Posts tagged ‘nuovo realismo’

5 Giugno, 2014

Enrico Terrone, Ancora sul realismo

by gabriella
Franca-DAgostini

Franca D’Agostini

Un saggio critico del postmodernismo dedicato da un nuovorealista al saggio di Franca D’Agostini Realismo? Una questione non controversa. Utile per la ricostruzione dei riferimenti classici del dibattito aperto dal Nuovo Realismo, se si riesce a tollerare lo stile polemico di una rissa accademica. Tratto da Micromega,

“Proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni”

Realismo? Una questione non controversa di Franca D’Agostini (Bollati Boringhieri, 2013) consta di una pars destruens e di una pars construens. Nella prima, si sostiene che il Nuovo Realismo non porta da nessuna parte. Nella seconda, si stabilisce qual è il realismo realmente nuovo di cui sarebbe invece proficuo discutere.

Secondo D’Agostini, il dibattito innescato dall’articolo di Maurizio Ferraris, “Manifesto del Nuovo Realismo” (8 agosto 2011) è viziato da un “fraintendimento capitale”, che consiste nella “sistematica confusione fra realismo metodologico e realismo metafisico (p. 19). D’Agostini identifica il realismo metafisico con la tesi per cui

“qualcosa è reale, o anche: esistono fatti” (p. 166),

e ritiene che si tratti di una tesi “non controversa”, che nessuno ha mai preteso di mettere seriamente in discussione. Per capire come mai, basti considerare quel passo della Metafisica in cui Aristotele osserva che per un vero antirealista metafisico non farebbe nessuna differenza andare a Megara o buttarsi in un pozzo; dato che per tutte le persone sane di mente l’alternativa fra Megara e il pozzo è cospicua, se ne inferisce che non ci sono antirealisti metafisici (o, perlomeno, se ci sono, hanno gravi problemi mentali e farebbero meglio a curarsi invece che partecipare a un dibattito filosofico).

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2 Dicembre, 2013

Gianni Vattimo, Le ragioni del nuovo realismo

by gabriella

Nel video seguente, Gianni Vattimo risponde alla domanda sulla ragion d’essere del nuovo realismo. La sua “novità”, infatti, non deriva dal contenuto delle sue tesi – che sono “vecchie”, nella misura in cui consistono nella ripresa della concezione metafisica della proposizione come raffigurazione dello stato di cose esistenti –, ma dalle esigenze a cui risponde, che sono quelle del neoliberismo e dello scientismo. Il primo vuol farci accettare come naturali i parametri dell’economia in cui viviamo, mentre il secondo vuol farci “dimenticare” che la scienza parla sempre a partire dal punto di vista di certi paradigmi che valgono nel suo ambito.

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1 Luglio, 2013

Fabio Milazzo, Il dibattito sul nuovo realismo

by gabriella

Da Haecceit@s.

Il dibattito, che oggi si struttura intorno ad un Manifesto[2] affonda le proprie radici nella “svolta post-ermeneutica” di Maurizio Ferraris  avvenuta ormai più di un decennio fa quando, riprendendo e sviluppando le analisi realistiche di Paolo Bozzi[3], decise di criticare il soggettivismo e il relativismo dell’ermeneutica a favore di un più rassicurante realismo che riconosce nella realtà esterna il mondo quale èper essenza diremmo- al di là delle interpretazioni attraverso le quali lo denotiamo di senso[4].

Anselmo d'AostaIl Realismo classico della filosofia, quello di Anselmo d’Aosta e di Guglielmo di Champeaux[5], anche nella versione moderata di Tommaso d’Aquino, prevede l’esistenza di una realtà esterna al soggetto conoscente indipendente dal processo conoscitivo del soggetto stesso. In altre parole, e radicalizzando la questione: il mare che vedo fuori dalla mia finestra è blu e le foglie della palma sono di un verde che vira verso il giallo “secco” tipico della stagione calda che “sta per arrivare”[6].

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1 Luglio, 2013

Fabio Milazzo, Il nuovo realismo è un totalitarismo

by gabriella

totalitarismo

Pubblicato su Haecceit@s, questo articolo di Fabio Milazzo espone condividibili ragioni di diffidenza verso il “nuovo realismo”.

Apologia della doxa

Il “nuovo realismo” è letteralmente una trovata geniale. Il paradigma, reso recentemente famoso da Maurizio Ferraris, che ne è il promotore in Italia, e da quella fucina di idee progressiste che è il gruppo La Repubblica[1], è riuscito a ritagliarsi un posto nelle asfittiche e claustrofobiche chiacchierate della filosofia italiana. Ma cos’è questa postura intellettuale che tanto credito sembra ottenere da personalità quali Umberto Eco – che, a dir la verità, già dai tempi de I limiti dell’interpretazione ha operato una svolta anti-ermeneutica – e dalle tante teste pensanti riunite in convegni quali quello di Bonn[2]?

Fondamentalmente è un ritorno ai fasti della doxa (δόξα), l’opinione comune, ciò contro cui si erge il pensiero filosofico fin dalle sue origini pre-socratiche[3]. Detta in maniera brutale, ma forse anche efficace, il nuovo realismo afferma la consistenza oggettiva della realtà, al di là di ogni fenomeno interpretativo. Il suo principale avversario non può che essere il Nietzsche che nel noto frammento postumo dichiarava profeticamente:

«Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni: “ci sono soltanto fatti”‘, direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare nessun fatto “in sé”; è forse un’assurdità volere qualcosa del genere. “Tutto è soggettivo”, dite voi; ma già questa è un’interpretazione, il “soggetto” non è niente di dato, è solo qualcosa di aggiunto con l’immaginazione, qualcosa di appiccicato dopo.

È infine ancora necessario mettere l’interprete dietro l’interpretazione? Già questa è invenzione, ipotesi. In quanto alla parola “conoscenza” abbia senso il mondo è conoscibile; ma esso è interpretabile in modi diversi, non ha dietro di sé un senso, ma innumerevoli sensi. “Prospettivismo”. Sono i nostri bisogni, che interpretano il mondo: i nostri istinti e i loro pro e contro. Ogni istinto è una specie di sete di dominio, ognuno ha la sua prospettiva, che esso vorrebbe imporre come norma a tutti gli altri istinti»[4].

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