Posts tagged ‘debito pubblico’

22 Agosto, 2016

Marco Bersani, Il grande debito

by gabriella

sterlineLa sempre utile storia del debito pubblico italiano, per ricordare quando, come e perché il nostro debito è diventato ciò che è. Tratto da Il Manifesto del 10 agosto 2016.

Nel 2015, secondo l’Istat, le famiglie che in Italia vivevano in povertà assoluta sono diventate 1 milione e 582 mila, pari a 4 milioni e 598 mila persone, il numero più alto dal 2005. Sempre nel 2015, una ricerca Censis-Rbm calcola in oltre 11 milioni (coinvolto il 43% delle famiglie italiane) le persone che hanno dovuto rinviare o rinunciare a cure mediche adeguate, a causa delle difficoltà economiche. Nel medesimo anno, come in tutti gli anni precedenti, lo Stato ha pagato 85 miliardi di euro solo per gli interessi sul debito pubblico.

C’è connessione fra queste cifre? Chi dice di no non ha mai fatto parte né della categoria della povertà assoluta, né di quella che fatica a curarsi adeguatamente. E’ per questo che considera il debito pubblico italiano come essenzialmente dovuto alla dissennatezza collettiva dell’aver vissuto per anni «al di sopra delle proprie possibilità» e trova ora normale doverne pagare lo scotto (interessi compresi), sapendo che ricadrà su ben precise fasce di popolazione. Ma è andata davvero così? Naturalmente no e pochi dati bastano a dimostrarlo.

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23 Giugno, 2014

Luciano Gallino, Cosa alimenta la disoccupazione

by gabriella

disoccupazioneGallino spiega perché le politiche che perseguono l’aumento dell’avanzo primario (contenimento della spesa pubblica e avanzo del prelievo fiscale) aggravino la disoccupazione, in un quadro in cui il pagamento del debito pubblico si rivela impossibile a causa delle politiche recessive e degli effetti perversi dell’interesse composto (lo stato si indebita non solo per pagare il debito, ma anche gli interessi sul debito).

Non è affatto vero che lo Stato spende troppo e bisogna quindi tagliarne le spese per tornare sul terreno virtuoso dello sviluppo. È vero invece che lo Stato spende troppo poco rispetto a quanto incassa, venendo così a mancare all’impegno di restituire ai cittadini le risorse che da loro riceve.

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22 Febbraio, 2013

Sergio Cesaratto, Un post-mercantilismo einaudiano di serie B

by gabriella

sergio-cesarattoStralcio dal lungo articolo di Sergio Cesaratto, L’agenda rossa. Note sul programma del centro-sinistra, la parte introduttiva dedicata alle scelte di politica economica della cosiddetta classe dirigente italiana nel secondo dopoguerra.


Il disegno della borghesia italiana

Le classi dominanti italiane muovono dalla tradizionale constatazione che il paese è privo di materie prime e risorse naturali esportabili, è tecnologicamente di seconda linea e soffre di eccesso di manodopera (nonostante il calo demografico ampiamente compensato, peraltro, da un’ampia tolleranza verso i flussi migratori, altro cavallo di battaglia della sinistra nostrale). Se ne deduce che la crescita italiana dipende fondamentalmente dal generare un flusso di esportazioni sufficiente a finanziare le importazioni di energia, materie prime e tecnologia comprimendo salari e domanda interna. La disponibilità dei mercati internazionali in una condizione di disciplina sindacale, con la Fiom fuori dai cancelli tanto per capirci, avrebbe consentito al paese uno sviluppo di questo tipo, il miracolo economico a cavallo degli anni 1950 e ’60.

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25 Gennaio, 2013

Luigi Pandolfi, La logica del debito spiegata ai bambini

by gabriella

meccanismo debitoL’articolo di Luigi Pandolfi torna su meccanismi che chiunque abbia letto i giornali nell’ultimo anno conosce già. Ciò che aggiunge è la geniale chiarezza di una sintesi che permette di cogliere la logica circolare dei flussi finanziari che dalle nostre tasse vanno alle banche e dalle banche tornano al debito sovrano addizionati di forti interessi.

Pandolfi mostra, infatti, come l’ideologia del risanamento ponga l’accento sulla riduzione della spesa pubblica, occultando accuratamente il meccanismo di nuovo indebitamento introdotto (MES) per orientare i flussi di denaro dai cittadini europei alla speculazione finanziaria.

Il FMI e i governi europei, insomma, non stanno sbagliando le loro previsioni (come qualche commentatore suggerisce), ma stanno consapevolmente alimentando un aumento dei debiti sovrani che sostituisce il denaro buono che abbiamo in tasca ai titoli tossici detenuti dalle banche (Monte dei Paschi docet).

La campagna elettorale sta entrando nel vivo, ma, com’era facile prevedere, visti gli attori in campo, i temi veri, quelli che afferiscono al futuro del paese ed alla sua capacità di vincere le sfide che ha davanti, rimangono inspiegabilmente sullo sfondo.

E tra i temi veri, vale la pena ricordarlo, c’è quello che riguarda i nostri impegni con l’Unione europea e le sue strutture tecnico-finanziarie. Insieme a quello, correlato, della compatibilità del nostro diritto al futuro con le scelte finora compiute sul terreno della costruzione dell’Europa monetaria.

Nel luglio del 2012 il nostro Parlamento ha ratificato, in un clima che potremmo definire inerziale, due importanti trattati, quello sul Fiscal compact e quello sul Meccanismo Europeo di Stabilità (MES).

Il primo impegna il nostro paese a ridurre il debito pubblico nei prossimi venti anni, fino a portarlo entro la soglia stabilita dal Trattato di Maastricht (60% del PIL). Considerato che il debito italiano ammonta ormai a circa 2000 miliardi di Euro, che in rapporto al prodotto interno fa il 127%, per raggiungere l’obiettivo del trattato bisognerà rastrellare circa 900 miliardi di Euro in venti anni, 50 ogni anno, 150 milioni ogni giorno.

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22 Agosto, 2012

Wolfgang Streek, Alle origini politiche del disastro finanziario. La crisi del 2008 è iniziata quaranta anni fa

by gabriella

Dall‘inflazione al debito pubblico al debito privato. Wolfgang Streeck, direttore dell’Istituto Max-Planck per lo studio delle società di Colonia, spiega in un testo chiarissimo le tre tappe della storia del fallimento delle politiche di mercato nel secondo dopoguerra: la Grande Recessione.

Il testo che segue è una versione abbreviata di un’analisi pubblicata sulla New Left Review, n° 71, Londra, settembre-ottobre 2011 (traduzione dal francese di José F. Padova).

Giorno dopo giorno, gli avvenimenti che segnano la crisi ci insegnano che ormai i mercati dettano la loro legge agli Stati. Falsamente democratici e sovrani, questi ultimi si vedono prescrivere i limiti di ciò che possono fare per i loro cittadini e suggerire quali concessioni devono esigere da questi. Per quanto riguarda le popolazioni s’impone una constatazione: i dirigenti politici non servirebbero gli interessi dei loro concittadini ma quelli di altri Stati o di organizzazioni internazionali – quali il Fondo monetario internazionale (FMI) o l’Unione Europea (UER) – al riparo dalle costrizioni del gioco democratico. Il più sovente questa situazione è descritta come la conseguenza di un inconveniente sullo sfondo della generale stabilità: una crisi. Ma è veramente questo il caso?

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26 Dicembre, 2011

Carlo M. Cipolla, Chi ha inventato il debito pubblico. Luigi Longo, Filippo II dissanguato dai banchieri genovesi

by gabriella

Tratto da Carlo M. Cipolla, Piccole cronache, Bologna, Il Mulino, 2010, pp.35-38 e pp.39-42.

L’antichità classica non conobbe il debito pubblico. Il debito pubblico fu un’invenzione dei Comuni medievali italiani. Il primo esempio di debito pubblico di cui abbiamo notizia risale al 1167 e si trattò di un prestito forzoso imposto dalla Repubblica di Venezia ai suoi cittadini abbienti. Venezia, Genova e Firenze furono i centri che più precocemente svilupparono ed affinarono le tecniche del debito pubblico. A Genova nel 1274 si decretò il consolidamento del debito pubblico che aveva raggiunto la somma di 305 mila lire genovesi del tempo. Sempre a Genova nel 1407 quando il debito pubblico aveva raggiunto la somma di circa 3 milioni di lire genovesi i creditori dello Stato si consorziarono in un ente chiamato Casa di San Giorgio che divenne praticamente il padrone dello Stato.

A Firenze nel 1303 il debito pubblico ammontava a circa 50 mila fiorini d’oro: una cifra ragionevole. Ma a partire da quella data il Comune di Firenze si trovò impelagato in una serie di conflitti proprio nel momento in cui per l’introduzione dell’artiglieria e la sostituzione delle milizie civiche con le bande mercenarie le guerre si facevano tremendamente più costose.

Lo Stato ha tre modi per sopperire alle sue spese: tassare i cittadini, svilire la moneta, ricorrere al credito. Firenze rispettò gelosamente l’integrità della sua moneta, andò cauta nell’imporre tasse e pertanto ricorse abbondantemente al credito. Il debito pubblico fiorentino che era come s’è detto di circa 50 mila fiorini d’oro nel 1303 passò a circa 600 mila fiorini nel 1343, a circa un milione cinquecentomila fiorini nel 1364, a circa 3 milioni di fiorini nel 1400.

Il crescente bisogno di denaro da parte dello Stato spingeva al rialzo il tasso d’interesse.

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12 Luglio, 2011

Debito pubblico, i meccanismi

by gabriella

Per capire i meccanismi dell’aumento del debito pubblico (sulla Grecia si è sentita raccontare per mesi la fiaba che  “vivevano al di sopra delle loro possibilità”), può essere utile questo articolo del Sole di oggi che racconta come venerdì scorso abbiamo piazzato i nostri BTp (Buoni del Tesoro poliennali) al 6%, poi sceso al 5,80% (nel 2008, prima della crisi, pagavamo il 4,40%), raggiungendo il massimo differenziale di sempre dai bond tedeschi (spread) che ha toccato 318 punti (la Germania oggi paga il 2, 62%).

Se allo strangolamento bancario tradizionale (se sei povero rischio a prestarti denaro, dunque mi paghi un interesse più alto) si aggiungono i giudizi di rating (autentiche profezie che si autoavverano), le scommesse speculative (i CDS sono assicurazioni che garantiscono gli investitori dal rischio e muovono enormi capitali sulle poste a loro convenienti, facendo, di nuovo avverare ciò che “temono”) e le compravendite al ribasso (cioè gli attacchi speculativi veri e propri), sarà facile capire perchè una manovra finanziaria da 40 miliardi (che taglia, comme al solito, pensioni, sanità e scuola) risulta insufficiente dopo un week end .. nero.

Insomma, pensioni, ospedali e scuola sono al tappeto, ma lo sono non certo perchè spendevamo troppo per farle funzionare (secondo una logica da “bilancio familiare”), ma perchè la logica monetarista a cui immoliamo il benessere sociale, funziona in questo modo.

Leggendo l’articolo del Sole si avrà l’impressione che ciò che sta succedendo sia sacrosanto e che tutto funzioni perfettamente, ma non bisogna farci caso, basta avere i giusti anticorpi al loro approccio “Titanic”.

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