Archive for Agosto, 2013

11 Agosto, 2013

Il mercato: ordine naturale o costruzione sociale?

by gabriella

Adam-Smith-The-Wealth-of-NationsIl mercato come ordine naturale

Il mercato è così strettamente associato alle economie moderne da sembrare un modo d’organizzazione spontaneo e naturale dell’attività economica. Molti esempi mostrano, al contrario, che le relazioni di mercatonon sono sempre esistite, contraddicendo così l’idea del carattere naturale, dunque universale, del mercato stesso.

Adam Smith era convinto che gli uomini avessero una naturale inclinazione allo scambio e fossero guidati da una mano invisibile che, incitandoli ad arricchirsi liberamente e ad operare per il proprio interesse, li spingeva naturalmente ad agire per il benessere della nazione. Questo ordine naturale aveva come esito l’equilibrio sociale, perché il libero perseguimento dei propri scopi da parte di ciascuno concorreva inconsapevolmente al bene comune. In questo modo, benessere individuale e benessere collettivo erano raggiunti simultaneamente senza azioni dirette di regolazione collettiva La_favola_delle_api[il testo filosofico esemplare di questa visione è The Fable of the Bees, or Private Vices, Public Benefits di Bernard de Mandeville, 1705].

Si tratta di una visione economica che poggia su una particolare antropologia, nota come homo œconomicus che considera il mercato il sistema più efficiente per assicurare la circolazione dell’informazione e il coordinamento di molteplici decisioni economiche. I sostenitori più convinti di questa visione, si spingono ad affermare che i meccanismi di mercato forniscono risposte anche a problemi distanti dalla sfera economica e che sia sufficiente affrontare da una prospettiva economica un problema sociale per condurlo a “razionalità”: ad esempio, si potrebbe calcolare il numero ottimale di figli per famiglia costruendo un modello che integri i vantaggi e i costi  del fatto di avere più o meno figli ..

Affermazioni che fanno sorridere tutti quelli che pensano che la sfera economica ha dei limiti perché l’uomo reale non è un semplice homo œconomicus. Ma se il mercato è invadente è spesso perché alcuni ricavano vantaggi dal fatto che lo sia e ciò non è né naturale, né vantaggioso per la collettività.

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10 Agosto, 2013

Romano Luperini, Il monaco e il giullare

by gabriella

un-monaco-cellario-degusta-del-vino-da-una-botteLe opposte figure del monaco e del giullare, attori dell’ordine medievale. Da Studia Humanitatis.

10 Agosto, 2013

Francescomaria Tedesco, Galateo e disciplinamento sociale

by gabriella

GalateiLa relazione tra buone maniere e disciplinamento, corpi docili e ordine sociale ne Il mantra della sobrietà ai tempi di Mario Monti, da L’Indice dei libri.

C’è qualcosa di sinistro nel mantra della sobrietà. La buona educazione, le buone maniere sono un modo di disciplinare la società, di rendere il corpo sociale più docile e più malleabile, più addomesticato. La storica Luisa Tasca ha studiato il fenomeno in relazione ai codici di comportamento nell’Ottocento:
essi fornirono alle élites dell’Italia risorgimentale e postunitaria schemi per ordinare il corpo sociale secondo modelli più gerarchici che democratici, più equitari che egualitari, più classisti che abilitanti alla mobilità sociale, più disciplinanti che non fiduciosi nel libero protagonismo della società civile (L. Tasca, Galatei. Buone maniere e cultura borghese nell’Italia dell’Ottocento, Le Lettere, Firenze 2004, p. 17).
La buona educazione serviva a comporre il conflitto sociale, rendendo i subalterni remissivi e non contestativi: che le masse operaie sapessero qual era il posto che gli spettava nella società.
Per essere beneducati bisogna: non mettere i gomiti sulla tavola, camminare senza fare sporgere le scapole e senza ancheggiare, tenere in dentro il ventre, mangiare senza far rumore, non soffiare, non sbuffare, tenere la bocca chiusa, ecc., cioè tappare e limitare il corpo in ogni maniera, smussare i suoi spigoli (M. Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino 2001, p. 353).

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10 Agosto, 2013

Romano Luperini, Introduzione alla cultura medievale

by gabriella

Le linee generali della cultura medievale, da Studia Humanitatis.

Caratteri generali

 codice miniato cavaliere tedescoLa parola “Medioevo” significa “età di mezzo. Fu usata dalla cultura umanistica dei secoli XV e XVI, che voleva ricollegarsi direttamente al mondo classico dell’antichità greco-romana scavalcando idealmente l’“età di mezzo”. Quest’ultima era dunque rappresentata dai secoli intercorsi fra la caduta dell’Impero romano d’Occidente e la nascita della nuova cultura umanistica del Quattrocento e del Cinquecento. Il concetto di “età di mezzo” implicava una valutazione storica negativa di questo lungo periodo storico: nasceva infatti all’interno di una battaglia culturale volta a valorizzare il “nuovo” (il nascente Umanesimo) contro il “vecchio” (la cultura medievale, che occorreva superare per riprendere l’eredità del mondo classico). Questo giudizio negativo si è tramandato sino ad oggi, entrando a far parte del senso comune: si continua a dire, per esempio, “concezione medievale”, per significare che una determinata visione del mondo è superata o reazionaria.

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