Posts tagged ‘senso’

26 Luglio, 2019

Le coincidenze

by gabriella

Oggi su Repubblica.it Gabriele Romagnoli commenta il significato attribuito alle coincidenze: dalla morte di Rutger Hauer avvenuta nello stesso anno del suo personaggio in Blade Runner, all’11 settembre. Ma dove risiede il senso? È nelle cose o nel nostro sguardo?

Si è sottolineato come una coincidenza significativa il fatto che l’attore Rutger Hauer sia morto nel 2019, lo stesso anno in cui nel film Blade Runner  moriva il suo personaggio più famoso. Ma Hauer aveva 75 anni, età presumibile per morire. Diverso sarebbe stato se ne avesse avuti 45 o 105.

Un vecchio articolo del New York Times Magazine sosteneva che le coincidenze sono come frecce che scocchiamo, poi disegniamo il bersaglio intorno al punto in cui si sono conficcate. Sono significative perché significano per noi. Come l’11 settembre, 11/9. 1+1+9= 11 e American Airlines 11 era il volo del primo aereo che colpì le Torri, avendo a bordo 92 persone (9+2=11) in quello che era il giorno dell’anno numero 254 (2+5+4 = 11). Basta cercare.

Che dipenda dalla nostra testa lo dimostra un esempio con le carte. A una mano di poker vi trovate servita la scala reale e pensate a un’incredibile coincidenza. Ma la scala reale ha le stesse probabilità di qualunque altra combinazione, di cinque scartine scompagnate. Solo che in quest’ultimo caso le guarderete con nessun interesse. Perché si è deciso che la scala reale vale tutto e cinque scartine scompagnate valgono zero.

Attenzione: si è deciso. E se qualcuno rovesciasse i valori? Non per coincidenza, è così che quel qualcuno prende il potere. Ma oggi è il 26/7/2019, la somma dei numeri nella data è 27, 2+7 dà il numero del destino 9, quello del liberatore.

 

7 Aprile, 2019

Umberto Galimberti, Il corpo in Occidente

by gabriella

La nascita dell’anima nella tradizione occidentale.

Indice

1. La nozione di anima è greca. La tradizione giudaico-cristiana non la conosce
2. La comparsa dell’anima con Platone
3. L’uomo nell’epoca tragica dei greci
4. L’oltrepassamento cristiano del tragico e la nascita dell’Occidente

 

1. La nozione di anima è greca. La tradizione giudaico-cristiana non la conosce

Purtroppo noi veniamo da una tradizione che ci ha abituato a pensare che siamo composti da anima e corpo e questa persuasione non ci ha ancora abbandonato. Vedremo il vantaggio di pensarci in questa maniera. Ma da dove viene questo dualismo, questo modo di pensarci così lacerato?

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1 Luglio, 2013

Fabio Milazzo, Il dibattito sul nuovo realismo

by gabriella

Da Haecceit@s.

Il dibattito, che oggi si struttura intorno ad un Manifesto[2] affonda le proprie radici nella “svolta post-ermeneutica” di Maurizio Ferraris  avvenuta ormai più di un decennio fa quando, riprendendo e sviluppando le analisi realistiche di Paolo Bozzi[3], decise di criticare il soggettivismo e il relativismo dell’ermeneutica a favore di un più rassicurante realismo che riconosce nella realtà esterna il mondo quale èper essenza diremmo- al di là delle interpretazioni attraverso le quali lo denotiamo di senso[4].

Anselmo d'AostaIl Realismo classico della filosofia, quello di Anselmo d’Aosta e di Guglielmo di Champeaux[5], anche nella versione moderata di Tommaso d’Aquino, prevede l’esistenza di una realtà esterna al soggetto conoscente indipendente dal processo conoscitivo del soggetto stesso. In altre parole, e radicalizzando la questione: il mare che vedo fuori dalla mia finestra è blu e le foglie della palma sono di un verde che vira verso il giallo “secco” tipico della stagione calda che “sta per arrivare”[6].

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28 Aprile, 2013

Gilles Deleuze, I concetti di genealogia e di senso

by gabriella

Gilles Deleuze ritratto da Michel Tournier negli anni '50

Traggo da uno dei testi fondativi della Nietzsche renaissance e prima grande opera di Gilles Deleuze – Nietzsche et la philosophie (1962), trad. it. Nietzsche e la filosofia, Torino, Einaudi, 2002 – i due paragrafi iniziali dedicati ai concetti di genealogia e di senso [l’evidenziazione in grassetto è mia, quella in corsivo di Deleuze].

 

1. Il concetto di genealogia

Nel suo significato più ampio, il progetto di Nietzsche consiste nell’introduzione dei concetti di senso e di valore in filosofia. Non v’è dubbio che gran parte della filosofia contemporanea è vissuta e vive tutt’ora di Nietzsche; forse però non nel modo in cui egli avrebbe desiderato.

Nietzsche nonNietzsche nel 1875 all'epoca delle Considerazioni Inattuali ha mai tenuto nascosto il fatto che la filosofia del senso e dei valori dovesse essere una critica. Così Kant non ha condotto la vera critica perché non ha saputo porne il problema in termini di valori; e ciò costituisce uno dei spunti principali da cui muove l’opera nietzscheana.

Ora, nella filosofia contemporanea la teoria dei valori ha dato vita ad un nuovo conformismo e a nuove forme di sottomissione. La stessa fenomenologia ha contribuito, mediante il suo apparato, a far sì che quell’ispirazione nietzscheana in essa spesso presente, si assoggettasse al moderno conformismo. Nel caso di Nietzsche dobbiamo prendere le mosse dal fatto che la filosofia dei valori, com’è da lui istituita e intesa, è la vera realizzazione della critica, il solo modo di realizzare al critica totale, ossia di fare filosofia a “colpi di martello”. La nozione di valore implica infatti un sovvertimento critico. Da una parte i valori sembrano o si fanno passare per principi: una valutazione presuppone determinati valori sulla cui base stimare i fenomeni. D’altra parte, però, se si va più a fondo, sono i valori a presupporre valutazioni, “punti di vista di apprezzamento” da cui proviene il loro stesso valore. Il problema critico sta nel valore dei valori, nella valutazione dalla quale deriva il loro valore; è il problema della loro creazione.

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22 Giugno, 2012

Mario Perniola, Il senso, la fine, l’infimo inizio

by gabriella

L’infimo è l’impercettibile inizio del movimento, il primo segno visibile di ciò che è fausto. L’uomo di valore non appena vede l’infimo passa all’azione, senza attendere la fine della giornata.

Confucio

Un rapporto complesso e problematico lega l’idea della fine a quella del senso. Forse nessuno meglio di Kant ha colto nello scritto La fine di tutte le cose (1794) tale rapporto. In particolare, colpisce l’idea che non si possa cogliere il senso di checchessia se non pensando alla sua fine: il momento diacronico e storico risulterebbe inseparabile da quello estetico e teleologico. In un’altra opera Kant scrive:

Infine deve pur cadere il sipario. Perché alla lunga diverrebbe una farsa; e se gli attori non se ne stancano perché sono pazzi se ne stanca lo spettatore, che a un atto o all’altro finisce per averne abbastanza se ha ragione di presumere che l’opera, non giungendo  mai alla fine, sia eternamente la stessa.

Questa connessione tra il senso e la fine circola ampiamente nella filosofia tra Ottocento e Novecento. Secondo Hegel, la filosofia è come la nottola, che spiega il suo volo al tramonto: esiste un’astuzia della ragione, che dissimula il vero significato degli eventi sotto motivazioni che nulla hanno che fare con questi. Per Dilthey, la vita non è qualcosa il cui significato possa essere colto immediatamente: l’essenziale, a suo avviso, non è la vita naturale ed empirica, ma l’Erlebnis, l’esperienza vissuta o meglio rivissuta. La forma più alta dell’intendere è il rivivere: solo attraverso di esso noi possiamo sottrarre il presente alla scomparsa e trasformarlo in una presenza sempre disponibile. Il compito svolto dal poeta e dallo storico è perciò di estrema importanza: solo essi infatti possono carpire alla caducità, all’oblio e alla morte il mondo umano conferendogli per sempre un senso.

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