoufakis, Il debito (schuld) e la morale della formica

by gabriella
formica

La morale della formica

Yanis Varoufakis ha fornito la propria interpretazione della morale del debito (schuld, in tedesco, significa anche colpa) in alcune recenti interviste. Nella prima (frammento tradotto da Mauro Poggi) racconta il dialogo con uno dei membri della Commissione europea, nella seconda, offre una scanzonata, ma efficace rilettura della favola di Esopo narrata all’elettore tedesco ogni notte per conciliargli il sonno.

Bene, lasci che le racconti quello che mi è capitato a Bruxelles circa un anno e mezzo fa, parlando con uno dei Commissari di cui non farò il nome qui. Gli avevo obiettato che come economista ritenevo abbastanza idiota aumentare l’IVA in un paese dove la recessione stava partendo a razzo. Quello che intendevo sottolineare era una semplice evidenza macroeconomica: quando la domanda crolla, se aumenti l’IVA finisci con l’avere minori entrate di tasse indirette; i prezzi aumentano e i redditi cadono, perché la domanda crolla ancor più rapidamente.

Così ho domandato al Commissario: “Perché lo state facendo? L’Obiettivo dell’Unione europea non è aumentare le entrate anziché soffocarle?”. Le dico quale fu la risposta: “Lei ha perfettamente ragione. Sappiamo che il risultato è questo, ma è una lezione che cerchiamo di insegnare all’Italia, a Roma in particolare – al Governo di Roma, su cosa si dovrebbero aspettare che accadrà loro se non fanno quello che gli viene detto“.

[un taglio imperfetto del video ha cancellato le ultime parole]

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Il commento di Krugman è stato: “l’Europa dovrebbe smettere di sostituire l’analisi alla morale”. Personalmente, tendo a pensare piuttosto, come suggerisce sotto Varoufakis, che una parte dell’Europa, incanti l’altra metà con la morale [e me ne convinco sempre di più pensando alle infinite tirate di Bagnai sull’idiozia degli economisti eurofili: il nemico spesso finge di essere tonto, tanto più quando ha di fronte chi pensa d’essere l’unico sveglio] o meglio, la terrorizzi e catechizzi insieme, come sempre.

 

Il debito (schuld) e la morale della formica

Esopo

Esopo (620 – 564 a. C.)

E’ tutta colpa di Esopo e della sua favola della formica e della cicala. E’ una buona favola, purtroppo però in Europa predomina la stranissima idea per cui tutte le cicale sono a Sud e tutte le formiche a Nord. Ma in realtà abbiamo formiche e cicale ovunque. Quanto accaduto prima della crisi – nella mia revisione della favola di Esopo – è che le cicale del Nord e le cicale del Sud, banchieri del Nord e banchieri del Sud – poniamo il caso – si allearono per creare una bolla, una bolla finanziaria che li ha enormemente arricchiti, permettendo loro di cantare e oziare al sole. Intanto le formiche del Nord e del Sud lavoravano in condizioni sempre più difficili, anche in tempi buoni.

Il potere, l’Europa e il debito secondo Yanis Varoufakis, nell’intervista rilasciata a Joanna Jaufer di SinPermiso e pubblicata in traduzione da popoffquotidiano.

Nella riunione con Scheuble, Varoufakis ha usato un’altra metafora animale, paragonando i greci ai «canarini della miniera».

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15 Gennaio, 2015

Piergiorgio Gawronski, Neoliberismo e sostegno all’offerta

by gabriella

Un articolo molto chiaro per capire il ruolo delle norme sul lavoro nel nuovo ciclo di accumulazione neoliberale. Tratto da Micromega.

grande accumulazione

L’accumulazione originaria

Sul Corriere, dopo aver ricordato che in Italia “il Prodotto interno lordo scende da 13 trimestri”, i due alfieri del liberismo nostrano (Giavazzi e Alesina, NDR) offrono la loro ricetta 2015 per “porre fine alla recessione”. E spiegano: “La riforma del mercato del lavoro non basta. Ci vuole anche più domanda”. Bene. Cioè… insomma: se ci vuole più domanda, allora la riforma del mercato del lavoro non è che “non basta”, è proprio dannosa: deprime la domanda! “Ci vuole più domanda” è come dire che c’è un eccesso di potenziale di offerta. Ma il Jobs Act mira a stimolare ulteriormente questo potenziale; se proprio lo si vuole approvare, adesso, sarebbe meglio che entrasse in vigore quando la domanda si sarà ripresa.

Christian Bowery Mission Delivers Outreach Food Pantry To Brooklyn Families

La pauperizzazione contemporanea

Domanda (aggregata) nel linguaggio degli economisti significa spesa, acquisti, e – dal punto di vista delle imprese – vendite. In effetti il grafico dell’Istat sulle vendite delle imprese mostra che la domanda continua a contrarsi: in ottobre il calo a/a è stato -0,8%.

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23 Giugno, 2014

Luciano Gallino, Cosa alimenta la disoccupazione

by gabriella

disoccupazioneGallino spiega perché le politiche che perseguono l’aumento dell’avanzo primario (contenimento della spesa pubblica e avanzo del prelievo fiscale) aggravino la disoccupazione, in un quadro in cui il pagamento del debito pubblico si rivela impossibile a causa delle politiche recessive e degli effetti perversi dell’interesse composto (lo stato si indebita non solo per pagare il debito, ma anche gli interessi sul debito).

Non è affatto vero che lo Stato spende troppo e bisogna quindi tagliarne le spese per tornare sul terreno virtuoso dello sviluppo. È vero invece che lo Stato spende troppo poco rispetto a quanto incassa, venendo così a mancare all’impegno di restituire ai cittadini le risorse che da loro riceve.

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16 Giugno, 2014

Thomas Piketty, Le capital au XXIe siècle

by gabriella

thomas_pikettyIl saggio di Thomas Piketty, Le capital au XXIe siècle, è diventato un caso editoriale negli Stati Uniti, dove gli economisti meno allineati con l’ortodossia liberale (Krugman, Stiglitz) lo hanno acclamato come testo chiave per comprendere le tendenze strutturali del sistema capitalistico in riferimento all’equità distributiva. La tesi di Piketty è che in un sistema di mercato, la rendita – il reddito da capitale – è maggiore dell’aumento della produttività e del reddito da lavoro (r > g), così che le diseguaglianze economiche non possono che aumentare, soprattutto nei periodi di bassa crescita. Non a caso, uno dei riferimenti iniziali dell’introduzione è Balzac e quel XIX secolo degli ereditieri e delle grandi fortune che Piketty indica come il modello più verosimile del XXI.

La lunga introduzione (accessibile gratuitamente in rete nell’originale francese e incollata sotto) parte dal confronto storico tra le prognosi, parimenti infauste, di Malthus, Ricardo e Marx per i quali le diseguaglianze economiche sono destinate ad impennarsi, rispettivamente, per effetto della sovrappolazione e della scarsità di risorse alimentari, della concentrazione della proprietà fondiaria e della tendenza capitalistica all’accumulazione infinita. Questi autori basavano le loro analisi sul principio di scarsità, incapaci di immaginare, osserva Piketty, come l’aumento della produttività e la spinta delle rivoluzioni tecnologiche avrebbero di lì a poco contrastato la tendenza all’accrescimento delle diseguaglianze, facendo lievitare la ricchezza disponibile e rendendo possibile una maggiore perequazione.

Gli shock economici legati ai due conflitti mondiali e alla ricostruzione posero le condizioni per l’inversione del paradigma apocalittico e per la sua sostituzione con la curva di Kuznets, la quale suggerisce che le diseguaglianze economiche sono destinate ad accrescersi solo nella prima fase dello sviluppo industriale, per attenuarsi fisiologicamente in quelle successive. Nasce con la conferenza di Detroit (1953) e la cattiva divulgazione delle tesi di Kuznets il mito del capitalismo del benessere diffuso e della distribuzione equa della ricchezza in base al merito e al talento quale principio immanente dell’economia di mercato. Si trattava piuttosto, argomenta Piketty, di situazioni determinate da scelte politiche ed eventi irripetibili, la cui inesistenza determina oggi il ritorno ai normali squilibri ottocenteschi. Non per niente il libro si apre con le tragiche rivendicazioni salariali a monte dello sciopero di Marikana in cui trentadue minatori furono uccisi dalla polizia di Johannesburg nel 2012, non diversamente dagli operai di piazza Haymarket del 1° maggio 1886.

 Les distinctions sociales ne peuvent être
fondées que sur l’utilité commune.

Article premier, Déclaration des droits de l’homme
et du citoyen, 1789.

Marikana, 2012

Marikana, 2012

Chicago, Haymarket 1886

Chicago, Haymarket 1886

La répartition des richesses est l’une des questions les plus vives et les plus débattues aujourd’hui. Mais que sait-on vraiment de son évolution sur le long terme ? La dynamique de l’accumulation du capital privé conduit- elle inévitablement à une concentration toujours plus forte de la richesse et du pouvoir entre quelques mains, comme l’a cru Marx au xixe siècle ?

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16 Giugno, 2014

David Harvey, Su “Le capital au XXIe siècle”

by gabriella

david-harveyLa critica di David Harvey al testo di Thomas Piketty uscita su Commonware.

Thomas Piketty è l’autore di Capital, libro che ha suscitato un gran scalpore. Argomenta in favore della tassazione progressiva e di una tassa sul patrimonio globale come unica soluzione per contrastare la tendenza verso la creazione di una forma “patrimoniale” di capitalismo, caratterizzata da “terrificanti” disuguaglianze di ricchezza e reddito. Inoltre, documenta dettagliatamente, con una precisione atroce e difficilmente confutabile, l’evoluzione nel corso degli ultimi due secoli della disuguaglianza sociale rispetto sia alla ricchezza che al reddito, con particolare enfasi sul ruolo della ricchezza. Demolisce la largamente diffusa opinione secondo cui il capitalismo del libero mercato sia distributore di ricchezza e rappresenterebbe il grande baluardo per la difesa delle libertà individuali e non. Piketty fa vedere come il capitalismo del libero mercato, in assenza di significativi interventi redistributivi da parte dello Stato, produce oligarchie antidemocratiche. Queste tesi hanno dato adito all’oltraggio liberale, guidato dall’apoplettico Wall Street Journal.

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31 Maggio, 2014

Maurizio Sgroi, Le bugie dei Grandi Numeri: la rimozione dell’incertezza

by gabriella

Mark-Twain-StatisticsTraggo da The Walking Debt questo bell’articolo sulla funzione ideologica della statistica e sull’uso politico dei dati economici.

Dubitare delle statistiche è atto profondamente eversivo, ed è facile capire perché. I grandi numeri sono la base del ragionare economico contemporaneo, e osservare, pure timidamente, che non c’è alcuna certezza che non sia ipotetica nelle astrussime rilevazione dei istituti che se ne occupano, è capace di far franare la costituente stessa delle nostre economie, basate sul calcolo e la congettura, visto che per calcolare e congetturare servono dati certi.

Ora parrà a molti che questo argomentare appartenga alla percezione dilettantesca di chi, come me, sfogli a volo d’uccello questioni così complesse. Eppure, vedete: non è così. Ci sono fior di studiosi che si occupano di questa roba e fra i tanti ne ho scovato uno, Charles F. Manski, che ha pubblicato un Paper per il NBER eloquente già dal titolo: “Communicating Uncertainty in Official Economic Statistics”.

Capirete la mia sorpresa quando ho scoperto che le mie intuizioni malfondate sono meritevoli di disamina “scientifica”, e addirittura di conclusioni così disarmanti:

“Non sappiamo essenzialmente nulla su come il processo decisionale (quindi della politica, ndr) potrebbe cambiare se le agenzie di statistica comunicassero con trasparenza e con regolarità l’incertezza statistica”.

Già, l’incertezza.

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23 Maggio, 2014

Dal 2016 il PIL dei paesi UE includerà l’economia criminale

by gabriella
giovanissimi prostituti a Madrid

giovanissimi prostituti a Madrid

L’economia legale è così simile e sussidiata da quella criminale che l’Eurostat non ha trovato imbarazzante comunicarci, proprio in questi giorni che, dal 2016, i traffici umani, lo sfruttamento della prostituzione e lo spaccio – non più osceni, in effetti, dello sfruttamento dei Sikh nel Lazio, dei raccoglitori di pomodori in Puglia, o delle infiltrazioni mafiose in Val Susa o all’Expo – saranno inclusi nella base di calcolo del PIL.

Si aspettano evidentemente che si attinga senza fare una piega alla cinica dossografia che si rallegra per la caduta del velo d’ipocrisia, l’alleggerimento del carico degli onesti, la speranza di un’allentamento delle misure d’austerity, cioè che popoli impoveriti [che hanno già perso molto, ma soprattutto la capacità di decifrare un mondo troppo ostile e troppo complicato per loro], tirino un sospiro di sollievo [diminuirà il rapporto deficit-PIL: non si sa cos’è, ma si è capito che è una fregatura certa per chi non ha soldi] o peggio, finiscano per rassicurarsi all’idea che mentre aspetta quel posto di scaricatore di cassette al mercato (già caro a Brunetta), si possa sempre mandare un figlio a spacciare per sbarcare il lunario.

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5 Gennaio, 2014

Michel Foucault, La nascita dell’economia politica

by gabriella

Foucault2L’economia, nel doppio senso che l’inglese distingue in economy (l’oggetto) e economics (la disciplina che lo studia), comincia a costituirsi come campo solo nell’era moderna, in un lungo processo che culmina alla fine del XVIII secolo con la costituzione di un nuovo sapere: l’economia politica. Michel Foucault ha studiato questa genesi nel sesto capitolo de Le parole e le cose, un testo che ha il grande merito di mostrare come oggetto e disciplina si strutturino insieme, evitando quindi il grande anacronismo delle “storie interne”, e cioè quella forma narrativa antistorica che mette in scena un oggetto eternizzato nelle forme in cui oggi ci appare e segue l’affinamento degli strumenti concettuali forgiati per analizzarlo come se lo avessero sempre avuto di fronte.

 

‹ion�3��’à?€����������‡‡†‡‡ˆˆˆ‡ˆˆˆˆˆˆ1. Dall’analisi delle ricchezze all’economia politica

Lo sguardo archeologico di Foucault cerca di restituire la dimensione particolare del dibattito da cui nasce l’economia politica, senza cedere alla tentazione di vedere nei dibattiti del passato l’anticipazione di temi e problemi dell’oggi. Mantiene cioè operante quel rapporto di alterità che è condizione fondamentale della conoscenza storica (e antropologica). Attraverso i caratteri del tutto particolari dei problemi, Foucault contribuisce inoltre a indicarci la profonda storicità della teoria economica che non è letta come il progressivo affinarsi di una lettura di un dominio del reale (l’economia) dato come presente da sempre, ma mostra invece come il dibattito teorico e la costituzione del dominio economico procedano parallelamente.

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