Posts tagged ‘guerra’

6 Luglio, 2012

Afghanistan, o della missione di pace

by gabriella

La telecamera di bordo di un Apache in volo sulla provincia afghana di Wardack, ha ripreso il momento in cui il pilota americano prende la mira e spara un missile Hellfire contro un innocente contadino intento a piantare semi di papavero a lato della strada. Pochi istanti prima che la palla di fuoco investa la vittima, il pilota canticchia Bye, bye Miss American Pie.

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8 Marzo, 2012

Mario Sanna, F-35, il caccia della guerra che verrà. Alessandro Robecchi, Bombardiamo pure, ma attenti alla pioggia

by gabriella

Il caccia F-35, di cui si dovrebbero dotare a breve le Forze Armate italiane, è un aereo ‘caccia da attacco combinato’ (Joint strike fighter) e rappresenta il piu’ importante progetto bellico globale mai realizzato che prevede la cooperazione di 9 Paesi con la supervisione della Lockheed Martin stunitense.

L’Italia ha gia’ acquistato tre velivoli ma a regime dovrebbe arrivare a 131 esemplari per un costo previsto, al momento, intorno ai 15 miliardi di euro (l’importo di una manovra finanziaria, NDR). L’F35 è un aereo multifunzionale (a decollo verticale) ma per i critici, oltre ad essere molto costoso, è un caccia predisposto allo scenario di guerra permanente, anche con armi nucleari. Intanto, a seguito delle difficolta’ del programma, alcuni Paesi, come la Danimarca, hanno deciso di congelare l’accordo.

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Alessandro Robecchi, Bombardiamo pure, ma attenti alla pioggia

“Buongiorno, guardi qua che astuzia! Ho inventato la clava. Ora la pagheranno, quelli della grotta vicina!”. Sì, bello, bravo. Certo con quell’aggeggio bisogna avvicinarsi molto al nemico… Mah, sappia che quelli della grotta vicina hanno perfezionato la lancia. Sa, si tira da lontano, è più comoda…“Buongiorno, guardi qui che rapidità nell’aggiornamento della tecnologia! Ho inventato anch’io la lancia. Ora combattiamo ad armi pari, con quei bastardi della grotta vicina!”. Sì, notevole. Ma mi duole comunicarle che quelli sono già alle frecce. Sa, si tirano da molto più lontano…

Ok, potrei andare avanti per pagine e pagine, interi volumi, arrivare all’acciaio, alla polvere da sparo, ai sistemi di puntamento elettronici eccetera eccetera. Invece mi fermo ai “nostri” poveri F-35, quei mirabolanti bombardieri che abbiamo comprato per non farci trovare impreparati nel caso ci fosse da bombardare qualcuno. Ne compriamo 91, e questo si sa. Li paghiamo 15 miliardi, e anche questo è noto. Meno noto è che la Norvegia che doveva comprarli non li compra più, l’Australia ha fatto marameo, l’Olanda ha detto “no grazie” e il Canada ha preso tempo e con un giro di parole ha chiesto di sapere quanto costano davvero (il prezzo oscilla continuamente verso l’alto, non avete idea dell’inflazione, anche se i bombardieri non stanno nel paniere Istat). Negli ambienti della nostra deficience, che fortunatamente non frequento ma che altrettanto fortunatamente chiacchiera coi giornali, si dice che i caccia di nuova generazione russi e cinesi sono un po’ meglio.
“Buongiorno, guardi qua. Ho inventato l’F35, è micidiale, sa?”. Bello, sì, ma guardi che nelle grotte vicine stanno già messi un po’ meglio.

Non bastassero le faccende commerciali, ecco le rogne tecniche. Il Pentagono (mica mia zia pacifista) dice che con quei così è meglio stare almeno a 40 chilometri da un temporale, perché un fulmine potrebbe far esplodere il serbatoio. Una faccenda che presenta diverse soluzioni strategiche. Si bombarda solo col sole. Oppure si assumono metereologi alla difesa. Oppure si organizzano speciali guerre estive (preventive se si intuisce che bisognerà bombardare d’inverno, ritardate se bisognava bombardare l’inverno prima). Oppure – attenzione alla mossa geniale – si bypassa il problema caricando gli aerei su un’apposita nave (detta “portaerei”) e poi li si fa partire da lì, riducendo il raggio d’azione e così sperando di evitare temporali. Astuti come faine, insomma. E proprio in nome di questa astuzia noi una portaerei (la Cavour) l’abbiamo costruita. Bella, bellissima. Ora bisogna caricarci sopra gli F35B, che sono degli F35 a decollo corto-corto. I quali però forse non verranno nemmeno costruiti, perché già gli F35 normali sono una specie di barzelletta su cui ride mezzo mondo.

Riassumendo: compriamo aerei in fase di sperimentazione problematica, probabilmente peggiori di quelli delle altre superpotenze militari, che non possiamo caricare sulle portaerei e che forse non potremo mai, li paghiamo una fortuna senza nemmeno sapere qual è il prezzo finale e andiamo pure a dirlo in giro. Mentre è chiaro che la faccenda potrebbe chiudersi qui con un franco e costruttivo dibattito.

“Buongiorno. Senta, per quella faccenda dei bombardieri, lasciamo perdere. Non è roba per noi. Noi sappiamo fare bene la parmigiana di melanzane e la pasta e fagioli. Coi bombardieri non siamo adatti. Ci scusi se le abbiamo fatto perdere tempo, eh! Ora ci concentriamo cu come spendere un po’ meglio 15 miliardi”.

5 Dicembre, 2011

Suzanne Opton: Soldier, la guerra in uno sguardo

by gabriella

di Matteo Marini: http://espresso.repubblica.it/multimedia/fotogalleria/31065931

Soldati, veterani, uomini, ragazzi. Avvolti in una coperta pesante come l’eredità che si caricano sulle spalle, di una guerra che per loro non è mai terminata: non importa che sia stato il fronte europeo del secondo conflitto mondiale, le foreste del Vietnam o il deserto iracheno. In ‘Many wars’ lo sguardo della fotografa statunitense Suzanne Opton indugia sulle figure fragili degli ex combattenti, ricoverati alla clinica medica per veterani nel Vermont, affetti da disturbi da stress post-traumatico. Le cicatrici che la guerra ha lasciato su di loro sono evidenti nei loro sguardi. Anche nella postura ostinatamente fiera delle spalle e del busto, oppure accartocciati su loro stessi. Come pupazzi rimasti schiaccati, ora rotti e logori. Le serie di immagini ‘Many Wars’ e ‘Soldier’ sono raccolte in un volume edito da Decode a ottobre 2011. In ‘Soldier‘ Opton coglie la fragilità dell’uomo e del soldato, attraverso i ritratti di giovani militari tornati dal fronte iracheno e afghano. Anche loro ripresi in una posa peculiare: la testa reclinata, appoggiata come su un letto e lo sguardo perso nel vuoto.

In uno sguardo simile si era specchiato anche Steve McCurry fotografando la sedicenne Sharbat Gula in un campo profughi vicino a Peshawar, nel 1984.

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7 Luglio, 2011

Apocalipse Now

by gabriella

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