Anche se Diamanti ha scritto testi migliori, di questo articolo ha scelto bene il titolo. Parola d’ordine: studiare per sé, non per “altro”, non per il voto, né per i genitori, non per il lavoro, né per il “rilancio del paese”. Studiare per essere magari precari, ma non servi.
La settimana prossima riprenderò a insegnare. A Urbino. Dopo molti mesi di assenza forzata. Insegnare, d’altronde, è un privilegio. Come leggere e studiare. Molte persone lo fanno “gratuitamente”. Per curiosità, interesse. E per piacere. Io vengo stipendiato, per farlo. E ho la fortuna di incontrare i giovani – ogni anno diversi. (Spesso, mi viene in mente il protagonista de “Il Sipario ducale”, scritto da Paolo Volponi. Ambientato a Urbino. Un anziano intellettuale anarchico, che, a volte, attendeva l’uscita degli studenti del liceo e si perdeva in mezzo a loro. Per sentirsi giovane. E libero).
Dedicherò il mio corso, come avviene da alcuni anni, al tema dell’opinione pubblica. In particolar modo, al rapporto tra opinione pubblica e democrazia rappresentativa. Mi interrogherò, dunque, sulla coerenza e sulla concorrenza fra i sondaggi e le elezioni. Tra il marketing politico e la partecipazione. Argomenti, mi rendo conto, che non offriranno agli studenti competenze utili, spendibili, sul mercato del lavoro. Non serviranno loro a cercare e a trovare un impiego, domani. Neppure a farsi largo nel mercato politico. Gran parte del ceto politico non è certo stato reclutato in base alla competenza. Né alla conoscenza dei meccanismi e delle regole della democrazia. Eppure, mi sento di dire che studiare queste cose, al pari delle altre che si insegnano all’università e a scuola, è importante. Lo dico echeggiando l’esortazione – l’invettiva – amara che ho lanciato oltre un mese fa 1.
Cari ragazzi e ragazze, cari giovani: studiate. Soprattutto – anche se non solo – nella scuola pubblica. Ma anche quando non siete a scuola. Quando siete a casa vostra o in autobus. Seduti in piazza o ai giardini. Studiate. Leggete. Per curiosità, interesse. E per piacere. Per piacere. Anche se non vi aiuterà a trovare un lavoro. Tanto meno a ottenere un reddito alto. Anche se le conoscenze che apprenderete a scuola vi sembreranno, talora, in-attuali e im-praticabili. In-utili. Nel lavoro e anche fuori, spesso, contano di più altre “conoscenze” e parentele. E i media propagandano altri modelli. Veline, tronisti, “amici” e “figli-di”… Studiate. Gli esempi diversi e contrari sono molti. Non c’è bisogno di rammentare le parole di Steve Jobs, che esortava a inseguire i desideri. A essere folli. Guardatevi intorno. Tanti ce l’hanno fatta. Tanti giovani – intermittenti e flessibili – sono convinti di farcela. E ce la faranno. Nonostante i giovani – e le innovazioni – in Italia facciano paura.
Studiate. Soprattutto nella scuola pubblica. Anche se i vostri insegnanti, maestri, professori non godono di grande prestigio sociale. E guadagnano meno, spesso molto meno, di un artigiano, commerciante, libero professionista… Anche se alcuni di loro non fanno molto per farsi amare e per farvi amare la loro disciplina. E, in generale, l’insegnamento. Anche se la scuola pubblica non ha più risorse per offrire strumenti didattici adeguati e aggiornati. Anzi, semplicemente: non ha più un euro. Ragazzi: studiate. Nella scuola pubblica – che è di tutti, aperta a tutti. Studiate. Anche se nella vita è meglio furbi che colti. Anzi: proprio per questo. Per non arrendersi a chi vi vorrebbe più furbi che colti. Perché la cultura rende liberi, critici e consapevoli. Non rassegnatevi. A chi vi vorrebbe opportunisti e docili. E senza sogni. Studiate. Meglio precari oggi che servi per sempre.
tratto da: http://www.repubblica.it/rubriche/bussole/2011/10/12/news/ragazzi_studiate-23110142/?ref=HREC2-3
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