Archive for ‘Psicologia’

23 Luglio, 2013

Vittorio Lingiardi, Razzismo e neuroscienze

by gabriella

Nott e GliddonDa Il Sole 24 Ore, 21 luglio 2013.

In un testo del 1865, Types of Mankind, all’epoca ritenuto scientifico, il medico Nott e l’egittologo Gliddon sostengono, con tanto di illustrazioni, che i neri sono biologicamente intermedi tra i bianchi caucasici e gli scimpanzé. Oggi è sufficiente consultare Wikipedia per sapere che la specie umana non può essere suddivisibile in razze biologicamente distinte, caratterizzate da diverse capacità intellettive, valoriali o morali.

Da questo errore deriva però la convinzione che è alla base del “razzismo”, ossia che un particolare gruppo di persone possa essere definito superiore o inferiore a un altro.

Si sa che il razzismo è un fenomeno antico quanto il mondo. Al tema, S. J. Gould dedica, nel 1981, un saggio decisivo: The mismeasure of men (Intelligenza e pregiudizio, Il Saggiatore). Ma il fatto che possa essere studiato sul piano neurobiologico è relativamente recente. In collaborazione con gli psicologi sociali, daGould, intelligenza e pregiudizio alcuni anni i neuroscienziati stanno cercando di capire come gli umani percepiscono e categorizzano le alterità etniche, religiose, sessuali, eccetera. Queste ricerche usano tecniche di brain imaging per esaminare come il nostro cervello processa, valuta e incorpora nei processi decisionali, le categorie di razza e etnia. Sembrerebbe che l’amigdala (la porzione cerebrale implicata nella regolazione dei processi emotivi, in particolare quelli connessi alla paura) provochi reazioni “repulsive” verso gli elementi considerati estranei, addirittura anche individui di un’altra etnia o di un altro gruppo (outgroup) con confini culturalmente e socialmente delimitati.

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9 Luglio, 2013

Umberto Galimberti, Watzlawick

by gabriella
Watzlawick

Paul Watzlawick (1921 – 2007)

L’articolo dedicato da Galiberti a Watzlawick in occasione della morte, avvenuta nel 2007. La Repubblica, 04.04.2007.

Paul Watzlawick, morto ieri nella sua casa di Palo Alto in California all’età di 85 anni, è lo psicologo che meglio di tutti è riuscito a coniugare i problemi della psiche con quelli del pensiero e quindi a sollevare le tematiche psicologiche al livello che a loro compete, perché ad “ammalarsi” non è solo la nostra anima, ma anche le nostre idee che, quando sono sbagliate, intralciano e complicano la nostra vita Watzlawickrendendola infelice. E proprio Istruzioni per rendersi infelici, che Feltrinelli pubblicò nel 1984 facendo undici edizioni in due anni, è stato il libro che ha reso noto Watzlawick in Italia al grande pubblico.

Nato a Villach, in Austria, nel 1921, nel 1949 Watzlawick ha conseguito la laurea in lingue moderne e filosofia all’Università di Venezia. L’anno successivo prese a frequentare l’Istituto di Psicologia analitica di Zurigo dove nel 1954 conseguì il diploma di analista. Dal 1957 al 1960 ottenne la cattedra di psicoterapia presso l’Università di El Salvador e dal 1960 si trasferì al Mental Research Institute di Palo Alto dove lavorò con Don D. Jackson, Janet Helmick Beavin e Gregory Bateson, diventando il massimo studioso della pragmatica della comunicazione umana, delle teorie del cambiamento, del costruttivismo radicale e della teoria breve fondata sulla modificazione delle idee con cui ci costruiamo la nostra “immagine” del mondo, spesso dissonante con la “realtà” del mondo.

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2 Giugno, 2013

Esercitazione su Castoriadis. 3D

by gabriella

cornelius-castoriadisTratto da Psicanalisi e immaginazione radicale del soggetto [intervista rilasciata a Parigi, 7 maggio 1994].

Professor Cornelius Castoriadis, la sua pratica di analista ha anche un’influenza sulla sua concezione filosofica?

C’è un rapporto molto profondo tra la mia concezione della psicoanalisi e la mia concezione della politica. Ambedue infatti mirano all’autonomia dell’essere umano, anche se, ovviamente, attraverso vie diverse. La politica mira a liberare l’essere umano, a permettergli di accedere alla propria autonomia per mezzo di un’azione collettiva la quale ha come oggetto la trasformazione delle istituzioni; vale a dire, la politica mira ad instaurare delle istituzioni di autonomia. L’oggetto della politica non è la felicità, come si voleva nel Settecento e nell’Ottocento, e come intendeva anche Marx. Questa concezione non è solo erronea, ma anche catastrofica. L’oggetto della politica è la libertà. Anche l’idea americana del diritto a ricercare la felicità – contenuta nella Dichiarazione di Indipendenza – implica una nozione di autonomia del soggetto. Quando Lei parla di autonomia, la intende nel senso “americano”? No, non la intendo nel senso americano. In effetti, se lei ricorda, la Dichiarazione Americana dice: “pensiamo che Dio abbia creato gli esseri umani tutti liberi ed eguali, e con eguali diritti a perseguire la felicità”.

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1 Giugno, 2013

Mario Perniola, Stranieri a se stessi

by gabriella

L’alternativa tra l’amore verso lo straniero e la paura nei suoi confronti, all’interno della quale resta prigioniero oggi il sentire occidentale, nasconde una realtà più sconvolgente: il fatto che il mondo occidentale sta diventando estraneo a se stesso. Ora, ci sono molti modi di provare un senso di estraneità nei confronti di se stessi, alcuni dei quali appartengono da tempo alla cultura occidentale. Per esempio la “mania”, di cui parlavano gli antichi greci distinguendone quattro specie (profetica, liberatoria, poetica ed amorosa). È indubbiamente una forma non patologica di estraneità nei confronti di se stessi, che ha esercitato un’enorme influenza attraverso i secoli. L’introduzione della nozione di inconscio nella cultura del Novecento ha poi aperto nuovi vastissimi orizzonti a questa problematica, accrescendo enormemente la conoscenza dei dispositivi profondi che operano occultamente nel modo di essere occidentale.

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14 Maggio, 2013

Roberto Sicuteri, Sagittario

by gabriella

La descrizione mitico-simbolica del nono segno dello Zodiaco che esprime la dualità qualitativa delle energie e dei piani di applicazione. Segno mobile, appartenente al triangolo dei segni di Fuoco. Tratto da Astrologia e mito. Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo, Roma, Astrolabio, 1978, pp. 81-88. Qui, lIntroduzione. Qui, l’Ariete e il Leone.

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14 Maggio, 2013

Roberto Sicuteri, Leone

by gabriella

La descrizione mitico-simbolica del quinto segno dello Zodiaco che esprime l’organizzazione della vita come manifestazione globale delle energie. Segno fisso, appartenente al triangolo dei segni di Fuoco. Tratto da Astrologia e mito. Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo, Roma, Astrolabio, 1978, pp. 54-60. Qui, lIntroduzione; l’Ariete e il Sagittario.

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14 Maggio, 2013

Roberto Sicuteri, Ariete

by gabriella

La descrizione mitico-simbolica del primo segno dello Zodiaco, coincidente con l’equinozio di primavera, il quale esprime l’impulso dell’energia che precede ogni genere di nascita. Segno cardinale, appartenente al triangolo dei segni di Fuoco. Tratto da Astrologia e mito. Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo, Roma, Astrolabio, 1978, pp. 25-32. Qui, l‘Introduzione.

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9 Maggio, 2013

Roberto Sicuteri, Astrologia e mito. Simboli e miti dello Zodiaco nella Psicologia del Profondo

by gabriella

zodiacoIn questo libro del 1978 [Roma, Astrolabio], lo psicologo junghiano Roberto Sicuteri ha offerto una decifrazione in chiave mitologico-simbolica dello Zodiaco, visto come proiezione archetipica dell’inconscio umano. Di seguito la Prefazione e il capitolo Cosa sono i simboli e gli archetipi.

Jung ha sempre sostenuto che il simbolo esprime costantemente qualcosa di ignoto, qualcosa di cui non si può parlare facilmente. E che l’attività simbolica è anche una continua trasformazione del simbolo stesso e dei suoi effetti. Sul piano semantico esso è sempre fluttuante rispetto a ciò che vuole significare. Jung svincolò decisamente il simbolo dal linguaggio verbale e le sue leggi, per crearne un linguaggio altro, che definì come “figurato, analogico e muto” Nel regno del simbolo – afferma Jung – cessa il significato stabile delle cose”.

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27 Aprile, 2013

Margareth Mead, Coming of Age in Samoa

by gabriella

Margaret-MeadTraggo da Schoolstorming una lezione dedicata allo studio dell’adolescenza come condizione psico-sociale, a partire dalle celebri osservazioni alle isole Samoa con le quali Margareth Mead mise in evidenzia il potere della cultura sulla natura umana.

Nell‘agosto del 1925, all’età di 23 anni,  la giovane antropologa Margaret Mead si imbarca alla volta delle Isole Samoa. Il suo professore Franz Boas (il padre dell’antropologia americana) le ha chiesto di studiare un aspetto particolare di quei luoghi esotici: l’adolescenza. Ci si chiede se il periodo che separa la fanciullezza dall’età adulta è naturalmente conflittuale, ovvero se le tensioni sono il frutto della natura o della cultura di appartenza. Mead procede ad uno studio comparativo che farà di lei l’antropologa più famosa del mondo.

Di seguito pubblichiamo alcune pagine di Coming of Age in Samoa: A Psychological Study of Primitive Youth for Western Civilization – 1928, tradotto in italiano come L’adolescente in una società primitiva per l’editoreGiunti (1954).

Il libro di Margareth Mead scatenò una delle polemiche più aspre della storia dell’antropologia. La controversia sull’attendibilità dei suoi studi vide schierati l’uno contro l’altro l’autrice e l’antropologo Derek Freeman.  Ecco il resoconto in questi video:

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=Pw1NZjNkAYI]

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4 Aprile, 2013

Massimo Recalcati, Il complesso di Telemaco

by gabriella

telemaco-e-mentoreIl nuovo saggio che Massimo Recalcati ha dedicato al declino del padre e al destino di una generazione costretta ad elaborarne l’assenzaormai, nessun Dio-padre ci può salvare, non resta che salvarsi da sé.

Bisogna essere chiari: il mio punto di vista è che questa eclissi non indica una crisi provvisioria della funzione paterna destinata a lasciare il posto a un suo eventuale recupero. Rilanciare il tema del tramonto dell’imago paterna non significa rimpiangere il mito del padre-padrone. Personalmente non ho nessuna nostalgia per il pater familias. Il suo tempo è irrimediabilmente finito, esaurito, scaduto. Il problema non è dunque come restaurarne l’antica e perduta potenza simbolica ma piuttosto quello di interrogare quel che resta del padre nel tempo della sua dissoluzione (…) In tale contesto la figura di Telemaco mi pare un punto-luce. Essa mostra l’impossibilità di separare il movimento dell’ereditare – l’eredità è un movimento singolare e non una acquisizione che avviene per diritto – dal riconoscimento del proprio essere figli.

In questo senso Telemaco rappresenta l’opposto di Edipo che nell’ansia di evitare la profezia autoavverante di una filiazione maledetta uccide il padre:

Telemaco si emancipa dalla violenza parricida di Edipo; egli cerca il padre non come un rivale con il quale battersi a morte, ma come un augurio, una speranza, come la possibilità di riportare la Legge della parola sulla propria terra (…) egli prega affinché il padre ritorni dal maHeideggerre ponendo in questo ritorno la speranza che vi sia ancora una giustizia giusta per Itaca. Mentre lo sguardo di Edipo finisce per spegnersi nella furia impotente dell’autoaccecamento – come marchio indelebile della colpa – quello di Telemaco si rivolge all’orizzonte per vedere se qualcosa torna dal mare. Certo, il rischio di Telemaco è la malinconia, la nostalgia per il padre glorioso, per il re di Itaca, per il grande eroe che ha espugnato Troia. La domanda di padre, come Nietzsche aveva intuito bene, nasconde sempre l’ insidia di coltivare un’ attesa infinita e melanconica di qualcuno che non arriverà mai. È il rischio di confondersi con uno dei due vagabondi protagonisti di Aspettando Godot di Samuel Beckett. Lo sappiamo: Godot è il nome di un’ assenza. Nessun Dio-padre ci potrà salvare: la nostalgia per un padre-eroe è sempre in agguato! (…) Dal mare non tornano monumenti, flotte invincibili, capi-partito, leader autoritari e carismatici, uomini-dei, ma solo frammenti, pezzi staccati, padri fragili, vulnerabili, nuovi sindaci dal sorriso gentile, poeti, registi, insegnanti precari, migranti, lavoratori, semplici testimoni di come si possa trasmettere ai propri figli e alle nuove generazioni la fede nell’avvenire, il senso dell’ orizzonte, una responsabilità che non rivendica alcuna proprietà.

Noi siamo nell’epoca del tramonto irreversibile del padre, ma siamo anche nell’epoca di Telemaco; le nuove generazioni guardano il mare aspettando che qualcosa del padre ritorni. Ma questa attesa non è una paralisi melanconica. Le nuove generazioni sono impegnate – come farà Telemaco – nel realizzare il movimento singolare di riconquista del proprio avvenire, della propria eredità. Certo il Telemaco omerico si aspetta di vedere all’orizzonte le vele gloriose della flotta vincitrice del padre-eroe. Eppure egli potrà ritrovare il proprio padre solo nelle spoglie di un migrante senza patria.

Nel video sottostante, la presentazione di Recalcati alla Libreria Feltrinelli di Milano.

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