Philip K. Dick

by gabriella

philip dick

Introduzione a Lessico dickiano di Antonio Caronia e Domenico Gallo.

Fascism is the enemy, wherever it appears.

Philip K. Dick, 1977

Solo chi è alla ricerca spasmodica di un senso e di un ordine può dare voce e respiro all’insensatezza e al disordine del mondo. Philip K. Dick cercò quest’ordine e questo senso lungo tutta la vita. Nel 1979 annotava nel suo interminabile diario notturno, l’Exegesis:

è evidente che all’epoca di The Dark-Haired Girl stavo disperatamente cercando un centro (omphalos) per la mia vita, ma non c’ero riuscito; ero ancora ‘apolide’. Adesso ho trovato l’autenticità – sein.

Si trattava ancora una volta di una situazione instabile. Dick non approdò mai davvero a una situazione di quiete interiore, né a un’ipotesi sul mondo che lo soddisfacesse appieno. Per questo fu capace di descrivere alcuni tra i più formidabili, strutturati, paranoici incubi di tutto il Novecento.

L’intreccio fra gli eventi esterni e interiori della sua vita individuale, la sua immaginazione vivace e ossessiva e gli avvenimenti storici di cui fu testimone creò una figura di uomo e di scrittore affascinante e contraddittoria ma al tempo stesso acuta e maniacale: capace di raggiungere vette di raffinatezza intellettuale servendosi delle più scontante convenzioni della narrativa popolare. Dick, al contrario di Ballard e Vonnegut, a cui per certi versi può essere accostato, non riuscì mai davvero ad abbandonare la fantascienza, neanche negli ultimi romanzi di argomento religioso; ma di questa fedeltà al genere riuscì a costruire uno straordinario punto di forza della sua narrativa.

Una delle principali ragioni per cui Dick è così interessante e avvincente è proprio la sua capacità di giocare su piani disparati e a volte apparentemente incompatibili. La sua scrittura è fortemente influenzata dalla controcultura statunitense (e soprattutto californiana) degli anni Cinquanta e Sessanta, e insieme riferita al dibattito filosofico classico, ai problemi chiave dell’epistemologia e dell’ontologia, scavati con riferimento a Hume, Berkeley, Kant e Bergson. Dick è acutamente legato alla contingenza storica, tanto da riflettere nella sua opera temperie e atmosfere della vita politica e sociale dei suoi tempi – dalla lotta per i diritti civili alla guerra nel Vietnam, dal dibattito sulla democrazia al ruolo assunto dal presidente Nixon –, eppure contempla la storia e il destino dell’uomo sub specie aeternitatis, formulando le più azzardate congetture religiose e teologiche. È vero, si tratta di una parabola comune a tanta parte della controcultura americana e mondiale, dopo la “vittoria” dei movimenti sul terreno della guerra in Vietnam e la loro “sconfitta” sul terreno della lotta sociale e degli esiti politici. Dick intraprese questo percorso in modo assolutamente originale, idiosincratico e sofferto (sul piano personale), a volte devastante.

L’insieme di queste intuizioni e contraddizioni spiega anche perché, già mentre era in vita e più ancora dopo la morte, egli abbia potuto ispirare letture e interpretazioni così diverse tra loro, da quella più o meno rigorosamente marxista degli studiosi raccolti attorno alla rivista “Science-Fiction Studies” (Darko Suvin, Fredric Jameson, Peter Fitting, Stanislaw Lem) della metà degli anni Settanta, che ne faceva un critico corrosivo della società borghese e del capitalismo, a quella di Jean Baudrillard della fine anni Settanta/inizio Ottanta, che contribuì ulteriormente alla sua fama, almeno in Europa, e che vedeva nella sua tematica del simulacro un’anticipazione dell’avvento di quella “iperrealtà” provocata dall’identificazione fra reale e immaginario a cui il filosofo francese deve il proprio successo. Temi culturali che si affiancano alle varie immagini che Dick (volente o nolente) ha offerto di sé stesso, da quella dello scrittore maledetto, drogato, sballato e freak, a quella del maniaco religioso, fino a quella dello psicopatico. Un’osservazione che Borges fece, molti decenni fa, a proposito di Kafka potrebbe essere utilmente ripetuta per Dick:

Si sono avanzate eventualità di interpretazione teologica delle sue opere. Non sono arbitrarie […] ma neppure sono tanto utili. Il pieno godimento delle opere di Kafka – come di tante altre opere – può essere anteriore a ogni interpretazione e non dipende da essa.

[…]

Mi sento a disagio nei confronti del potere e dei soldi, e sono felice in ciò che noi chiamiamo “la strada”.
Philip Kindred Dick, 1978

A partire dalla conclusione della Seconda guerra mondiale, per almeno trent’anni, la fantascienza ha manifestato il massimo della propria potenzialità creativa evidenziando la capacità di interpretare e tradurre gli elementi più dirompenti dell’immaginario. Il conflitto mondiale si era concluso proiettando sugli abitanti della Terra inquietanti immagini di distruzione e l’idea che la guerra non fosse affatto terminata. La vita nelle nazioni occidentali era caratterizzata da aspetti fra loro contraddittori.

L’Europa era molto lontana da una reale pacificazione, la Germania era occupata militarmente e divisa politicamente, una nuova alleanza politico-militare era sorta dalle ceneri delle battaglie combattute sul fronte occidentale e la proliferazione delle armi nucleari evocava immagini di corpi dilaniati dal calore e dalle radiazioni. Negli stessi anni l’umanità osservava incredula l’evolversi rapido ed entusiasmante del programma spaziale, mentre quotidianamente sperimentava un nuovo stile di vita basato sulla diffusione di massa di tecnologie a basso costo destinate a cambiare irrevocabilmente la vita di ognuno. Bombe nucleari, pericolo rosso, televisione, supermercati e pubblicità crearono un complesso immaginario destinato a collegarsi al crescente autoritarismo che caratterizzava la società statunitense, alle visioni collettive degli Ufo, al proliferare di nuove religioni e a inaspettate forme di espressione dello spirito americano. L’incubo perpetrato dall’estremista repubblicano Joseph McCarthy, senatore del Wisconsin, realizzatosi durante il lungo periodo di presidenza del democratico Harry Spencer Truman (1945-1953) per proseguire ed esaurirsi durante la presidenza repubblicana di Dwight Eisenhower (1953-1961) è forse uno degli aspetti più inquietanti della politica interna statunitense. Durante gli otto anni di presidenza Eisenhower gli Stati Uniti cambiarono radicalmente la propria politica estera e la Cia fu autorizzata dalla Casa Bianca a svolgere operazioni segrete (covered operations) in Iran e in America Latina. Ai molti scrittori sensibili ai problemi sociali non sfuggì che, seppure attraverso modalità nettamente differenti rispetto alle dittature sconfitte con la Seconda guerra mondiale e all’ottuso autoritarismo sovietico, anche la società statunitense stava entrando in un pericoloso stadio involutivo. Come scrive Eric Foner nel suo saggio Storia della libertà americana,

non esiste idea più essenziale al senso di sé degli americani, come individui e come nazione, dell’idea di libertà. […] La Dichiarazione d’Indipendenza elenca la libertà fra i diritti inalienabili del genere umano. La Costituzione dichiara che il suo scopo è garantire i benefici della libertà. Gli Stati Uniti hanno combattuto la Guerra civile per promuovere una rinascita della libertà, la Seconda guerra mondiale per le ‘quattro libertà’, e la Guerra fredda per difendere il Mondo Libero (Foner 1998, p. 3).

Tale idea non è in contraddizione con una più complessa analisi geopolitica, che vede gli Stati Uniti competere con le nazioni europee per conquistare l’egemonia mondiale, ma consente di definire una storia degli Stati Uniti attraverso le modifiche del ruolo politico e sociale che la parola “freedom” ha assunto per oltre due secoli in quella nazione. Vedremo, seguendo il filo dei romanzi di uno scrittore di fantascienza come Philip K. Dick, come la ristrutturazione del concetto di “freedom” costituisca un elemento di tale importanza da lasciare profondi segni nelle sue opere.

L’intensa propaganda che accompagnò tutto il corso della Guerra fredda incluse tra le esperienze del cosiddetto Mondo Libero anche regimi criminali, come accadde nel caso della Spagna e del Sudafrica, grazie a una morbosa e convinta adesione al fronte mondiale anticomunista. L’estrema violenza della contrapposizione ideologica instauratasi tra i blocchi consentì ai settori conservatori della società statunitense, che utilizzavano la crociata di McCarthy, di attaccare ciò che ancora rimaneva dell’impostazione sociale voluta da Franklin Delano Roosevelt, non solo smantellando le strutture di partiti e gruppi politici di tradizione marxista o comunista ma attaccando pesantemente lo stato sociale e le esperienze sindacali fortemente radicate in molti settori produttivi della nazione. Si preparava l’ulteriore metamorfosi del concetto di libertà, che negli anni Cinquanta assunse la forma inquietante di “libertà di consumo”.

Se la lotta politica e sindacale dovette subire una pesante battuta di arresto, parallelamente le lotte per i diritti civili assunsero negli Stati Uniti un’estrema intensità. La militante antisegregazionista Rosa Parks, il 1° dicembre 1955, fu arrestata a Montgomery, Alabama, per aver rifiutato di cedere il posto sull’autobus a un bianco, come stabilito dalla legislazione locale. Questo episodio di ribellione pacifica può essere considerato l’inizio ideale di una serie di lotte che, nell’arco di un decennio, cambiarono radicalmente una parte dei rapporti sociali tra le classi degli Stati Uniti, fino a sfociare nel grande movimento di massa che tentò di opporsi alla guerra in Vietnam. Nel mese di ottobre del 1950 comparve nelle edicole statunitensi il primo numero di “Galaxy”, una rivista di fantascienza che intendeva differenziarsi dall’universo pulp cui appartenevano testate molto diffuse come “Amazing Stories”, “Wonder Stories”, “Weird Tales”, “Unknown”, “Planet Stories”, “Astounding Science Fiction” e altre decine di riviste dalle copertine colorate, spesso di fattura scadente, che ostentavano ragazze discinte avvinghiate da tentacoli alieni o città del futuro che contendevano i propri spazi al cielo.

Per oltre mezzo secolo la letteratura popolare era stata amata da moltitudini di lettori che avevano divorato i dime novels, pubblicazioni economiche stampate su carta di bassa qualità. Queste pubblicazioni, da subito chiamate anche pulps, basilari per comprendere l’evoluzione dell’immaginario tecnologico e scientifico, offrivano racconti di avventure, mistero, ambientazione esotica e soprannaturale e, soprattutto, fantascienza. La fantascienza delle prime riviste, che dilagarono negli anni Venti e Trenta, risentiva sia della tradizione colta di Herbert George Wells, Edward Bellamy, Jules Verne e Jack London, sia del romanzo d’avventure tipico di autori popolari come Edgar Rice Burroughs, Henry Rider Haggard ed Edgar Wallace.

Si trattava di una letteratura spesso ingenua e didascalica, espressa in un linguaggio semplice ma inaspettatamente capace di comprendere e di esprimere il ruolo determinante della tecnologia nella trasformazione convulsa della società occidentale, di intravedere l’instabilità sociale prodotta dalla disuguaglianza economica, di avvertire e denunciare le seduzioni totalitariste e il crescente potere delle élite economiche, di porsi il problema del razzismo, di avvertire i limiti della tecnocrazia e del capitalismo, di smascherare e attaccare il lato oscuro della società dei consumi alla fine del suo ciclo. Argomenti di tale profondità costituirono la base tematica della corrente letteraria che caratterizzò la fantascienza degli anni Cinquanta battezzata come “social sf”, ovvero fantascienza sociologica. I suoi autori più importanti sono stati Frederik Pohl, Cyril Kornbluth, Robert Sheckley, Damon Knight, William Tenn, Alfred Bester e Philip Kindred Dick.

Il grande valore letterario di Philip K. Dick, la complessità delle sue tematiche e la profonda innovazione che portò all’interno del mondo della fantascienza hanno fatto sì che l’autore californiano sia sempre stato considerato un caso a parte, uno di quei letterati anomali, come James Graham Ballard e Kurt Vonnegut Jr, diventati scrittori di fantascienza solo per caso. Invece Dick è proprio uno scrittore di fantascienza, un “crap artist” che è riuscito a dare il meglio di sé usando e reinventando i mondi anomali della letteratura popolare. Se si analizza con attenzione la sua produzione mainstream, romanzi come Confessioni di un artista di merda, L’uomo dai denti tutti uguali, In una terra ostile, Mary e il gigante e In questo piccolo mondo, risulta evidente come questa sia inferiore a quella di ambientazione fantascientifica e come anche le sue opere “realiste” più riuscite non riescano a raggiungere una complessità narrativa tale da individuare nella sua scrittura una sufficiente originalità. Un risultato ben diverso da quello che Dick è stato capace di creare con un’estesa produzione di trentatré romanzi di fantascienza e oltre un centinaio di racconti.

Philip Kindred e Jane Charlotte Dick nacquero a Chicago il 16 dicembre 1928. I gemelli erano nati prematuri e pesavano alla nascita rispettivamente due chili e un chilo e mezzo. Secondo quanto riportato da Lawrence Sutin nella più attendibile delle biografie dedicate a Dick, Divine invasioni. La vita di Philip Kindred Dick, il trauma della nascita e delle difficoltà di sopravvivenza segnarono lo scrittore per tutto il resto della vita. La sorella Jane morì dopo soli quaranta giorni, probabilmente a causa della denutrizione e di cure insufficienti. Dorothy Kindred, la madre, scriverà molti decenni dopo di non essersi resa conto dello stato di sofferenza dei gemelli, e che solo per un caso fortuito anche il piccolo Philip non morì. Il bambino fu immediatamente trasferito in ospedale, sottoposto a un’alimentazione speciale e tenuto in incubatrice. Secondo i medici, senza l’intervento clinico non sarebbe sopravvissuto più di altri due giorni. Se si riporta questo episodio è perché nelle opere di Dick e nelle interviste rilasciate ricorre spesso la figura della piccola Jane, tanto che Sutin cita esplicitamente le possibili conseguenze di questo tragico episodio.

Gli studi sui gemelli sopravvissuti mettono in evidenza un senso di incompletezza che può rendere i rapporti, in particolare con l’altro sesso, alquanto difficili (Sutin 1990, p. 34).

Jane fu sepolta al cimitero di Fort Morgan, nel Colorado; accanto al suo nome, i genitori fecero incidere sulla lapide di pietra quello del fratello sopravvissuto, con la data della loro nascita, seguita da un trattino, e da uno spazio vuoto. I genitori Dorothy Kindred e Edgar Dick divorziarono nel 1933, nel periodo più tragico della Grande depressione, e Philip fu affidato alla madre. Furono senza dubbio anni difficili, che lasciarono una cicatrice, e Philip K. Dick manifestò chiaramente una sensibilità estrema sia per la morte della sorella Jane sia riguardo alla madre, tanto che, ancora alla fine degli anni Settanta, scrisse nei suoi appunti: “mia sorella è tutto per me”. Ancora Sutin ipotizza che Dick abbia subito molestie sessuali da un vicino durante l’infanzia, o che durante la giovinezza avesse manifestato una tendenza all’omosessualità, visto che alcuni dei suoi migliori amici erano gay, ma quel che è certo è che tutta la sua opera è pervasa da un’attenzione profonda verso le difficoltà della coppia, la solitudine, la diversità, il sentirsi inadeguati alle situazioni e ai  sentimenti. Anche quando le sue storie esplodono, infrangendo i canoni della stessa fantascienza, mettendo in gioco la natura e la stabilità della realtà oggettiva, del tessuto condiviso dello spazio-tempo, molti dei suoi protagonisti non sono eroi, non sono violenti, hanno sogni modesti, quasi infantili, sembrano non comprendere il ruolo di primo piano che improvvisamente sono costretti ad affrontare. Senza ricorrere a interpretazioni psicoanalitiche troppo complesse, sembra più calzante vedere descritte nell’opera di Dick l’inquietudine e l’inadeguatezza dell’individuo che, dopo il conflitto mondiale, si ritrova nel vortice del mondo consumista, coglie il palesarsi di comportamenti illiberali proprio nella nazione che vorrebbe rappresentare l’ideale planetario della libertà stessa, teme l’autodistruzione, assiste inerme al consolidarsi di un mondo in cui l’ipertrofia dei media pone problemi d’identità e di ruolo all’uomo postmoderno.

Nel 1935 la madre abbandonò la California per accettare un lavoro statale a Washington D.C. Dick ricorderà in maniera estremamente negativa il periodo trascorso sulla East Coast, in cui cambiò diverse scuole e governanti, e spesso si sentì solo. Durante i suoi anni presso la John Eaton School un insegnante notò che l’alunno dimostrava “interesse e capacità nel raccontare storie”, nonostante il suo profitto risultasse sostanzialmente mediocre. Nel 1938 Dorothy ritornò in California e si stabilì a Berkeley con il figlio. I suoi studi ripartirono dalla Hillside School, dove frequentò la quarta elementare; poi si trasferì alla Oxford School, un’istituzione pubblica. I voti migliorarono e le schede scolastiche si fecero ricche di elogi, descrivendo un alunno brillante anche se spesso assente a causa di frequenti crisi d’asma e di tachicardia parossistica.

Il primo vero racconto scritto da Philip fu un breve testo di fantascienza andato perduto. Si trattava di un componimento scolastico scritto alle scuole superiori, probabilmente confluito poi nel primo di un gruppo di racconti dei quali è sopravvissuto solo Stabilità. Scritto nel 1947, Stabilità fu recuperato dall’autore in occasione della pubblicazione di Tutti i racconti, l’edizione completa delle sue opere brevi. Si tratta di un racconto d’impostazione sociologica, per certi verso ingenuo, che però dimostra l’attenzione del giovane Dick, allora  diciannovenne, per i temi di natura politica. In un XXV secolo dove le piante sono estinte e, incredibilmente, la burocrazia planetaria pigia sui tasti delle macchine da scrivere e scheda i cittadini su supporti cartacei, la stabilità sociale è garantita da un apparato statale che controlla le invenzioni e impedisce lo sviluppo di quelle che possiedono un potenziale destabilizzante dal punto di vista politico o tecnologico. In precedenza il giovane Philip aveva collaborato con alcuni giornali scolastici e nel 1943 pubblicò in autonomia una propria rivista intitolata “The Truth”, “giornale democratico, dai principi democratici”. Durante le scuole medie fu attivo collaboratore dello spazio riservato ai giovani autori sulla “Berkeley Gazette”, dove furono ospitate alcune sue poesie e brevi racconti. The Slave Race è l’unica composizione di fantascienza, una profetica storia di androidi ribelli.

Emmanuel Carrère, nella sua biografia molto immaginativa, dedica grande attenzione all’adolescenza di Dick, anche se non sono molto chiare le fonti che ha utilizzato per ritagliare un quadro psicologico così preciso. In ogni caso quegli anni furono caratterizzati da un rapporto molto intenso con la madre Dorothy, descritta come “femminista, pacifista, innamorata della cultura e delle idee avanzate”, e probabilmente anche da lunghi periodi di solitudine, che svilupparono nel giovane Philip capacità introspettive che non l’avrebbero mai abbandonato. Quo Vadis? e Winnie the Pooh sono state certamente tra le prime letture, e forse qualche traccia del romanzo di Henryk Sienkiewicz, premio Nobel per la letteratura, può essere vista nella sua idea ingenua di cristianesimo, che Dick rielaborò fino alla morte. La sua passione per la musica classica nasce anch’essa durante l’infanzia e, nonostante abbia vissuto la maggior parte della sua vita sulla West Coast, sembra che egli sia stato abbastanza indifferente alla cultura musicale a lui contemporanea che ha rivoluzionato l’intero pianeta. Solo Linda Ronstadt, una cantante country-rock che aveva iniziato la sua carriera con gli Stone Poneys, sembra avere riscosso il suo incondizionato interesse. A dodici anni lesse la sua prima rivista di fantascienza, un numero imprecisato di “Stirring Science Stories”, e in quegli anni iniziò a collezionare riviste pulp, periodici sensazionalisti di ufologia e pseudoscienza, il “National Geographic” e “Life”. Nel 1966, in un’intervista, Dick dichiarò di tenere moltissimo ai propri pulps e di possedere una raccolta completa di “Astounding” protetta da un costosissimo mobile antincendio. Riferendosi alle proprie raccolte dichiarò: “dopo mia moglie e mia figlia sono la cosa più importante che possiedo”.

Carrère afferma che Dorothy, nell’epoca della diffusione commerciale degli psicofarmaci,

fu tra i pionieri di quell’eldorado chimico, e provò la torazina, il valium, il tofranil, il librium man mano che arrivavano sul mercato (Carrère 1993, p. 14).

Sembra che il giovane Philip fosse molto competente sugli effetti di queste medicine perché la madre non mancava di descrivergli le sensazioni che provava ma, a quattordici anni, accadde un episodio fondamentale nella formazione del suo carattere: l’incontro con la psichiatria. A causa di una presunta apatia durante le lezioni scolastiche e del manifestarsi di alcune crisi d’ansia, iniziò una serie di sedute dallo psichiatra. Questa esperienza comportò che Dick, fin da giovane, iniziasse a conoscere le patologie psichiche e le diverse impostazioni terapeutiche. In particolare influì certamente sulla sua cultura e sulla sua visione del mondo la serie di sedute che ebbe con uno psicoanalista di scuola junghiana. Durante queste sedute Dick iniziò a costruire e rafforzare la storia della sorella Jane e a raccontare di questa immaginaria compagna di giochi con i capelli e gli occhi neri, molto spigliata e coraggiosa. Lui, invece, era un ragazzo grasso e impacciato, miope, con problemi di relazione e attacchi di vertigini e agorafobia.

Prima un’esperienza in collegio presso la Preparatory School a Ojai, nel sud della California, poi l’iscrizione alla Berkeley High School lo portarono a maturare insofferenza, e talvolta odio, verso le istituzioni scolastiche. Gli anni di gioventù furono particolarmente intensi. Immerso nell’atmosfera liberal di Berkeley, Phil trovò lavoro come commesso in due negozi di dischi, University Radio e Art Music, un’esperienza che tornerà in tutta la sua vita letteraria e ispirerà personaggi e situazioni in romanzi come Cronache del dopobomba e In questo piccolo mondo. Il suo primo incarico consisteva nell’aprire gli imballaggi dei dischi e riporli correttamente negli espositori. I negozi vendevano radio, giradischi, dischi, e anche i primi televisori; fatto importantissimo, eseguivano in laboratorio le riparazioni dei dispositivi guasti. In molti dei futuri romanzi di Dick ricorreranno figure di riparatori, artigiani, artisti dalla vocazione manuale, come ceramisti o creatori di gioielli, persone semplici che, grazie alla loro capacità di far funzionare, dare forma, ideare, sono elementi chiave della vita e dei sentimenti. In questi anni Dick abbandonò la casa di sua madre e si trasferì in un appartamento abitato da studenti. Immerso in un clima molto vivace, in cui convivevano influenze accademiche e controculturali, abbandonò temporaneamente la fantascienza per dedicarsi alla lettura di autori classici come James Joyce e Franz Kafka, e a “rinnegati” come Ezra Pound. Nonostante questi interessi, la vita universitaria lo deluse. Si iscrisse a corsi di storia, filosofia e zoologia, ma si ritrovò costretto a frequentare l’addestramento militare obbligatorio del programma Rotc (Reserve Officer Training Corps). Frequentò lezioni sulla filosofia di David Hume e sulla lingua e letteratura tedesca, ma la frequentazione dei Rotc alimentò la sua opposizione alla vita militare e la critica verso l’intervento statunitense in Corea, fino a scegliere di abbandonare gli studi.

All’età di diciannove anni Dick si sposò con Jeannette Marlin; un rapporto breve e deludente, che gli consentì però di affacciarsi alla vita sociale con maggiore maturità e di abbandonare una serie di paure adolescenziali che lo affliggevano. Quel matrimonio inaugurò la lunga e contrastata serie di rapporti sentimentali che caratterizzerà tutta la sua vita. Nel 1949 conobbe la sua seconda moglie, Kleo Apostolides, con la quale convisse per otto anni e che fu al suo fianco durante il delicato momento in cui abbandonò il lavoro di commesso per intraprendere la carriera di scrittore. Kleo era una donna, secondo il commento di Carrère, eccezionalmente equilibrata per i futuri standard dickiani. In quel periodo fu fondamentale l’incontro con Anthony Boucher, scrittore professionista di narrativa popolare (polizieschi e fantascienza) e direttore di “The Magazine of Fantasy and Science Fiction”, che stimolò Dick a riprendere la scrittura della fantascienza, corresse i suoi racconti e lo aiutò a pubblicarli. Infatti l’ambiente intellettuale di Berkeley derideva la fantascienza:

solo i freak leggevano fantascienza – tanto ignoranti sui classici quanto i letterati lo erano su Robert Heinlein (Sutin 1990, p. 78),

e i tentativi letterari su cui Dick ripose maggiori speranze erano sostanzialmente opere mainstream.

Per vedere il proprio nome stampato su una rivista pulp Dick dovette attendere il 1952, quando sul numero di luglio “Planet Stories” riuscì a pubblicare Ora tocca al wub, un racconto semplice e tipico di quel periodo, ironico e basato sul capovolgimento di prospettiva, che forse richiamava Jonathan Swift come molta fantascienza dell’epoca, ma che letto cinquant’anni dopo possiede quell’ineffabile segno dickiano destinato a firmare tutte le sue opere. Il pianeta Marte è abitabile e popolato da strane creature, esseri poco credibili che violano ogni regola astronomica e di semplice verosimiglianza, buffi ma dotati di grande empatia. Spesso le creature dickiane competono con gli uomini in termini di conoscenza e di etica, mettendo a nudo il superficiale risultato interiore di un’evoluzione biologica forse troppo rapida. Le storie di Dick ribollono di significati religiosi più o meno espliciti e trovano nei segreti del Sistema solare e del cosmo il contesto per elaborare potenti metafore. Non si può escludere che il problema razziale che gli Stati Uniti stavano vivendo, anche se la California era probabilmente uno degli stati dell’Unione in cui il sistema segregazionista era più tollerabile, abbia influito sulla trama del racconto.

Ruug, un racconto scritto nel 1951 e pubblicato nel 1953 su “The Magazine of Fantasy and Science Fiction”, è la storia di un cane da guardia che capisce che gli spazzini addetti a ritirare i rifiuti in realtà sono alieni e si nutrono con gli scarti degli umani. A proposito del racconto, Dick scrisse:

cominciai a sviluppare l’idea che ogni creatura viva in un mondo leggermente diverso dai mondi di tutte le altre creature” (Tutti i racconti, vol. 1, p. 484).

Quest’idea andò ampliandosi fino alla descrizione di universi solipsistici e a un progressivo indebolimento del concetto di realtà condivisa. Oltre alle frequenti incursioni nella cultura orientale, Dick era un lettore di testi filosofici e religiosi, e i problemi connessi alla percezione del mondo gli erano noti ma, quasi a volersi misurare con la concezione pragmatista diffusa nel suo ambiente, anche la sua prima fantascienza si poneva come aperta contestazione di una visione del mondo unilaterale e totalizzante. Dick, dopo aver venduto Ruug per settantacinque dollari, decise di licenziarsi da Art Music e di iniziare la carriera di scrittore professionista.
I suoi primi racconti sono molto vari e riflettono l’evidente esigenza di guadagnarsi da vivere. Si trovano anche alcune storie fantasy, un genere che gli diventerà rapidamente estraneo, fra cui Il re degli elfi e Minibattaglia, una storia di giocattoli senzienti che ha molto in comune con il film degli anni Novanta Toy Story ma che si inserisce anche nel filone della fiaba classica.

Un uomo a rischio, apparso su “The Magazine of Fantasy and Science Fiction” nel 1953, può ricordare A Bug’s Life, un altro film d’animazione dello stesso periodo. In  questo geniale racconto gli uomini hanno scordato di essere giunti da un altro pianeta e ignorano l’atavica guerra tra insetti e ragni, le specie intelligenti che occupavano il pianeta prima di loro. Oltre a un’atmosfera decisamente horror, Dick mostra di padroneggiare già i cliché della narrativa popolare che da lì a poco inizierà a personalizzare fino a farli evolvere nei meccanismi
che lo renderanno famoso. Il racconto di fantascienza ha in comune con il mystery e il thriller l’utilizzo della suspense. L’avvenimento descritto nel racconto è lo strumento letterario per svelare un mistero, per comunicare al lettore che lui stesso, come il protagonista della storia, presume di conoscere il mondo che lo circonda ma, in realtà, vive in un’illusione.
I suoi primi racconti, come molta fantascienza dell’epoca, giocano su questi capovolgimenti prospettici, di solito fini a se stessi, ma nella sensibilità di Dick, in quegli anni, si miscela qualcosa di grandioso, un incrocio fra i temi innovativi della fantascienza, le sue irregolari conoscenze filosofiche, la passione per la cultura orientale, una personale predisposizione alla paranoia e il clima progressista di Berkeley. In particolare sembra che Dick riconoscesse che alcuni aspetti del proprio comportamento erano vicini ad atteggiamenti paranoici; ripensando al periodo in cui scrisse Un uomo a rischio, annotò:

L’idea mi venne il giorno che una mosca mi sfiorò, ronzando, la testa, e io ebbi l’impressione (paranoia pura!) che ridesse di me (Tutti i racconti, vol. 1, p. 486).

Il racconto Colonia (1953) ne è un ulteriore esempio. Dick scrive a questo proposito:

L’apoteosi della paranoia non è quando tutti sono contro di te, ma quando tutto è contro di te. Non Il mio capo sta complottando ai miei danni, ma Il telefono del mio capo sta complottando ai miei danni. A volte gli oggetti sembrano possedere una volontà loro anche per una mente normale […] In questo racconto ho cercato di immaginare una situazione capace di spiegare in maniera razionale il bieco complotto degli oggetti contro gli esseri umani, senza allusioni a malattie mentali degli umani. Immagino che per arrivare a tanto si debba andare su un altro pianeta (Tutti i racconti, vol. 1, p. 486).

Anche il racconto I difensori della Terra (1953) presenta un elevato numero di spunti simili. L’idea che una guerra possa essere un evento completamente simulato è paradossale ma per certi versi profetica. Oggi guerre reali e simulate sono all’ordine del giorno, e il ruolo delle macchine all’interno dei meccanismi mediatici è rilevante; non trascorre giorno in cui non si scopra che un determinato filmato è in realtà falso, che le guerre vengono dichiarate sulla base di dossier manipolati, e che migliaia di persone innocenti dei paesi del terzo mondo perdono la vita per colpa di speculazioni strategiche occidentali. Il racconto si conclude con l’utopica alleanza di uno sparuto gruppo di statunitensi e sovietici che progettano nuove sfide molto differenti rispetto all’antagonismo della Guerra fredda: la conquista dello spazio, il significato della vita, l’eliminazione della fame e della povertà.

È interessante notare come questo racconto, pubblicato nel gennaio del 1953, sia di poco antecedente alla morte di Stalin e al breve periodo che coincide con la “politica della distensione” di Chruscëv. In quegli anni nella società statunitense si confrontavano, anche con grande asprezza, la strategia sostenuta dal presidente Truman, che optava per una soluzione negoziata della guerra in Corea, e la teoria del generale MacArthur, che propugnava invece una grande guerra terrestre contro la Cina, e in generale contro il blocco comunista, anche utilizzando l’armamento nucleare. Le trattative sulla questione del 38° parallelo si conclusero il 26 luglio del 1953, e il successivo periodo di distensione durò
fino alla crisi di Berlino del 1958 e alla crisi di Cuba del 1961. Philip Dick, a differenza di molti scrittori di quel periodo, lavorava sull’immaginario della Guerra fredda in maniera molto critica e personale.

In quegli anni la fantascienza produceva una serie di testi di estremo interesse, fra i quali spicca Gli invasati di Jack Finney (da cui il regista Don Siegel trasse L’invasione degli ultracorpi) in cui l’invasione aliena era una metafora evidente del pericolo comunista. Questa invasione, grazie a un’efficace propaganda e allo sviluppo dei concetti di dominio totale che erano stati sperimentati in Europa nel periodo tra le due guerre mondiali, non era solo militare ma soprattutto economica, culturale ed etica. Il totalitarismo aveva ormai definito modelli radicali, come quelli metaforizzati in 1984 da George Orwell, e pretendeva una fedeltà che partisse dal profondo dell’individuo. Così molti alieni, nella fantascienza, sono capaci di entrare nella mente degli uomini e renderli schiavi, annullandone la personalità e i sentimenti. Questi segni sono evidenti conseguenze dell’isolazionismo statunitense entrato in crisi con il coinvolgimento nella Guerra mondiale e attraverso il contatto culturale con popolazioni “aliene” come i tedeschi, i giapponesi e i sovietici: individui capaci di sacrifici estremi, come era accaduto sul fronte del Pacifico, o di orrori inimmaginabili, come nel caso dell’Olocausto. Non è un caso che fra gli alieni all’attacco della felice società statunitense, così orgogliosa delle proprie contraddizioni (dall’utopia puritana al perbenismo sudista, passando per il mito del rapporto con la natura incontaminata), ci siano anche gli insetti, immagine deformata dell’organismo collettivo e gerarchico del socialismo totalitario. Dick metabolizza questa nuova grammatica dell’immaginazione e interpreta la schizofrenia vissuta dagli Stati Uniti in quel periodo, ovvero la contraddizione fra il grande pericolo latente e una vita quotidiana che si sviluppa quasi con indifferenza, felice delle nuove merci e di una american way of life che sta trasformando la nazione. La gioia del consumo non è comunque un modello capace di diffondersi in maniera indolore; Dick non segue ciecamente tale modello ma lo filtra attraverso una propria visione critica, progressista.

Una lettura attenta dei suoi primi dieci anni da scrittore permette di rilevare sia la presenza della paranoia per il pericolo esterno sia la comprensione dell’involuzione della democrazia in atto negli Stati Uniti. Se si pensa al cinema di fantascienza di quegli anni, si può affermare che Dick è stato capace di apprendere tutta la cultura statunitense rappresentata in un film come L’invasione degli ultracorpi, ma che parimenti ha assimilato in pieno la lezione di un capolavoro pacifista come Ultimatum
alla Terra di Robert Wise. Sotto questo aspetto la sua opera non è contraddittoria, anzi assume una forte coerenza rispetto alla cultura radical destinata a esplodere negli anni Sessanta, capace di comprendere che la risposta alle società aliene di oltrecortina non può essere l’alienizzazione della società occidentale. Per tutta la sua vita Dick cercherà, attraverso le proprie opere, una soluzione utopica a questo problema. Capire la grande sensibilità di Dick significa calarsi nella cultura degli anni Cinquanta, così vicina alla Seconda guerra mondiale, proiettata all’improvviso in un progetto di conquista dell’egemonia mondiale ma ancora legata alla grande crisi economica e ai violenti conflitti sociali degli anni Trenta. Ancora nell’aprile del 1941, a Crummies Creek, nel distretto carbonifero del Kentucky, ci furono scontri armati tra scioperanti e mercenari pagati dalle aziende minerarie, e nella classe operaia statunitense era viva l’anima di sindacati internazionalisti e rivoluzionari come quelli dell’Industrial Workers of the World (Iww) con i suoi wooblies.

Con il coinvolgimento nella Seconda guerra mondiale e il successivo operato della Commissione McCarthy, le componenti libertarie e rivoluzionarie del sindacato statunitense furono scientificamente annientate. Per tutto l’infausto periodo in cui imperversò il maccartismo, membri della Commissione e spie si accanirono contro un immaginario nemico interno, qualcuno che in apparenza fosse un buon americano ma che era capace di dissimulare alla perfezione la sua appartenenza all’occulto disegno comunista. Nel giugno del 1953 appare su “Astounding Science Fiction” un racconto molto importante per la carriera letteraria di Philip Dick, Impostore. Molti elementi del racconto rimandano alla situazione politica nazionale, dalla evidente militarizzazione della società alla reazione dei corpi speciali, che vorrebbero sottoporre il protagonista a un’esecuzione sommaria, fino al ruolo della stampa per cui “i distributori automatici di notizie alterano le informazioni per far sembrare che gli invasori spaziali ci siano proprio addosso”. Anche il racconto Previdenza presenta una serie di riflessioni implicitamente politiche.

“La polizia ha un potere pressoché illimitato; adesso sta insegnando ai bambini a fare le spie.”

Si tratta di un evidente riferimento ad alcuni episodi di cronaca, successivamente ridimensionati, secondo i quali in Unione Sovietica, durante lo stalinismo, alcuni bambini erano
stati usati come testimoni nei processi politici, o, addirittura, alcuni figli avevano denunciato i genitori per attività sovversive. Dunque la peggiore visione propagandistica dell’Unione Sovietica si adattava agli Stati Uniti del prossimo futuro. Del resto, prosegue Dick,

le leggi non proteggevano più il singolo, ma la proprietà e l’industria; i poliziotti potevano mettere le mani su chiunque, ma non potevano entrare in un’azienda.

Anche il racconto L’uomo variabile è un’evidente dimostrazione di come Philip Dick stesse rielaborando i temi della politica internazionale. Nella storia una fazione militarista tenta di utilizzare la guerra per imporre una dittatura, ed è interessante notare che il terrestre che riporterà la democrazia sulla Terra è uno scienziato polacco di nome Sherikov, che lavora in una base sotterranea nella regione degli Urali. Ancora una volta Dick dichiara esplicitamente che non intende uniformarsi ai cliché della propaganda più superficiale e descrivere le popolazioni dell’Est europeo come incarnazioni dell’Impero del male, ma piuttosto è convinto dell’importanza di un superamento della politica dei blocchi e della necessità di evolversi in un governo mondiale. Alla fine del 1954 Philip Dick aveva pubblicato ben sessanta racconti e, nel 1955, la casa editrice inglese Rich & Cowan raccolse quindici delle sue storie in A Handful of Darkness, la sua prima antologia personale; nel 1957 la statunitense Ace Books diede alle stampe la raccolta intitolata L’uomo variabile. Nel 1956 venne pubblicato il suo primo romanzo, Solar Lottery, tradotto in italiano come Lotteria dello spazio. Non si trattava però del primo romanzo scritto da Philip Dick. Il primato spetterebbe infatti a Return to Lilliput, un’opera andata perduta che si ispirava a Jonathan Swift, composta tra il 1940 e il 1941 (quindi scritta a soli dodici anni).

Poi, tra il 1948 e il 1950, è la volta di The Earthshaker, che era probabilmente una sorta di precursore di Cronache del dopobomba ed è anch’esso andato perduto. Non è certo che si tratti di opere realmente concluse, molto probabilmente ne vennero scritti solo alcuni capitoli; ma, tra il 1949 e il 1950, Dick arriva a scrivere Gather Yourselves Together, un romanzo di quasi cinquecento pagine. Pubblicato postumo nel 1984, affronta un problema scottante per la politica estera statunitense, la presa del potere di Mao Tse-tung in Cina. Con la sconfitta del Giappone, gli Stati Uniti tentarono di favorire in Cina un governo di coalizione comprendente i comunisti e i nazionalisti di Chiang Kai-shek, e di attribuirgli un ruolo forte, tanto da concedere loro uno dei cinque seggi permanenti nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Alla fine del 1945 il presidente Truman inviò in Cina il generale Marshall, ma gli eventi precipitarono e scoppiò la Guerra civile. Gli Stati Uniti non intervennero militarmente nel conflitto, forse convinti che, alla fine, Chiang Kai-shek avrebbe ripreso il controllo della situazione militare, ma all’inizio del 1949 i comunisti occuparono Pechino e Tiensin e in aprile attraversarono lo Yangtze diretti a Shangai. La conseguenza politica fu la nascita della Cina popolare. In quel periodo tra Cina e Stati Uniti esisteva un legame molto forte dal punto di vista culturale ed economico, ed erano in molti a ritenere che questa nazione si stesse avviando verso la democrazia e il cristianesimo. Il 24 giugno 1950 l’esercito nordcoreano lanciò un’offensiva molto violenta oltre il 38° parallelo, contro la Corea del Sud. A differenza del caso cinese, Truman ordinò al generale MacArthur di appoggiare i sudcoreani con la marina e l’aviazione e, dopo pochi giorni, autorizzò l’impiego delle truppe di terra. Si trattò per gli Stati Uniti di una crisi  costituzionale molto aspra, perché il presidente inviò le truppe senza consultare il Congresso, e anche perché solo un anno prima, nell’agosto del 1949, era esplosa la prima bomba atomica sovietica.

È di estremo interesse notare come in Gather Yourselves Together Dick voglia descrivere la contemporaneità e connotare la propria scrittura con estremo realismo. Il romanzo è ambientato nella Cina maoista, nel momento in cui le truppe rivoluzionarie avanzano e conquistano il paese. Tre dipendenti di un’azienda statunitense nazionalizzata, Verne, Carl e Barbara, aspettano l’arrivo dei soldati, e durante l’attesa emerge una situazione sentimentale molto complessa. Attraverso una serie di flashback, la trascorsa storia d’amore tra Verne e Barbara si ripropone sterilmente, e allora Barbara si rivolge a Carl, seducendolo come lei era stata sedotta da Verne. Sin dal suo primo romanzo Dick fa emergere alcuni elementi che diventeranno una caratteristica costante della sua scrittura. Innanzitutto ha bisogno di ampliare il punto di vista, di sfaccettare la vicenda attraverso il carattere e i sentimenti di più protagonisti, come se tentasse di reagire alla complessità degli uomini e del mondo accumulando sensazioni di personalità differenti. In mancanza di una visione totalizzante, tipica di un protagonista egemone, Dick sceglie di distribuire il punto di vista in modo multifocale, attribuendolo di volta in volta a persone differenti per sesso, razza, sensibilità, livelli di fragilità. Proprio l’elemento della fragilità caratterizza da subito gli uomini e le donne dei suoi romanzi. Si tratta di insicurezza, insoddisfazione, debolezza, incomprensione, mancanza di empatia, infedeltà, depressione, precarietà economica: tutti elementi diffusi nella società statunitense, costretta a misurarsi quotidianamente con questi drammi familiari e sentimentali, di cui Tennessee Williams elaborò una delle rappresentazioni più icastiche e radicali. Questo male di vivere è un elemento costante in tutta la narrativa di Dick che, non a caso, rifuggirà gli stereotipi superomistici della fantascienza e della letteratura popolare per rendere il dramma umano più vero, quello che non si evolve in tragedia e, invece, si cronicizza, rendendo le persone incapaci di esprimere compiutamente la propria vita. La fuga da questo grigiore dell’esistenza e degli affetti quotidiani, come vedremo, assumerà nei romanzi di fantascienza straordinarie connotazioni ontologiche.

In Gather Yourselves Together bisogna notare anche la prima apparizione della dark-haired girl, la ragazza dai capelli neri che tanto posto avrà nell’immaginazione dello scrittore. Dal punto di vista politico, invece, il romanzo presenta alcuni aspetti sorprendenti perché paragona i cinesi (atei e comunisti) ai primi cristiani, mentre gli Stati Uniti si trasfigurano
nell’Impero Romano in decadenza. Non si tratta certamente di un’adesione al progetto rivoluzionario in atto, quanto di una rappresentazione del complesso rapporto tra potere e persone semplici. Nel 1952, dopo la pubblicazione di Ora tocca al wub, Dick aveva iniziato un nuovo romanzo mainstream, Voices from the Street, convinto che la fantascienza
sarebbe stata per lui solo un espediente momentaneo. Il giovane Stuart Hadley vive facendo il commesso in un negozio di radio tv a Oakland, in California. Siamo nel 1950, e nonostante la casa, la moglie e il lavoro, egli è profondamente insoddisfatto della propria esistenza. Si sente un ribelle e un artista, e non si accontenta di quello che la vita gli offre; cerca allora una via d’uscita nel sesso, nell’alcol e nel fanatismo religioso, ma senza speranza. Il romanzo raccoglie una serie di personaggi che rappresentano già una base per tutta la futura narrativa di Philip Dick. Stuart Hadley, il protagonista, è il commesso del negozio tv che ritroveremo in altri romanzi: giovane e volitivo, sogna un futuro diverso. Se Dick si immagina scrittore mainstream, Stuart sogna una vita diversa e più eccitante. Il padrone del negozio ricalca la figura di Herb Hollis, il proprietario del negozio University Radio che ha rappresentato per
Dick una figura paterna capace di supplire alla mancanza del genitore. La moglie, Ellen, è una donna modesta e nonostante gli abbia dato un figlio Stuart non trova in lei la persona capace di riempire quel vuoto interiore che percepisce dentro di sé. Sally, la sorella maggiore, rappresenta la gemella Jane, ed è una figura protettiva e comprensiva, carica di affetto
per il fratello minore. Nel suo tumultuoso romanzo di formazione Stuart rivela la propria immaturità subendo il fascino di personaggi forti come Marsha Frazer, direttrice di una rivista fascista, e Theodore Beckheim, un predicatore nero a capo della Society of the Watchmen of Jesus. Quando Stuart esagera nel suo lasciarsi andare viene licenziato e inizia la discesa nelle tenebre. Neppure questo romanzo sarà pubblicato, e a Philip non rimase che continuare a scrivere storie di fantascienza.

Nel 1953, nello stesso periodo in cui concludeva Voices from the Street, Dick iniziò a scrivere uno strano romanzo a metà tra la fantascienza e il fantasy, A Glass of Darkness, il cui titolo riprende una citazione dalla Prima Lettera ai Corinzi di san Paolo in cui è scritto:

ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia,

un concetto che sarà ripreso anche in seguito e darà il titolo a uno dei suoi ultimi grandi romanzi, A Scanner Darkly, apparso in italiano come Un oscuro scrutare. A Glass of Darkness sarà pubblicato dopo qualche anno, nel 1956, e acquisterà un titolo meno evocativo e colto, The Cosmic Puppets, che potrebbe suonare come “marionette cosmiche”…
mentre in Italia appare come La città sostituita. Considerato tra i più brutti romanzi di Dick, La città sostituita ha invece un certo fascino ed è una specie di laboratorio narrativo i cui risultati saranno riutilizzati meglio in romanzi successivi. La piccola cittadina di provincia della Virginia, Millgate, si presenta al protagonista e al lettore esattamente come la californiana Santa Mira di L’invasione degli ultracorpi: una città estranea, popolata da persone che hanno perduto la propria identità, una comunità solo apparentemente normale. Dick riesce a far convergere l’impianto sociologico su una tematica religiosa molto complessa, quella della divinità creatrice e regolatrice della realtà stessa.

Nonostante si trovi solo agli inizi della carriera di scrittore, Dick inserisce già nel suo primo romanzo di fantascienza un elemento fondamentale della propria narrativa, ovvero la consapevolezza che quella che noi percepiamo come realtà altro non è che apparenza. Questo tema non sarà mai una mera riproposizione del classico tema della relatività della percezione ispirato al filosofo George Berkeley, ma una riflessione radicale sulla struttura dello spazio-tempo. L’approccio di Dick è insolitamente materiale e non si limita a svelare che la realtà che crediamo reale invece è fittizia o, come accade nella letteratura di matrice realista, che i rapporti apparenti tra le persone sono solo l’espressione simulata di rapporti occultati ma più veri. In tutta la sua opera Dick presenterà un doppio inganno, quello del tessuto dei rapporti umani e quello relativo alla costituzione fisica della realtà. In parte possiamo rilevare in ciò un radicale influsso shakespeariano ma Dick, non dimentichiamolo, è uno Shakespeare vissuto all’epoca dei lager nazisti, della bomba atomica, della Guerra fredda e della televisione; è uno scrittore che, come James Ballard, ha annusato l’idea che l’intero pianeta sia sul punto di dissolversi nello spazio, e per questo dubita della nostra capacità di comprendere compiutamente il rapporto tra uomo e mondo. Una prospettiva ambigua, che richiama le teorie esposte da David Noble in La religione della tecnologia.

Le radici religiose del moderno fascino della tecnologia  si estendono addietro di mille anni, al momento del formarsi della coscienza occidentale, quando le arti pratiche per la prima volta divennero parte del progetto cristiano di redenzione (Noble 1997, p. 6).

Noble osserva che il cristianesimo si differenzia dalle altre religioni per una “meno nitida” distinzione tra umano e divino. Non dimentichiamo che con la Caduta l’essere umano ha perduto la perfezione edenica e che nel corso del Medioevo inizia a costituirsi un nuovo rapporto tra tecnologia e trascendenza. Nell’Eden l’uomo si trovava in uno stato di perfezione atemporale e la tecnologia era inutile. Si tratta di un argomento importante in La città di Dio di sant’Agostino, perché la perfezione perduta può essere riconquistata solo attraverso la grazia di Dio, ma nel Medioevo si fa strada l’idea che il progredire delle arti e dei mestieri, con il conseguente dominio sulla natura, prima incerto poi sempre più evidente, avvicinassero l’uomo a Dio, da cui, dopo tutto, era stato creato a propria immagine e somiglianza. Giovanni Scoto Eriugena, filosofo carolingio del IX secolo, sostenne, in opposizione a sant’Agostino, che le arti pratiche non appartengono alla umana condizione di peccatore, e quindi alla condanna a vivere nel mondo materiale e a faticare, ma sono la chiave della salvezza, essendo una delle componenti di quella parte dell’uomo fatta a somiglianza di Dio.

Eriugena sosteneva che queste doti tecnologiche, innate nell’uomo, dovessero essere impiegate per il raggiungimento della perfezione; anzi, la coltivazione delle arti pratiche è “un mezzo di salvezza”. Esse infatti ci alleviano dalla fatica, dalla fame e allontanano la morte, conseguenze evidenti del peccato originale. Questo itinerario verso la perfezione, divenuto motore del progresso protestante, si fonde con la tradizione millenarista che attende la fine del mondo e il restaurarsi della condizione di perfezione in un nuovo paradiso terrestre. Se il termine apocalisse individua spesso una sciagura, e quindi è portatore di una carica negativa, in realtà si tratta di un evento straordinario, che riporta l’uomo nella sfera del divino annullando gli effetti della Caduta.

Si fa così strada fra molti pensatori, come il francescano Roger Bacon, l’idea che il progresso tecnologico avrebbe avvicinato l’arrivo dell’apocalisse. Bacon, che nel XIII secolo insegnò alle università di Parigi e Oxford, immaginò carri senza cavalli, navi senza rematori, telescopi, veicoli sottomarini e aeroplani. Non deve quindi stupire se nelle più importanti utopie, come La città del sole di Tommaso Campanella o la stessa Utopia di Thomas More, ogni uomo fosse tenuto a esercitare un mestiere. La conclusione che se ne può trarre è che, se davvero si è realizzata una convergenza culturale tra i percorsi tradizionalmente separati della scienza e della trascendenza, non dovrebbe essere così insolito reperire all’interno della fantascienza materiali capaci di rimandare oltre un millennio di storia umana a questa ipotesi di lettura. La città sostituita si presta a una interpretazione di questo genere, sia per le componenti teologiche esplicite sia per il problema della creazione imperfetta e instabile che sta alla base del romanzo.

Al lato opposto del progetto tecnologico di redenzione troviamo infatti un Dio che ha scordato la propria divinità, si fa persona e vive in un mondo di amnesia, il mondo imperfetto di Millgate. L’imperfezione di questo mondo non sta tanto nel fatto che esso non sia vero, quanto nel fatto che perda consistenza e che contenga al suo interno errori e contraddizioni. Dal punto di vista fisico è già una vittoria dell’entropia, ma un’entropia più dell’informazione che della termodinamica: una serie di segnali trasmessi con piccole imperfezioni. Quasi che Dick avesse anticipatamente intuito le teorie del non equilibrio, i suoi mondi cadono a pezzi piuttosto che disintegrarsi o esplodere.

La lezione di George Berkeley gli consente di dubitare dei propri sensi, almeno finché questi sono come anestetizzati e saturati dalle percezioni tipiche del mondo convenzionale, ma il problema principale consiste nel fatto che le realtà ci sono, esistono, ma non riescono a essere egemoni. La grande curiosità per l’instabilità del mondo, unita al potente immaginario della fantascienza postbellica, costituiscono l’architrave narrativo su cui Dick erige le proprie opere.

Nello stesso 1953 Dick scrisse un racconto destinato a ottenere un discreto successo, Non saremo noi. Come in molte altre storie egli immagina un mondo sopravvissuto alla guerra nucleare, in cui si sono sviluppate creature mutanti che vengono ricercate da un’organizzazione mondiale allo scopo di studiarle e sottoporle a eutanasia; anche la reale vita statunitense, in quell’anno, era scossa da profondi rivolgimenti. Il presidente Truman, conscio della propria caduta di popolarità, che nel momento peggiore era calata fino al 23 per cento, decise di non candidarsi al terzo mandato, nonostante la legge votata dal Senato a maggioranza repubblicana per limitare a due i mandati non si applicasse al presidente in carica. Truman aveva praticamente fallito tutta la sua politica sociale, l’ostruzionismo del Sud aveva affossato la legge sui diritti civili ma, soprattutto, erano dilagate le rivelazioni sulla corruzione dell’amministrazione democratica, un giro d’affari che si estendeva a tutta la nazione.

Inoltre si verificarono grandi scioperi dei minatori e dei metalmeccanici che il governo ebbe difficoltà a contenere. Il quadro internazionale, con il ristagno della guerra in Corea e le tensioni nella Germania divisa, era pessimo, e la nazione si avviava al peggiore periodo di paranoia della sua storia. Quando si scoprì che il fisico inglese Klaus Fucs aveva passato ai sovietici importanti documenti, negli Stati Uniti i coniugi Julius ed Ethel Rosenberg furono arrestati e poi condannati a morte per spionaggio e cospirazione. Il 19 giugno 1953, sulla sedia elettrica del carcere di Sing Sing, si chiudeva una delle pagine più controverse della storia statunitense. Erano gli anni dell’Internal Security Bill, una legge a cui Truman oppose il veto presidenziale perché limitava le libertà civili ma che fu approvata nel 1951. La legge prevedeva l’allontanamento dei comunisti da impianti industriali e di difesa, limitava l’entrata nel territorio statunitense e istituiva campi di concentramento per i comunisti in caso di emergenza. In questo clima sorse la stella del senatore McCarthy. Per Dick il 1952 fu un anno importante perché il candidato repubblicano alla Casa Bianca, il generale Dwight Eisenhower, designò come candidato vicepresidente l’ultraconservatore Richard Nixon. Fino agli ultimi anni della propria vita, anche dopo l’impeachment provocato dal caso Watergate, Nixon rappresenterà per Dick la personificazione del male sulla Terra, tanto che in Radio libera Albemuth, uno dei suoi ultimi romanzi, creerà la figura del tiranno Ferris F. Fremont a immagine dell’odiato ex presidente.

Quando finalmente Dick si trovò tra le mani la copia di Lotteria dello spazio pubblicata nella collana Ace Double, iniziò per lui una lunga carriera di scrittore professionista che lo porterà a scrivere addirittura cinque romanzi in un anno, come accadrà nel 1964. La Ace Double era una collana decisamente popolare che presentava romanzi western, mystery e fantascienza; l’appellativo “double” gli derivava dalla composizione dos-à-dos in cui due romanzi diversi, ognuno con la propria copertina, erano montati al contrario. Il romanzo che accompagnava Lotteria dello spazio era The Big Jump, una storia avventurosa della scrittrice Leigh Brackett. La copertina del romanzo di Dick seguiva i più rigorosi stereotipi della fantascienza dell’epoca; una tavola di Ed Valigursky ritraeva la superficie lunare e un uomo in tuta spaziale intento a scagliare un masso contro una figura rannicchiata sotto di lui. La didascalia “First prize was Earth itself!” richiamava una trama incentrata sulla conquista del potere mondiale. Nonostante questo romanzo giovanile si presenti come un’opera fortemente aderente ai canoni della fantascienza classica, non mancano pagine dedicate a delineare l’idea del mondo e le inquietudini dell’autore. Ted Benteley, il protagonista, si interroga per tutto il libro sul senso della società in cui vive, sulla corruzione dei valori sui quali era stata fondata, su quale contributo possano offrire i giovani per salvare i destini del mondo. Thomas Disch, nel suo saggio Toward the Trascendent: An Introduction to Solar Lottery and Other Works, ha osservato che, in un certo senso, Lotteria dello spazio è il migliore romanzo di Van Vogt. Infatti il libro di Dick presenta molti punti di contatto con Non-A, l’opera forse più complessa di Van Vogt. In entrambi i romanzi il protagonista è un giovane idealista che si presenta a un complesso apparato di selezione statale per essere inserito nei ranghi della burocrazia. L’idea è quella di una società meritocratica e tecnocratica, con un elevato livello di pianificazione e rigidamente divisa in classi.

Molto lontana dalle utopie socialisteggianti che speravano che all’evoluzione delle tecnologie corrispondesse la liberazione dal lavoro, la società elitaria di Dick si rivela subito profondamente corrotta. Dick incontrò Alfred Van Vogt a San Francisco durante la Worldcon che si tenne nella primavera del 1954, un convegno che riuniva appassionati di fantascienza provenienti da ogni parte degli Stati Uniti. L’ospite d’onore era Jack Williamson, ma Philip Dick fu attratto dall’enigmatico Van Vogt; gli rivolse alcune domande relative allo sviluppo della trama, una tradizionale critica alla macchina narrativa vangvogtiana, spesso confusa e inconcludente. Lo scrittore gli rispose:

Ti rivelerò un segreto, i miei finali sono superiori alla comprensione umana.

Certamente Van Vogt ha influenzato pesantemente il primo nucleo della scrittura di Dick, ma non devono passare inosservate alcune somiglianze con lo scrittore di fantascienza Robert Sheckley. Se nel caso di Van Vogt è corretto parlare di ispirazione, in quello di Sheckley, che iniziò a pubblicare racconti nel 1952, mentre la sua prima antologia apparve solo due anni  dopo, nel 1954, si tratta piuttosto di consonanza, della capacità comune di interpretare lo spirito del tempo. In Lotteria dello spazio Dick intuisce come un sistema totalitario non possa che basarsi su strutture piramidali, espressione di una forte coincidenza fra valori economici, sociali e culturali. La contrapposizione tra il mondo supertecnologico di Batavia, la capitale dello stato terrestre, e i quartieri poveri dell’indeterminata città in cui vive Cartwright è radicale.

È come passare dalla fantascienza visionaria in stile Frank Paul, con città e strade sviluppate verso l’alto e i cieli solcati da astronavi, al romanzo americano che descrive la miseria degli stati rurali degli Stati Uniti. Strade polverose, automobili che hanno visto tempi migliori, edifici dalle facciate scrostate, storie di povera gente.

Attorno a lui [Cartwright] si accalcavano ansiose una sconcertante varietà di persone: braccianti messicani silenziosi e spaventati che tenevano strette le loro poche cose, una coppia dal volto tirato che veniva dalla città, un meccanico di motori a jet, un ottico giapponese, una ragazza da divertimento con le labbra rosse, il maturo proprietario di un emporio di tessuti fallito, uno studente di agronomia, un rappresentante di una casa farmaceutica, un cuoco, un’infermiera, un carpentiere (Lotteria dello spazio, p. 39).

Dick descrive la fuga dei prestoniti dalla Terra – dove non si può più vivere in libertà a causa del potere delle corporazioni e dei politici criminali – come un vero e proprio esodo, riprendendo quello spirito puritano dei primi coloni americani che, da un punto di vista familiare ed educativo, neppure gli apparteneva. Il decimo pianeta ipotizzato dalla setta dei prestoniti altro non è che la trasposizione della Nuova Israele cercata dai colonizzatori del New England, cacciati dall’Inghilterra corrotta e anglicana del XVII secolo, per sviluppare la loro comunità nel rispetto dei propri principi etici e religiosi. Giunti in una terra vergine, i coloni prima di sbarcare stabiliscono le regole della loro futura convivenza, firmando quel famoso Patto del Mayflower in cui si ripongono tutti gli elementi di diversità che sfoceranno nella Guerra d’indipendenza.

È noto come i coloni del Mayflower provenissero dall’Olanda, dove erano in esilio, e che, diretti in Virginia, fossero stati spinti a nord, davanti alle coste del Massachusetts; allo stesso modo, navigando nello spazio oltre Plutone, i prestoniti troveranno un pianeta ignoto dove gli emarginati dal sistema sociale potranno vivere in libertà e secondo le proprie regole etiche.

Anche Il disco di fiamma, il libro immaginato da Dick nel romanzo, che è il primo di una serie di libri immaginari che affolleranno le sue opere e che saranno destinati a guidare gli uomini verso incomprensibili obiettivi cosmici, è un equivalente fantascientifico della Bibbia destinato a rafforzare l’ascendenza religiosa integrata nella rilettura del mito di fondazione degli Stati Uniti. L’ultimo capitolo, dedicato allo sbarco sul pianeta promesso, rivela che John Preston, il fondatore del culto, non è che un patetico simulacro, una “formica elettrica” rotta, come tutte le reliquie e le credenze della Società Preston. Lotteria dello spazio sovrabbonda di temi di riflessione proprio perché, nella sua apparente ingenuità, miscela gli spunti che provengono dalla fantascienza di quegli anni con un immaginario personale evidentemente già strutturato. A proposito di quegli anni, Dick scrisse:

Mi sembrava che scrivere racconti per riviste fosse come procedere in discesa: oltre tutto, non ne ricavavo molto. Per un racconto si potevano ricevere 20 dollari, per un romanzo 4000. Decisi, allora, di puntare tutto sul romanzo: scrissi E Jones creò il mondo e Redenzione immorale. Quindi realizzai un romanzo che mi parve costituire un’autentica svolta: L’occhio nel cielo (Dick 1968, pp. 47-48).

Se si cerca di rendere coerenti i ricordi di Philip Dick con le testimonianze di coloro che lo hanno conosciuto non si riesce a ottenere un risultato certo, infatti si intersecano evidenti contraddizioni fra l’amore sviscerato per la fantascienza, le necessità economiche tipiche di uno scrittore professionista e la tensione verso la letteratura e i riconoscimenti ufficiali dell’establishment culturale.

Nel 1954 Phil scrisse E Jones creò il mondo, che verrà pubblicato due anni dopo, riprendendo un tema che era stato sviscerato con grande maturità in Lotteria dello spazio, che si ripresenta in Redenzione immorale e ancora nelle sue opere mature: il potere. Tutti questi romanzi sono ambientati in un dopoguerra che ha pesantemente ristrutturato l’organizzazione degli stati nazionali e ha stabilito diverse forme di egemonia sull’intero pianeta. Come in molti scritti di fantascienza dell’epoca, la realtà della globalizzazione è già evidente, ed era diffusa l’idea che l’ordine uscito dal conflitto mondiale fosse effimero e che una nuova guerra avrebbe definito la supremazia tra i due blocchi. Con grande intuizione, in Lotteria dello spazio Dick descrive il crollo del nostro sistema politico come conseguenza delle instabilità prodotte dal sistema economico basato sul consumismo.

Nella prima metà del Ventesimo Secolo era stato risolto il problema della produzione. In seguito il problema del consumo aveva afflitto la società. Tra il 1950 e il 1960, gigantesche eccedenze di beni di consumo e di produzioni agricole iniziarono ad accumularsi in tutto il mondo occidentale. Per quanto possibile le eccedenze furono ridistribuite, ma questa manovra minacciava di sovvertire il sistema del libero mercato. Nel 1980 il surplus produttivo fu accumulato e distrutto: merci dal valore di miliardi di dollari, settimana dopo settimana, andarono in fumo. Ogni sabato, i cittadini si riunivano sdegnati per osservare l’esercito che gettava benzina su automobili, tostapane, vestiti, arance, caffè e sigarette che nessuno poteva comprare, incendiando tutta questa roba in un’accecante conflagrazione. In ogni città era stato individuato un luogo per bruciare le merci, protetto da una recinzione, un ammasso di rottami e cenere dove venivano sistematicamente distrutti oggetti di buona qualità che non potevano essere acquistati (Lotteria dello spazio, p. 36)

La fantascienza statunitense fu influenzata da Frederick Pohl sia per il racconto Il tunnel sotto il mondo (1955), che descriveva la presa di coscienza di una mente installata nel corpo di un minuscolo robot utilizzato da un’azienda pubblicitaria per sperimentare le reazioni dei cittadini alla diffusione di nuovi prodotti, sia per il romanzo scritto assieme a Cyril Kornbluth, I mercanti dello spazio (1953), in cui assistiamo alla lotta tra due aziende pubblicitarie e alla scoperta di come la radicalizzazione dell’impresa consumistica si basi sulla soppressione dei diritti personali e sulla negazione della libertà.

L’umanità è descritta come una massa manipolabile e drogata in mano alle multinazionali, incapace di esercitare una qualunque azione critica, e l’unica opposizione consiste in un’organizzazione segreta, gli Indietristi, che vagheggiano un utopico ritorno al passato. Si tratta di due opere considerate molto radicali e anticipatrici del ciclo di lotta e contestazione che interesserà gli Stati Uniti negli anni Sessanta; del resto Frederick Pohl era stato politicamente molto impegnato e da giovane era stato iscritto al Partito comunista americano. Secondo alcune voci aveva volontariamente lasciato il partito per protesta contro il patto di non aggressione stipulato tra la Germania nazista e l’Unione Sovietica, mentre altri sostengono che ne fosse stato espulso per la sua appartenenza ai Futurians, un club di appassionati di fantascienza che comprendeva Isaac Asimov, James Blish, Judith Merrill e Cyril Kornbluth; pare che la direzione del partito considerasse la fantascienza un modo per pervertire la gioventù.

I primi romanzi di Dick sono fortemente permeati dall’idea che dalla guerra possa originarsi un’involuzione antidemocratica. E Jones creò il mondo (1956) è una storia di dopoguerra atomico in cui un giovane mutante, Jones, assume la guida di un movimento populista e xenofobo.

Quando aveva nove anni e mezzo, cadde la prima bomba all’idrogeno. Non la prima lanciata nella guerra; sul mondo ne erano piovute a dozzine. Questa era la prima a penetrare la fitta rete di scudi che proteggeva il cuore dell’America, la regione che andava dalle Montagne Rocciose al Mississippi (E Jones creò il mondo, p. 70).

Dalle macerie della guerra rinasce una nuova America che stabilisce criteri di tolleranza estrema, che vietano ogni posizione politica discriminante o critica verso gli altri. Viene quindi imposta una tolleranza di stato, definita relativismo di Hoff, in cui ognuno può affermare di credere nelle cose più strampalate ma è vietato controbattere le idee altrui o fare propaganda a un’idea. Si tratta di un’evidente metafora dei totalitarismi novecenteschi, delle ideologie totali e di massa che avevano disseminato il terrore e la morte nel mondo intero. Di fronte al naufragio di una impostazione razionale della politica e della vita sociale, disciplinata dai partiti nazionalisti e dalla retorica dello scontro di classe, Dick ipotizza uno stato liberale estremista che, come le realizzazioni autoritarie, basa la propria stabilità sull’efficienza di una polizia segreta, la Secpol.

Dick non è lontano dalle tesi che Herbert Marcuse delinea in L’uomo a una dimensione o in La fine dell’utopia. Al di là della sua critica al mondo tecnologico e alla sua capacità intrinseca di controllare meglio le persone, Marcuse introduce l’inquietante ossimoro “tolleranza repressiva”, ovvero la tendenza degli stati occidentali, e degli Stati Uniti in particolare, a concedere libertà solo apparenti e che non intralcino gli interessi dominanti: uno stato organizzato su questi principi ottiene un livello di repressione molto più profondo ed efficace di quelli esplicitamente violenti. Nel romanzo assistiamo alla nascita e all’ascesa di un movimento xenofobo ed estremista che presenta molti fattori di somiglianza con i gruppi della nuova destra europea che, a partire dagli anni Ottanta, hanno fatto la loro fortuna individuando nemici e vagheggiando un ritorno ad arcadiche comunità rurali su base etnica. Tra i superstiti della guerra, lontani dagli agi di una nuova borghesia capace di riprodurre antichi quanto effimeri splendori, si muove una massa popolare violenta che trova proprio nelle prediche visionarie di Jones una speranza di sovvertimento. I nuovi nemici sono gli Erranti, gigantesche amebe unicellulari giunte dallo spazio esterno al Sistema solare che si muovono senza meta apparente nell’atmosfera terrestre. Per Jones, così come era stato per i prestoniti di Lotteria dello spazio, lo spazio esterno attende l’umanità per una nuova sfida ma, a differenza di tanta fantascienza spaziale, la sfida della nuova frontiera che Dick descrive in questi romanzi è diametralmente opposta a questa retorica e sembra coinvolgere i sogni domestici delle persone semplici. Il mondo di Redenzione immorale è sopravvissuto a una guerra mondiale. L’isola di Hokkaido era stata “bombardata e bagnata e curata e infestata con tutte le specie di sostanze tossiche e letali”: Dick continua a esplorare le possibili involuzioni di una società che rinasce dalla guerra.

La svolta autoritaria questa volta si chiama Remo, Redenzione Morale, un’utopia che immediatamente rivela l’altra faccia dell’organizzazione sociale, ovvero la negazione dell’individualità e delle libertà personali. Se l’etica protestante dilaga in tutto il mondo fino a disegnare una struttura che arriva al controllo diretto delle persona, i diritti della comunità costituiranno una potente macchina oppressiva. I motivi storici che portano Dick a lavorare sulla Remo sono gli stessi che stanno alla base del relativismo di Hoff. Il nazismo farà straordinarie apparizioni nella narrativa dickiana, creando la base del suo capolavoro, L’uomo nell’alto castello, ma in questi romanzi è ancora una presenza implicita, di natura più politica che storica: Dick avanza l’idea che dal terrore del ritorno della follia nazista possa scaturire un ulteriore stato totalitario, imposto attraverso l’inganno dalle gerarchie militari occidentali. L’inizio di Redenzione immorale ricorda alcune pagine drammatiche di Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt che spiegano i motivi della sconcertante alleanza tra plebe ed élite e della “curiosa coincidenza delle loro aspirazioni”.

Se il protagonista del romanzo, Allen Purcell, è un giovane imprenditore dei media, è interessante osservare come siano ribaltati i ruoli sociali convenzionali rispetto a Miss Birmingham, la funzionaria del Comitato dei cittadini a cui è affidata la vigilanza del suo alloggio. Si tratta di un incrocio tra la portinaia e una spia, capace di esercitare un potere occulto e letale attraverso la delazione. Alla riunione settimanale del condominio, Allan Purcell e sua moglie trovano schierate su una pedana un gruppo di signore di mezza età che indossano abiti di seta a fiori; l’atmosfera è pesante e persecutoria. Dick scrive che in quella stanza gli affari di una persona diventavano gli affari di tutti. Ad aiutare l’opera di controllo delle funzionarie del Comitato, esistono degli apparecchi chiamati juveniles, piccoli robot metallici capaci di spostarsi velocemente e che sono in grado di riferire quello che vedono e sentono. La consultazione di questi robot consente di rendere scientifico e asettico il sistema di delazione. Al vaglio delle guardiane del pubblico pudore passano una condomina adultera, un’altra che ha nominato il nome di Dio invano, l’ubriachezza e il turpiloquio di Allen Purcell. Le pagine di Dick sono una versione grottesca di 1984, l’opera di George Orwell che immagina un mondo impegnato in una guerra senza fine e dilaniato da una tirannide capace di controllare ogni azione individuale. In quel caso una rete di monitor spiava ogni giorno i membri della burocrazia per cogliere i segni dell’insubordinazione, in Redenzione immorale si mescolano l’immaginario della fantascienza, con le sue macchinette e il gusto per il paradossale, e i racconti dell’articolazione capillare del potere staliniano e di quello nazista.

Questa struttura è come una gigantesca camera di tortura, in cui ognuno spia gli altri, cercando di coglierli in fallo, cercando di abbatterli. La caccia alle streghe. La paura e la censura, e i libri messi al bando. I bambini non devono sentire parlare del male. La Remo è stata inventata da menti malate, e crea menti ancora più malate (Redenzione immorale, cap. 16)

Il 9 marzo 1954 viene trasmessa dagli studi della Cbs la puntata di See It Now curata dal giornalista Edward R. Murrow (su cui si basa il recente film di George Clooney Good Night, and Good Luck) che segna l’inizio del declino del maccartismo; mentre Dick stava scrivendo il romanzo, il senatore McCarthy aveva iniziato la sua parabola discendente e si assisteva a una generalizzata presa di coraggio degli intellettuali dopo il periodo denominato successivamente “witch hunt, caccia alle streghe. È difficile non attribuire alcuni capitoli di Dick a una lettura diretta della cronaca statunitense e al ricordo di una campagna di persecuzione che aveva coinvolto tutta la nazione fino ad arrivare al presidente Eisenhower. Non sarà sfuggita al giovane scrittore di Berkeley la schiera di testimoni inattendibili e di documenti falsi o strumentalizzati che avevano caratterizzato le sedute della Commissione. Inoltre uno scrittore vicino di casa di Dick e di Kleo, Jacquin Sanders, aveva assistito ai lavori della Commissione. Un reale rapporto con gli apparati che si occupavano delle attività antiamericane si era comunque realizzato concretamente nel 1953, quando gli agenti dell’Fbi George Smith e George Scruggs bussarono alla sua porta. Dick diede una versione estremamente serena delle attenzioni che gli rivolse l’Fbi (racconta che uno degli agenti gli fece lezioni di guida) ma dichiarò di aver rifiutato l’incarico di spiare a pagamento un gruppo di attivisti radicali. Ripensando a quegli anni, Dick dichiarò di non aver mai aderito al Partito comunista, sebbene condividesse la visione marxista del capitalismo. La sua critica alle dinamiche capitaliste, che in quegli anni stavano subendo importanti trasformazioni, si assesterà con il tempo in una concezione del lavoro capace di ricomporre le schizofrenie della divisione fordista, in uno smascheramento dell’immoralità e dell’instabilità psichica intrinseche nell’uomo di potere, nella denuncia dei progetti totalitari, nella paura della polizia e dei servizi segreti, nella diffidenza verso l’ingannevole ruolo dei media.

Quando nel 1955 scrisse L’occhio nel cielo, pubblicato due anni dopo, Dick compì uno sforzo letterario di estremo coraggio, affrontando con chiarezza il tema della repressione anticomunista negli Stati Uniti e riprendendo le sue esperienze di persona che aveva attirato l’attenzione dell’Fbi. Nel romanzo Jack Hamilton viene licenziato dall’azienda in cui lavora perché sua moglie Marsha è sospettata di essere una simpatizzante comunista. Dick sembra essere molto informato sull’universo di sigle e comitati che caratterizzava la sinistra statunitense del dopoguerra, e in particolare cita Henry Agard Wallace tra i politici seguiti dalla moglie di Jack Hamilton. Il caso di Wallace fu tra i più significativi della politica interna degli Stati Uniti, e rappresenta il dinamismo e la lacerazione di una società costantemente attraversata da forti tensioni progressiste. Wallace aveva iniziato la sua carriera come giornalista vicino al Partito repubblicano, ma nel 1928 aderì al Partito democratico, fino a diventare, dal 1941 al 1945, il vicepresidente di Roosevelt. Nel 1946 si dimise dall’incarico di ministro del Commercio del governo Truman perché in disaccordo con il presidente sulla rottura con l’Unione Sovietica.

Lo scontro politico fu talmente aspro che Wallace si presentò come candidato alle elezioni presidenziali del 1948 alla testa del combattivo Progressive Party, ottenendo oltre un milione di voti. Nel romanzo Dick affronta il tema politico con grande abilità, sostenendo la tesi di una sinistra colta e libertaria in opposizione al totalitarismo sovietico e all’autoritarismo statunitense. Alcune persone in visita a un impianto nucleare sono vittime di un incidente e vengono attraversate da un potente fascio di radiazioni. L’effetto di questa straordinaria energia attiva l’inconscio dei personaggi e si crea un’allucinazione collettiva in cui una mente può prendere il sopravvento e imporre agli altri la propria immaginazione, che assume la forma della realtà. L’inconscio di ognuna di queste persone è la rappresentazione delle principali paranoie e nevrosi statunitensi e, in un certo senso, il romanzo precorre il tema della malattia mentale che sarà al centro di Follia per sette clan. Così Jack Hamilton, dopo aver subito il licenziamento sulla base dei sospetti che pesano sulla moglie, dovrà affrontare insieme agli altri l’incubo reazionario e bigotto di un vecchio reduce di guerra, il delirio sessista di una signora perbene, la paranoia horror di una donna e il sogno vendicativo di un poliziotto stalinista che nasconde la propria ideologia. L’occhio nel cielo è il primo romanzo in cui Dick gioca con la realtà e, soprattutto, si interessa della capacità di creare realtà fittizie che paiono autentiche e che sembrano essere in mano a qualcuno, a persone capaci di ristrutturare il mondo dei fenomeni a loro piacimento. Queste persone, nella successiva narrativa dickiana, si incarneranno in inquietanti demiurghi come Palmer Eldritch, Manfred e il focomelico Hoppy Harrington.

La capacità di minacciare la vita sulla Terra ha profonde radici nella fantascienza e del resto, in quel periodo, l’uomo stava dimostrando di poter distruggere l’intero pianeta; e allora perché persone dotate di qualche nuovo potere, magari procurato da qualcosa proveniente da quel mondo difficile da comprendere ma straordinariamente potente che era la radioattività, non potevano agire sulla struttura stessa dello spazio-tempo? Inoltre Albert Einstein e i fisici che proseguirono i suoi studi stavano divulgando descrizioni dell’universo radicalmente differenti da quelle ipotizzate nell’Ottocento. In Lotteria dello spazio e in E Jones creò il mondo le radiazioni sono causa della nascita di telepati e precognitivi. La scoperta della struttura del Dna era appena avvenuta, nel 1953, ma era già chiaro che le radiazioni erano una delle principali cause di mutazione. In quel periodo, nonostante circolasse l’idea di poter costruire individui capaci di adattarsi alla vita su altri pianeti (e Dick introduce mutanti di questo tipo proprio in E Jones creò il mondo), la mutazione spontanea e degenerativa era quella più diffusa e conosciuta. L’occhio nel cielo ebbe un discreto successo, e Dick comunicò ai suoi editor di fiducia, Donald Wollheim della Ace e Anthony Boucher, la sua intenzione di abbandonare la fantascienza per dedicarsi alla letteratura.

Nel periodo che va dalla scrittura di L’occhio nel cielo alla sua pubblicazione Dick aveva scritto un gruppo di romanzi mainstream come Mary e il gigante, A Time for George Stavros, Pilgrim on the Hill, The Broken Bubble, In questo piccolo mondo, Nicholas and the Higs; nessuno di questi fu pubblicato, se non quando, dopo la sua morte, il successo di Dick come scrittore di fantascienza fu tale da creare un interesse anche per queste opere più tradizionali. Mary e il gigante è forse, tra i romanzi non di fantascienza di Dick, uno dei più interessanti; scritto prima del grande successo di Peyton Place, che uscì nel 1956, condivide molti elementi con il best seller di Grace Metalious. Evidentemente nel mondo degli intellettuali e degli scrittori c’era l’esigenza di portare un attacco dissacrante al perbenismo statunitense e alla vita apparentemente pulita della provincia. Il romanzo di Dick si svolge in California, mentre Peyton Place si trova nel New England, ma entrambi raccontano di violenza, sesso, incesto, disillusioni.

L’edizione italiana di Mary e il gigante si basa su quella statunitense del 1987, resa probabilmente più lineare dalle modifiche che Dick aveva apportato al libro negli anni successivi. Nonostante non abbia trovato editori all’epoca della sua stesura, Mary e il gigante è un romanzo tutt’altro che insignificante, anzi nasce il sospetto che sia risultato troppo duro agli editori cui venne presentato a causa dell’aperta promiscuità razziale e sessuale che caratterizza tutta la narrazione. A Time for George Stavros è una storia familiare abbastanza squallida che sarà in parte trasferita in Humpty Dumpty in Oakland. Pilgrim on the Hill è andato perduto; la scheda dell’agente di Dick lo definisce “un altro romanzo pieno di divagazioni, diseguale e assolutamente oscuro”.

The Broken Bubble of Thisbe Holt verrà pubblicato postumo nel 1988: è la storia dell’intreccio tra due coppie, una più anziana e una più giovane; come è tipico dei romanzi mainstream di Dick, la narrazione si basa su adulteri, delusioni e problemi sessuali. In questo piccolo mondo, un lungo romanzo scritto nel 1957, narra la vicenda di Roger Lindahl, proprietario del solito negozio di elettrodomestici e marito di Virginia, una donna volitiva disegnata sul carattere della madre di Dick. Il protagonista è un uomo inquieto, insoddisfatto del proprio lavoro e del rapporto coniugale. Alla ricerca di elementi di novità capaci di vincere il torpore di una vita che ritiene banale, Roger inizia una relazione clandestina con una donna, ma il finale della vicenda è squallido: Roger viene scoperto dalla moglie e abbandona la città. In questo piccolo mondo è forse uno dei migliori romanzi mainstream di Dick, ma contemporaneamente ne rivela i limiti e fa capire perché, nonostante gli sforzi, egli non abbia sfondato nel campo della letteratura. In quel periodo molti scrittori si erano dedicati a ritrarre le delusioni e le frustrazioni della vita nella provincia statunitense, una vita scarsa di stimoli e vissuta nel mito della metropoli.

Inoltre, come osserva Carlo Pagetti, la Seconda guerra mondiale aveva spinto “moltissimi giovani americani fuori dai confini del proprio paese, in Europa e sull’immenso scacchiere del Pacifico” (Pagetti 2003, p. 8), ma, conclusosi il conflitto, la maggior parte di loro era ritornata nella sterminata America rurale, replicando il modello di vita dei propri genitori, in preda a una profonda disillusione. Per i personaggi di questi romanzi, la tragedia della guerra si sovrappone alla delusione dei reduci e alla coscienza che il sacrificio sui fronti sia stato debolmente ripagato. Nel caso di questo romanzo il protagonista non è un ex combattente, ma dal punto di vista generazionale condivide la sensazione di un’occasione perduta e affronta la vita sociale e coniugale dominata da un evidente senso di incompletezza. La fragilità di questi romanzi mainstream di Dick, comunque assestati sulla descrizione della difficoltà di una vita sessuale insoddisfacente, si manifesta nella scelta di personaggi predestinati a subire il mondo che li opprime, incapaci di reagire alla sonnolenza e alla prevedibilità della vita quotidiana. Forse avrebbe giovato allo scrittore immettere elementi forti nei propri personaggi e giocare la carta del conflitto con l’ambiente, rendendo più radicale la concezione drammatica. Invece, in tutti i suoi romanzi mainstream il protagonista subisce passivamente la situazione e il luogo in cui si trova, introducendo solo modesti cambiamenti di relazione e, in definitiva, arrendendosi all’incantesimo ipnotico della società in cui vive.

In L’occhio nel cielo Jack Hamilton, il protagonista, lotta con tutte le sue forze e arriva a uccidere per uscire dai mondi proiettati dalle menti degli altri personaggi, mentre in Redenzione immorale Allen Purcell compie atti di teppismo e ribellione; nei romanzi della vena realista osserviamo invece una sostanziale accettazione delle regole sociali, e le trasgressioni dei personaggi non sono nulla più di un normale processo di maturazione sentimentale. Nicholas and the Higs è andato perduto, ed è rimasta solo qualche nota scritta da Dick all’interno di una lettera in cui lo definisce “mezzo normale e mezzo di fantascienza”. In una società futura in cui il denaro è stato sostituito da bollini e tutta l’umanità è impegnata in incessanti viaggi automobilistici, un vecchio meccanico ha bisogno di un trapianto di fegato e la comunità in cui vive si mobilita per cercare uno pseudo-organo e salvarlo. I primi mesi del 1958 rappresentano per Dick il culmine di un periodo letterariamente molto intenso, da cui ha ottenuto però scarsissimi risultati. Nessuno dei suoi romanzi “normali”, quelli in cui riponeva le maggiori speranze, è stato accettato dagli editori, ma lo sforzo di scrivere per un pubblico più esigente di quello delle riviste pulp gli ha consentito di riflettere e sperimentare tecniche narrative che lo condurranno alla maturazione letteraria grazie a cui saranno concepiti i suoi capolavori.

Per quanto riguarda il contesto generale della fantascienza, su “The Magazine of Fantasy and Science Fiction” apparivano i primi racconti di Farmer, come Padre, poi raccolto nella scandalosa antologia Relazioni aliene, e Il prezzo del pericolo di Robert Sheckley. Nel 1958 “Galaxy” iniziò la pubblicazione a puntate di Il grande tempo di Fritz Leiber; sul numero di agosto apparve lo straordinario racconto di Theodore Sturgeon Sposare Medusa, seguito in ottobre da Assassino temporale di Sheckley. Nel momento in cui la fantascienza iniziò una trasformazione che porterà alla nascita di nuove tendenze e alla pubblicazione di opere estremamente interessanti e mature, il mercato editoriale entrò in crisi e molte riviste dell’epoca eroica furono costrette alla chiusura. La situazione politica statunitense era estremamente complessa, sia sul fronte interno sia in ambito internazionale, dove si stavano disegnando le politiche di egemonia mondiale che avrebbero portato poi alla globalizzazione neoliberista di fine secolo. Davanti agli occhi degli intellettuali e delle classi colte, degli studenti, di quello che rimaneva delle organizzazioni sindacali di sinistra, la nazione assisteva alla drammatica lotta per i diritti civili.

Molto probabilmente, dopo la bufera McCarthy, le tensioni fra le classi poterono esprimersi solo in un contesto che non sembrasse esplicitamente politico, con movimenti che videro un ampio coinvolgimento delle Chiese e che sferrarono comunque un attacco radicale alla nazione dei privilegi e delle aristocrazie. Eisenhower venne eletto con un secondo mandato nel 1956, ancora con Nixon come vicepresidente, con una forte maggioranza di voti (57 per cento), perdendo solo in sette stati del Eudest, tra cui Alabama, Mississippi, North e South Carolina. Nel 1954 la Corte suprema, giudicando il caso Brown vs Provveditorato agli Studi di Topeka, capovolse una storica sentenza del 1896 che aveva stabilito che il regime della segregazione razziale non violava il XIV emendamento purché ai cittadini di colore fossero offerte le stesse opportunità dei bianchi anche se con strutture diversificate, applicando l’idea perversa di una “separazione nell’eguaglianza”. Il giudice Earl Warren, nominato l’anno precedente da Eisenhower, sentenziò invece che le scuole riservate ai neri erano “intrinsecamente inferiori”, e ordinò l’integrazione razziale.

L’opposizione degli stati del Sud si rivelò durissima: all’inizio del secondo mandato di Eisenhover solo il 12 per cento dei distretti scolastici aveva applicato le direttive della Corte suprema e in sette stati neppure uno studente di colore era stato ammesso in una scuola superiore riservata ai bianchi. Nel 1955 a Montgomery, in Alabama, a seguito dell’arresto di Rosa Parks, cinquantamila residenti di colore contestarono la legge Jim Crow, in vigore da oltre sessant’anni, che stabiliva trasporti pubblici separati. Il boicottaggio dei trasporti pubblici si protrasse per un anno, con arresti di massa, intimidazioni e violenze, ma la Corte suprema sentenziò l’illegalità della segregazione sui trasporti pubblici. La svolta avvenne a Little Rock, in Arkansas, nel settembre del 1957, quando il presidente inviò un distaccamento di paracadutisti per proteggere i bambini di colore che andavano a scuola. Il processo di desegregation risultò comunque lento. In molte comunità le famiglie bianche iscrissero i loro figli a scuole private, altre si rifiutarono di mandarli a scuola, in alcuni casi venne abolito il sistema di scuole pubbliche. I due provvedimenti noti come Civil Rights Act, approvati nel 1957 e nel 1960, introdussero norme per garantire la registrazione al voto soprattutto nel Sud, dove solitamente si presentava alle urne solo il 25 per cento degli aventi diritto fra le persone di colore. Nel 1960, a Greensboro in North Carolina, un gruppo di studenti neri iniziò un sit-in di protesta, che durerà sei mesi, contro la segregazione alla mensa; il risultato fu l’abolizione della segregazione in alberghi, ristoranti, cinema, teatri, parchi.

Dick, dal suo paradiso intellettuale di Berkeley, inserì in molti romanzi spunti collegati alla lotta contro la segregazione razziale. In L’occhio nel cielo Laws, un giovane fisico di colore, rinfaccia al protagonista la diversità di trattamento che ha dovuto subire:

Provate a essere una persona di colore, per un poco. Provate a passare il tempo a fare inchini a tutti, dicendo sempre sissignore, sissignore a qualunque bianco. Pensate a passare sei anni di università a lavare piatti sporchi per mantenervi agli studi. […] E poi provate a portarvi in tasca la laurea per mesi e mesi alla ricerca di un lavoro, e alla fine dire grazie a un’offerta come quella che mi fecero al bevatrone. Sì, credete che fosse bello accompagnare gruppi di cretini ignoranti, spiegando nozioni scientifiche che non capivano, con una fascia al braccio come gli ebrei nei campi di concentramento? (L’occhio nel cielo, cap. 11).

L’evento destinato a sconvolgere la nazione non fu il ritorno della conflittualità sindacale nel settore dell’acciaio, con lo sciopero più lungo del dopoguerra, o lo scandalo che travolse Sherman Adams, il segretario del presidente, costretto alle dimissioni per aver ricevuto in regalo da un industriale un cappotto di vigogna, ma uno strano segnale, un beep trasmesso dall’orbita terrestre.

Il 4 ottobre 1957, dal cosmodromo di Bajkonour, in Kazakistan, i sovietici avevano lanciato in orbita il primo satellite artificiale, e per ventuno giorni anche le installazioni statunitensi captarono il debole segnale che proveniva dallo spazio. Paradossalmente l’epoca aperta da Nikita Chruscëv, giunto alla guida dell’Unione Sovietica nel 1956, tre anni dopo la morte di Stalin, non condusse a una distensione tra i due blocchi, nonostante la nuova politica del Cremlino sembrasse, per alcuni aspetti, meno aggressiva. Il grande successo sovietico in campo spaziale (del resto recuperato dagli Stati Uniti con il lancio dell’Explorer 1, avvenuto il 1° novembre 1958) dopo il lancio in orbita della cagnetta Laika e di un ulteriore satellite, scosse profondamente la società statunitense e provocò una profonda ristrutturazione dell’immaginario. Oggi è stato storicamente stabilito che il presidente Eisenhower e il suo staff sapevano che la superiorità bellica e tecnologica degli Stati Uniti non era in discussione, e che il lancio dello Sputnik non apportava modifiche alla politica d’intervento che John Foster Dulles, il ministro degli Esteri, stava portando avanti in Indocina, che inevitabilmente avrebbe condotto alla guerra in Vietnam. L’analisi delle fotografie scattate dagli U-2, aerei spia che avevano sorvolato le installazioni militari sovietiche, dimostrava che il successo in campo spaziale non garantiva al nemico alcun vantaggio a medio termine nel settore missilistico militare, ma la presidenza comprese che l’apparato scientifico e industriale degli Stati Uniti avrebbe approfittato di un enorme vantaggio se l’intera nazione avesse pensato che il primato statunitense era stato minacciato. Le modifiche che Eisenhower apportò all’apparato federale di ricerca e sviluppo furono quelle che garantirono (e ancora oggi garantiscono) la supremazia statunitense nei settori dell’informatica, delle telecomunicazioni, dell’elettronica, della medicina, della biologia e, naturalmente, degli armamenti. Anche Internet nacque dalla paranoia indotta dai media, abilmente cavalcata all’inizio del mandato presidenziale, fatto che costituisce un’occasione per riflettere su quanto realmente sia forte il rapporto tra potere e comunicazione, e come, attraverso la comunicazione e le tecnologie, sia possibile modificare la realtà.

“Le cose non sono quelle che sembrano” afferma Ragle Gumm, protagonista di Tempo fuor di sesto. Il titolo di questo romanzo deriva da una battuta di Amleto, che nel primo atto della tragedia shakespeariana afferma: “time is out of joint” (“il tempo è fuor di sesto”, o “fuori dai cardini”). Nella tragedia Amleto, che è davanti allo spettro del padre, prosegue dicendo “o sorte maledetta che proprio io sia nato per rimetterlo in sesto”; il principe si carica dunque della responsabilità di intervenire nel proprio mondo per rimetterlo a posto, e dunque “time is out of joint” assume una connotazione decisamente politica. Poche righe prima, Amleto ha anche sentenziato: “Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante non ne sogni la tua filosofia”, affermando l’intrinseca complessità di questo mondo: la comprensione del reale, in altri termini, può passare anche attraverso l’indagine dell’immaginario. D’altronde Amleto è richiamato alle proprie responsabilità da uno spettro, che gli rivela quale crimine si celi nella corte di Danimarca. I protagonisti dei romanzi di Dick sono perennemente occupati dal duplice compito di riassestare contemporaneamente il loro mondo affettivo e la realtà oggettiva, anzi l’instabilità dei rapporti fra persone diventa metafora della difficoltà di esistere all’interno di una realtà razionale e condivisa.

Tempo fuor di sesto segue ancora rigorosamente i canoni della fantascienza, e la duplicità d’interpretazione della realtà (con il progressivo dissolversi di quella offerta al lettore all’inizio del romanzo) consente di affermare, all’atto della conclusione, l’esistenza di una realtà vera e oggettiva. Una realtà crudele ma alla fine, in quanto condivisa dal lettore e dai protagonisti, in qualche modo rassicurante. Dal punto di vista politico, però, Tempo fuor di sesto è uno dei romanzi di fantascienza più espliciti sulla Guerra fredda. Fra le riflessioni di Margo, la falsa sorella di Ragle, emergono le sue preoccupazioni quotidiane: “le bombe H, la Russia e l’aumento dei prezzi” (Tempo fuor di sesto, cap. 1); la signora Keitelbein, fondatrice di un comitato locale di Difesa civile, ha ben chiaro in mente quali siano i pericoli che incombono sulla comunità:

Quello che ci preoccupa di più è una bomba all’idrogeno, specialmente ora che l’Unione Sovietica ha quei nuovi missili intercontinentali. Ciò che vogliamo fare è addestrare persone in ogni zona della città perché sappiano come comportarsi in caso di disastro. Prestare i primi soccorsi, sveltire l’evacuazione, sapere quali alimenti sono contaminati e quali non lo sono (ivi, cap. 5).

Anche i bambini sono arruolati nella guerra contro il comunismo: Sammy, il nipotino di Ragle, ha un cannone antiatomico giocattolo sempre puntato su Mosca e un cartello davvero esplicativo sulla porta della stanza dei giochi che recita: “

VIETATO L’INGRESSO A FASCISTI, NAZISTI, COMUNISTI, FALANGISTI, PERONISTI E SEGUACI DI HLINKA E/O BELA KUN (ivi, cap. 6).

Dopo aver illustrato il clima politico della nazione, Dick innesca il proprio gioco prospettico. La misteriosa guerra che colpisce le città statunitensi allude a un conflitto con l’Unione Sovietica ma, in realtà, è una guerra civile tra gli Stati Uniti terrestri e le colonie lunari; il paese è in mano ai militari, probabilmente sotto uno stato di polizia. Attraverso la lente deformante della fantascienza Dick riesce a rappresentare la sua sfiducia verso l’apparato statale e i giochi di potere che hanno coinvolto il presidente degli Stati Uniti e il suo vice e, soprattutto, denuncia il complotto collettivo di alterazione della verità. Old Town, collocata nel centro degli States, è una falsa città, abilmente arretrata nel tempo di cinquant’anni, i cui abitanti sono mentalmente condizionati per vivere l’esistenza tranquilla dell’immediato dopoguerra e consentire a Ragle Gumm di convivere senza traumi con la propria regressione mentale. Old Town è una città giocattolo, analoga alle ricostruzioni dei parchi giochi di Disneyland, inaugurata nel 1955, ma è anche un non-luogo, uno spazio di simulazione e di rapporti umani apparenti. Il governo, infatti, attraverso il condizionamento mentale ha cambiato i sentimenti reciproci delle persone destinate a vivere in intimità con Ragle. Incerto sulla nostalgia del passato, Dick instaura una relazione tra il sogno conservatore dell’America rurale e il mito della frontiera. Si tratta di un mito ambiguo che nella vita reale si manifesta nella corsa agli armamenti nucleari e in una politica di aggressione al terzo mondo, e che trova nel sogno spaziale solo una debole via d’uscita. Ancora una volta, come nei romanzi precedenti, la possibilità di istituire una nuova comunità comporta la fuga dalla Terra, e la Luna diventa la casa dei “malcontenti cronici”.

Il romanzo successivo rappresentava per Dick un ulteriore tentativo di essere uno “scrittore normale”. I personaggi di In terra ostile, ancora una volta, nutrono sogni modesti, si illudono di realizzarsi rovesciando il destino che li lega a piccole città bigotte e tristi. I loro desideri s’infrangono contro avversità sostanzialmente banali. Milton Lumky, il commesso viaggiatore che offre il titolo originale al romanzo, è affetto dal morbo di Bright, la malattia renale da cui era affetta la madre di Dick; innamorato senza speranza di una donna, è vittima di una visione religiosa perdente. Si tratta dell’ennesima prova letteraria in cui Dick tenta di rappresentare quel misto d’inquietudine e rassegnazione che gli sembra caratterizzare la vita delle cittadine della provincia.

Il biennio 1958-1959 fu particolarmente ricco di avvenimenti e la vita di Philip Dick giunse a una sorta di bivio esistenziale. Insieme a Kleo ad Berkeley per trasferirsi a Point Reyes Station. Lo scrittore si adattò velocemente alla vita della minuscola cittadina adagiata sul fondo della lunga e stretta insenatura di Tomales Bay, a nord di San Francisco, e iniziò a frequentare la piccola comunità del luogo. Una delle prime persone con cui entrò in contatto fu Anne Williams, una vedova con tre figlie. Anne aveva trentuno anni ed era stata la moglie di un poeta, Richard Rubenstein, che aveva fondato assieme a Jay Landesman la rivista culturale “Neurotica”. La rivista si occupava della relazione tra arte, letteratura e nevrosi, e aveva pubblicato contributi di Jack Kerouac, Allen Ginsberg e Marshall McLuhan. Dick rimase molto impressionato dalla figura di Anne e dal suo spessore culturale, tanto che dopo poco tempo le dichiarò il suo amore. Il crescere di questa passione accelerò la crisi del rapporto con Kleo. Fonti attendibili descrivono l’intrecciarsi di questi due rapporti come il manifestarsi di profonde instabilità nel carattere dello scrittore, e i testimoni ricordano che Dick si comportò molto goffamente con queste due donne, raccontando grossolane bugie per giustificare con Kleo l’abbandono e per forzare l’inizio del nuovo rapporto con Anne. Spinto dalla situazione, Phil iniziò una cura con uno psichiatra che continuerà fino al dicembre del 1971. Il 1° aprile del 1959, dopo un periodo di convivenza, Phil e Anne si sposarono: iniziò così un periodo di vita serena con le tre figlie, immersi nella campagna, a contatto con gli animali domestici. Il 25 febbraio 1960 nacque la sua prima figlia, Laura Archer Dick. In questo periodo di vita a Point Reyes Station, Dick rielaborò due racconti mediocri per ricavarne romanzi da piazzare nella collana Ace Double. Si trattava di Il dottor Futuro e di Vulcano Tre, due esempi di fantascienza commerciale che uscirono accoppiati a due romanzi altrettanto minori dello scrittore inglese John Brunner. Ma nel primo periodo di Point Reyes Station Phil scrisse anche quello che è forse il suo più importante romanzo mainstream, Confessioni di un artista di merda. Carico di situazioni autobiografiche, edito nel 1975, sarà l’unico romanzo non di fantascienza che l’autore vedrà pubblicato in vita.

La storia ruota attorno a quattro persone, di cui due sono rappresentazioni letterarie dello stesso Dick, che risulta così sdoppiato in due figure diverse: Jack Isidore, il crap artist del titolo originale, appassionato di pulps, persona di grande umanità ma ingenuo e poco adatto alla complessità dell’esistenza, e Nat Anteil, un intellettuale alla ricerca della vera essenza della vita. La donna del romanzo, Fay Hume, sorella di Jack, direttamente ispirata ad Anne, è bella e di vivida intelligenza, mentre suo marito Charley è un uomo abulico e senza interessi. Ambientata a Point Reyes Station, la storia presenta un eccesso di analogie con i primi mesi di vita della coppia ed è dunque una rielaborazione letteraria immediata del mutamento di prospettiva dello scrittore che, in pochi mesi, ha cambiato città, moglie, abitudini e vita sociale. Anche nella vita reale Anne è descritta con un carattere molto forte. Lawrence Sutin la ritiene la tipica Wasp (White Anglo-Saxon Protestant), ma al suo fianco Dick raggiungerà una strana e complessa maturità che gli consentirà di diventare uno scrittore di culto assolutamente geniale, senza che ciò gli risparmi dall’altra parte una vita dolorosa e complicata. Come i suoi personaggi, Dick sembra incapace di compiere le scelte corrette nei confronti delle altre persone, anche se costantemente animato da affetti forti e da ricorrenti sensi di colpa.

Dal punto di vista letterario, Confessioni di un artista di merda presenta innovazioni molto importanti. La storia è raccontata in prima persona da tre diversi personaggi, in capitoli diversi, alternati a sezioni in cui la narrazione è in terza persona. Dick sottolinea che la struttura sperimentale della narrazione non era la conseguenza di una posizione teorica ma che semplicemente egli cercava una forma per esprimere le proprie sensazioni.

Il metodo intuitivo – potrei dire la gestalt – grazie al quale lavoro ha una certa tendenza a far sì che io ‘veda’ l’opera intera, subito […] Mozart, per fare il nome di un artista in particolare, lavorava a questo modo. (lettera di Dick del 1° febbraio 1960, cit. in Sutin 1990, p. 129).

Probabilmente questo approccio spontaneo alla scrittura, oltre alla sua eccezionale rapidità nel battere a macchina, spiega la velocità con cui riusciva a terminare un romanzo, ciò che descriveva come “mettere giù quello che esiste nella mia mente”. Inoltre la caratteristica di strutturare la narrazione come convergenza di molteplici punti di vista, il suo approccio corale alla realtà, inizia proprio da questo romanzo, dove persone così differenti condividono un destino che li lega fino a costituire un unico sfaccettato avvenimento. A proposito di questo aspetto, Dick chiarisce la sua esperienza:

Be’, quanto all’idea di un unico protagonista, io non sono riuscito a capirla bene… io sento che i problemi sono multipersonali, che ci coinvolgono tutti, che non esiste un problema che si possa definire privato (conversazione con Paul Williams, 1974, cit. in Williams 1975, p. 10).

Nel momento in cui, l’8 novembre 1960, si svolsero le lezioni presidenziali che opponevano John Fitzgerald Kennedy al fedele vicepresidente di Eisenhower, Richard Milhous Nixon, gli Stati Uniti attraversavano una fase difficile. Eisenhower aveva ottenuto scadenti risultati, vista la crisi di Suez e l’instaurarsi di un governo filosovietico a Cuba. Inoltre, un aereo U-2 era stato abbattuto sui cieli sovietici durante un’operazione di spionaggio, mentre gli impegni statunitensi in Iran e Indocina stavano registrando risultati disastrosi. Ciononostante, se Eisenhower avesse potuto presentarsi per un terzo mandato, probabilmente Kennedy non avrebbe vinto, e per l’elezione del giovane presidente democratico fu essenziale l’ottima performance che realizzò nel dibattito televisivo che lo oppose a un impacciato, antipatico e brutto Richard Nixon: d’altronde la campagna elettorale democratica era sostanzialmente basata sullo spettro della presunta perdita di potere degli Stati Uniti nel mondo. John Kennedy, oggi tanto amato dalle formazioni di centro-sinistra di ogni nazione, attaccò i repubblicani per il presunto divario relativo a missili e armi nucleari rispetto all’Urss e per non aver contrastato sufficientemente la presenza comunista a Cuba. Fu importante anche la candidatura a vicepresidente di Lyndon Johnson, texano, che garantì a Kennedy i voti compatti degli stati del Sud. Kennedy prevalse su Nixon solo per lo 0,1 per cento dei voti ma si garantì, grazie ai meccanismi della legge elettorale, 303 grandi elettori contro 219. La politica di Kennedy fu da subito molto lontana dalla distensione. Il suo discorso inaugurale ribadiva i temi della Guerra fredda, sostenendo che gli Stati Uniti avrebbero

pagato qualsiasi prezzo, sopportato qualsiasi peso, affrontato qualsiasi difficoltà, […] e combattuto contro ogni nemico per garantire il mantenimento e il trionfo della libertà (Jones 1995, p. 497).

Kennedy incrementò il numero di sottomarini nucleari e di missili balistici intercontinentali, e aumentò gli stanziamenti per le forze militari convenzionali, senza trascurare la competizione spaziale con l’Unione Sovietica. Il tentativo di rovesciare il governo di Fidel Castro a Cuba, conclusosi con il maldestro sbarco della Baia dei Porci, la successiva vicenda delle basi missilistiche costruite per ospitare missili nucleari a medio raggio e la crisi in Europa, che ebbe il suo apice con la costruzione del Muro di Berlino, stanno a significare che la distensione non era parte integrante dei programmi del presidente democratico.

Inoltre l’assassinio del dittatore del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diem, da parte di un gruppo di militari, avvenuto con il consenso degli Stati Uniti, costituì l’inizio di una guerra che ebbe sulla società statunitense effetti devastanti. La breve presidenza di Kennedy fu connotata da profonde contraddizioni, soprattutto sul tema dei diritti civili, nonostante il presidente sia passato alla storia come un paladino della lotta alle discriminazioni razziali. Anche se alcune persone di colore avevano ottenuto incarichi importanti nell’amministrazione, nel marzo del 1963 Martin Luther King accusò il presidente di non essere stato abbastanza incisivo, e solo dopo la sua morte, avvenuta il 22 novembre 1963, nacque il suo mito. Quando Dick apprese della morte di Kennedy crollò sul pavimento e rimase per giorni in uno stato di profonda depressione. Per Phil, gli anni della presidenza di John Kennedy sono segnati dalla parabola del rapporto con Anne.

Dopo Confessioni di un artista di merda Dick concluse altri due romanzi mainstream, L’uomo dai denti tutti uguali e Humpty Dumpty in Oakland. Il primo riprende in maniera drammatica il tema della violenza e della sopraffazione all’interno della coppia sullo sfondo di una nazione segnata dalle nevrosi della Guerra fredda; il secondo, scrive lo stesso autore, “è un romanzo sul mondo del proletariato visto dal di dentro”. Qualche mese dopo la nascita della figlia Laura, Anne rimase nuovamente incinta, ma decise di abortire nonostante il parere contrario del marito. Anne, successivamente, dichiarerà che l’aborto aveva riportato a galla il trauma mai risolto della morte repentina della sorella Jane, mentre Dick traspose nella trama del romanzo L’androide Abramo Lincoln il suo rapporto controverso con la moglie.

Sconfortato dai fallimenti come scrittore mainstream, provato dalle responsabilità del rapporto familiare e dall’uso di psicofarmaci, influenzato dall’immaginario degli anni Sessanta, Dick iniziò ad avere una serie di visioni sempre più impressionanti. Nel 1962 sostenne di aver visto cadere una meteora, poi “una grande striscia nera che sfrecciava nel cielo”, fino all’impressionante visione del novembre 1963 di cui parleremo più avanti. In quegli anni Dick scrisse una delle opere più complesse, L’uomo nell’alto castello, forse la sua più importante riflessione sulla storia e sul destino dell’umanità. Probabilmente ispirato dalla lettura di un romanzo di Ward Moore, Anniversario fatale, basato su una realtà alternativa in cui l’esercito sudista ha vinto la battaglia di Gettysburg, Dick racconta di un mondo in cui la Seconda guerra mondiale è stata vinta dall’Asse.

Gli Stati Uniti del romanzo, come la Germania del mondo reale, sono divisi in due territori, occupati dagli eserciti dei vincitori. Romanzi di questo genere sono definiti “ucronie”, e risolvono l’intero complesso narrativo partendo dalla domanda “che cosa sarebbe accaduto se…?”; ma Dick, a differenza di altri scrittori di fantascienza, si dedica all’elaborazione del quadro psicologico di una nazione sottoposta all’influenza di due totalitarismi, diversi tra loro, ma in grado di provocare profondi sconvolgimenti nelle percezioni e nella vita delle persone. Oltre quarant’anni dopo, lo scrittore Philip Roth riprenderà con grande forza il problema di una nazione che era stata indecisa sul proprio ruolo strategico e che, con questa indecisione, aveva aperto il mondo a una dittatura criminale. Il complotto contro l’America è la storia alternativa degli Stati Uniti in cui l’aviatore filonazista e antisemita Charles Lindbergh sconfigge Franklin Delano Roosevelt nelle elezioni del 1940 e diventa presidente. Negli Stati Uniti eredi del New Deal si inaugura così, per Roth, la persecuzione degli ebrei e una politica internazionale di non intervento che indebolisce la Gran Bretagna nella guerra contro la Germania. A differenza di L’uomo nell’alto castello, la cui conclusione denuncia il progressivo assottigliamento della realtà storica, l’indebolirsi del ruolo dell’individuo e della sua capacità di trasformare la società in cui vive, Roth ricompone la realtà e, alla fine, la storia riprende il proprio corso. Per quanto i romanzi presentino alcune interessanti similitudini, è evidente che Dick sfrutta il dramma dell’invasione degli Stati Uniti per motivi che travalicano il dibattito politico, anche se non è difficile leggere in controluce le difficoltà della democrazia che il Paese stava vivendo. La dubbia consistenza e univocità del reale sono per la prima volta esplicitati come caratteristiche in sé del mondo. L’indeterminazione della realtà in romanzi come L’occhio nel cielo e Tempo fuor di sesto era giustificata dal meccanismo fantascientifico, ovvero dalla posposizione di una razionalità che la narrazione ha il compito di raggiungere attraverso gli avvenimenti descritti nella trama.

In L’uomo nell’alto castello l’esistenza e la compenetrazione di realtà diverse è invece una caratteristica intrinseca della realtà stessa. Come Philip Roth, anche Dick ha la tentazione, o forse il desiderio, di ricomporre il mondo fittizio del romanzo con il mondo empirico del lettore, ma alla fine prevale il gioco crudele di non consentire una rassicurante riconciliazione. È importante il ruolo che l’I Ching assume nella stesura del romanzo e nell’evoluzione della trama. L’I Ching, noto anche come Libro dei mutamenti, è un testo risalente a oltre tremila anni fa che descrive il nucleo fondamentale del sistema cosmologico e filosofico dell’antica Cina. Il concetto fondamentale risiede nell’equilibrio dinamico tra due principi, yin e yang, che rappresentano le opposte forze dell’universo. Particolarmente nella cultura occidentale l’I Ching è diventato un metodo di divinazione utilizzato prima di prendere una decisione. Nella versione più diffusa, utilizzata sia da Philip Dick per sciogliere i nodi della trama di L’uomo nell’alto castello sia dai personaggi del romanzo per comprendere la loro realtà, tramite un ripetuto lancio di monete vengono individuate sequenze che corrispondono a esagrammi di cui nel libro si fornisce l’interpretazione. Se il lancio casuale di alcune monete consente di comprendere la struttura della realtà attraverso l’interpretazione di esagrammi estremamente sfuggenti e sibillini, allora prende forza l’idea che il soggetto liberi una qualche verità che è presente a priori, dimenticata e messa in ombra dall’inconsapevolezza. Le persone non sanno di sapere, e, come in una seduta psicoanalitica, qualcosa d’inconscio si materializza e assume una propria presenza nella realtà. Nei romanzi di Dick i libri assumono una strana funzione di chiavi di verità, così come gli esagrammi dell’I Ching o certe droghe. Ciò che sembrava un’allucinazione o una fantasia è la realtà che, con difficoltà, prova a manifestarsi. Nei romanzi scritti durante l’ultimo periodo della sua vita appare un Dio che ha dimenticato la propria essenza divina, amnesia inconcepibile che spiega l’esistenza del mondo materiale e della sua spiacevole imperfezione.

La visione collettiva attraverso cui noi leggiamo il romanzo e scopriamo l’inaspettata essenza della natura avviene attraverso la composizione delle percezioni di diversi personaggi: persone semplici, normali, lontane dall’eroismo della narrativa avventurosa e da una concezione estrema della vita, ma che vedono alterarsi impercettibilmente la realtà quotidiana fino a ricomporre un quadro agghiacciante. Questo meccanismo narrativo basato sull’emotività dei personaggi, sulla loro capacità di vivere la quotidianità anche di fronte allo sfaldarsi del mondo, si situa al lato opposto della fantascienza dei primi anni Sessanta, in cerca di sensazioni e situazioni sempre più forti ma impegnata a costruire una critica radicale alla società statunitense a cui Dick comunque si collegò attraverso la partecipazione, con il racconto La fede dei nostri padri, a una delle antologie più rappresentative di quegli anni, Dangerous Visions, curata da Harlan Ellison nel 1967. Nel 1964 Philip Dick riprenderà l’idea di L’uomo nell’alto castello tentando di scriverne un seguito, ma si fermerà dopo poche pagine. Il romanzo si apre con Hermann Goering che interroga i sopravvissuti di un commando nazista che era stato inviato nell’universo descritto da Hawthorne Abendsen nel suo libro La cavalletta non si alzerà più: una dimensione parallela con cui è stato trovato un punto di connessione, e dove la Terra è divisa tra comunismo e plutocrazia. Fra i reperti che i commando hanno portato nella realtà del romanzo vi è un libro che descrive le cause della sconfitta nazista, Storia del Terzo Reich di William Shirer, il libro sull’argomento più diffuso nel nostro mondo.

Scritto nel 1962, L’androide Abramo Lincoln inizia come romanzo di fantascienza tradizionale per poi evolversi in una storia sulla fragilità di un’intera generazione. Di fronte alla saggezza di androidi capaci di riprodurre le grandi personalità politiche della Guerra civile, gli uomini manifestano tutta la loro incertezza esistenziale. In una società altamente controllata e totalitaria le persone non possono vivere liberamente: sono sottoposte ad ambigui test per dimostrare il loro grado di umanità, che preannunciano quella gestione chimica dell’ordine pubblico che oggi trionfa negli Stati Uniti. Dick era stato a Disneyland, dove aveva visitato una ricostruzione dell’epoca di Lincoln, da cui trasse l’idea di robot repliche di personaggi storici talmente perfezionati da essere indistinguibili.

Dick aveva già riflettuto in molti racconti sui meccanismi della coscienza artificiale e della sottile linea di confine tra umano e non, ribaltando abbastanza rapidamente il topos della rivolta di macchine cattive e mostrando, come fa anche in questo romanzo, che proprio le creature artificiali possiedono un’umanità che gli stessi umani stanno perdendo. Il tema si interseca con la dialettica tra percezione e realtà, così delicata e influenzabile da farmaci e terapie, individuando il luogo della mente come sede d’incontro e di dialogo tra razionalità e allucinazione. Sullo sfondo di quest’ultima Dick opera la rilettura della propria vita, mostrandoci la capacità di strutturare in elementi narrativi la sua quotidianità, il suo complesso rapporto con Anne e l’incontro, da paziente, con l’universo della psichiatria e della psicoanalisi. L’androide Abramo Lincoln appare come il diario della sua immaturità affettiva e delle scelte, effettivamente difficili, operate per sfuggire con ogni mezzo a una vita borghese. Una vita che lo attrae e che, contemporaneamente, lo spaventa, e su cui opera una trasfigurazione distorta e inquietante.

Per vedere la luce L’androide Abramo Lincoln dovrà attendere l’edizione della Daw del 1969 ma intanto, a ruota, Dick scrisse un altro dei suoi romanzi fondamentali, Noi marziani. Il titolo originale, Martian Time-Slip, richiama il concetto di un tempo che si sposta e abbandona la propria oggettività. Nonostante il romanzo si strutturi (come quasi tutti quelli di questo periodo) sulla coralità dei punti di vista, il giovane Manfred Steiner è il personaggio su cui Dick concentra gli elementi narrativi più importanti. Manfred è un bambino autistico, vive indifferente alla vita che ruota attorno a lui; secondo la teoria espressa nel romanzo, l’autismo è una difficoltà ad allineare il tempo della propria mente con quello esterno. Manfred si trova a vivere in un tempo rallentato mentre il mondo circostante, muovendosi a velocità normale, diventa per lui impercettibile. Lo psichiatra che espone la teoria, il dottor Glaub, elemento indispensabile della macchina narrativa di Philip Dick, rappresenta il contatto tra la cultura e la pratica della salute mentale, e le estrapolazioni della fantascienza. All’interno del suo mondo impazzito, affollato da persone problematiche e fragili, psichiatri e psicoanalisti sono professioni comuni e, in generale, rappresentano l’ultima ratio della componente realista della narrazione. Il loro fallimento apre la strada alle componenti trasgressive e immaginarie. In realtà Manfred è affetto da una sindrome leggermente diversa: anche grazie al contatto con gli aborigeni marziani, egli è in grado di viaggiare nel tempo. Ma il mondo marziano, oltre a essere un luogo dove alberga la schizofrenia, è un mondo di frontiera. L’acqua è scarsa e le strutture sono in decadenza. Una terra aspra e polverosa circonda gli insediamenti umani. Manfred, nel proprio flusso di coscienza, fissa un’immagine profetica: “tutto era putrío, ovunque guardasse”. “Putrío” (traduzione italiana di gubble), come in un romanzo successivo kipple, rappresenta l’entropia disgregante, l’usura, l’inaridimento. In questa tragedia termodinamica, in cui l’universo non riesce a stare assieme, Dick trova lo sfondo per la tragedia umana che intende rappresentare. Se l’entropia è qualcosa di più sottile del disordine o dell’equilibrio termico, Dick coglie la negatività di un universo diretto verso una lenta autodistruzione. Le persone e l’ambiente proiettano reciprocamente la propria stanchezza, l’uso degli psicofarmaci è diffuso assieme alle nevrosi che dovrebbero curare, e anche gli umani sono elementi della crescita dell’entropia, della colonizzazione inutile di pianeti inospitali.

La produzione letteraria di Dick nel biennio 1963-1964 è sbalorditiva: undici romanzi, altre opere andate probabilmente perdute, centinaia di lettere, e tutto questo in un periodo di forte tensione emotiva. Il tumulto e la passione di quegli anni si trasferiscono spesso nelle pagine dei suoi romanzi. I motivi dello scontro con la moglie sono molti: Anne era una donna difficile, dal carattere molto forte, segnata dal rapporto precedente con un intellettuale come Richard Rubenstein: ma l’epilogo del loro matrimonio è quasi paradossale. Fortemente preoccupata per la loro situazione economica, anche perché i romanzi di fantascienza non rendevano più di mille dollari l’uno, Anne avviò un’attività artigianale di creazione di gioielli che stabilì immediatamente una ristrutturazione dei rapporti di forza nella coppia e indusse una forte competitività fra i due. Non è un caso che nella maggior parte dei romanzi di Dick appaiano, assieme ai tecnici e ai meccanici, anche artigiani dalla vocazione artistica, persone positive che, attraverso il loro lavoro, acquisiscono un ruolo esistenziale molto importante rispetto alla comunità. Nel suo marxismo ingenuo, lontano dalle interpretazioni totalitarie della tradizione leninista, i lavoratori non alienati sono l’antitesi del capitalista, del monopolista, dello speculatore edilizio, dell’imprenditore, del leader politico, della polizia. Personaggi spietati come Leo Bohlen di Noi marziani, Palmer Eldritch, il Quizmaster Verrik di Lotteria dello spazio, il leader mondiale Willis Gram di I nostri amici di Frolix 8 e altri ancora, rappresentano nei romanzi l’espressione del male e assumono un ruolo fondamentale. Il potere è un elemento centrale e imprescindibile della vita; le persone che lo esercitano perdono la loro umanità, la capacità di comprendere gli altri e di unirsi a loro, e si esprimono in un gioco perverso e capace di distruggere il mondo.

Se leggiamo questa letteratura principalmente come rappresentazione delle forme che la follia assume, il potere è una di queste forme, e si esprime in legami (auto) distruttivi rivolti, nel gioco della fantascienza, non verso la persona ma a un io che si è dilatato fino a coincidere con l’intero universo. Molti personaggi che incarnano il male hanno in sé qualcosa che non riesce a essere confinato nel corpo ma che contamina lo spazio-tempo. Con loro si scontrano persone semplici, lavoratori, donne, ragazzini, esseri umani sufficientemente lontani del potere da scorgerne i segni. Da un lato Dick utilizza la metafora religiosa della lotta dei primi cristiani contro il potere di Roma (anche se non possono essergli sfuggite la rapida degenerazione del cristianesimo e la sua cinica conquista del potere), ne riprende la simbologia e, come è tipico dell’eterodossia statunitense, ne riscrive il mito in maniera utilitaristica; nello stesso tempo è uno scrittore che convive, pur senza farne davvero parte, con la cultura radicale californiana, una delle fonti primarie del movimento di contestazione degli anni Sessanta. Non gli è quindi sconosciuto il concetto marxiano di alienazione, anche se potrebbe non avere letto i Manoscritti economico filosofici del 1844, e al centro di molte sue riflessioni troviamo l’implicito rifiuto del lavoro in termini estremamente coerenti.

Il suo lavoro quindi non è volontario, ma costretto, è un lavoro forzato. Non è quindi il soddisfacimento di un bisogno, ma soltanto un mezzo per soddisfare bisogni estranei (Marx 1949, p. 75).

In Dick esistono anche molteplici riferimenti positivi alle persone che instaurano una grande tensione tra loro stesse e l’oggetto del loro lavoro. Se in Marx

l’oggetto che il lavoro produce, il prodotto del lavoro, si contrappone a esso [il lavoratore] come un essere estraneo (Marx 1949, p. 71),

alieno rispetto al produttore, in Dick molti lavoratori instaurano invece una particolare passione verso il prodotto del proprio lavoro. Nel periodo in cui Anne produceva gioielli, troviamo Frank Frink, anche lui gioielliere artigiano in L’uomo nell’alto castello, gli ingegneri della Fabbrica Rosen di piano-spinette e organi elettrici, e i mosaici di mattonelle di Pris in L’androide Abramo Lincoln.

Sostenendo che Anne aveva intenzione di ucciderlo, tentando di investirlo con l’auto e minacciandolo con un coltello, dopo che il dottore aveva concluso che fosse affetta da una sindrome maniaco-depressiva, Dick riuscì a convincere il loro psichiatra e lo sceriffo che sua moglie era diventata pericolosa. La donna fu ricoverata al Ross Psychiatric Hospital e tornò a casa dopo due settimane. Ne seguì un periodo convulso di tranquillanti, abbandoni e ritorni, fino all’entrata nella comunità episcopale della chiesa di St. Columba. Poi, un giorno, mentre si recava nella baracca dove si isolava per scrivere, Phil alzò gli occhi e vide in cielo un volto. Dick stesso, qualche anno dopo, descrisse la visione con queste parole:

Alzai gli occhi al cielo e vidi una faccia. Non la vidi realmente, però c’era, e non era una faccia umana; era un immenso volto che esprimeva la perfetta malvagità. […] Era immensa, riempiva un quarto del cielo e aveva scanalature vuote al posto degli occhi. Era metallica e crudele e, cosa peggiore di tutte, era Dio (nota di Dick per il racconto I giorni di Perky Pat, in Sutin 1990, p. 151).

Spaventato, Dick andò in chiesa. Il prete ascoltò il suo racconto e ne concluse che aveva visto Satana; poi lo benedisse, ma la visione era fuori ad attenderlo e rimase in cielo per alcuni giorni.

Tutti i giorni dovevo camminare sotto quello sguardo,

ricorda Phil. In quel periodo Dick assumeva anfetamine e, forse, altre sostanze psicotrope. Un abuso di psicofarmaci potrebbe chimicamente spiegare questa terribile visione, ma Dick preferì rielaborare quest’episodio all’interno del suo universo letterario. Nel 1963 aveva scritto altri due romanzi estremamente interessanti, Cronache del dopobomba e I giocatori di Titano.

Il primo sarà pubblicato nel 1965 con il titolo pretenzioso di Dr. Bloodmoney, or How We Got Along After the Bomb, e si presenta al pubblico statunitense come risposta letteraria al celeberrimo film di Stanley Kubrick, datato 1964, Dr. Strangelove, or How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb. Dick aveva proposto due titoli: In Earth’s Diurnal Course oppure A Terran Odyssey, ma il fascino del film che si chiude con l’inizio della guerra nucleare ebbe il sopravvento. A parte questo, tra la follia criminale del dottor Stranamore e la manifestazione a livello planetario dei poteri psicotici del focomelico Hoppy Harrington e del fisico nucleare Bruno Bluthgeld non c’è una particolare relazione. Il film di Kubrick è il respiro della Guerra fredda diventata calda, mentre il romanzo di Dick appartiene al gruppo di opere in cui i personaggi trovano inconsciamente il modo di interagire con la struttura fisica della realtà. Questo straordinario potere non sembra essere un dono, anzi si trova proprio nelle menti squilibrate e ossessionate dalla paranoia e dalla megalomania. Si tratta di poteri tipicamente divini, di solito utilizzati inconsapevolmente, che fanno di queste persone poco più che patetici apprendisti stregoni. Attorno al manifestarsi di questi poteri straordinari, il romanzo racconta la storia di comunità postbomba regredite a una sorta di utopia agreste, comunità tenute ideologicamente in vita da un astronauta bloccato in orbita su una navicella che non è riuscita a raggiungere Marte, un dee-jay al limite della follia che interpreta il ruolo tragico di ricordare la Terra prima della catastrofe.

I giocatori di Titano si presenta come una storia di fantascienza classica, con grosse amebe gelatinose che provengono da una delle lune di Saturno. Gli alieni, chiamati vug, hanno occupato la Terra dopo la devastazione della guerra tra Stati Uniti e Cina e l’utilizzo di armi come le radiazioni di Hinkel, cha hanno reso sterile la maggior parte dei terrestri. I vug, per ottimizzare la crescita demografica dei terrestri, hanno introdotto una specie di gioco da tavolo, il Bluff, attraverso il quale si scambiano le coppie aumentando la probabilità del concepimento. Può sembrare paradossale una società che ricostruisce le proprie regole sociali attraverso un gioco, anche se oggi l’importanza sociale e politica dello sport ha superato gli spaventosi ammonimenti della fantascienza sociologica di Sheckley e dello stesso Dick (con l’applicazione della teoria dei giochi al controllo del potere), ma se pensiamo a un film del 1978 come Quintet di Robert Altman, dove ritroviamo un’umanità sterile e un inquietante gioco da tavolo le cui conseguenze travalicano il tabellone, allora comprendiamo quale importante metafora dell’esistenza sia un gioco, che ha regole esplicitate, rispetto ai reali rapporti fra le persone, le cui regole sono costantemente ridefinite. Il gioco che altera le proprie regole nel corso della partita, o il gioco truccato, diviene la rappresentazione della vita stessa, e in particolare della vita di Dick, incapace di instaurare con la moglie un rapporto trasparente mentre si ritrova a ridefinire la realtà della vita di coppia in maniera compulsiva e paranoide.

Ogni suo romanzo richiede ormai, come fosse una firma, lo svelarsi di un complotto o di un inganno, e, sempre di più, come accade all’autore nella vita privata, questa rivelazione vacilla e si fa incerta. Quando Pete Garden vede che i suoi compagni di gioco sono vug, questa scoperta è indebolita dall’assunzione di cinque tavolette di snoozex, una manciata di anfetamine e qualche drink. Come nella visione del volto metallico e crudele, si perde la certezza che quello che si percepisce sia la realtà, un nuovo paradigma più vero e dotato delle regole per spiegare il mondo della finzione. La concezione della realtà di Dick è assieme teologica ed epistemologica, due metodologie che raramente non entrano in contraddizione, eppure Dick inizia a entrare in una “paranoia tranquilla” in cui è convinto non tanto di avere scoperto una verità che gli altri non comprendono, quanto piuttosto di doversi confrontare con realtà che non riescono a dominarsi a vicenda e che si intersecano. Forse, come scriveva Bertolt Brecht,

di tutte le cose la più certa è il dubbio.

Scritto anch’esso nel 1963, I simulacri si presenta come uno dei romanzi più complessi di Dick, in cui è impossibile stabilire il predominio di un punto di vista o di una tematica precisa. Gli elementi fantascientifici provenienti dalle riviste pulp, assieme alle loro classiche incongruenze, sono molto marcati e producono una struttura narrativa complessa e ingenua al tempo stesso. Il centro della narrazione è forse proprio il potere.

Da un lato Dick descrive le dinamiche interne delle élite, il cinismo, la violenza, la distanza che intercorre tra i potenti e le persone delle classi lavoratrici, sempre presenti con i loro problemi quotidiani, dall’altro si sofferma con grande intensità sulle dinamiche emotive, sulla vita alienata, sul difficile raggiungimento della felicità. Dick descrive una società totalitaria che esercita il potere attraverso i media, la mistificazione e la polizia. La finzione, o meglio la simulazione, è realizzata ai massimi livelli; un’apparente monarchia che rielabora il mito di Jacqueline Kennedy, la sopravvissuta di Dallas, la quale, se osservata da vicino, altro non è che una forma vuota, un potere apparente che non è in mano a nessuno ed è soggetto a improvvise accelerazioni di fatto immotivate. L’idea di Dick è quella di un potere che non si basa su alcuna forza economica o politica, ma solo sull’isteria e sull’improvvisazione. Gli Stati Uniti hanno concluso una guerra convenzionale e sono sul baratro di una guerra civile, vivono un complesso rapporto con la Germania, da cui trapelano una serie di pulsioni ed echi della Guerra fredda. Le grandi corporation della chimica e dell’ingegneria, come di fatto accade ai giorni nostri con sempre maggiore forza, interferiscono con la politica della nazione. I media, vero potere occulto del romanzo, entrano in ogni casa, controllano il comportamento e l’adeguamento dei cittadini al potere e, soprattutto, tengono in ostaggio il loro immaginario attraverso falsi momenti partecipativi basati su una sorta di cabaret nazionale, capace di portare per qualche minuto davanti alla premier Nicole gruppi di artisti senza speranza che cantano, recitano e ballano durante patetiche scenette.

La complessità della tirannide si colloca tra gli incubi di Orwell, la crescente potenza della televisione (una pallida visione rispetto all’aggressività e falsificazione permanente dell’odierno sistema dei media) e la progressiva violazione dei diritti individuali che stanno alla base della Costituzione statunitense. Dietro questa visione negativa si aggirano forze quasi incomprensibili, poteri straordinari destinati a complicare e dissolvere le dinamiche del potere apparente. Kongrosian, un pianista mutante in grado di suonare il pianoforte con la forza della mente, assume poteri che intaccano la stessa struttura fisica dell’universo. Come in Palmer Eldritch o nel mondo di Ubik, qualcosa di incommensurabile fa la sua comparsa nei romanzi di Dick; la sottile simulazione che consente lo svolgersi regolare della vita quotidiana, la sonnolenta e spesso dolorosa routine, perde improvvisamente senso gettando le persone in una tragedia che non sono assolutamente preparate a fronteggiare.

Il romanzo successivo, Illusione di potere, è una storia più assimilabile alla fantascienza classica, in cui Dick riutilizza con grande abilità situazioni e meccanismi narrativi già sperimentati in precedenza. Il leader mondiale su cui è incentrato il romanzo è Gino Molinari, una versione fantascientifica di Benito Mussolini che si trova a cercare un proprio ruolo in una guerra che oppone due razze aliene. In questa metafora della Seconda guerra mondiale, una droga sintetizzata dai militari consente di viaggiare nel tempo. In questo periodo Dick alterna la scrittura dei romanzi agli studi stimolati dalla sua frequentazione della Chiesa episcopale: fra questi studi assume ben presto grande preso quello dello gnosticismo. Secondo questa dottrina un Dio unico e inconoscibile ha creato una serie di divinità minori. Tra queste divinità assumerà una certa importanza Sophia, esiliata dalla patria celeste per la sua brama di conoscenza e per la sua vanità. Dal suo esilio Sophia creò un demiurgo che corrisponde a Jahveh, il Dio terribile dell’Antico Testamento, in contrasto con il Dio buono del Nuovo Testamento. Questa divinità inferiore è la responsabile della creazione del mondo materiale e dell’uomo.

Follia per sette clan è una perversa utopia, nel senso che il romanzo pone le proprie basi sull’organizzazione perfetta della società. Una delle lune del lontano Sistema solare, Alfa, era stata trasformata in un grande manicomio, un territorio enorme le cui recinzioni sono costituite dallo spazio cosmico e dove gli psicotici, abbandonati a se stessi, hanno costruito una propria società. Questa fondazione, come è stato per molte comunità che attraverso i flussi migratori hanno avuto a loro disposizione territori liberi in assenza di sovranità, è fortemente caratterizzata dall’identità e dalla storia della comunità. In maniera del tutto simile a quanto narrato nel capolavoro di William Golding, Il signore delle mosche, si ricrea una società che incarna e perfeziona le precedenti logiche di divisione e di organizzazione. In questo caso la società è divisa in caste, e paranoici, schizofrenici, ossessivi, depressi, ebefrenici e maniaci hanno creato un sistema sociale sinergico capace di istituzionalizzare e rendere funzionali le caratteristiche della loro malattia mentale. Questo “migliore dei mondi possibili”, come ogni utopia, si pone come metafora radicale del mondo in cui vive l’autore, mantenendo però il taglio grottesco tipico della fantascienza d’ispirazione sociale.

L’atmosfera tutt’altro che serena di Point Reyes Station offrì anche lo spunto per Svegliatevi, dormienti, romanzo minore e confuso in cui Dick si occupa del tema del razzismo. Sia l’omicidio di Kennedy, sia la sempre maggiore presenza sui media di Martin Luther King, che in quel periodo tenne il celebre discorso davanti al Lincoln Memorial di Washington in cui pronunciò la frase “I have a dream”, ci consentono di comprendere lo stato di estrema tensione che caratterizzava la situazione interna statunitense.

Intanto il rapporto con Anne si stava avviando a conclusione: i primi mesi del 1964 furono caratterizzati da frequenti fughe di Philip a casa della madre, fino a quando, il 9 marzo, presentò l’istanza di divorzio. La sua nuova vita ripartì da Berkeley, abbandonando completamente il tipo di esistenza che aveva caratterizzato gli anni di Point Reyes Station. La città sembrò galvanizzarlo e dopo poco tempo Phil conobbe Grania Davidson, moglie dello scrittore di fantascienza Avram Davidson, e i due decisero di andare a vivere insieme a Oakland. Si trattò di un rapporto di pochi mesi, ma che consentì a Philip di superare gli intensi anni trascorsi con Anne. Grania Davidson, che pubblicò qualche romanzo di fantascienza, racconta che in quei mesi Dick era in uno stato particolarmente instabile. Temeva di essere spiato da Anne, aveva paura che la sua casa fosse stata infestata di microfoni, riteneva di essere oggetto delle attenzioni della Cia e di gruppi neonazisti, e finì per comprarsi una piccola pistola. Accusava gli altri di essere pazzi, come era già accaduto con Anne, ma era costantemente attento a rielaborare le proprie sensazioni, si prendeva in giro, si autoanalizzava. In una lettera molto lucida osserva che probabilmente la gente lo considerava

un paranoico schizofrenico grave, che riteneva che tutti complottassero contro di lui.

Nello stesso periodo, forse perché aveva accettato l’idea di essere solo uno scrittore di fantascienza e aveva abbandonato il sogno di diventare un letterato tradizionale, frequentava con entusiasmo altri scrittori di fantascienza californiani come Ray Nelson, Poul Anderson, Marion Zimmer Bradley, Ron Goulart e Avram Davidson. In questo periodo Dick assunse Lsd in almeno due occasioni, ma le sue particolari caratteristiche percettive non dipendevano dagli allucinogeni; anzi, in un suo saggio intitolato Droghe, allucinazioni e ricerca della realtà, pubblicato quell’anno, sostenne che

le allucinazioni causate da psicosi, droghe e tossine possono risultare solo quantitativamente diverse da quel che vediamo, non qualitativamente (Dick 1964b, p. 212).

Sosteneva che le allucinazioni potevano essere aspetti della vera realtà che, normalmente, erano filtrate da costrutti percettivi residenti nella nostra mente. Le tre stimmate di Palmer Eldritch è il romanzo che rappresenta l’inquietante miscela di incubo e realtà che Dick stava vivendo in quel momento. Scritto nel 1964, descrive il prossimo futuro della Terra soggetta a un mostruoso riscaldamento che non consente più la vita all’aperto. Molti pianeti e satelliti del Sistema solare sono abitati da coatti, che vengono deportati dalle Nazioni Unite e devono affrontare una vita disperata in ambienti assolutamente ostili. Per resistere alla vita extraterrestre si è diffuso tra i coloni l’uso di una droga, il Can-D. Si tratta di una droga di traslazione, ovvero una sostanza che è capace di fondere in un’esperienza comune le menti dei gruppi di coloni che ne fanno collettivamente uso. Con il Can-D i coloni possono dimenticare l’asprezza della loro vita quotidiana e calarsi nella vita frivola di Perky Pat e del suo eterno fidanzato Walt. Inebetiti davanti a un plastico che riprende in tutto e per tutto l’ideologia delle bambole Barbie (uno degli strumenti più inquietanti ed efficaci di inquadramento e controllo borghese del genere femminile), la droga proietta le menti nel mondo delle bambole di Perky Pat, dove è possibile vivere esperienze decisamente adolescenziali, in cui pateticamente è sempre sabato. In questo Sistema solare in cui la vita sembra sul punto di estinguersi e la gioia è definitivamente cacciata dall’esperienza umana, torna dallo spazio Palmer Eldritch portando con sé una nuova e potente droga di traslazione, il Chew-Z, sostanza capace di sostituire le allucinazioni provocate dal Can-D. Come scandisce lo slogan di Palmer Eldritch,

Dio promette la vita eterna, io posso fare di meglio: posso metterla in commercio.

La differenza tra le due droghe risiede nella diversità ontologica dell’esperienza psichedelica: la fine dell’allucinazione del Can-D è evidente e il ritorno alla dura realtà consente di rileggere il ricordo come una visione prodotta dalla droga; il Chew-Z, invece, intacca il confine tra realtà e allucinazione. I personaggi del romanzo si illudono di essere completamente usciti dall’allucinazione per poi scoprire che si è trattato di un falso ritorno, e che il mondo intorno a loro non è più lo stesso ma presenta caratteristiche dell’allucinazione primaria. Probabilmente la frequentazione della Chiesa episcopale ha richiamato a Dick alcune riflessioni sulla morte presenti nel Nuovo Testamento. Certamente molti cristiani del I secolo avevano accettato le parole di Cristo in maniera letterale, e credevano nella resurrezione fisica immediata. La sconfitta della morte, invece, non ci fu; non si trattò di miracoli come nel caso di Lazzaro.

Non deve stupire che un romanzo ambientato nel futuro sia così ricco di citazioni religiose e che trasfiguri esperienze paleocristiane tra i pianeti del Sistema solare. Dick è alla ricerca del senso della propria vita, guarda il mondo attorno a sé e non gli piace, lo inquieta, ne ha paura. Vive una netta separazione tra la sua identità e i potenti; le persone attorno a lui sono afflitte da problemi quotidiani come la carriera o le crisi sentimentali, si sentono deboli e abbandonate. Le sue storie abbondano di fallimenti e disperazione. Il potere è lontano e incomprensibile. Nixon aveva perduto la corsa alla presidenza, Kennedy era stato assassinato, Johnson era un’icona triste, un presidente dolente e incompreso. A differenza di Kennedy, i cui i risultati erano stati scarsi e ambigui ma la cui popolarità era alta, Johnson profuse uno sforzo estremo per la realizzazione del suo programma, ma non fu compreso. Di fronte alla tetra azione di Palmer Eldritch, allo sfaldarsi dell’universo stesso, alla nevrosi dilagante, Dick propone la sua umile soluzione: persone semplici che, con le proprie mani, eseguono piccoli lavori, e attraverso quest’attività difendono la propria umanità. Non si tratta di artisti ma di artigiani: lavorano vasi, dipingono, e sono gli unici in grado di opporsi a un’alienazione cinica su scala interplanetaria. Sono gli unici che riescono a dare un senso alla propria vita. Lo scontro tra Palmer Eldritch e Leo Bulero, di fatto due narcotrafficanti cosmici in lotta per il predominio sul mercato, sembra sparire di fronte all’ostinazione (a dire il vero molto umana) dei coloni marziani che tentano di tenere in vita un orto in condizioni ambientali impossibili. Se da un lato Dick mette in scena storie di elevata radicalità, in cui la realtà stessa viene messa in discussione, dall’altro la sua visione positiva risiede nell’auspicare una vita semplice, che recuperi un rapporto diretto e creativo con le cose del mondo.

Quasi contemporaneamente a Le tre stimmate, Dick riuscì a scrivere altri tre romanzi: Il sognatore d’armi, La penultima verità e Utopia, andata e ritorno. In questo gruppo di libri prevale il tema politico, con sullo sfondo le azioni dell’amministrazione di Lyndon Johnson e una situazione interna di estrema gravità. Il 15 settembre 1963, a Birmingham, in Alabama, una bomba esplose in una chiesa uccidendo quattro bambini; durante la Mississippi Freedom Summer del 1964, organizzata dallo Student Non Violent Coordinating Committee per difendere il diritto dei neri a votare, il Ku Klux Klan uccise tre attivisti, Andrew Goodman, Mickey Schwerner e James Chaney; in generale la nazione era in fermento e l’amministrazione federale era contestata da chi riteneva che i progressi ottenuti fossero troppo limitati. Da Berkeley, dalle università della East Cost, dai movimenti, provenne una spinta radicale che non si accontentava delle politiche di mediazione del governo democratico.

Dick espresse questo clima, che coglieva direttamente vivendo in uno dei centri più importanti della mobilitazione politica, descrivendo nei suoi romanzi un potere che utilizza costantemente la falsità per mantenere il dominio sul mondo. Le tecniche di simulazione più sofisticate venivano utilizzate per ingannare le persone e convincerle a condurre una vita di privazioni e sacrifici. In Utopia, andata e ritorno è evidente la citazione della propaganda nazista e della rilettura orwelliana del rapporto tra potere e media che ben si attagliava agli Stati Uniti, dove una democrazia orientata al consumo e alla persecuzione del dissenso aveva profondamente distorto gli ideali di democrazia. Durante i primi quindici anni di Guerra fredda, dal 1946 al 1960, il prodotto interno lordo statunitense era raddoppiato, e sotto ogni aspetto la vita dei cittadini era inequivocabilmente migliorata anche se, come sottolinea Charles Wright Mills nel suo saggio L’élite del potere, l’autorità non era distribuita fra una molteplicità di gruppi sociali ma concentrata nelle mani di gruppi ristretti.

All’inizio del 1964 Dick conobbe Nancy Hackett, una giovane donna dall’aria timida e dai lunghi capelli neri. Nonostante i quindici anni di differenza Dick iniziò a corteggiarla, e nel marzo del 1965 i due andarono a vivere assieme. La madre di Nancy, Maren Hackett, era una militante del gruppo American Civil Liberties Union ed ebbe una relazione con James A. Pike, vescovo della Chiesa episcopale della California. Pike fu per Dick una conoscenza fondamentale e a lui Phil dedicò il suo ultimo libro, Le trasmigrazioni di Timothy Archer.

James Pike era stato vescovo episcopale della California dal 1958 al 1966, anno in cui si dimise. La sua attività pubblica proseguì nel Center for the Study of Democratic Institutions. Figura religiosa estremamente controversa, Pike si impegnò nell’ampliare il ruolo delle donne e degli omosessuali all’interno della Chiesa, nella lotta per i diritti civili e per il salario minimo ai lavoratori. Nel 1965 partecipò alla famosa marcia a Selma, in Alabama, con Martin Luther King. Lasciò l’incarico di vescovo a causa della sua critica ai dogmi della verginità della Madonna e della Trinità e per la sua condotta personale. La sua concezione religiosa dissidente, per esempio, l’aveva portato ad aggiungere l’astronauta John Glenn tra i santi che decoravano le vetrate della cattedrale di San Francisco. Inoltre erano note le sue relazioni extraconiugali, come quella con la madre di Nancy Hackett. Infine, fece molto scalpore il fatto che Pike tentasse di mettersi in contatto con il figlio morto suicida attraverso sedute spiritiche, cui partecipò anche Philip Dick. Pike morì nel deserto del Mar Morto, in Israele, durante una spedizione in cui cercava materiali per il libro sulle origini del cristianesimo che stava scrivendo. La frequentazione di Pike e le loro lunghe conversazioni offrirono a Dick una sterminata quantità di informazioni religiose, in particolare sullo gnosticismo. Dick scrisse che le accuse a Pike non erano limitate alla sua negazione della Trinità, ma riguardavano un suo presunto avvicinamento alle dottrine zoroastriane che aveva conosciuto dopo la scoperta dei rotoli del Mar Morto.

Il romanzo In senso inverso si apre con una citazione di sant’Agostino che recita:

non vi è luogo: andiamo avanti e indietro, e non vi è luogo,

e apparve dopo un periodo in cui le vicende personali avevano estraniato Dick dalla scrittura. Counter-Clock World, ovvero un mondo che procede all’indietro, inizia come un horror. Dalle tombe salgono le voci di coloro che erano morti e invocano aiuto per tornare in superficie. Il tema è la resurrezione dei corpi, la vita dopo la morte: è una paradossale inversione del tempo che affascinerà scrittori colti come James Ballard e Martin Amis. La visione di Dick è paradossale, a volte comica, ma è intrinsecamente legata alle riflessioni sull’entropia che erano state il fondamento di Noi marziani e che torneranno in Ma gli androidi sognano pecore elettriche?: l’uomo lotta disperatamente contro la natura e le sue leggi crudeli, l’evidente manifestazione dell’imperfezione, ma cosa accade se la resurrezione dei corpi, l’avvento della città di Dio annunciato con l’apocalisse, avviene variando le leggi dell’universo, regredendo verso il principio? L’incontro con Pike, oltre alle implicazioni legate allo zoroastrismo, concezione che lo aveva affascinato sin dai primi romanzi e che era già alla base di La città sostituita, trasmise a Dick una maggiore passione politica. Il trionfo di Lyndon Johnson alle elezioni del 1964 e il suo impegno sul tema dei diritti civili ebbero una inaspettata quanto logica conseguenza.

La lotta al segregazionismo e la garanzia del diritto di voto consentirono alla popolazione di colore di comprendere come il riconoscimento dei diritti fondamentali non fosse sufficiente per ottenere una vita mediamente simile a quella dei bianchi. In quegli anni il tasso di disoccupazione della popolazione di colore era il doppio di quello dei bianchi, un terzo dei neri viveva sotto la soglia di povertà rispetto al 13 per cento della popolazione bianca. Specialmente il proletariato urbano di colore contestava la linea di Martin Luther King e del Naacp (National Association for the Advancement of Colored People) per avvicinarsi a forme più radicali come i Black Muslims e il Black Panthers Party. Inoltre era diffusa la coscienza che il peso della guerra in Vietnam fosse maggiormente sostenuto dalla comunità nera, in quanto i neri costituivano il 18 per cento della forza combattente (rispetto all’11 per cento della popolazione) e occupavano soprattutto i gradi inferiori, addetti alle attività più rischiose. I neri, secondo Martin Luther King, erano mandati a combattere per

garantire nel Sudest asiatico quelle libertà che essi stessi non avevano trovato nel Sudovest della Georgia o nei quartieri orientali di Harlem.

Nell’agosto del 1965, nel distretto di Watts, a Los Angeles, si scatenò una rivolta estremamente sanguinosa che si concluse con trentacinque morti e oltre mille feriti; i danni materiali ammontarono a oltre trentacinque milioni di dollari. Nel 1966 si registrarono rivolte a Chicago e in molte altre città del paese, fino ad arrivare agli scontri di Newark, nel New Jersey, evocati da Philip Roth in molti dei suoi romanzi, che costarono la vita a ventisei persone, di cui ventiquattro di colore.

In senso inverso è il romanzo dove il problema razziale è più evidente e la cronaca trapela dietro una narrazione scarsamente rielaborata. Qui Dick intende descrivere la California del 1998 come specchio di quella del 1965, Malcolm X viene citato a proposito di un personaggio che

predicava violenza e ne ebbe in cambio altra violenza

e, a proposito della polizia, scrive:

è dal 1965 che ha paura, fin da quando scoppiò la rivolta di Watts.

Judith Merril commentò il romanzo come

una delle pochissime proiezioni futuristiche dell’attuale movimento delle Pantere Nere in cui ci sia una qualche comprensione genuina delle problematiche, delle motivazioni e degli orientamenti dell’insurrezione odierna.

Dick immagina una Libera municipalità nera come esito politico dei movimenti di emancipazione radicale delle persone di colore, ma la figura di James Pike giganteggia in tutto il romanzo, dove appare sotto le spoglie del leader religioso resuscitato, l’anarca Thomas Pike.

L’ora dei grandi vermi (stravagante traduzione italiana di The Ganymede Takeover) descrive una Terra oppressa da vermi telepatici provenienti da Ganimede, aiutati nell’esercizio della loro oppressione da kapò umani. Il movimento di resistenza terrestre è guidato da Percy X, un leader separatista nero disegnato sulla figura di Malcolm X. Il romanzo, scritto in collaborazione con Ray Nelson, doveva essere un seguito di L’uomo nell’alto castello, ma la trama evidentemente prese altre strade. Il romanzo successivo è Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, ed è quello che più ha contribuito alla creazione del mito di Philip Dick, avendo costituito la base per la sceneggiatura di Blade Runner. Sullo sfondo della caccia agli androidi e della difficoltà di distinguere gli umani dalle creature artificiali, il romanzo procede lungo un asse che descrive lo stato affettivo del protagonista, Rick Deckard, prima attraverso il rapporto con la moglie e in seguito tramite l’adulterio con l’androide Rachel Rosen, e sviluppa un ulteriore tema di natura religiosa inserendo il culto mediatico di Wilbur Mercer. La Terra è sopravvissuta alla guerra atomica, ma è coperta di macerie e spopolata, gli animali sono praticamente scomparsi. Nel romanzo il punto di vista di Deckard è primario ma non totale e necessita dell’integrazione con quello di Isidore, una persona definita “speciale” per il suo modesto quoziente d’intelligenza.

Dick, in una lettera, osserverà che il problema morale del romanzo consiste nel confronto tra il punto di vista di Deckard e quello di Isidore, due differenti visioni del mondo. Deckard ama più gli animali degli androidi, soffre per la mancanza di un animale e in seguito è sconvolto per la morte della propria capra, ma è indifferente all’eliminazione degli androidi, persino di Pris, la copia di Rachel, l’androide con cui ha appena avuto un rapporto sessuale. Ma l’indifferenza nei confronti degli androidi è, in realtà, un’indifferenza nei confronti degli uomini. Infatti Deckard non è poi così sconvolto dall’apprendere che il test Voigt-Kampff, la prova capace di distinguere tra androidi e umani, può essere inefficace e che, molto probabilmente, sono stati “ritirati” per errore veri esseri umani con facoltà empatiche poco sviluppate. Gli umani, anche se biologicamente tali, stanno perdendo l’umanità, che non è una caratteristica biologica ma la costruzione della sensibilità verso gli altri, quell’empatia che tanto ricorre nella vita e nelle opere di Philip Dick. Mentre Dick sta elaborando il proprio capolavoro, Ubik, scrive una storia di fantascienza per ragazzi, Nick e il Glimmung, che mantiene il suo marchio distintivo, una lotta tra forze del bene e del male che si svolge su un pianeta-colonia dove il giovane Nick è dovuto emigrare a causa della sovrappopolazione. Sulla Terra gli animali domestici sono diventati illegali, una metafora analoga alla morte per radiazioni di Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, e il gatto Horace è il compagno di Nick nella lotta contro il malvagio Glimmung. Ubik è l’opera di Philip Dick in cui si intersecano più filoni interpretativi.

Dal punto di vista strettamente letterario rappresenta i limiti della fantascienza classica, quella che si ispirava ai colpi di scena di Alfred Van Vogt, alla dimensione sterminata dell’universo, all’esplosione del potere nascosto della razza umana, e si protende verso la letteratura postmoderna. Nel 1966, mentre Dick sta scrivendo Ubik, viene pubblicato L’incanto del lotto 49, il secondo romanzo di Thomas Pynchon, testo che fonda esplicitamente i propri principi narrativi sul concetto d’entropia. Il tono del romanzo è grottesco, sovrabbondante di citazioni. Alla protagonista, Oedipa Mass, appaiono segni misteriosi che indicano la presenza di un complotto, l’esistenza di un mondo parallelo, con proprie regole, del cui sviluppo il mondo “reale” è totalmente inconsapevole. Qualche anno più tardi, nel 1973, Pynchon citerà in L’arcobaleno della gravità il romanzo di Dick Tempo fuor di sesto. Ogni volta che Tyrone Slothrop, uno dei personaggi del romanzo di Pynchon, consuma un rapporto sessuale, un missile V-2 cade nei paraggi del luogo in cui è avvenuto l’amplesso: è una grottesca ricostruzione delle capacità predittive del personaggio dickiano Ragle Gumm. La narrativa postmoderna si presenta al mondo culturale degli anni Sessanta con trame debordanti, pluralità di punti di vista e di piani narrativi, rilettura ironica del mondo culturale, irruzione violenta della scienza, amore per la sovversione.

Se la definizione teorica di una cultura basata sulla pluralità dei codici deve attendere il saggio di Jean-François Lyotard La condizione postmoderna, del 1979, la pratica postmoderna è forte e diffusa già da gli anni Sessanta. Daniel Bell introduce il termine “postindustriale” nel 1974 per definire la società che gli è contemporanea, osservando l’avvento di nuovi strumenti di potere e ricchezza come la comunicazione e l’enfasi tecnologica, ma bisogna ricordare come Dick e molti scrittori di fantascienza avessero già colto la straordinaria capacità dei media dell’informazione nel plasmare la società. In una nazione in cui si intersecano giornali, radio, tv, in cui la diretta televisiva afferma nuove modalità percettive, introducendo in ogni casa i filmati delle guerre, la morte del presidente, le parate dei missili nucleari e gli eventi di Hollywood, un gruppo di scrittori coglie la necessità di rappresentare questa realtà instabile, caotica, ribelle.

Analogamente a quanto accade in In senso inverso, il mondo di Ubik regredisce nel tempo. Se la realtà è il sistema coerente e condiviso che ci risulta da una mediazione delle nostre percezioni con il sistema di ricordi reso disponibile dalla nostra mente, allora la persistenza degli oggetti intorno a noi è un segnale di realtà forte. Nel romanzo i videotelefoni diventano vecchi telefoni di bachelite, i razzi si trasformano in aerei a elica, le automobili regrediscono ai modelli degli anni Venti. Continuando a pensare all’entropia, sarebbe come se le molecole d’elio uscite da un palloncino colorato tornassero spontaneamente all’interno gonfiandolo…

Se il kipple era l’effetto di logoramento del tempo, la misteriosa essenza di nome Ubik è l’unico antidoto a un mondo in cui l’entropia è impazzita. Il discorso sull’entropia è decisamente incoerente, ma ciò che Dick coglie in maniera magistrale è l’instabilità nello spazio e nel tempo, l’inesistenza di riferimenti assoluti. Questo punto di vista vorticante, che non rispetta neppure l’asse temporale, prefigura l’incoerenza dell’eterno presente della società globale e mediatica, e in questo senso, seppure occultata dalle bistrattate collane di fantascienza, la narrativa di Dick comprende in anticipo lo spirito del tempo in cui vive. Assieme alla trasgressione postmoderna, Dick ripropone in Ubik le sue argomentazioni religiose su due piani distinti. Il primo riguarda le citazioni dirette e i meccanismi della narrazione. I morti tenuti in uno stato di semivita possono parlare con i loro cari. Si tratta evidentemente di una ristrutturazione del concetto di purgatorio: diversamente dalla resurrezione descritta in In senso inverso, questo è uno stadio non definitivo, forse ispirato dalle sedute spiritiche a cui in quegli anni lo scrittore partecipava con Pike, tentando di comunicare con il di lui figlio morto.

La sostanza Ubik possiede straordinarie caratteristiche, riesce a rallentare il processo di degrado della realtà, ad attenuare l’inganno e a consentire di intravedere una verità; è una sostanza di chiara natura divina che riporta direttamente alle qualità miracolose dell’olio, del pane e del vino delle religioni cristiane. Il secondo piano, invece, riguarda la divinità come costituzione della realtà. San Tommaso d’Aquino, superando la concezione di sant’Agostino secondo cui la conoscenza avveniva attraverso l’illuminazione divina, e intendendo invece la teologia come scienza, pensava che la conoscenza delle forme sensibili dimostrasse l’esistenza di Dio. “Veritas est adaequatio rei et intellectus”, scrisse, indicando che la verità consiste in un processo di adeguamento dell’intelletto alle cose. Joe Chip, il protagonista del romanzo, non comprende più il suo mondo perché le cose sembrano impazzire, non perché il suo mondo sia ontologicamente pazzo. Del resto san Tommaso d’Aquino, fra le prove dell’esistenza di Dio, introduce quella “a posteriori”, ovvero attraverso l’osservazione del mondo, e stabilisce la prova definita ex contingentia, secondo la quale le cose esistono ma potrebbero non esistere e non hanno in sé la ragione della loro esistenza. La prova ex gradu riguarda lo stato di perfezione delle cose; se le cose hanno diversi gradi di perfezione, allora solo l’esistenza di un massimo grado di perfezione rende possibile gli stadi di perfezione intermedia del mondo materiale.

La prova ex fine stabilisce che tutte le cose sono ordinate secondo un scopo, fatto che stabilisce l’esistenza di un’intelligenza ordinatrice. Il fatto che la sostanza Ubik sia una sorta di crisma capace di stabilizzare l’esistenza, lo stato di perfezione e l’ordine delle cose è in sé una funzione strettamente religiosa. Può sembrare strano che elementi così sofisticati siano occultati fra i deliranti messaggi pubblicitari che magnificano deodoranti orali, cereali per la prima colazione, sonniferi e deodoranti spray. Il mondo paranoico che Dick descrive si basa su una teoria della degradazione del sacro lontana dai teorici della destra europea, e tipicamente statunitense.

I culti sincretici delle Chiese più bizzarre sparse per gli Stati Uniti, quelle “bibbie al neon” che di notte rischiarano il paesaggio americano di cui parla John Kennedy Toole, abitualmente sovrappongono elementi della quotidianità a forme religiose. Pike aveva assimilato ai santi un astronauta ancora in vita, e nella San Francisco di Philip Dick, a pochi anni dalla sua morte, viene eretta la chiesa di St. John Coltrane, una jazz church dedicata al sassofonista scomparso nel 1967. Così scrive Dick per accentuare il significato della sua invenzione.

Io sono Ubik. Prima che l’universo fosse, io ero. Ho creato i soli. Ho creato i mondi. Ho creato le forme di vita e i luoghi che esse abitano; io le muovo nel modo che più mi aggrada. Vanno dove dico io, fanno ciò che io comando. Io sono il verbo e il mio nome non è mai pronunciato, il nome che nessuno conosce. Mi chiamano Ubik, ma non è il mio nome. Io sono e sarò in eterno (Ubik, cap. 17, p. 251).

Metafora del consumismo esasperato e della libertà di consumo, eretta da Truman a statuto della nazione come radicale diversificazione rispetto alle concezioni comuniste, le merci descritte da Dick sono addirittura il senso di un mondo. In senso strettamente marxista, Peter Fitting nel suo saggio Ubik: The Deconstruction of Bourgeois Sf si occupa del rapporto tra il romanzo e la concezione capitalista, ed è evidente come Dick intuisca, senza completamente razionalizzarli, i grandi temi del contemporaneo.

Philip e Nancy si sposarono nel luglio del 1966, un matrimonio civile a cui seguì una benedizione di James Pike. Secondo la Chiesa episcopale, Dick era ancora sposato con Anne, pertanto la partecipazione di Pike al matrimonio può essere annoverata tra le continue contraddizioni del vescovo. Il giorno della cerimonia Nancy era incinta, e dopo otto mesi, il 15 marzo 1967, nacque la seconda figlia di Philip, Isolde Freya Dick. Saranno anni inquieti e difficili. La gioia e le preoccupazioni per la nascita della figlia si sovrapponevano a una depressione quasi continua. Maren Hackett, la madre di Nancy, si suicidò, anche a causa della conclusione della relazione con il vescovo Pike, che scomparirà a sua volta nel 1969. Nell’aprile del 1968 l’amico Anthony Boucher morì di cancro. Philip gli dedicò Ubik, scrivendo

Vedo la foresta assolata / nel verde intera riposa / là presto ci avvieremo, / a incontrar l’estate.

Si tratta di un periodo in cui l’abuso di psicofarmaci era continuo e incideva profondamente sulla sua vita. Nel settembre del 1968 Philip intervenne alla convention annuale degli appassionati di fantascienza dove poté incontrare Fritz Leiber, Roger Zelazny, Philip José Farmer, Norman Spinrad, Ray Bradbury e Robert Silverberg, gli autori più significativi del momento. La sua creatività in quell’epoca subì un brusco rallentamento. Nel 1967 scrisse solamente Guaritore galattico, un romanzo in cui torna l’idea zoroastriana delle divinità antitetiche. Il protagonista è un artigiano-artista, un riparatore di vasi che si troverà di fronte, com’era accaduto in La città sostituita, alla lotta tra le due divinità. L’anno dopo si dedicò alla scrittura di Labirinto di morte, un altro romanzo di grande levatura.

Un gruppo di coloni rimane abbandonato su un pianeta misterioso, Delmak-O. Il nastro con le istruzioni relative alla colonizzazione del pianeta si è smagnetizzato, e unico loro supporto è un libro di teologia intitolato How I Rose From the Dead in My Spare Time and So Can You, qualcosa come “come sono risorto dalla morte nel mio tempo libero e potete farlo anche voi”. Secondo questa strana teogonia l’universo è governato da quattro divinità: il Demiurgo creatore, il Distruttore formale, l’Intercessore e “Colui che cammina sulla Terra”. Rapidamente il pianeta si rivela popolato da insetti robotici costruiti sulla Terra e tutto appare come un’inquietante menzogna, ma il gioco dickiano si ribalta ancora, e l’idea di essere su un pianeta di cartapesta, vittime di un qualche esperimento, si rivela falsa. Un computer induce sogni condivisi a un gruppo di astronauti abbandonati nello spazio per preservare la loro salute mentale. Anche la complessa religione è falsa, è solo uno degli elementi della simulazione. Ristabilita una verità definitiva, neppure questa concede un happy end, e le divinità del falso libro di teologia riappaiono come fossero reali. Nel finale Seth Morley incontra l’Intercessore che gli preannuncia:

Tu sarai libero; morirai e rinascerai.

Morley gli chiede di diventare una pianta del deserto.

Poter vedere il sole tutto il giorno. […] Forse un cactus di un pianeta caldo

chiede Morley. Il romanzo è per molti aspetti opprimente, la visione grottesca di Ubik è sostituita da un punto di vista depresso e oscuro. Dick condivide con Seth Morley quel desiderio di semplicità e annullamento e forse desidera che una qualche divinità si faccia carico dei suoi problemi. I nostri amici di Frolix 8, composto tra il 1968 e il 1969, venne scritto da Dick solo per alleviare i suoi problemi finanziari. Si presenta come una riscrittura di Lotteria dello spazio, ma sottolinea gli aspetti dittatoriali e la vita in uno stato di polizia. La crisi letteraria di Philip è profonda, e il romanzo mette insieme molti elementi narrativi già utilizzati come il classico libro nel libro, l’edizione clandestina del gruppo sovversivo degli Uomini Nascosti, la ragazza dai capelli neri, il personaggio di nome Kleo, che richiama la seconda moglie. Lo sfondo totalitario viene certamente dalla fantascienza, ma non si può escludere che in quegli anni la società statunitense fosse vista dagli intellettuali come un’esplicita tirannide. Sono gli anni, che Philip Roth descrive nella parte centrale di Pastorale americana, della diffusione di un movimento di contestazione radicale come gli Students for a Democratic Society, da cui si staccarono i Weathermen, un gruppo di lotta armata.

Il 4 aprile del 1968, a Memphis, venne ucciso Martin Luther King, mentre il paese era nel pieno di una guerra che era già costata 30.000 morti e 170.000 feriti fra i soldati statunitensi e un numero enormemente maggiore fra i vietnamiti. Nel 1965 era iniziata la protesta studentesca contro la guerra, mentre molti democratici, tra cui Robert Kennedy, fratello del presidente ucciso, contestavano le decisioni di Johnson. L’offensiva del Teth aveva dimostrato ai cittadini degli Stati Uniti che stavano perdendo la guerra, mentre la televisione diffondeva le immagini di massacri, bombardamenti e incendi provocati dal napalm. Le elezioni del 1968 videro i democratici divisi. Robert Kennedy, probabile candidato alla presidenza, venne ucciso. Il candidato definitivo, Hubert Humphrey, era favorevole alla guerra, e Chicago, dove si tenne la convention democratica, divenne il teatro di manifestazioni di protesta. Un composito movimento di gruppi studenteschi pacifisti, gli Yippies del Youth International Party di Abbie Hoffman e Jerry Rubin, l’Sds, il Black Panther Party, intendeva imporre una piattaforma pacifista al candidato democratico. L’establishment del partito rifiutò ogni mediazione con i manifestanti e il sindaco della città, il democratico Richard Daley, ordinò lo scioglimento delle manifestazioni provocando scontri gravissimi.

Graham Nash dedicò una canzone agli incidenti, Chicago, un verso della quale dice

won’t you please come to Chicago for a ride” (“non vorresti venire a Chicago per una manifestazione”),

in cui denuncia le violenze della polizia. Richard Nixon, la cui carriera politica sembrava finita con la sconfitta di otto anni prima, si presentò incredibilmente come candidato della pacificazione, per un’uscita onorevole dalla trappola vietnamita e per il ristabilimento dell’ordine interno sconvolto dalle manifestazioni. Anche grazie alla presenza di un terzo candidato, il razzista e conservatore George Wallace, governatore democratico dell’Alabama, Nixon divenne presidente degli Stati Uniti.

Dick, pur senza partecipare direttamente alla protesta, firmò una petizione intitolata “Writers and Editors War Tax Protest” che venne pubblicata nel febbraio 1968 sulla rivista “Ramparts”. I firmatari si opponevano alla presenza statunitense in Vietnam e si dichiaravano obiettori fiscali, detraendo dalla propria dichiarazione dei redditi l’addizionale che finanziava la guerra. Per Dick questa era un’adesione totale al movimento.

“Ripensandoci adesso capisco che la petizione di ‘Ramparts’, unita alla mia incapacità a partecipare alle marce, fino alla fine della guerra, non fu solo un atto contro la guerra, un modo di dissentire o addirittura un atto di disobbedienza civile, ma un totale sacrificio della mia libertà e della mia carriera (Exegesis 04, in Sutin 1990, p. 187).

In questo turbinio di tensioni Nancy manifestò nuovamente quella fragilità nervosa che era sembrata risolta con il matrimonio, mentre Philip era sempre sotto l’effetto di stimolanti e, nell’agosto del 1969, una dose acquistata da uno spacciatore gli provocò un collasso e un’intossicazione degenerata in pancreatite. Nonostante la grave malattia, Dick non smise di assumere psicofarmaci e la sua salute precaria lo tenne lontano dalla scrittura per mesi. Cercò più volte di smettere, ma l’intossicazione da anfetamine era molto grave e gli attacchi di panico molto frequenti. Nancy non resistette alla situazione e lo abbandonò, sebbene temporaneamente.

Nell’agosto del 1970 la sua situazione economica era talmente grave che fu costretto a inoltrare domanda per il programma di assistenza agli indigenti. Sotto l’effetto dell’anfetamina concepì Scorrete lacrime, disse il poliziotto: scrisse centocinquanta pagine in quarantotto ore. La prima versione aveva bisogno di una revisione, ma a settembre Nancy e Isa se ne andarono di casa. Il più vecchio ricordo di Isa, che allora aveva tre anni, è del padre che corre inseguendo la loro automobile. Scorrete lacrime è ambientato nel 1988, in un futuro molto ravvicinato e che proietta la situazione interna degli Stati Uniti con estremo pessimismo.

A seguito di una guerra si è instaurato lo stato di polizia; il controllo è totale, raffinati strumenti di rilevamento tecnologico si integrano con una rete di delatori. Il protagonista, Jason Taverner, ammette: “viviamo nel tradimento”. Si tratta dell’utopia negativa nixoniana, in cui la polizia spara agli studenti e reprime le forze giovani e fertili della nazione. Nel romanzo gli studenti si nascondono tra le rovine delle università distrutte, gli oppositori sono rinchiusi in campi di concentramento, condannati ai lavori forzati, le coppie di colore possono avere un solo figlio. Pol e Naz sono le abbreviazioni per la polizia e la Guardia nazionale. Nella realtà del 1970, il 4 maggio, la Guardia nazionale aveva aperto il fuoco contro gli studenti della Kent State University che protestavano contro l’invasione statunitense della Cambogia, comunicata pochi giorni prima da Richard Nixon. Quattro studenti rimasero uccisi. Il 14 maggio morirono due studenti di colore della Jackson State University, e molti altri vennero feriti. Per ricordare l’episodio di Kent, Neil Young scrisse una canzone di protesta intitolata Ohio che cita i soldatini di latta di Nixon. Ricordando gli anni in cui concepì il romanzo, Dick scrive:

Nell’universo potranno anche esserci forze malvage che si manifesteranno dopo la rimozione del velo, ma se penso alla caduta, nel 1974, della tirannide politica negli Stati Uniti […].

Si riferiva esplicitamente alle dimissioni di Richard Nixon dopo lo scandalo Watergate e successivamente, nel discorso intitolato “Uomo, androide e macchina”, aggiunse:

Noi volevamo soltanto giustizia, verità e libertà: il precedente governo di questo paese si è adattato a convivere con forze crudeli e violente, raccontandoci, contemporaneamente, un’infinità di menzogne attraverso ogni canale di comunicazione. (Dick 1976, p. 260).

Il titolo del romanzo proviene da una composizione barocca per due voci e liuto di John Dowland, Flow my Tears, Fall from Your Springs, citata all’inizio del romanzo, che si conclude con un verso che segna tutta la narrazione: “There let me live forlorn” (laggiù lasciatemi vivere desolato).

In questo mondo di oppressione, il protagonista incontra una serie di donne che rappresentano tutti gli aspetti del genere femminile; è una rassegna in cui Dick ricostruisce i molti rapporti della sua vita, compreso quello patologico con la sorella morta. Le elucubrazioni su di lei sfociano nel personaggio di Alys Buckman, bisessuale, incestuosa, drogata; una donna affascinante e pericolosa. Suo fratello, il generale della polizia Felix Buckman, è un personaggio dolente, shakespeariano, ama la sorella che gli ha dato un figlio e la sua esistenza è oscura. Il gioco dickiano di scombinare la realtà utilizza una droga capace di proiettare in universi alternativi, creati dalla mente. Giunto alla fine del romanzo, Philip Dick era solo, povero, drogato.

Si era sposato quattro volte e aveva due figlie, ma tutte queste donne erano lontane da lui. Nonostante una vita sentimentale così intensa, aveva un estremo bisogno di affetto e di compagnia che lo spingeva a teorizzare un “amore mistico per gli estranei”. Rimasto solo, la sua casa di Santa Venetia diventò meta di vagabondi, drogati, spacciatori. “Le pillole per la felicità si stanno rivelando pillole per gli incubi.” In quel clima di paranoia, eccitazione e depressione, Dick stava costruendo lo stato d’animo che sarà alla base del suo ultimo capolavoro, Un oscuro scrutare. La sua vita continuava fra drogati e adolescenti problematici che si rifugiavano a casa sua. Verso la fine del 1970 si presentò da lui una giovane su una Harley Davidson e Philip si innamorò immediatamente di lei. Il nome convenzionale con cui la indica Sutin è “Donna”, e su di lei Dick disegnò le figure di Donna Hawthorne in Un oscuro scrutare, di Gloria in VALIS, e di Angel Archer in La trasmigrazione di Timothy Archer. Molto probabilmente Philip e Donna rimasero solo amici, ma si trattò di un rapporto affettivo duraturo e importante. La vita disordinata, gli amori intensi e improvvisi e una minaccia di suicidio lanciata alla madre per telefono lo portarono a un breve ricovero al reparto psichiatrico della Stanford University.

Rimase ricoverato per quattro giorni, nel maggio del 1971, e risultò, nonostante tutto, in discreta forma. Nell’agosto dello stesso anno subì altri due ricoveri in reparti psichiatrici: sosteneva di essere controllato dalla Cia e dall’Fbi, sospettava che gli agenti fossero entrati in casa sua quando lui era assente. In quel periodo era ospite in casa sua Sheila, una ragazza appena diplomata, che se ne andò dopo qualche mese. Il 17 novembre del 1971 degli sconosciuti entrarono nella casa di Santa Venetia e la misero a soqquadro. L’episodio di per sé non sarebbe stato rilevante, ma Dick lo caricò di oscuri significati che coinvolgevano gruppi di estrema destra, la Cia, fazioni religiose opposte a Pike, militanti neri. In questo clima delirante, Dick venne invitato alla convention di fantascienza a Vancouver come ospite d’onore. Nonostante il terrore per i viaggi Dick accettò e scrisse L’androide e l’umano, un saggio molto importante per comprendere il suo pensiero. In quelle pagine si esplicitava l’idea di un androide come sinonimo di obbedienza in opposizione all’imprevedibilità e al ribellismo dei giovani. Nella società totalitaria di Richard Nixon i principi etici fondamentali per la sopravvivenza del vero individuo umano diventeranno

imbrogliare, mentire, fuggire, truffare, procurarsi documenti falsi, costruire nel proprio garage oggetti elettronici più sofisticati di quelli in dotazione alle autorità.

Il soggiorno di Vancouver durò molto più del previsto, tra facili innamoramenti e un tentativo di suicidio avvenuto il 23 marzo del 1972.

Dick assunse 700 grammi di bromuro di potassio, un sedativo, ma telefonò in tempo a un centro per la prevenzione dei suicidi. Dopo il tentato suicidio, una permanenza di qualche settimana in un centro per tossicodipendenti, X-Kalay, gli consentì di tornare negli Stati Uniti. Tim Powers e un gruppo di amici lo attendevano a Fullerton, vicino a Los Angeles, nella ricca contea ultraconservatrice di Orange, non lontano da Yorba Linda, dove era nato Richard Nixon. L’esperienza di X-Kalay gli fu molto utile per ridurre l’assunzione di anfetamina, e il tempo trascorso a Fullerton venne occupato dagli ennesimi innamoramenti per donne più giovani. Verso la metà di luglio del 1972, Philip conobbe a un party Tessa Busby, una ragazza di diciotto anni; fu un colpo di fulmine, dopo pochi giorni erano già una coppia. La gioia della nuova relazione consentì a Dick di riprendere a scrivere, concludendo Scorrete lacrime, disse il poliziotto, che era rimasto incompiuto per due anni, e di tornare al racconto, dopo tre anni, con Temponauti, una straordinaria storia sulla ricorsività del tempo e delle esperienze. Poi iniziò a lavorare a Un oscuro scrutare. Un agente della narcotici, Bob Arctor, infiltrato in un gruppo di tossicomani, finge di essere Fred, un piccolo spacciatore. La droga in questione è la Sostanza M, uno stupefacente in grado di separare le funzioni percettive da quelle cognitive. Bob inizia a solidarizzare con i drogati che deve controllare e assume lui stesso la Sostanza M. Il risultato è che Fred e Bob Actor diventano due persone diverse. Fred controlla Bob come se fosse un’altra persona. I personaggi del romanzo si ispirano a figure incontrate nel difficile periodo trascorso a St. Venice, ragazzi deceduti o con danni permanenti provocati dall’abuso di stupefacenti. Per loro il romanzo esprime un’estrema pietà, sono creature deboli e disperate, Dick li descrive come “bambini che giocano”. Il finale è agghiacciante: Fred viene ricoverato a Nuovo Sentiero, un centro per drogati descritto in base all’esperienza a X-Kalay, e scopre che la Sostanza M viene coltivata proprio nella comunità in cui si trova.

In quel periodo Dick ottenne importanti successi in Europa, e negli Stati Uniti aumentò l’interesse per la sua opera. Una piccola casa editrice, la Entwhistle Books, si propose di pubblicare il suo romanzo mainstream Confessioni di un artista di merda. Intanto Richard Nixon aveva vinto il suo secondo mandato alla Casa Bianca superando George Mc-Govern in quarantotto stati contro due: un successo strepitoso. Nixon, nonostante il conflitto in Indocina fosse ancora in corso, ottenne importanti risultati diplomatici con l’Unione Sovietica e la Cina. Quella che secondo la percezione di Dick era l’incarnazione del male sedeva ancora nel suo ufficio di Washington. Il 25 luglio 1973 Philip e Tessa si sposarono. Dal quinto matrimonio nacque Christopher, il primo figlio maschio di Dick. La sua vita sembrò regolarizzarsi, anche se si registrano alcune crisi depressive che seguirono la nascita, ed è in questo periodo che la casa di produzione cinematografica United Artist acquisì i diritti del romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche?

Il 1974 fu un anno di inquietanti percezioni. Nella biografia dello scrittore si dice che la pubblicazione di Scorrete lacrime, disse il poliziotto lo aveva preoccupato perché il romanzo poteva essere letto

come una visione di prigioni stile Gulag, istituite da un’America fascista,

e quindi avrebbe potuto essere disapprovato sia dalle autorità sovietiche sia da quelle statunitensi. Inoltre la sua opera aveva conquistato critiche molto positive da una rivista teorica come “Science Fiction Studies” su cui scrivevano importanti studiosi marxisti come Darko Suvin, Peter Fitting e Fredric Jameson. Il 20 febbraio 1974 a Dick venne somministrato del pentotal da un dentista. Egli ritenne che l’effetto fosse durato a lungo: nel periodo di efficacia del farmaco incontrò una ragazza “con i capelli nerissimi e grandi occhi, molto buoni e intensi”. La ragazza portava al collo un ciondolo raffigurante un pesce, e gli disse: “è un segno che usavano i primi cristiani”. La descrizione di questi eventi è tratta dall’Exegesis, un diario quasi totalmente scritto a mano di circa ottomila pagine, dedicato alla descrizione e all’interpretazione degli episodi avvenuti nel 1974. Successivamente all’incontro con la ragazza, Dick fu perseguitato da una serie di incubi. Il simbolo del pesce lo ossessionava, organizzò in casa un piccolo altare e sistemò sul vetro della finestra del soggiorno alcuni pesci autoadesivi. A metà marzo raccontò di avere visto, da sveglio, delle luci roteanti che si spostavano a grande velocità.

Per quasi otto ore continuai a vedere quei spaventosi vortici di luce.

La settimana successiva raccontò di un’altra visione.

Questa volta vidi dei disegni astratti in forma perfetta, che più tardi seppi provenire da libri d’arte, un po’ come le cose che faceva Kandinskij. Ce n’erano letteralmente a centinaia o migliaia, prendevano il posto l’uno dell’altro, a velocità abbagliante […] Riconobbi gli stili di Paul Klee e di uno o due periodi di Picasso.

L’interpretazione che Dick fornì di questa esperienza è che si trattasse di una comunicazione.

Ero sicuro che qualcosa di vivente stesse cercando di comunicare con me. Ero sicuro che venisse dall’alto – magari dallo spazio. Specie dalle stelle: incominciai a uscire di casa, la sera, avendo la fortissima impressione che da loro mi giungessero delle informazioni.

Nello stesso periodo Dick raccontò dell’arrivo di una lettera anonima particolarmente inquietante, la cosiddetta “lettera Xerox”, una fotocopia con alcune parole sottolineate con colori diversi. Dopo i fenomeni fosfenici, Dick interpretò la lettera come una minaccia, cercò di contattare l’Fbi, poi chiamò la polizia di Fullerton e disse:

sono una macchina.

Nell’Exegesis scrive che si sentiva influenzato, che qualcosa cercava di acquisire il controllo sul suo comportamento,

Un innesto per il controllo del pensiero, creato dai servizi segreti dell’esercito.

In questo periodo fu preso da una frenesia tesa a dimostrare la sua fedeltà agli Stati Uniti. Scrisse all’Fbi un memoriale che spiegava il perché i critici di sinistra fossero interessati alle sue opere e giustificava alcune lettere inviate in Unione Sovietica. Passata la crisi fu colto dalla delusione per aver cooperato con coloro che definì “i miei oppressori”, ma le anomalie continuarono.

Gli animali di casa, e in particolare il gatto Pinky, gli sembravano diventati più intelligenti e intenzionati a comunicare con lui. La radio funzionava anche senza alimentazione e lo apostrofava durante la notte con insulti e offese. Fra tutti i prodigi che descrisse, il “raggio rosa”, un flash che trasportava informazioni di natura spirituale, era il più stupefacente. Secondo Dick l’entità entrata in contatto con lui era VALIS, l’acronimo di Vast Active Living Intelligence System, che oltre mandargli il raggio rosa aveva iniziato a comunicare tramite sogni che durarono fino all’estate, e che si ripresentarono sporadicamente per tutto il resto della sua vita. I messaggi che gli giungevano andavano da parole senza significato, come “aramchuk”, a numeri, parole greche e sanscrite.

Fra i tentativi di spiegazione che Dick riportò nell’Exegesis, alcuni si basavano sulle più recenti scoperte della fisica (come i tachioni, particelle in grado di spostarsi a velocità superiori a quella della luce, e quindi anomale rispetto al tempo), altri su possibili esperienze mistiche, come la fusione della sua mente con quella del defunto vescovo Pike. La sua esperienza continuò: il raggio rosa lo avvertì che il figlio Christopher soffriva di un’ernia inguinale, potenzialmente mortale. La diagnosi venne confermata e il piccolo fu operato. Se la vita interiore di Dick era monopolizzata dalle visioni iniziate a febbraio, il mondo esterno si interessava sempre di più alla sua opera.

Numerose opzioni cinematografiche, interviste su rotocalchi di grande tiratura come “Rolling Stone”, recensioni. L’ultima esperienza avvenne tra gennaio e febbraio 1975. Dick apprese che la realtà percepita era solo un’illusione, una specie di velo di Maya, e che in realtà stavamo vivendo nel I secolo dopo Cristo. La storia si era fermata quando Tito aveva distrutto il tempio di Gerusalemme. Durante tutto questo periodo un’entità malvagia, l’Impero, avrebbe costruito una sovrarealtà, la “Prigione di Ferro Nera”, per imprigionare l’umanità. Una setta segreta di veri cristiani, il “Giardino delle Palme”, stava combattendo contro l’Impero che si perpetuava da Ottaviano Augusto fino a Richard Nixon.

Il complesso di esperienze non convenzionali che Dick descrisse nei suoi diari, e usualmente definite come gli eventi “2-3-74”, per alcuni rappresenta le percezioni alterate di uno schizofrenico, per altri il gioco inquietante di uno scrittore, per altri una mescolanza di allucinazioni, fantasia, menzogne; qualcuno non avanza alcuna ipotesi e si limita a riportare il contenuto dei documenti disponibili e l’influenza di questi eventi sulle opere.
La ripresa dell’attività letteraria si concretizzò con la revisione di Un oscuro scrutare e con la conclusione di Deus Irae, un romanzo scritto assieme a Roger Zelazny. La loro collaborazione era iniziata nel 1964: Zelazny era uno scrittore molto adatto a lavorare con Dick, per via del suo grande interesse verso i temi religiosi. Romanzi come Creature della luce e delle tenebre e Signore della luce avevano rappresentato un’importante innovazione tematica e stilistica nella fantascienza. Deus Irae riprende alcune situazioni di Cronache del dopobomba e mette in scena un mondo devastato dalla guerra nucleare in cui una creatura incompleta, un pittore senza braccia e gambe impiantato di arti meccanici, cerca di ritrarre in un affresco l’uomo che ha scatenato il conflitto.

Nello stesso periodo degli eventi “2-3-74”, tutti gli Stati Uniti seguivano i drammatici avvenimenti provocati dagli arresti del 17 giugno 1972 all’hotel Watergate di Washington. Nell’ottobre del 1973 il vicepresidente Spiro Agnew era stato obbligato a dimettersi perché accusato di evasione fiscale, estorsione e corruzione, reati compiuti quando era governatore del Maryland. Le dimissioni di Richard Nixon dalla carica di presidente giunsero il 9 agosto 1974, quando era ormai sicuro che sarebbe stato incriminato per intralcio della giustizia, falsa testimonianza e abuso di potere. Per Dick, che aveva trasfigurato l’immagine di Nixon in quella di un crudele imperatore romano persecutore dei cristiani, era l’avverarsi di una profezia personale. Non era solo Dick, comunque, ad associare il concetto di impero alla figura di Richard Nixon: molti storici, infatti, definirono “presidenza imperiale” il suo mandato. L’espansione dell’autorità presidenziale aveva seguito il crescere del ruolo internazionale degli Stati Uniti, inoltre gli anni della Guerra fredda avevano portato i presidenti ad assumere decisioni importanti senza neppure consultare il governo. Non solo la guerra in Laos e in Cambogia venne decisa nei livelli più ristretti dell’esecutivo, ma Nixon, in nome della sicurezza nazionale, negò l’accesso a documenti governativi al Congresso e impedì l’utilizzo dei fondi destinati a finanziare leggi approvate dagli organi collegiali. Inoltre, durante la sua amministrazione, divennero pratiche comuni le intercettazioni telefoniche illegali, il controllo della corrispondenza personale, l’utilizzo indebito della Cia, dell’Fbi e di altri organi ispettivi. Questo enorme potere accumulato da un uomo solo, un imperatore del male, si sgretolò quasi per caso, quando un guardiano dell’hotel Watergate vide una porta tenuta socchiusa da un pezzo di nastro.

Nell’estate del 1976 Philip decise di lasciare Tessa. Per lo scrittore si trattava della quinta separazione, ma le sue attenzioni sentimentali erano da tempo rivolte a Doris Sauter, una donna che aveva conosciuto nel 1972 quando lei era fidanzata con lo scrittore Norman Spinrad. Doris era poco più che ventenne, appassionata di fantascienza e fervente cristiana.

Affetta da un tumore linfatico all’ultimo stadio, che subì una remissione, rimase molto vicina a Philip quando, dopo un litigio con Tessa, egli tentò nuovamente il suicidio: ingerì un cocktail di farmaci e si tagliò il polso sinistro ma, anche in quell’occasione, cambiò idea e chiamò i soccorsi. Philip e Doris si stabilirono a Santa Ana, sempre a Orange County, vicino a Tim Powers, mentre i diritti sui romanzi gli garantivano una discreta sicurezza economica. Si trattava comunque di una vita non facile, come sempre. Doris era una persona molto indipendente, Philip estremamente fragile, ma quando lei ebbe una riacutizzazione della malattia lui le fu molto vicino.

Alla fine del 1976 l’editore Bantam chiese a Dick di apportare alcune modifiche al suo ultimo romanzo, intitolato Valisystem A, che poi fu pubblicato postumo, nel 1985, con il titolo Radio libera Albemuth. Dick non modificò il dattiloscritto ma si dedicò a un nuovo progetto letterario che sfocerà nella scrittura di VALIS. Radio libera Albemuth vede lo stesso Philip Dick come protagonista e presenta in forma romanzata tutte le idee elaborate durante gli avvenimenti del 1974. In particolare l’autore si descrive come un deciso avversario della tirannide di Ferris Fremont, l’alias fantascientifico di Richard Nixon. La vita a Santa Ana era caratterizzata dalla riunione del giovedì sera in casa di Tim Powers. Del gruppo eterogeneo che trascorreva divertenti serate facevano parte due aspiranti scrittori di fantascienza destinati a percorrere le strade del cyberpunk, Kevin Wayne Jeter e James Blaylock.

Jeter chiese a Dick di leggere un suo manoscritto, Dr. Adder, che in seguito venne pubblicato con una nota di Phil. La presenza nel gruppo di Jeter, ex militante del Socialist Workers Party e dei movimenti contro la guerra, era da stimolo per Dick, ormai completamente preso dalla visione religiosa del mondo. L’inizio di una relazione, forse solo affettiva, con Joan Simpson lo portò a vivere a Sonora, dove iniziò a frequentare lo scrittore di fantascienza Richard Lupoff e Paul Williams, che pubblicherà nel 1986 il libro dedicato a Dick Only Apparently Real: The World of Philip Dick.

Nel settembre del 1977, nonostante la sua paura per i viaggi, accettò di presenziare alla convention di Metz, in Francia, dove tenne il suo celebre discorso “

Se vi pare che questo mondo sia brutto, dovreste vederne qualche altro.

L’intervento, anche a causa di alcuni tagli frettolosi e di una cattiva traduzione, lasciò gli astanti perplessi. Il ritorno in California segnò la separazione da Joan e il suo ritorno a Santa Ana. Il 1978 fu ancora un anno economicamente positivo: incassò più di 90.000 dollari per i diritti. La vita tranquilla, con poche spese, gli consentì di contribuire ad associazioni caritatevoli e al gruppo antiabortista Crusade for Life, e, alla fine di novembre, inviò alla Bantam il manoscritto di VALIS. Il romanzo si basa sulla decisione di Dick di scrivere esattamente cosa gli era accaduto nel 1974 ed evitare la metafora romanzesca che caratterizzava Radio libera Albemuth. In una sua lettera Dick scrive a proposito di VALIS:

Stranamente, gli eventi bizzarri sono veri, […] o meglio io credo che siano veri.

I protagonisti sono Dick stesso, con il nome di Horselover Fat, Tessa, Doris, Jeter, Powers e altri amici. La redazione della Bantam espresse molte perplessità sul libro e non volle pubblicarlo, nonostante il successo di pubblico di Dick fosse in costante aumento. Un oscuro scrutare vinse il Gran Prix al festival di Metz, il suo racconto Spero di arrivare presto uscì su “Playboy”, due gruppi punk mutuarono il loro nome dal romanzo Eye in the Sky e dalla droga JJ-180, tratta da Illusione di potere, ma i suoi sforzi erano sempre concentrati sulla scrittura dell’Exegesis. Sutin, nella sua biografia, descrive così la duplice origine del nucleo della cosmogonia introdotta in VALIS:

Il nostro universo, visibile ma falso (natura naturata, Maya, dokos, Satana), viene parzialmente redento dal suo continuo mescolarsi con l’autentica fonte dell’essere (natura naturans, brahman, eidos, Dio). Insieme, le due fonti creano una sorta di universo olografico che ci inganna (Sutin 1990, p. 295).

Basandosi su un racconto del 1979, Catene d’aria, ragnatela d’etere, in cui una donna malata di sclerosi multipla vive all’interno di una cupola sulla superficie di uno sperduto asteroide, Dick scrive Divina invasione, il seguito di VALIS, in due settimane. Rybys, malata, è stata fecondata dal dio Yah; Herb Asher, l’abitante della cupola vicina, diventa una specie di san Giuseppe che deve accompagnare la donna sulla Terra, posta sotto il dominio di Belial. Il piano religioso e quello fantascientifico si compenetrano magistralmente, le metafore hanno la forza di personaggi e forse il romanzo supera lo stesso VALIS in potenzialità espressiva.

Le entità astratte della religione vivono concretamente in una sorta di Antico Testamento fantascientifico capace di sussumere le tradizioni ebraiche e i filoni gnostici che avevano appassionato le ricerche teologiche di Dick. Finito il romanzo (pubblicato nel 1981), il 17 novembre 1980 Dick registrò una nuova esperienza che trascrisse nelle pagine dell’Exegesis. Era dalla conclusione di VALIS che non aveva avuto più contatti.

Dio mi si è manifestato come vuoto infinito,

scrive, e riporta poi la trascrizione di un lungo dialogo. Questa teofania lo sconvolse e il resoconto risultò estremamente intenso, ma come le volte precedenti la sua vita ritornò rapidamente alla normalità. Ciò che accadeva nel mondo e la passione politica che l’aveva infiammato erano sentimenti ormai lontani; Dick divideva la sua attenzione tra la stesura dei propri appunti e una vita sostanzialmente normale.

All’inizio del 1981 diventò ufficiale il progetto di Blade Runner, il film diretto da Ridley Scott e tratto dal suo romanzo Ma gli androidi sognano pecore elettriche? La sceneggiatura di Hampton Francher e David Peoples riscrive completamente il legame tra umano e artificiale, attribuendo ai replicanti quell’empatia che Dick riteneva peculiare degli umani. Tra aprile e maggio del 1981 Philip iniziò la scrittura di La trasmigrazione di Timothy Archer, opera ispirata al suo amico scomparso, il vescovo Pike. Vi si narra la storia di un uomo che, come era accaduto a Dick, aveva trovato nelle visioni e nella loro interpretazione il senso più profondo della vita. Il romanzo registrò uno scarso successo, nonostante fosse stato pubblicato nella primavera del 1982, subito dopo la morte di Philip.

Nell’agosto del 1981 Dick era già al lavoro su un nuovo romanzo, The Owl in Daylight, che narra la storia di fantascientifica di uno scienziato tenuto prigioniero in un luna park da un computer fuori controllo. Dagli appunti caotici che stavano alla base del romanzo emerge il “Ditheon”, un medicinale miracoloso che ricorda l’Ubik, ma la trama era ancora indefinita. Questi ultimi mesi furono costellati da episodi che mettono in luce la sua fragilità: un piccolo incidente d’auto, una ferita alla mano procuratasi involontariamente alla notizia dell’omicidio del presidente egiziano Anwar Sadat, l’apprensione conseguente alla notizia della morte di alcuni conoscenti, passioni momentanee. Attendeva la prima di Blade Runner; ne aveva visto un breve trailer e gli era piaciuta l’atmosfera noir.

Da quel film nascerà il mito che spingerà i produttori a trarre dalle sue opere film di successo come Atto di forza, Minority Report, Paycheck, Impostor, Screamers e il cartone animato Scanner Darkly. Il 18 febbraio 1982, Philip Dick venne trovato in casa dai vicini, privo di conoscenza. In ospedale gli diagnosticarono un infarto. Le opinioni dei medici erano orientate all’ottimismo, ma durante il ricovero si verificarono nuovi infarti. Il 2 marzo 1982, all’età di cinquantatré anni, morì Philip K. Dick. Fu seppellito a Fort Morgan, in Colorado, accanto alla sorella Jane.

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