Friedrich Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra

by gabriella

Una delle prime inchieste sulla condizione operaia, nella quale Engels fotografa gli orrori del primo capitalismo industriale: la schiavitù alle macchine, la disoccupazione tecnologica, la competizione per la sopravvivenza tra gli operai, il lavoro malsano, femminile e minorile, col loro seguito di malattie e mutilazioni tali per cui questo moderno proletariato è spesso simile «a un esercito che torna da qualche campagna militare».

Il testo è accessibile in rete preceduto dall’introduzione di Eric J. Hobsbawm che, sottolineandone la dignità di classico della scienza sociale, osservava come l’acutezza di Engels fosse spiegata non solo dal suo talento, ma dalla sua visione: «buon scienziato sociale poteva essere – infatti – solo chi fosse libero dalle illusioni della società borghese».

Il coda al testo i lavori di approfondimento degli studenti della 4F [a.s. 2017-18].

Degno di nota, per il prefatore, soprattutto il fatto che

Friedrich Engels (1820 - 1895)

Friedrich Engels (1820 – 1895)

«Engels non ha mai ha presentato la borghesia come una massa di individui dal cuore di pietra. Il suo odio per quel che la borghesia rappresentava, e per ciò che la induceva a comportarsi in quel determinato modo non era l’odio ingenuo verso alcuni uomini di cattiva volontà, diversi dagli uomini di buona volontà.  Esso faceva parte della critica al carattere inumano del capitalismo, che automaticamente trasforma gli sfruttatori in una classe “profondamente immorale, cosi inguaribilmente corrotta, intimamente corrosa e resa del tutto incapace di ogni progresso dall’egoismo”» [p. 9].

La civiltà opera i suoi miracoli e l’uomo civile regredisce fino quasi a ridiventare selvaggio.

Alexis de Tocqueville su Manchester

Dalla dedica alla classe operaia inglese

Operai!

abbrutimento operaia voi dedico un’opera nella quale mi sono sforzato di presentare ai miei compatrioti tedeschi un quadro fedele delle vostre condizioni, delle vostre sofferenze e lotte, delle vostre speranze e prospettive.

Ho vissuto abbastanza a lungo tra voi per avere una certa conoscenza delle vostre condizioni d’esistenza, al cui studio ho dedicato la più seria attenzione, esaminando i vari documenti ufficiali e non ufficiali, nella misura in cui sono riuscito a procurarmeli. Ma non mi sono accontentato di questo: volevo qualcosa di più della semplice conoscenza astratta del mio soggetto, volevo vedervi nelle vostre stesse case, osservarvi nella vostra vita di tutti i giorni, discorrere con voi sul vostro stato e sui vostri tormenti, essere testimone delle vostre lotte contro il potere sociale e politico dei vostro oppressori.

Ho fatto così, ho rinunciato alla compagnia e ai trattenimenti, al vino di Porto e allo champagne delle classi medie, ho dedicato le mie ore libere quasi esclusivamente a frequentare semplici operai; sono insieme contento e fiero di averlo fatto. Contento, perché in tal modo sono stato indotto a trascorrere piu di un’ora felice, imparando a conoscere la realtà della vita, ore che altrimenti sarebbero state dissipate in conversazioni mondane e in tediosi cerimoniali; fiero, perché ho avuto cosi la possibilità di rendere giustizia ad una classe oppressa e calunniata di uomini che, con tutti i loro difetti e in mezzo a tutti i disagi della loro situazione, si impongono tuttavia al rispetto di chiunque non sia un affarista inglese.

[…] avendo ampia occasione di osservare le classi medie, vostre avversarie, ben presto sono giunto a concludere che voi avete ragione, perfettamente ragione, di non aspettarvi alcun appoggio da esse. I loro interessi sono diametralmente opposti ai vostri, sebbene esse cerchino sempre di sostenere il contrario e di farvi credere che nutrono la più fervida simpatia per la vostra sorte. […] Hanno fatto forse qualcosa di più che pagare le spese di una mezza dozzina di commissioni d’inchiesta, i cui voluminosi rapporti sono condannati a dormire in perpetuo tra cataste di cartacce negli scaffali del Home Office? Hanno almeno tratto da questi libri azzurri che stanno ammuffendo un solo libro leggibile, dal quale ognuno possa attingere con facilità qualche informazione sulle condizioni della grande maggioranza dei « liberi britanni »? Non son stati essi a farlo, naturalmente; queste sono cose delle quali non amano parlare.operai primo nove2

Hanno lasciato a uno straniero il compito di informare il mondo civile sulla situazione degradante nella quale siete costretti a vivere. Uno straniero per loro, non per voi, spero: il il mio inglese non sarà perfetto, ma spero che voi tuttavia, lo troverete chiaro. Nessun operaio in Inghilterra mi ha mai trattato da straniero. Con grande gioia ho osservato che voi siete immuni da quella terribile maledizione che sono i pregiudizi e l’orgoglio nazionali che oltretutto non sono altro che egoismo all’ingrosso. Ho osservato che voi simpatizzate seriamente con chiunque dedichi le proprie forze al progresso umano – sia o no inglese – che ammirate ogni cosa grande e buona, sia essa germogliata o no sul vostro suolo, ho trovato che siete qualcosa in più che inglesi puri e semplici, siete uomini […] i quali sanno che i propri interessi coincidono con quelli di tutto il genere umano.

E come tali, come membri di questa famiglia dell’umanità «una e indivisibile», come esseri umani nel senso più pieno della parola, io, e molti altri sul continente, plaudiamo al vostro progresso in tutte le direzioni e vi auguriamo un rapido successo. Andate avanti come avete fatto finora. Molte cose ancora ci saranno da affrontare, siate decisi, siate impavidi, il vostro successo è certo e nessun passo da voi compiuto nella vostra marcia in avanti sarà perduto per la nostra causa comune, la causa dell’umanità!.

Barmen (Prussia renana), 15 marzo 1845

 

Introduzione

di Eric Hobsbawn

Quando scrive La sbambina operaiaituazione della classe operaia in Inghilterra in base a osservazioni dirette e fonti autentiche [Lipsia, 1845] Engels ha ventiquattro anni, ma è eccezionalmente qualificato per farlo. È figlio di industriali tedeschi che hanno fabbriche a Barmen, in Renania, e un’importante filiale a Manchester, nel cuore della nuova industria coi filatoi idraulici, i telai meccanici, le macchine a vapore e ha svolto studi di diritto e filosofia a Berlino, dove ha animato con altri giovani hegeliani il cosiddetto dibattito degli hegeliani di sinistra.

Nel 1842, suo padre decide di allontanarlo dall’ambiente radicale frequentato a Berlino e lo invia in Inghilterra ad occuparsi della filiale di Manchester. È qui che avviene l’impatto con una realtà distante e che il giovane filosofo leva lo sguardo sugli orrori del primo capitalismo industriale e la condizione della “vera” classe operaia, alla cui sorte si è già legato. Iniziano così le osservazioni dirette, a cui si accompagna un lavoro di documentazione su fonti autentiche, che verranno elaborate in forma sistematica tra il 1844 e il 1845.

bambini operaiNell’introduzione all’opera, Eric Hobsbawm sottolinea che questo testo è una delle prime inchieste sulla condizione operaia, e anche tra queste speciale: è la prima che tratta la classe operaia nel suo insieme ed è un’analisi che non si limita alla sola osservazione del lavoro, ma si estende allo sviluppo del capitalismo industriale nel suo impatto con la società. Prima degli anni ’40 dell’Ottocento – potremmo dire fino al 1834, anno in cui in Inghilterra vengono emanate la nuova Poor Law e la legislazione sulle fabbriche – l’attenzione della letteratura sociale e dei pubblici ispettori è infatti rivolta ai poveri.

La prima parte dell’opera di Engels è un’indagine sulle condizioni igienico-abitative della classe operaia. Un’indagine di grande interesse, perché configura uno studio del fenomeno dell’urbanizzazione e della crescita delle città industriali, prima spontanea, poi “guidata” dal nuovo business della costruzione degli alloggi operai. I capitoli “Le grandi città” e “La concorrenza” sono basati sull’osservazione diretta e le testimonianze degli operai con cui Engels era a contatto.

Solo nei capitoli successivi si entra nelle fabbriche, le industrie tessili nelle quali domina il macchinismo che produce disoccupazione tecnologica, che ha l’effetto di aumentare la concorrenza tra operai e dunque di mantenere bassi i salari; lavoro femminile e minorile, con effetti devastanti sulle donne e sui bambini e sulla struttura familiare; nuove malattie (asma, dolori di schiena, affezioni polmonari, disturbi della vista, deformazioni articolari, ecc.) e mutilazioni tali per cui questo moderno proletariato è spesso simile “a un esercito che torna da qualche campagna militare”[4].

 

Introduzione

di Friedrich Engels

Spinning Jenny

[p. 30] La storia della classe operaia in Inghilterra ha inizio nella seconda metà del secolo scorso, con l’invenzione della macchina a vapore e delle macchine per la lavorazione del cotone. Queste invenzioni, com’è noto, diedero impulso alla rivoluzione industriale, una rivoluzione che in pari tempo tutta la società borghese, e la cui importanza storica comincia solo ora a essere riconosciuta.

L’Inghilterra è il terreno classico di questo rivolgimento, che fu tanto più grandioso quanto più procedette silenziosamente, e perciò l’Inghilterra è anche il paese classico per lo sviluppo del principale risultato di questo rivolgimento: il proletariato […].

Prima dell’introduzione delle macchine, la tessitura e la filatura della lana era fatta in casa del lavoratore. La moglie e le figlie filavano il filo, che l’uomo tesseva o che, se il capofamiglia non lo lavorava egli stesso, veniva venduto. Queste famiglie di tessitori vivevano per lo più in campagna nelle vicinanze delle città e con il loro salario potevano cavarsela abbastanza bene, perché il mercato interno era ancora decisivo per la domanda di tessuti, anzi era quasi l’unico mercato, e il prepotere della concorrenza, sviluppatosi più tardi con la conquista di mercati stranieri e l’allargamento del commercio, non premeva ancora in modo avvertibile sul salario. A ciò si aggiungeva un aumento costante della domanda del mercato interno che teneva il passo con la lenta crescita della popolazione e che occupava perciò tutti i lavoratori, e l’impossibilità di un’aspra concorrenza tra questi, derivante dal fatto che le loro abitazioni erano isolate nelle campagne.

yeoman

yeoman

Per lo più il tessitore era quindi in gradi di mettere da parte qualcosa e di affittare un piccolo pezzo di terra che lavorava nelle ore libere, e di queste ne aveva a volontà, poiché poteva scegliere e a piacere il  momento e la durata del suo lavoro di tessitura. Indubbiamente era una cattivo contadino e mandava avanti la sua azienda agricola con poca cura e senza molto profitto reale; ma almeno non era un proletario, come dicono gli inglesi aveva messo un palo nel suolo della patria, cioè aveva fissa dimora, e si trovava nella società ad un gradino più alto dell’odierno operaio inglese.

In questo modo,  i lavoratori vegetavano abbastanza comodamente e conducevano una vita dabbene e tranquilla in tutta devozione e rispettabilità; la loro posizione materiale era di gran lunga migliore di quella dei loro successori; non avevano bisogno di affaticarsi troppo, lavoravano non più di quanto volevano e guadagnavano tuttavia ciò di cui avevano bisogno, disponevano di tempo libero per un sano lavoro nel loro orto o campo, un lavoro che era per essi già di per sé un ristoro, e potevano, inoltre, prendere parte ai divertimenti e ai passatempi dei loro vicini; tutti questi passatempi, birilli, gioco della palla, ecc., contribuivano a mantenerli in salute e a rinvigorirne [p. 31] il corpo. Per lo più erano gente di complessione regolare e robusta, che fisicamente erano poco o nient’affatto diversi dai loro vicini campagnoli. I loro figli crescevano all’aria libera della campagna, e se pure aiutavano i genitori nel lavoro, ciò avveniva solo di tanto in tanto, né si poteva parlare di una giornata lavorativa di otto-dodici ore.

Quale fosse il carattere morale di questa classe, è facile indovinare. Staccati dalle città, nelle quali non capitavano mai, poiché il filo e il tessuto venivano consegnati contro pagamento del salario ad agenti viaggianti, tanto staccati che dei vecchi, pur abitando proprio nelle vicinanze delle città, non vi si erano mai recati, fino a che da ultimo le macchine rubarono loro il mestiere, costringendoli a cercare lavoro nelle città, costoro erano al livello intellettuale e morale della gente di campagna, con la quale, del resto, erano per lo più legati direttamente dalle loro piccole affittanze.

squire

squire

Essi consideravano lo squire – il più importante proprietario terriero della zona – come il loro naturale superiore, gli chiedevano consiglio, gli affidavano la decisione nelle loro piccole contese e gli tributavano tutti gli onori inerenti a questo rapporto patriarcale. Erano gente «rispettabile» e buoni padri di famiglia, vivevano moralmente poiché non avevano occasione di essere immorali, in quanto nelle loro vicinanze non esistevano osterie o case di piacere, e poiché l’oste presso il quale di tanto in tanto andavano a spegnere la loro sete era anch’egli un uomo rispettabile, e per lo più un grande affittuario, che teneva alla buona birra, al buon ordine e a chiudere per tempo l’esercizio.

Tenevano i loro figli tutto il giorno a casa con sé e li allevavano nell’obbedienza e nel timor di Dio; i rapporti di famiglia patriarcali rimanevano invariati, finché i figli non fossero essei stessi sposati; i giovani crescevano in idilliaca semplicità e familiarità con i loro compagni di giochi finché si sposavano, e anche se quasi comunemente si avevano rapporti sessuali prima [p. 32] del matrimonio, tuttavia ciò avveniva soltanto là dove da ambedue le parti vi era un impegno morale al matrimonio, e il susseguente sposalizio rimetteva poi tutte le cose a posto. Insomma, gli operai industriali inglesi di allora, vivevano e ragionavano allo stesso modo che ancor oggi si trova qua e là in Germania, ritirati e riservati, senza attività intellettuale e senza oscillazioni violente nella loro situazione.

Di rado sapevano leggere e ancor meno scrivere, andavano regolarmente in chiesa, non facevano politica, non partecipavano a cospirazioni, non pensavano, si dilettavano di esercizi fisici, ascoltavano con tradizionale devozione la lettura della Bibbia e, nella loro semplice umiltà, erano in ottimi rapporti con le classi più elevate della società. In cambio di tutto questo però, erano intellettualmente morti, vivevano soltanto per i loro meschini interessi privati, per il loro telaio e il loro orticello, e non sapevano nulla del grandioso movimento che fuori pervadeva l’umanità. Si sentivano a proprio agio nella loro quieta vita vegetativa e senza rivoluzione industriale non sarebbero usciti mai da questa esistenza, certo molto comoda e romantica, ma indegna di uomini.

Infatti non erano veramente esseri umani, ma semplici macchine da lavoro al servizio di pochi aristocratici che fino ad allora avevano guidato la storia; la rivoluzione industriale, invero, non ha fatto altro che portare tutto ciò alle ultime conseguenze, completando la trasformazione dei lavoratori in pure e semplici macchine e togliendo loro dalle mani l’ultimo resto di attività autonoma, ma appunto perciò spingendoli a pensare e ad esigere una condizione umana.

Come in Francia fu la politica, così in Inghilterra fu la rivoluzione industriale e il movimento della società borghese in generale a trascinare nel vortice della storia le ultime classi ancora sprofondate nell’indifferenza verso gli interessi generali dell’umanità.

 

Esercitazione

Leggi l’Introduzione di Engels a La situazione della classe operaia in Inghilterra e stendi una breve relazione in cui:

1. Descrivi sinteticamente la condizione dei tessitori e delle loro famiglie agli albori della Rivoluzione industriale dal punto di vista materiale (reddito, tempi e tipo di lavoro) e culturale (stile di vita, credenze, valori);

2. Spieghi il senso delle conclusioni a cui Engels giunge nel capoverso finale.

 

 

Analisi dei testi degli studenti della 4F

Gruppo 7 (Sofia, Nicolò, Daniele]: Il dramma all’interno delle fabbricheLa salute in miniera [pp. 116-117; 146-155; 321-324]

Gruppo 6 ChiaraL, Camilla M., Giada: Le città industriali [pp. 56-63]

 

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