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Anassagora (498 ca – 428 a.C)
Anassagora rappresenta l’arrivo della mentalità ionica, scientifica e laica, nell’Atene del V secolo. Consigliere di Pericle e amico della compagna di lui, Aspasia di Mileto, fu processato per empietà, avendo dichiarato che «sole e luna non sono dèi, ma una pietra infuocata e una massa terrosa».
Il suo pensiero rappresenta la rifondazione delle scienze naturali dopo l’attacco di Parmenide e Zenone, per i quali divenire e molteplicità (dunque l’intera physis) erano illusori e contraddittori in quanto erronea attribuzione di verità al passaggio dal non essere (nulla) all’essere.
Anassagora sosterrà che «tutto è in tutto», ogni cosa è fatta dei semi di tutte le altre (omeomerie) che sviluppandosi (o restando piccoli) passano dall’invisibilità alla visibilità.
Indice
1. La critica al mito e il processo del 433
2. La fondazione filosofica della scienza naturale
2.1 La dottrina delle omeomerie
3. Il noùs: l’intelletto divino che ordina il cosmo
1. La critica al mito e il processo del 433
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il viaggio di Anassagora del 480
Nato a Clazomene nel 496 a.C. circa, secondo alcune fonti, Anassagora si recò ad Atene intorno al 480 divenendo consigliere di Pericle e amico della compagna di lui, Aspasia di Mileto.
Con lui la filosofia, nata nelle libere e ricche poleís della Ionia, si trasferì nella capitale dell’Attica che viveva in quel momento l’età del suo massimo splendore.
Anassagora contribuì a diffondervi una mentalità naturalistica, critica nei confronti dei miti e dei valori tradizionali, aperta a quel sapere empirico e tecnico di cui era portatore il demos urbano.
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Sole e Luna non sono dèi, ma una pietra infuocata e una massa terrosa
Si inserì pertanto in quel movimento di laicizzazione della mentalità di cui furono rappresentanti, come vedremo, anche i sofisti. Da questi maestri lo differenziavano però i suoi interessi, prevalentemente naturalistici: egli affermava, infatti, di essere nato per «osservare cielo e luna».
Per questo suo sapere critico e indagatore suscitò l’ostilità delle vecchie classi dominanti, legate alla morale e ai valori tradizionali.
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Pericle
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Aspasia di Mileto
Quando la democrazia ateniese cominciò a presentare i primi sintomi di crisi fu così sottoposto a un famoso processo nel 433, nel quale fu chiamato a discolparsi dell‘accusa di empietà: aveva infatti dichiarato che Sole e Luna non sono dèi ma, rispettivamente, una pietra infuocata e una massa terrosa.
Fu quindi costretto ad allontanarsi da Atene – sembra condannato a morte in contumacia – e a tornare nella Ionia dove morì nel 428 ca.
2. La fondazione filosofica della scienza naturale
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Rifondare la scienza della natura dopo Parmenide e Zenone
Come si è visto, la sua filosofia si riallaccia alla tradizione ionica delle matematiche e della filosofia della natura.
Dalle informazioni che ci restano, sappiamo che intorno a lui si formò una cerchia di studiosi che coltivò la medicina e le matematiche, contribuendo in modo decisivo al loro progresso.
Queste discipline avevano subito il duro attacco della dialettica eleatica che aveva messo in discussione la possibilità stessa che di ciò che cambia e si trasforma si possa fare scienza.
Ad Anassagora e ai suoi discepoli si imponeva perciò la rifondazione filosofica delle scienze che comportava di costruire una nuova immagine della natura nella quale la molteplicità e il divenire non risultassero contraddittori e illusori.
Anassagora si mostrò consapevole della complessità della realtà e rinunciò a ricondurla a un solo principio semplice come avevano fatto i milesii.
Il mondo infatti è per lui un aggregato indefinito di cose, ciascuna delle quali è la somma di molteplici qualità, sempre collegate tra loro.
2.1 La dottrina delle omeomerie
Analizzando il mondo sensibile, Anassagora operò la distinzione tra le cose compiute, conosciute per esperienza, e i semi (omeomerie, in greco όμοιομέρειαι, da ὅμοιος, simile, e μέρος, parte) in cui le cose sono contenute.
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omeomerie come elementi chimici che costituiscono tutte le cose?
Secondo la spiegazione che ne diede Aristotele, Anassagora sostenne che le cose sono scomposizione e ricomposizione di semi, per cui ad esempio, una mela che viene mangiata e diventa parte del nostro corpo, deve contenere già le omeomerie della pelle, dei capelli ecc.
Il concetto di seme diventa così il principio esplicativo di ogni trasformazione della phýsis: ogni cosa in natura si sviluppa a partire da semi che contengono tutte le qualità.
Ciò che vediamo è semplicemente il diventare visibile di ciò che prima era piccolo e invisibile e il tornare piccolo e invisibile ciò che prima vedevamo.
Vale a dire che
tutto è in tutto,
ogni cosa contiene i semi, i principi contenuti in tutte le altre.
La generazione e il divenire non sono quindi il passaggio dal non essere all’essere, come sostenevano gli eleati, ma lo sviluppo e la crescita di un seme già esistente che, crescendo, passa da uno stato reale, anche se non visibile, ad un altro, altrettanto reale, visibile.
Anassagora notò probabilmente che ogni organismo (pianta o animale) nasce da un seme preesistente. Lo sviluppo di un seme non è quindi la formazione di qualcosa di nuovo, ma crescita di qualcosa che c’era prima dello sviluppo.
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la nutrizione
In secondo luogo, il filosofo notò che i viventi si mantengono in vita assumendo sostanze e principi attivi dall’ambiente circostante.
Questo fenomeno fondamentale per la vita, la nutrizione, è reso possibile dal fatto che nelle cose di cui gli esseri si nutrono sono contenuti in germe le sostanze e le qualità di cui è costituito il corpo che se ne alimenta.
Per questo cose diverse hanno dunque qualcosa in comune, almeno sotto forma di semi, per cui possono trasformarsi le une nelle altre.
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Talete (624 – 546 a.C.)
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Eraclito (535 – 475 a. C.)
Si vede, quindi, come Anassagora pensi l’unità profonda della phýsis in termini inediti sia rispetto ai milesii, per i quali la struttura unitaria della natura era attestata dalla comune origine e distruzione delle cose (arché), che ad Eraclito, per il quale la natura emerge dalla legge di trasformazione incessante (divenire) che lega (lógos) le cose.
La sua maggior concretezza e precisione nell’indicare le cause, vale a dire le leggi fisiche, della materia, mette in relazione il pensiero di Anassagora con una tradizione che si va precisando e che va da Anassimene a (come vedremo) Leucippo, Democrito e Aristotele.
3. Il noùs: l’intelletto divino che ordina il cosmo
Al mondo delle cose, dove tutto è “relativo”, Anassagora contrappone il noùs, o “intelletto”: una mente divina ordinatrice che ha dato il primo impulso da cui ha avuto origine il mondo ed è la sola realtà “assoluta”.
Solo al nous, infatti, Anassagora riferisce aggettivi di grado superlativo: illimitato in grandezza, sottilissimo, purissimo, esso può, da un lato, contenere tutte le cose per la sua grandezza, dall’altro, penetrarle internamente, senza mescolarsi a nessuna, per la sua purezza.
In forza di questi suoi caratteri essenziali, l’intelletto conosce ogni cosa: secondo Anassagora ogni conoscenza è possibile per mezzo dei contrari; il noùs, che è altro rispetto a ogni cosa, può quindi conoscerle tutte.
Esso, inoltre, governa ogni cosa: superiore per sua natura a ogni ente, ha potere su tutto, e regge il mondo secondo un ordine necessario.
L’idea che la causa prima dei mutamenti della natura fosse l’intelligenza (noùs) fu molto apprezzata da Platone e Aristotele.
Dato che è proprio degli esseri intelligenti operare in vista di uno scopo, cioè del raggiungimento di ciò che è bene per loro, Platone e Aristotele ritenevano che la teoria di Anassagora implicasse la preminenza delle cause finali (ciò in vista di cui è fatto qualcosa) su quelle meccaniche o efficienti (ciò per mezzo di cui qualcosa è fatto).
A loro avviso, ciò avrebbe permesso di spiegare la conformazione di ogni singola cosa – per esempio, di un organo del corpo umano – in base alla sua funzione, e di comprendere così la necessità per cui essa non può essere altro da ciò che è. In realtà, sia Platone, sia Aristotele si rendevano conto che Anassagora non ricorreva mai a siffatte spiegazioni finalistiche dei fenomeni, ma si atteneva sempre a cause meccaniche, come avrebbe fatto (come vedremo) anche Democrito.
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