Posts tagged ‘pauperismo’

26 Ottobre, 2022

Friedrich Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra

by gabriella

Una delle prime inchieste sulla condizione operaia, nella quale Engels fotografa gli orrori del primo capitalismo industriale: la schiavitù alle macchine, la disoccupazione tecnologica, la competizione per la sopravvivenza tra gli operai, il lavoro malsano, femminile e minorile, col loro seguito di malattie e mutilazioni tali per cui questo moderno proletariato è spesso simile «a un esercito che torna da qualche campagna militare».

Il testo è accessibile in rete preceduto dall’introduzione di Eric J. Hobsbawm che, sottolineandone la dignità di classico della scienza sociale, osservava come l’acutezza di Engels fosse spiegata non solo dal suo talento, ma dalla sua visione: «buon scienziato sociale poteva essere – infatti – solo chi fosse libero dalle illusioni della società borghese».

Il coda al testo i lavori di approfondimento degli studenti della 4F [a.s. 2017-18].

Degno di nota, per il prefatore, soprattutto il fatto che

Friedrich Engels (1820 - 1895)

Friedrich Engels (1820 – 1895)

«Engels non ha mai ha presentato la borghesia come una massa di individui dal cuore di pietra. Il suo odio per quel che la borghesia rappresentava, e per ciò che la induceva a comportarsi in quel determinato modo non era l’odio ingenuo verso alcuni uomini di cattiva volontà, diversi dagli uomini di buona volontà.  Esso faceva parte della critica al carattere inumano del capitalismo, che automaticamente trasforma gli sfruttatori in una classe “profondamente immorale, cosi inguaribilmente corrotta, intimamente corrosa e resa del tutto incapace di ogni progresso dall’egoismo”» [p. 9].

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10 Settembre, 2012

Alberto De Nicola, L’utopia neoliberale

by gabriella

Ogni crisi economica, qualora assuma dimensioni e profondità sistemiche, si presenta sempre come una crisi che interessa la razionalità di governo. Si è detto e ripetuto più volte che i governi stanno, quasi per paradosso, applicando ricette neoliberiste per far fronte alla stessa crisi del neoliberismo. Dietro questa apparente tautologia, questa accanita e forsennata insistenza, tuttavia, si nasconde un’incrinatura, una rottura, che riguarda direttamente il progetto neoliberale, i suoi modi di presentarsi come discorso egemonico e la sua forza di penetrare nel tessuto sociale, per ordinarlo. Per afferrare questo punto conviene fare un passo indietro e chiedersi quale fosse, se è mai esistita, un’utopia propria del neoliberalismo.


Utopia neoliberale

Karl Polanyi ha sostenuto che l’utopia del primo liberalismo economico si era presentata nell’idea dell’autoregolazione del mercato. La generalizzazione di questo principio organizzativo all’intera vita sociale, ha comportato effetti distruttivi tali da innescare una crisi di governo senza precedenti.

C’è da chiedersi quale sia stata, invece, l’utopia incarnata dentro il discorso neoliberale a partire dalla metà degli anni Settanta. Come ci ha mostrato Foucault, lo spostamento di asse dal principio regolatore dello scambio a quello della concorrenza, ha mutato radicalmente la grammatica della governamentalità liberale.

Si potrebbe affermare che l’utopia specifica del neoliberalismo non sia stata tanto quella dell’autoregolazione, bensì quella della completa de-proletarizzazione del corpo sociale. Quando si dice de-proletarizzazione qui non si intende affatto l’idea che per i neoliberali non ci dovessero essere disuguaglianze, né rapporti di subordinazione e dipendenza, ma che questi rapporti, queste differenze non debbano in alcun modo essere pensati come rapporti di sfruttamento. Questo il punto: lo Stato deve intervenire attivamente affinché la società sia segnata da disuguaglianze, anche radicali, condizione questa necessaria al funzionamento del principio della concorrenza di tutti con tutti. Tuttavia, il problema per i neoliberali rimane quello di far fuori l’opposizione tra capitale e lavoro.

Facendo di tutti gli individui dei capitalisti, istituendo un capitalismo popolare, si eliminano le tare sociali del capitalismo, indipendentemente dalla salarizzazione crescente nell’economia. Un salariato che sia a sua volta anche un capitalista, non è più un proletario. (Bilger, citato da Foucault in Nascita della biopolitica)

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