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17 Dicembre, 2011

Nique-la-police, Il significato sociale del suicidio in un omicida di massa

by gabriella

La mattina del 20 agosto 1986 Patrick Sherrill, postino a tempo determinato di Edmond (Oklahoma), si recava al lavoro come sempre. Con la divisa da lavoratore delle poste del luogo, con ancorextreme killinga viva nella memoria la reprimenda che il capo gli aveva fatto il giorno precedente, e con un arsenale di armi e munizioni dentro la borsa al posto delle lettere. Entrò, come d’abitudine, in ufficio alle 6,45 del mattino e prima dell’orario dell’apertura al pubblico tirò fuori l’arsenale uccidendo in un quarto d’ora 14 colleghi e ferendone gravemente sette. Prima dell’apertura al pubblico, e dell’arrivo dei colleghi con il quali non aveva litigato, si suicidò. Balza agli occhi il fatto che nonostante questo tragico episodio, che fece più morti della strage di Piazza Fontana, la televisione americana via cavo Cnbc, che si occupa di notizie finanziarie, definisce Edmond come uno dei “dieci perfetti sobborghi d’America”. Bisogna dire che televisione italiana, che non è seconda a nessuno in materia di orrori giornalistici, non riuscirebbe a mettere in una traduzione italiana di questa speciale classifica né Cogne né Garlasco.

Questo caso, noto alla stampa americana e riportato da un testo di Jack Levin e James Fox (Extreme Killing, Understanding Serial and Mass Murder, Sage 2011), serve nei testi scientifici per spiegare che l’omicidio di massa da parte di un singolo individuo manifesta quasi esclusivamente caratteristiche selettive. L’omicida seleziona, secondo il proprio vissuto e la propria cultura di riferimento, la tipologia di vittime da colpire. Certo in una sparatoria ci sono drammatici effetti collaterali, l’uccisione di passanti o di qualche poliziotto intervenuto, ma l’esplosione omicida avviene quasi sempre grazie ad un criterio di selezione della vittima.

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