Posts tagged ‘razzismo’

1 Dicembre, 2013

Stefano Sinibaldi, Le parole del razzista

by gabriella

L’omaggio di Stefano Sinibaldi a Frantz Fanon nel cinquantesimo anniversario della morte [8 dicembre 1961].

En tant qu’homme, je m’engage à affronter le risque de l’anéantissement pour que deux ou trois vérités jettent sur le monde leur essentielle clarté.

[Come uomo, mi impegno ad affrontare il rischio dell’annientamento perchè due o tre verità possano rischiarare il mondo]

Frantz Fanon

A Dicembre di cinquant’anni fa [l’articolo è uscito nel 2011], nel 1961, moriva, per una leucemia, Frantz Fanon. Solo pochi mesi prima, si era ancora in piena guerra franco-algerina, il coraggioso libraio-editore François Maspéro, aveva pubblicato il suo scritto sul colonialismo I dannati della terra [qui l’originale francese]. In Italia Einaudi lo pubblicherà subito dopo con una tempestività d’altri tempi.

Fanon nasce nel 1925 in Martinica, sotto la dominazione francese. Partecipa come volontario alla guerra di liberazione della Francia dalla dominazione nazista. Qui, in seguito, si stabilisce e, nel 1952, si laurea in Medicina specializzandosi in neuropsichiatria. L’anno dopo lavora in un ospedale algerino dove resterà fino al 1956 quando, per il suo appoggio al movimento per l’indipendenza, viene costretto ad abbandonare il paese. Si rifugia nella vicina Tunisi da dove opera il Comitato di coordinazione del Fronte di Liberazione Nazionale algerino ( FLN ). Il suo saggio nasce dall’esperienza in Algeria ma si allarga fino a diventare un esame e una condanna del colonialismo in sé, indicando nel “terzo mondo” il possibile futuro protagonista di un cambiamento del corso della storia. Fanon si rivolge, partendo dalla tragedia del Nord Africa, a tutta l’umanità andando ad esaminare i criteri alla base del fenomeno del colonialismo e dello sfruttamento in generale.

Jean-Paul Sartre coglie bene, nella prefazione al libro, questo aspetto:

… l’oppressione si palesa. I nostri soldati, oltremare, respingendo l’universalismo metropolitano, applicano al genere umano il “numerus clausus”: poiché nessuno può – senza reato- spogliare il suo simile, asservirlo od ucciderlo, pongono a principio che il colonizzato non è il simile dell’uomo … per giustificare il colono di trattarli da bestie da soma”.

Come sempre è il linguaggio che sancisce questa barriera, dice Fanon:

[…] il linguaggio del colono, quando parla del colonizzato, è un linguaggio zoologico […] il colono, quando vuole descrivere bene e trovare la parola giusta, si riferisce costantemente al bestiario.

 

tratto da:

22 Novembre, 2013

Jesse Owens e Tommie Smith

by gabriella

Owens

Jesse Owens

Originario dell’Alabama, a nove anni Owens si trasferì con la famiglia a Cleveland, nell’Ohio. Come milioni di ragazzi neri, crebbe nella miseria durante la Grande depressione. Il nome Jesse gli venne dato da un’insegnante di Cleveland che non comprendeva il suo slang con un forte accento del sud, quando il piccolo James Cleveland disse di chiamarsi J.C.[1] Studente delle scuole tecniche, dopo la scuola lavorava in un negozio di scarpe e a tempo perso si allenava nella corsa. Nel 1933, ai campionati nazionali studenteschi, catturò improvvisamente l’attenzione di tutto il mondo sportivo con grandi prestazioni nella velocità e nel salto in lungo; questo gli fece ottenere l’ammissione nell’Università statale dell’Ohio, che peraltro formalizzò solo dopo che il padre ebbe ottenuto un posto di lavoro sicuro. Poté allora cominciare a dedicarsi seriamente all’atletica.

Dopo aver conquistato alcuni record mondiali nei 200 metri e nella corsa ad ostacoli, partecipò alle Olimpiadi di Berlino del 1936, dove vinse la medaglia d’oro nei cento e nei duecento metri, nel salto in lungo e nella staffetta 4X100.

Nel pomeriggio del 4 agosto, giorno in cui vinse nel salto in lungo, allo stadio olimpico era presente anche Adolf Hitler che la stampa disse indispettito davanti alla vittoria di Owens contro il tedesco Luz Long. In realtà, scrisse Owens nella sua biografia, Hitler si alzò in piedi e gli fece un cenno con la mano. Fu invece il presidente Roosevelt, in campagna elettorale e preoccupato della reazione degli stati del sud, a cancellare un appuntamento alla Casa Bianca con il campione olimpico.

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Tommie Smith

Dopo aver conquistato alcuni record del mondo ai campionati universitari di atletica, nel 1968 Tommie Smith vinse la medaglia d’oro nei 200 metri di Città del Messico, con un tempo che restò insuperato per 11 anni. Durante la cerimonia di premiazione, Smith e Carlos diedero vita alla protesta più famosa storia dei Giochi olimpici: salirono sul podio scalzi e ascoltarono il loro inno nazionale chinando il capo e sollevando un pugno con un guanto nero, simbolo delle Black Panthers, a sostegno del movimento denominato Olympic Project for Human Rights (Progetto olimpico per i diritti umani).

Smith e Carlos furono immediatamente sospesi dalla squadra statunitense ed espulsi dal Villaggio olimpico. Tornati in patria, subirono altre ritorsioni.

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22 Novembre, 2013

Claude Lévy-Strauss, Razza e storia

by gabriella

Race et HistoireL’introduzione di Ugo Fabietti a Razza e storia, elaborato da Claude Lévy-Strauss per la Conferenza generale Unesco contro i pregiudizi razziali. Seguono le prime pagine del testo [cioè i paragrafi Razza e cultura, Diversità delle culture, L’etnocentrismo, Culture arcaiche e culture primitive] con mie annotazioni, segnalate in verde.

Non inclusi i paragrafi L’idea di progresso, p. 113, Storia stazionaria e storia cumulativa, p. 117, Il posto della civiltà occidentale, p. 123, Caso e civiltà, p. 126, La collaborazione delle culture, p. 134, Il doppio senso del progresso, p. 140]. Claude Lévi-Strauss, Razza e storia e altri studi di antropologia, Torino, Einaudi, 1967, pp. 99-144.

 

Un manifesto antirazzista

Razza e storia nasce a seguito di una iniziativa dell’Unesco, organizzazione sorta nel 1945 all’interno delle Nazione unite con l’obiettivo principale di promuovere la collaborazione fra le nazioni nell’ambito dell’educazione, della scienza e della cultura. Nel 1949 l’Unesco prepara una Conferenza generale basata su tre risoluzioni relative alla lotta contro i pregiudizi razziali: 1) «Ricercare e riunire i dati scientifici riguardanti i pro­blemi razziali»; 2) «Dare ampia diffusione ai dati scientifici così raccolti»; 3) «Predisporre una campagna di educazione fondata su tali dati». All’iniziativa dell’Unesco vengono invitati rappresentanti di discipline diverse: dalle scienze umane e sociali alla genetica alla biologia.

Razza e storia costituisce il contributo di Lévi- Straus alle riunioni convocate dall’Unesco. Il saggio, pubblicato per la prima volta nel 1952 in una collana promossa dalla organizzazione stessa, ha avuto poi varie edizioni e un’ampia circolazione. A distanza di anni rimane un manifesto antirazzista attuale, importante, inoltre, per lo spirito divulgativo con cui l’autore tocca aspetti cruciali della ricerca antropologica. Lévi-Strauss precisa nozioni come “civiltà”, “cultura”, “società”e considera in modo critico quelle di “differenza razziale“, “etnocentrismo”, “progresso”.

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22 Novembre, 2013

La logica del razzismo

by gabriella
Oleg Shuplyak, Due tipi della stessa razza

Oleg Shuplyak, Due tipi della stessa razza

Due testi utili all’analisi del dispositivo razzista: lo stralcio iniziale della recensione di Maurizio Iacono, L’eterno ritorno del diverso al libro di Alberto Burgio, La guerra delle razze e il nuovo ordine mondiale [Il Manifesto, 6 luglio 2001] e una scheda sul libro di Burgio, Gabrielli, Il razzismo. Qui, Il razzismo è una brutta storia, una ricerca condotta dagli studenti di alcune scuole superiori sui temi dell’integrazione razziale e della lotta al razzismo.

Che cos’è la naturalizzazione? E’ quel processo che fa sembrare come naturali fenomeni ed eventi che sono storici. Qual è l’effetto della naturalizzazione? Far apparire eterne e immodificabili situazioni, relazioni, condizioni in modo da legittimarle nella loro conservazione e permanenza. Il processo di naturalizzazione è qualcosa che risulta dalla trasfigurazione di un bisogno reale, il bisogno di essere rassicurati attraverso una perversione del senso di permanenza e di stabilità. Questo, invece di accompagnarsi al mutamento, si trasforma in un’immutabilità garantita dalla natura e da ciò che appare naturale. Da questo punto di vista, dire che la schiavitù esiste per natura e dire che gli uomini sono eguali per natura esprimono lo stesso errore epistemologico: entrambe le affermazioni delegano a un legge esterna, naturale quel che appartiene ai rapporti storici fra gli uomini. Per solito tuttavia la naturalizzazione ha funzionato e funziona soprattutto per far soggiacere le alterità e le diversità al mantenimento e alla perpetuazione delle disuguaglianze.

L’idea di razza e il razzismo appartengono sicuramente all’ambito della naturalizzazione. Ed entro tale contesto Alberto Burgio sta conducendo un’intelligente ricerca filosofica e storica che è anche una lotta contro il razzismo. Burgio, in questa direzione, è al suo secondo libro. In precedenza aveva pubblicato L’invenzione delle razze. Studi sul razzismo e revisionismo storico (manifestolibri, 1998) di cui ora esce quello che egli stesso aveva definito il complemento ideale, La guerra delle razze. L’ipotesi teorica centrale dei due libri è che l’ideologia razzista, in ogni sua variante, si colloca

su un dispositivo ideologico unitario: la trascrizione in termini naturalistici delle identità storiche, la loro naturalizzazione.

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22 Novembre, 2013

Anne Grynberg, L’hitlerismo

by gabriella

L'impossible oubliPropongo la traduzione [mia] del capitolo, L’Hitlerisme, del libro di Anne Grynberg, L’impossible oubli (Paris, Gallimard, 1995). Il volume fa parte della documentazione offerta ai partecipanti del seminario sulla Shoah organizzato dal Mémorial de la Shoah di Parigi nel novembre 2009, nel quadro del Programme Pestalozzi del Consiglio d’Europa.

 

Dal Mein Kampf – 1924

L’Ebreo resta nel posto dove si è stabilito e ci si radica a tal punto che non si può cacciarlo che molto difficilmente anche impiegando la violenza. Egli è, e resta, il parassita tipo, l’incubatore che come un bacillo nocivo, si stende sempre più lontano appena che una sola opportunità favorevole gli si presenta. L’effetto prodotto dalla sua presenza è quello delle piante parassite: là dove si attaccano i popoli che li accolgono si spengono».

A. Hitler, Mein Kampf

L’Antisemitismo è uno dei principali fondamenti della concezione del mondo di Hitler, come è esplicitata nel Mein Kampf (La mia battaglia), l’opera che Hitler redige nel 1924 nella prigione di Landsberg dove era stato incarcerato per nove mesi dopo la sconfitta del putsch di Monaco, e che costituisce al tempo stesso una autobiografia, un trattato teorico e un programma di governo.

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22 Novembre, 2013

Storia per immagini dei movimenti antisegregazionisti afroamericani

by gabriella

Rosa Parks

davis

Angela Davis

Il 1 dicembre 1955, mentre torna a casa dal lavoro in autobus, la rammendatrice Rosa Parks rifiuta di cedere il suo posto ad un bianco. Il suo arresto e il seguito processuale scatenano il boicottaggio dei lavoratori neri della compagnia di trasporti di Montgomery (Alabama) che – dopo 381 giorni di proteste e la pronuncia della Corte Suprema contro la segregazione – è costretta ad abolire la riserva dei posti ai bianchi: prima di allora, questi viaggiavano seduti sui posti anteriori, mentre i neri su quelli posteriori; tra i due spazi si trovava una sorta di terra di nessuno nella quale i neri potevano sedersi se non c’erano bianchi a pretenderli, ma che dovevano lasciare se richiesti: l’attivista per i diritti civili Rosa Parks si sedette su uno di questi.

 

Dissero che quel giorno non mi alzai perchè ero stanca – sostiene la Parks nella sua autobiografia – ma non è vero, ero invece stanca di cedere.

 

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22 Novembre, 2013

Gianluca Gabrielli, Scuola di razza

by gabriella
Giuseppe Bottai, Ministro dell'Educazione nazionale

Giuseppe Bottai, Ministro dell’Educazione Nazionale

Razzismo e società italiana

Nella scuola di primo grado, coi mezzi acconci alla mentalità dell’infanzia, si creerà il clima adatto alla formazione di una prima, embrionale coscienza razzista, mentre nella scuola media il più elevato sviluppo mentale degli adolescenti, già a contatto con la tradizione umanistica attraverso lo studio delle lingue classiche, della storia e della letteratura, consentirà di fissare i capisaldi della dottrina razzista, i suoi fini e i suoi limiti. La propagazione della dottrina continuerà, infine, nella scuola superiore dove la gioventù studiosa, col sussidio delle cognizioni umanistiche e scientifiche già acquisite, potrà approfondirla e prepararsi ad esserne, a sua volta, divulgatrice e animatrice.

Giuseppe Bottai, 6 agosto 1938

È opinione diffusa, e prevalente nel circuito di informazione giornalistico e televisivo odierno, che il razzismo in Italia sia un elemento sostanzialmente estraneo all’identità nazionale. Gli opinionisti che si spingono a proiettare lo sguardo indietro nel tempo concedono al massimo il riconoscimento dell’aberrazione delle leggi del 1938, salvo addebitarne la responsabilità non tanto al fascismo quanto ad una specie di imposizione dell’alleato nazista; così facendo attribuiscono implicitamente al razzismo di Stato la natura di parentesi che, essendo il risultato di una forzatura esterna, una volta dissolto l’agente responsabile non poteva altro che chiudersi nel 1945 senza strascichi.

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22 Novembre, 2013

Santino Spinelli, Rom, genti libere

by gabriella

L’intervista de La Repubblica a Santino Spinelli in occasione della pubblicazione di Rom, genti libere.

Alzare il velo del pregiudizio è necessario per conoscere realtà di cui spesso non sappiamo nulla se non quel poco che appare, deformato, dagli stereotipi e dalle mezze verità. Utile per svelare tutto quello che è doveroso sapere sui Rom, è appena uscito il libro di Santino Spinelli, in arte Alexian, un italiano Rom, musicista e compositore, poeta, attore e saggista, oltre che docente di Lingue e processi interculturali all’Università di Chieti. Il suo Rom, genti libere, storia arte e cultura di un popolo misconosciuto, (Dalai editore) è il frutto di ben venticinque anni di studi e ricerche ed è un libro illuminante ma non certo facile, anzi per certi versi perfino ruvido, severo nei confronti di chi identifica grossolanamente i Rom con gli zingari e ambizioso nel suo proposito di restituire l’identità “invisibile” alla sua gente.

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22 Novembre, 2013

Francesco Cecchini, Ascari e massacri fascisti in Eritrea

by gabriella

Eritrea, l’altopiano e Asmara la capitale, la Dankalia, vulcani e un lago di sale, una costa di centinaia di chilometri lungo il Mar Rosso, Massaua, porto tropicale di fronte alle isole Dahalak. Nell’immaginario di molti italiani, non solo di quei pochi, ancora in vita, che hanno perduto un’esistenza di privilegi, questa terra era una volta l’Eritrea Felix. Se nelle vicine Libia ed Etiopia i colonialisti ed i fascisti avevano stuprato, torturato ed ucciso, qui si erano comportati bene, portando civiltà e benessere anche per gli eritrei.

Ma  è  una falsità storica che la nostalgia per il paradiso perduto alimenta. I bianchi hanno costruito  per loro stessi. Le infrastrutture, strade, ponti, ferrovie, fabbriche ed aziende agricole sono state costruite e formate per  il proprio sviluppo economico e  benessere. Hanno edificato ville ed alberghi dove vivere con privilegi, chiese dove pregare il proprio dio, bar, ristoranti e bordelli  dove divertirsi.  Non sono stati regali di civiltà al popolo eritreo. La missione dei coloni non è stata quella  di migliorare le condizioni di vita degli indigeni. Eritrea felix per il bianco, Eritrea infelice per il popolo eritreo, una razza integrata al progetto coloniale come razza inferiore con funzioni subordinate e servili. La ferrovia Asmara-Massaua, i ponti, le architetture di Asmara ed altro, esistono ancora e sono utilizzati, ma non sono un regalo, bensì un bottino di guerra del popolo eritreo, che ha conquistato con l’indipendenza le opere degli italiani.

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23 Luglio, 2013

Vittorio Lingiardi, Razzismo e neuroscienze

by gabriella

Nott e GliddonDa Il Sole 24 Ore, 21 luglio 2013.

In un testo del 1865, Types of Mankind, all’epoca ritenuto scientifico, il medico Nott e l’egittologo Gliddon sostengono, con tanto di illustrazioni, che i neri sono biologicamente intermedi tra i bianchi caucasici e gli scimpanzé. Oggi è sufficiente consultare Wikipedia per sapere che la specie umana non può essere suddivisibile in razze biologicamente distinte, caratterizzate da diverse capacità intellettive, valoriali o morali.

Da questo errore deriva però la convinzione che è alla base del “razzismo”, ossia che un particolare gruppo di persone possa essere definito superiore o inferiore a un altro.

Si sa che il razzismo è un fenomeno antico quanto il mondo. Al tema, S. J. Gould dedica, nel 1981, un saggio decisivo: The mismeasure of men (Intelligenza e pregiudizio, Il Saggiatore). Ma il fatto che possa essere studiato sul piano neurobiologico è relativamente recente. In collaborazione con gli psicologi sociali, daGould, intelligenza e pregiudizio alcuni anni i neuroscienziati stanno cercando di capire come gli umani percepiscono e categorizzano le alterità etniche, religiose, sessuali, eccetera. Queste ricerche usano tecniche di brain imaging per esaminare come il nostro cervello processa, valuta e incorpora nei processi decisionali, le categorie di razza e etnia. Sembrerebbe che l’amigdala (la porzione cerebrale implicata nella regolazione dei processi emotivi, in particolare quelli connessi alla paura) provochi reazioni “repulsive” verso gli elementi considerati estranei, addirittura anche individui di un’altra etnia o di un altro gruppo (outgroup) con confini culturalmente e socialmente delimitati.

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