Posts tagged ‘educazione’

3 Novembre, 2012

Enrico Berti, L’etica delle virtù e l’educazione del futuro

by gabriella

In questo importante intervento, Berti discute i presupposti particolaristici dell’«etica delle virtù» alla luce del testo aristotelico, prendendo posizione nel dibattito tra comunitarismo e liberalismo, contro il primo, per i Lumi.

Indice

1. Il contributo di McIntyre
2. Comunità e società
3. Tradizione e razionalità
4. Quale futuro per l’educazione?

 

1. Il contributo di MacIntyre

Alasdair MacIntyre è sicuramente uno dei più originali e interessanti filosofi contemporanei. Specialmente col libro Dopo la virtù (1981) [A. MacInyre, After Virtue. A Study in Moral Theory, Notre Dame, Indiana, University of Notre Dame Press, 1981, trad. it. Milano, Feltrinelli, 1988] egli ha portato un contributo decisivo al dibattito sull’etica nella filosofia del Novecento, prospettando la possibilità di una “terza via” tra contrattualismo e utilitarismo, la quale da lui ha preso il nome di “etica delle virtù”.

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11 Febbraio, 2012

Durkheim, l’educazione come riproduzione sociale

by gabriella

 

Durkheim, Education et sociologie, 1922. Traduzione mia dall’originale francese (a cui si riferisce la numerazione di pagina). Qui l’edizione italiana.

La società si trova […] ad ogni nuova generazione, in presenza di una tavola pressoché rasa, sulla quale deve costruire con sforzi rinnovati. Occorre che, mediante gli accorgimenti più rapidi, all’essere egoista ed asociale che viene al mondo ne venga sovrapposto un altro, capace di condurre una vita morale e sociale. Ecco qual è l’opera dell’educazione: e se ne scorge tutta la grandezza. Essa non si limita a sviluppare l’organismo individuale nella direzione indicata dalla sua natura, a rendere apparenti dei poteri nascosti che non domandavano che di manifestarsi. Essa crea nell’uomo un essere nuovo.

Émile Durkheim, Corsi sull’educazione, 1902-1911

Con i suoi corsi alla Sorbona sull’educazione, Durkheim inaugura il peculiare sguardo sociologico sul fenomeno educativo.

La sua riflessione muove, in primo luogo, dalla critica alla concezione individualistica dell’educazione che, da Stuart Mill a Kant, la interpreta come l’azione di sviluppare il potenziale individuale e di portare l’individuo alla piena umanizzazione:

Come il sociologo ricorda,

«[per Stuart Mill l’educazione comprende] tutto ciò che facciamo per noi stessi e tutto quello che gli altri fanno per noi allo scopo di avvicinarci alla perfezione della nostra natura, [mentre per Kant] lo scopo dell’educazione è di sviluppare in ogni individuo tutta la perfezione di cui è capace» [p. 4]. «Fino a non molto tempo fa, i pedagogisti moderni erano pressoché unanimemente d’accordo nel vedere nell’educazione una cosa eminentemente individuale e per fare della pedagogia, di conseguenza, un corollario immediato e diretto della sola psicologia.

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7 Gennaio, 2012

Lev Tolstoj, Educazione e formazione culturale

by gabriella

Il diritto ad educare non esiste.
Non lo riconosco io, non lo ha riconosciuto
e non lo riconoscerà mai nessuna giovane generazione di educandi
che sempre e dovunque si ribellano contro l’educazione
loro imposta.

Come dimostrerete la legittimità di questo diritto?
Io non so e non suppongo nulla,
ma voi riconoscete e supponete che un uomo abbia il diritto
di plasmare altri uomini come egli stesso vuole.

Dimostratemi pure la legittimità di questo diritto,
ma non con l’argomentazione che l’abuso del potere esiste
ed è  esistito da sempre. Non siete voi i querelanti,
ma noi, e voi dovete rispondere.

Lev Tolstoj

Esistono molte parole che non esprimono concetti ben definiti e spesso vengono usate in modo arbitrario; eppure si tratta di parole indispensabili, quali: educazione, formazione culturale, insegnamento[1].

Non sempre i pedagogisti ammettono la differenza che passa tra il concetto di formazione culturale e di educazione, ma non sono in grado di esprimere i propri pensieri altrimenti che usando le parole: cultura, educazione, insegnamento. Ad ognuno di questi termini deve corrispondere necessariamente un concetto ben preciso. Forse è giustificata la nostra avversione ad usare queste parole nella loro accezione attuale; tuttavia questi concetti esistono ed hanno il diritto di esistere distinti l’uno dall’altro. In Germania si fa una netta distinzione tra Erziehung (educazione) e Unterricht (insegnamento). Si riconosce che l’educazione sottintende l’insegnamento, che l’insegnamento è uno dei mezzi più significativi per raggiungere l’educazione, che ogni insegnamento reca in sé l’elemento educativo, erziehliges Element. Inoltre, il concetto di formazione culturale, Bildung, comprende sia l’educazione che l’insegnamento.

La distinzione tedesca più comune sarà la seguente: l’educazione è la formazione degli uomini migliori, secondo l’ideale di perfezione umana elaborato da una data epoca. L’insegnamento, sebbene implichi una maturazione morale, è un mezzo, non esclusivo, per raggiungere lo scopo; oltre ad esso, è importante che l’educando sia sottoposto a condizioni che i tedeschi ritengono favorevoli ai fini dell’educazione, e cioè la disciplina e l’imposizione, Zucht. Lo spirito umano, dicono essi, deve essere allenato, come lo è il corpo con la ginnastica. Der Geist muss gezuchtigt toerden.

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7 Gennaio, 2012

Lev Tolstoj, Sull’istruzione popolare

by gabriella

Sappiamo che la nostra convinzione fondamentale,
cioè che l’unico metodo educativo sia l’esperienza
e l’unico criterio per educare sia la libertà,
suonerà per alcuni come un trito luogo comune,
per altri una oscura astrattezza,
per altri ancora un sogno irrealizzabile.

Lev Tolstoj

L'”istruzione popolare”[1] ha rappresentato sempre e dovunque e continua a rappresentare un fatto per me incomprensibile. Il popolo vuole l’istruzione e ogni singolo individuo inconsciamente aspira ad essa. La classe di persone più istruita — della società, del governo — fa il possibile per trasmettere le proprie cognizioni ed istruire la classe del popolo meno colta.

Sembrava che tale coincidenza di esigenze avrebbe dovuto soddisfare sia la classe educatrice che la classe da educare. Ne deriva invece il contrario. Il popolo contrasta in continuazione gli sforzi che la società o il governo, come rappresentanti della classe istruita, compiono per la sua istruzione e questi sforzi rimangono per la maggior parte inefficaci. Senza parlare delle scuole dell’antichità dell’India, dell’Egitto, della Grecia e persino di Roma, la cui struttura ci è poco nota, come pure il punto di vista popolare su questi istituti, questo fatto stupisce noi, nelle scuole europee, dai tempi di Lutero ai nostri giorni.

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13 Ottobre, 2011

Ilvo Diamanti, Ragazzi studiate! Meglio precari oggi che servi per sempre

by gabriella

Anche se Diamanti ha scritto testi migliori, di questo articolo ha scelto bene il titolo. Parola d’ordine: studiare per sé, non per “altro”, non per il voto, né per i genitori, non per il lavoro, né per il “rilancio del paese”. Studiare per essere magari precari, ma non  servi.

La settimana prossima riprenderò a insegnare. A Urbino. Dopo molti mesi di assenza forzata. Insegnare, d’altronde, è un privilegio. Come leggere e studiare. Molte persone lo fanno “gratuitamente”. Per curiosità, interesse. E per piacere. Io vengo stipendiato, per farlo. E ho la fortuna di incontrare i giovani – ogni anno diversi. (Spesso, mi viene in mente il protagonista de “Il Sipario ducale”, scritto da Paolo Volponi. Ambientato a Urbino. Un anziano intellettuale anarchico, che, a volte, attendeva l’uscita degli studenti del liceo e si perdeva in mezzo a loro. Per sentirsi giovane. E libero).

Dedicherò il mio corso, come avviene da alcuni anni, al tema dell’opinione pubblica. In particolar modo, al rapporto tra opinione pubblica e democrazia rappresentativa. Mi interrogherò, dunque, sulla coerenza e sulla concorrenza fra i sondaggi e le elezioni. Tra il marketing politico e la partecipazione. Argomenti, mi rendo conto, che non offriranno agli studenti competenze utili, spendibili, sul mercato del lavoro. Non serviranno loro a cercare e a trovare un impiego, domani. Neppure a farsi largo nel mercato politico. Gran parte del ceto politico non è certo stato reclutato in base alla competenza. Né alla conoscenza dei meccanismi e delle regole della democrazia. Eppure, mi sento di dire che studiare queste cose, al pari delle altre che si insegnano all’università e a scuola, è importante. Lo dico echeggiando l’esortazione  –  l’invettiva  –  amara che ho lanciato oltre un mese fa 1.

Cari ragazzi e ragazze, cari giovani: studiate. Soprattutto  –  anche se non solo  –  nella scuola pubblica. Ma anche quando non siete a scuola. Quando siete a casa vostra o in autobus. Seduti in piazza o ai giardini. Studiate. Leggete. Per curiosità, interesse. E per piacere. Per piacere. Anche se non vi aiuterà a trovare un lavoro. Tanto meno a ottenere un reddito alto. Anche se le conoscenze che apprenderete a scuola vi sembreranno, talora, in-attuali e im-praticabili. In-utili. Nel lavoro e anche fuori, spesso, contano di più altre “conoscenze” e parentele. E i media propagandano altri modelli. Veline, tronisti, “amici” e “figli-di”…  Studiate. Gli esempi diversi e contrari sono molti. Non c’è bisogno di rammentare le parole di Steve Jobs, che esortava a inseguire i desideri. A essere folli. Guardatevi intorno. Tanti ce l’hanno fatta. Tanti giovani  –  intermittenti e flessibili  –  sono convinti di farcela. E ce la faranno. Nonostante i giovani  –  e le innovazioni  –  in Italia facciano paura.

Studiate. Soprattutto nella scuola pubblica. Anche se i vostri insegnanti, maestri, professori non godono di grande prestigio sociale. E guadagnano meno, spesso molto meno, di un artigiano, commerciante, libero professionista… Anche se alcuni di loro non fanno molto per farsi amare e per farvi amare la loro disciplina. E, in generale, l’insegnamento. Anche se la scuola pubblica non ha più risorse per offrire strumenti didattici adeguati e aggiornati. Anzi, semplicemente: non ha più un euro. Ragazzi: studiate. Nella scuola pubblica – che è di tutti, aperta a tutti. Studiate. Anche se nella vita è meglio furbi che colti. Anzi: proprio per questo. Per non arrendersi a chi vi vorrebbe più furbi che colti. Perché la cultura rende liberi, critici e consapevoli. Non rassegnatevi. A chi vi vorrebbe opportunisti e docili. E senza sogni. Studiate. Meglio precari oggi che servi per sempre.

tratto da: http://www.repubblica.it/rubriche/bussole/2011/10/12/news/ragazzi_studiate-23110142/?ref=HREC2-3

26 Maggio, 2011

Agogé ἀγωγή

by gabriella

agogéTraggo da Studia Humanitatis questo articolo sulle forme di educazione arcaica della Grecia antica e le sue azioni di puro disciplinamento.

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