Nel video seguente, Gianni Vattimo risponde alla domanda sulla ragion d’essere del nuovo realismo. La sua “novità”, infatti, non deriva dal contenuto delle sue tesi – che sono “vecchie”, nella misura in cui consistono nella ripresa della concezione metafisica della proposizione come raffigurazione dello stato di cose esistenti –, ma dalle esigenze a cui risponde, che sono quelle del neoliberismo e dello scientismo. Il primo vuol farci accettare come naturali i parametri dell’economia in cui viviamo, mentre il secondo vuol farci “dimenticare” che la scienza parla sempre a partire dal punto di vista di certi paradigmi che valgono nel suo ambito.
[youtube=https://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=vct6MnlnObI][sbobinatura di Giacomo Pisani]
E’ difficile cogliere qualche aspetto di novità in tale corrente filosofica, che ripropone semplicemente la vecchia concezione metafisica della proposizione come raffigurazione dello stato di cose. Se così fosse, tutti chiacchieriamo sempre come dei nuovi realisti. Se l’ermeneutica non ci fosse bisognerebbe inventarla, come bisognerebbe inventare la frase di Nietzsche secondo cui «Non ci sono fatti, solo interpretazioni. Anche questa è un’interpretazione». Probabilmente, allora, si tratta semplicemente di un fenomeno di marketing dovuto al fatto che all’interno dell’ermeneutica non c’era molto altro da dire.
Secondo il nuovo realismo una proposizione valida deve descrivere lo stato di cose così com’è e qualunque filosofia che introduca l’idea che una proposizione parla sulla base di paradigmi e presupposti storici è una filosofia pericolosa, dannosa per la vita sociale (per un approfondimento si rimanda al seguente articolo: http://www.filosofia.it/argomenti/il-…). Ma perché si crede nuovo? Una delle opere più interessanti di Ferraris è quella sulla documentalità, ma questo è tutt’altro che realismo. Anche per l’ermeneutica è reale ciò che razionalmente organizziamo in modo che si faccia riconoscere da altri. L’ermeneutico sa vivere benissimo, si attiene a delle regole che sono confermate da interpretazioni condivise, non smentite, ma ciò non significa che siano assolutamente collaudate. Semplicemente non sono state falsificate, popperianamente. L’ambito delle proposizioni sensate e “capaci di verità” è un ambito pre-descritto dalle esigenze vitali, dalla storia in cui viviamo, dagli interessi finanziari che orientano le ricerche.
Il nuovo realismo è in linea con le esigenze del neoliberismo. Essere realisti significa stare dentro i parametri, pagare il debito come vogliono le banche. L’economia politica si presenta come l’occhio puro sul mondo e il governo tecnico pretende appunto di rispecchiare le cose come sono, indipendentemente dai presupposti storici.
Se sappiamo che le proposizioni sono interpretazioni cercheremo di consolidarle sempre più, ma soprattutto sapremo che non ci sono verità assolute per cui vale la pena farsi tagliare la testa, o tagliare la testa al prossimo. Anche la scienza non può pretendere di dire la verità sulla nostra vita, in quanto parla a partire dal punto di vista di certi paradigmi che valgono in quel determinato ambito.
L’unica esigenza rintracciabile allora nel neorealismo è quella di avere visibilità servendo lo scientismo diffuso e il neoliberismo, nella sua pretesa di far valere dei principi scientifici nella conduzione della vita collettiva.
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