Du Fu 杜甫, Canto del vento d’autunno e della capanna, Poesia dei carri

by gabriella

du-fuTraggo da Quel che resta del mondo questa lirica del grande poeta cinese Du Fu 杜甫 , vissuto sotto la dinastia Tang. Du Fu nacque infatti nel 712, nei pressi di Luoyang (Henan) dove, quale figlio di un funzionario di rango inferiore, fu educato alla cultura dei classici secondo la visione confuciana del compito dei funzionari mandarini.

Nel mese ottavo una burrasca d’autunno
Tolse al mio tetto tre strati di paglia;
Dappertutto le sparse; sopra il fiume,
Sulle due rive, dentro la palude,
In alto sopra gli alberi.

E dai dintorni vennero ragazzi
A frotte, che vedendomi
Vecchio e debole, mi portaron via
La paglia sotto gli occhi; la rubavano
E tra i loro canneti di bambù
L’ammucchiavano lesti. Ed io cercavo
Di fermarli, ma invano: non bastava
La mia voce.

Così me ne tornai
Alla capanna, sospirando. Il vento era cessato, ma si radunavano
Nubi nere, oscurando il cielo, senza
neanche un raggio di luce: era una notte
Davvero spaventosa.
La mia vecchia coperta, fredda come metallo,
Era piena di buchi, di cui si lamentava
Il mio figliolo delicato.

E la pioggia cadeva giù dal tetto
Come una frangia continua di canapa,
Inzuppando ogni cosa.
Dopo tutti i disastri della guerra
Mi parve insopportabile quest’altra
Miseria, e non trovavo più riposo
Nel sonno, ma pensai tutta la notte
Se sarebbe venuto
Un termine ai miei mali.

Poi assopito sull’alba, vidi in sogno
Un immenso palazzo, con più di mille stanze
Dove ogni povero trovava rifugio
Ed era il benvenuto: un gran palazzo
Solido come una collina, forte
Contro il vento e la pioggia; e mi destai
Pensando: com’è assurdo; quando mai
Potrò vedere una simile casa?

Ma se potessi credere che questo
Sogno si realizzasse, a me sarebbe
Sufficiente conforto:
Anche se la mia povera capanna
Crollasse tutta, ed io gelassi a morte.

Dal blog di Massimiliano Pizzirani, traggo la poesia antimilitarista che segue, scritta da Du Fu nel 750 o 751, mentre dalla capitale Chang’an guardava i soldati partire verso ovest.

La poesia dei carri

Il fragore dei carri risuona,
i cavalli in corsa nitriscono,
gli uomini avanzano con un arco e la faretra alla vita
padri, madri, mogli e bambini corrono a vederli partire
la polvere è tale che non si vede il ponte oltre Chang’an
gli tirano le maniche, si gettano ai loro piedi e piangono alla fine della strada
e il suono delle grida sale alto fino alle nuvole.

Quando un passante sulla strada chiede il perché al coscritto
il coscritto risponde che la mobilitazione accade spesso
“A quindici anni molti sono stati mandati a nord a proteggere il fiume,
anche a quaranta devono arare i campi ad ovest
al momento di partire gli anziani ci hanno fasciato con un turbante i capelli
ritornando coi capelli bianchi, siamo rimandati ancora al fronte“.

Al fronte il sangue versato diventa un mare
i sogni di conquista dell’imperatore guerriero non hanno fine.
Non hai visto i 200 distretti oltre le montagne ad est
dove solo spine e rovi crescono in ogni villaggio e casale?
Sebbene ci siano donne forti ad afferrare la zappa e l’aratro
né a est né a ovest c’è riso nelle campagne.
Inoltre noi soldati di Qin abbiamo sopportato i combattimenti peggiori
siamo sempre spinti avanti come cani o polli dagli ufficiali.

E se glielo facessi notare direbbero:
“Come osa lamentarsi un soldato?”.
Anche in questo inverno
i soldati a ovest del passo continuano a muoversi.
Il funzionario del distretto chiede urgentemente le tasse
ma come possono riuscire a pagarle?

Abbiamo imparato che avere figli maschi è una disgrazia
mentre avere bambine è la cosa migliore;
le nostre figlie possono ancora sposarsi e vivere in una casa vicino
i nostri figli sono solo sepolti tra l’erba.
Non hai visto sul confine a Qinghai
le ossa sbiancate che nessuno ha raccolto?
I nuovi fantasmi sono irati per l’ingiustizia, i vecchi piangono,
e da un cielo scuro la pioggia umida scroscia su queste voci.

兵車行

 

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