Sigmund Freud, Il sogno dell’iniezione di Irma

by gabriella
freud-1890

Freud nel 1890

L’autoanalisi di un sogno condotta da Freud ne L’interpretazione dei sogni (1900) è la prima applicazione della psicanalisi alla decifrazione del suo significato (il sogno è la soddisfazione allucinatoria di un desiderio) e della sua articolazione in contenuto latente e contenuto manifesto realizzata dal lavoro onirico.

Premessa

Durante l’estate del 1895 avevo curato con la psicoanalisi una gio­vane signora che era in rapporti di amicizia con me e la mia famiglia. Si può prontamente comprendere come una relazione mista di questo genere possa essere fonte di molti turbamenti per un medico e in par­ticolare per uno psicoterapeuta. Mentre l’interesse personale del me­dico è grande, la sua autorità è minore; qualsiasi fallimento sarebbe una minaccia per l’antica amicizia con la famiglia del paziente. Que­sta cura era finita con un successo parziale; la paziente era guarita della sua angoscia isterica, ma non aveva perso tutti i sintomi somati­ci del processo isterico, così le proposi una soluzione che sembrava non voler accettare. Mentre eravamo così in disaccordo, avevamo interrotto la cura per le vacanze estive. Un giorno venne a trovarmi un collega più giovane, uno dei miei più cari amici, che era stato con la mia paziente, Irma, e la sua famiglia nel luogo dove villeggiavano.

Gli chiesi come l’avesse trovata ed egli rispose: «Sta meglio, ma non completamente bene». So che le parole del mio amico Otto, o il tono con il quale aveva parlato, mi irritarono. Immaginai di sentire in esse un rimprovero, perché avevo promesso troppo alla paziente; e, a torto o a ragione, attribuii la presunta posizione di Otto contro di me all’in­fluenza dei parenti della mia paziente, che, mi sembrava, non erano mai stati favorevoli alla cura. Comunque la mia impressione sgrade­vole non mi era chiara e non ne detti alcun segno esteriore. La sera stessa scrissi la cartella clinica di Irma con l’intenzione di darla al dr. M. (un comune amico che era allora il principale esponente del nostro gruppo) per giustificarmi.

Quella notte (o probabilmente la mattina dopo) feci il seguente so­gno che trascrissi subito dopo il risveglio [questo è il primo sogno che io abbia sottoposto.

Sogno del 23-24 luglio 1895

Un grande salone – stavamo ricevendo numerosi ospiti. – Tra di essi c’era Irma. Io la presi in disparte, come per rispondere alla sua lettera e rimproverarla di non aver ancora accettato la mia «soluzio­ne». Le dissi: «Se hai ancora dei dolori è davvero solo colpa tua». Mi rispose: «Se solo tu sapessi che dolori ho ora alla gola, allo stomaco e al ventre, mi soffocano». Io mi spaventai e la guardai. Era pallida e gonfia. Pensai che dopo tutto dovevo aver trascurato qualche distur­bo organico. La portai vicino alla finestra e le guardai la gola, e lei mostrò una certa riluttanza, come le donne con la dentiera. Io pensai che veramente non c’era bisogno di farlo. Poi lei aprì bene la bocca e sulla destra trovai una grande macchia bianca; in un altro punto vidi delle estese croste grigiastre su delle forme notevolmente incurvate che imitavano evidentemente le cavità nasali. Chiamai subito il dr. M. ed egli ripeté Tesarne e lo confermò… Il dr. M. sembrava molto di­verso dal solito, era pallido, zoppicava e non aveva la barba… Anche il mio amico Otto era ora vicino a lei, e il mio amico Leopoldo stava percuotendo il suo petto e diceva: «Ha un’area ottusa in basso a sini­stra». Indicò anche che una parte della pelle sulla spalla sinistra (lo sentii come lui, nonostante il vestito)… M. disse: «Non c’è dubbio, si tratta di un ‘infezione, ma non importa; interverrà la dissenteria e le tossine saranno eliminate»…. Noi comprendevamo subito anche l’origine dell’infezione. Non molto prima, quando lei si sentiva poco bene, il mio amico Otto le aveva fatto un’iniezione di propile… propi­li… acido propionico… trimetilammina (e vidi davanti a me la formu­la stampata in grassetto)… Iniezioni di quel genere non si dovrebbero fare così sconsideratamente… E probabilmente la siringa non era pulita.

Questo sogno ha un vantaggio su molti altri. Era immediatamente chiaro che il punto di partenza era stato fornito dagli eventi del giorno precedente. La mia premessa lo dimostra. Le informazioni che mi aveva dato Otto sulle condizioni di Irma e la cartella clinica che mi aveva impegnato fino a notte tarda avevano continuato ad occupare la mia attività mentale durante il sonno. Tuttavia chiunque avesse letto solo la premessa e il contenuto del sogno non potrebbe avere la mini­ma idea del significato del sogno. Io stesso non ne avevo idea. Ero meravigliato dei sintomi che Irma lamentava nel sogno, poiché non erano gli stessi per i quali l’avevo curata. Sorrisi all’idea insensata di un’iniezione di acido propionico e alle riflessioni consolanti del dr. M. Verso la fine il sogno mi sembrava più oscuro e complesso che al principio. Per scoprire il significato di tutto questo era necessario in­traprendere un’analisi dettagliata.

Analisi

Il salone – stavamo ricevendo molti ospiti. Stavamo passando quel­l’estate a Bellevue, una casa isolata su una delle colline che si ricon­giungono al Kahlenberg. La casa era stata in un primo tempo proget­tata come luogo di intrattenimento e le stanze da ricevimento erano quindi insolitamente alte come grandi saloni. Era a Bellevue che ave­vo fatto il sogno, pochi giorni prima del compleanno di mia moglie. Il giorno precedente mia moglie mi aveva detto di aver invitato degli amici, tra cui Irma, per il suo compleanno. Il mio sogno, dunque, aveva anticipato questa occasione: era il compleanno di mia moglie e sta­vamo ricevendo degli ospiti, Irma inclusa, nel grande salone di Belle­vue.

Rimproverai Irma per non aver accettato la mia «soluzione»; dissi: «Se hai ancora dei dolori, è davvero solo colpa tua». Potrei averle detto questo da sveglio e probabilmente l’ho fatto davvero. A quei tempi ero dell’opinione (anche se poi l’ho riconosciuta sbagliata) che il mio compilo Tosse terminato dopo aver informato il paziente del si­gnificato nascosto dei suoi sintomi: ritenevo di non essere responsa­bile se egli accettava o meno la soluzione, anche se da questo dipen­deva il successo. Devo a quest’errore, che fortunatamente ora ho cor­retto, se la mia vita era stata più facile nel periodo in cui, nonostante la mia inevitabile ignoranza, ci si aspettava che io avessi dei successi terapeutici. Notai comunque che le parole che avevo detto a Irma nel sogno mostravano che ero particolarmente ansioso di non essere re­sponsabile per i dolori che Irma aveva ancora. Se era colpa sua, non poteva essere mia. L’intenzione del sogno poteva trovarsi in questa direzione?

Le lamentele di Irma: dolori alla gola, al ventre, allo stomaco; la stavano soffocando. I dolori allo stomaco erano tra i sintomi della mia paziente, ma non erano preminenti; accusava di più sensazioni di nausea e disgusto. I dolori alla gola e all’addome e il soffocamento in gola avevano scarsa importanza nella sua malattia. Mi domandavo perché avessi scelto quei sintomi nel sogno, senza poter al momento pensare ad alcuna spiegazione. Era pallida e gonfia. La mia paziente aveva sempre un colorito ro­seo. Cominciai a sospettare che qualcun altro le si fosse sostituito.

Mi spaventai all’idea di non aver notato una malattia organica. Questa, come si può facilmente comprendere, è una fonte continua di preoccupazione per uno specialista che cura solo pazienti nevrotici e che ha l’abitudine di attribuire all’isterismo un gran numero di sinto­mi che gli altri medici curano come organici. D’altra parte un debole dubbio si insinuò nella mia mente, non so da dove, che la mia paura non fosse completamente sincera. Se i dolori di Irma avevano un fon­damento organico di nuovo io non potevo essere ritenuto responsabi­le della sua guarigione; la mia cura serviva solo a superare dolori iste­rici. Mi accorsi che in realtà stavo davvero desiderando che la dia­gnosi fosse sbagliata; infatti in tal modo si sarebbe eliminato anche il rimprovero per il mio insuccesso.

La portai vicino alla finestra e le guardai in gola. Ella mostrò una certa riluttanza, come le donne con la dentiera. Io pensai che vera­mente non c ’era bisogno di farlo. Non avevo mai avuto occasione di esaminare la cavità orale dì Irma. Ciò che accadde nel sogno mi face­va venire in mente un esame fatto qualche tempo prima ad una gover­nante: a prima vista sembrava l’immagine della bellezza giovanile, ma quando si trattò di aprire la bocca, aveva preso delle precauzioni per nascondere la sua dentiera. Questo mi fece ricordare altri esami medici e piccoli segreti che venivano fuori nel loro corso, senza far piacere a nessuno. «Non c’era davvero bisogno di farlo» era senza dubbio inteso in primo luogo come un complimento per Irma; ma io sospettai che ci fosse anche un altro significato. (Se uno conduce un’analisi attentamente, sente se sono stati esauriti o meno tutti i pen­sieri sottintesi che si aspetta). Il modo in cui Irma stava vicino alla fi­nestra mi ricordò improvvisamente un’altra esperienza. Irma aveva un’intima amica che io stimavo molto. Quando una sera andai a tro­vare questa signora, la trovai vicino alla finestra nella posizione ri­prodotta nel sogno, e il suo medico, lo stesso dr. M., aveva diagnosti­cato una placca difterica. La figura del dr. M. e la placca appaiono in seguito nel sogno. Mi veniva ora in mente che negli ultimi mesi ave­vo avuto tutte le ragioni per credere che anche quest’altra signora fos­se un’isterica. In realtà, Irma stessa mi aveva svelato questo fatto.

Che cosa conoscevo sulle sue condizioni? Solo una cosa: che, come l’Irma del mio sogno, soffriva di soffocamento isterico. Quindi nel sogno avevo sostituito la mia paziente con l’amica. Ora ricordavo di aver spesso accarezzato l’idea che anche ella avrebbe potuto chieder­mi di guarirla dai suoi sintomi, lo stesso, comunque, avevo ritenuto ciò improbabile, dal momento che era molto riservata. Era riluttante, come dimostrava il sogno. Un’altra possibile spiegazione era il fatto che non ne aveva bisogno: si era dimostrata fino allora abbastanza forte da dominare il suo stato senza aiuto esterno. Restavano ancora alcune caratteristiche che non potevo attribuire né a Irma né alla sua amica: pallida, gonfia, dentiera. La dentiera mi riportava alla gover­nante di cui ho parlato; ora ero disposto ad accontentarmi di denti ma­lati. Poi pensai a qualcun altro cui quelle caratteristiche potevano ri­ferirsi. Di nuovo non si trattava di una mia paziente, né mi sarebbe piaciuta come paziente, poiché avevo notato che era imbarazzata in mia presenza e non potevo pensare che sarebbe stata un’ammalata docile. Era generalmente pallida e, in un periodo in cui aveva goduto particolarmente di buona salute, era stata gonfia [Anche la lamentela non ancora spiegata di dolori all’addome si poteva riferire a questa terza persona. Naturalmente si tratta di mia moglie; i dolori all’addome mi ri­cordavano una delle occasioni in cui avevo notato la sua timidezza. Fui costretto a rico­noscere che non stavo trattando Irma o mia moglie molto gentilmente in questo sogno; a mo’ di giustificazione si dovrebbe però osservare che le stavo misurando col metro della paziente buona e sottomessa].

Quindi avevo para­gonato Irma ad altre due persone che sarebbero state riluttanti alla mia cura. Quale poteva essere la ragione per cui l’avevo scambiata nel sogno con la sua amica? Forse era perché mi sarebbe piaciuto scambiarla: o sentivo maggiore simpatia per la sua amica o avevo una migliore opinione della sua intelligenza. Irma infatti mi sembrava sciocca per non aver accettato la mia soluzione. La sua amica sarebbe stata più saggia, cioè avrebbe ceduto prima. Avrebbe quindi aperto bene la sua bocca e mi avrebbe detto più di quanto faccia Irma [Ebbi la sensazione che l’interpretazione di questa parte del sogno non fosse stata approfondita abbastanza da svelare tutto il suo significato nascosto. Se avessi prosegui­to nel confronto fra le tre donne, sarei andato troppo lontano. C’è almeno un punto in ogni sogno, dove non si può toccare il fondo: un ombelico, in un certo senso, che è il suo punto di contatto con l’ignoto].

Cosa vidi nella sua gola: una macchia bianca e delle croste sulle cavità nasali. La macchia bianca mi ricordava la difterite e quindi l’a­mica di Irma, ma anche una grande malattia che aveva colpito la mia figlia maggiore due anni prima e l’ansia di quei giorni terribili. Le croste sulle cavità nasali mi ricordavano la preoccupazione per il mio proprio stato di salute. A quel tempo facevo grande uso di cocaina per ridurre dei noiosi gonfiori nasali, e pochi giorni prima avevo saputo che in una delle mie pazienti, che aveva seguito il mio esempio, si era sviluppata una necrosi estesa della mucosa nasale. Ero stato il primo a raccomandare l’uso della cocaina, nel 1885, e questa raccomanda­zione mi aveva portato seri rimproveri. L’abuso di questa droga ave­va affrettato la morte di un mio caro amico. Questo era accaduto pri­ma del 1895 (data del sogno).

Chiamai immediatamente il dr. M. ed egli ripetè Cesarne. Questo corrispondeva semplicemente alla posizione che il dr. M. occupava nel nostro gruppo. Ma V «immediatamente» era abbastanza insolito da richiedere una particolare spiegazione. Mi ricordava un tragico even­to della mia vita professionale. Una volta avevo prodotto un grave stato di intossicazione in una paziente, prescrivendole ripetutamente ciò che allora era considerato un rimedio innocuo (sulfonal), e mi ero immediatamente rivolto per aiuto al mio collega più anziano e più esperto. Un ulteriore dettaglio confermava l’idea che avevo avuto in mente questo incidente: la mia paziente, che era morta per l’intossica­zione, aveva lo stesso nome della mia figlia maggiore. Non mi era mai venuto in mente prima, ma ora mi colpiva come un atto di rivin­cita da parte del destino. Era come se la sostituzione di una persona con un’altra dovesse continuare in un altro senso: questa Matilde per quella Matilde, occhio per occhio e dente per dente. Sembrava che avessi raccolto tutte le occasioni per rimproverarmi di una scarsa co­scienza.

Il dr. M. era pallido, non aveva la barba e zoppicava. Questo era vero nella misura in cui il suo aspetto sofferente causava spesso preoc­cupazione fra gli amici. Le altre due caratteristiche dovevano applicar­si a qualcun altro. Pensai al mio fratello maggiore, che vive all’estero, che non porta la barba e al quale, se ricordo esattamente, il dr. M. del sogno somigliava molto. Avevamo saputo pochi giorni prima che zop­picava per un’artrite all’anca. Ci deve essere stata una ragione, pensai, per la fusione di queste due figure nel sogno. Poi mi ricordai che per una ragione simile ero irritato con entrambi: tutti e due avevano rifiuta­to una certa proposta che avevo fatto loro recentemente.

Il mio amico Otto era ora vicino alla paziente e il mio amico Leo­poldo la stava esaminando e indicava un ’area ottusa in basso a sini­stra. Anche il mio amico Leopoldo era un medico ed era un parente di Otto. Poiché erano entrambi specializzati nello stesso ramo della me­dicina, era fatale che competessero l’uno con l’altro, e spesso veniva­no messi a confronto. Erano stati miei assistenti per anni, quando diri­gevo il dipartimento neurologico pubblico di un ospedale per bambi­ni. Allora accadevano spesso scene come quella rappresentata nel so­gno. Mentre discutevo la diagnosi di un caso con Otto, Leopoldo esa­minava il bambino ancora una volta e portava un contributo inaspettato alla nostra decisione. La differenza tra i loro caratteri era la stessa che tra l’ispettore Bràsig e il suo amico Karl: l’uno si distin­gueva per la sua sveltezza, l’altro era lento ma sicuro. Se nel sogno mettevo a confronto Otto con il prudente Leopoldo, lo facevo eviden­temente a vantaggio di quest’ultimo. Il confronto era simile a quello tra la mia disobbediente paziente Irma e l’amica che consideravo più saggia. Ora mi rendevo conto di un altro percorso che la catena di pensiero aveva seguito nel sogno: dal bambino malato all’ospedale per bambini.

L’area ottusa in basso a sinistra mi sembrava coincidere in ogni dettaglio con un caso particolare nel quale Leopoldo mi aveva colpito per la sua coscienziosità. Avevo anche la sensazione di qualcosa di simile a un’affezione metastatica; ma ciò poteva anche riferirsi alla paziente che avrei preferito avere al posto di Irma. Per quanto avevo potuto giudicare, essa imitava una tubercolosi.
Un tratto di cute sulla spalla sinistra era infiltrata. Seppi subito che questo era il reumatismo alla mia spalla, che avverto invariabilmente quando resto alzato fino a notte tarda. Inoltre le parole nel sogno era­ no estremamente ambigue: «lo notai, proprio come lui…». Lo notai sul mio corpo, cioè. Ero colpito anche dal linguaggio insolito: «un tratto della cute era infiltrata». Noi generalmente parliamo di «infil­trato sinistro posterosuperiore», e questo si riferisce al polmone e quindi ancora una volta alla tubercolosi. Nonostante il suo vestito. Questa era in ogni caso solo una interpolazione. Generalmente in ospedale visitavamo i bambini svestiti: e ciò costituirebbe un contrasto con il modo in cui le pazienti adulte devo­no essere esaminate. Ricordo che si diceva di un celebre clinico che non aveva mai visitato le sue pazienti se non attraverso i loro vestiti.

Non potevo capire oltre. Francamente non avevo nessuna voglia di approfondire questo punto. Il dr. M. disse: «E un’infezione, ma non importa. Sopravverrà la dissenteria e il veleno sarà eliminato». Sul principio questo mi sem­brò ridicolo. Ma tuttavia, come tutto il resto doveva essere attenta­mente esaminato. Quando lo considerai più da vicino, mi sembrò ave­re un qualche significato. Ciò che avevo scoperto nella paziente era una difterite localizzata. Ricordavo dal tempo della malattia di mia fi­glia una discussione su difterite e difteria, dove quest’ultima è l’infe­zione generale che deriva dalla difterite locale. Leopoldo deduceva la presenza di un’infezione generale di questo tipo dall’esistenza di un’area ottusa, che potrebbe quindi far pensare a focolai metastatici.

Mi sembrava, è vero, che metastasi come questa non si manifestasse­ro in realtà con la difteria: mi facevano pensare piuttosto alla piemia. Non importa. Questa voleva essere una consolazione. Sembrava in­serirsi nel contesto come segue. Il contenuto della parte precedente del sogno diceva che i dolori della mia paziente erano dovuti ad una grave affezione organica. Avevo la sensazione di stare solo cercando di scrollarmi la colpa di dosso. Le cure psicologiche non potevano es­sere ritenute responsabili del persistere di dolori difterici. Cionono­stante provavo un senso di imbarazzo per avere inventato una malat­tia così grave per Irma semplicemente per discolparmi. Sembrava così crudele. Avevo quindi bisogno di essere rassicurato che tutto sa­rebbe finito bene e il farmi consolare proprio dal dr. M. non mi sem­brava una cattiva scelta. Ma qui stavo oltrepassando il sogno e questo richiedeva una spiegazione.

E perché la consolazione era così insensata? Dissenteria. Sembrava che ci fosse qualche remota nozione teorica  per cui il materiale tossico potesse venire eliminato attraverso l’intestino. Poteva essere che stavo cercando di burlarmi dell’abbondanza di spiegazioni stravaganti e di strane relazioni patologiche del dr. M.? Qualche altra cosa mi veniva in mente riguardo alla dissenteria. Pochi
mesi prima avevo preso in cura un giovane con notevoli difficoltà inte­stinali, che era stato curato da altri medici come un caso di «anemia con denutrizione». Avevo riconosciuto che si trattava di isteria, ma non volevo provare su di lui la mia psicoterapia e lo avevo mandato in crociera. Qualche giorno prima avevo ricevuto dall’Egitto una lettera disperata in cui diceva che aveva avuto un nuovo attacco e che il dotto­re del luogo aveva dichiarato che si trattava di dissenteria. Sospettavo che la diagnosi fosse un errore da parte di un medico inesperto che si era fatto ingannare dall’isteria, ma non potevo fare a meno di rimpro­verarmi per aver messo il mio paziente in condizioni di contrarre qual­ che affezione organica oltre al suo disturbo intestinale isterico.

Inoltre «dysenterie» [«dissenteria»] non ha un suono dissimile da «diphtherie» [«difterite»], una parola che non appariva nel sogno. Sì, pensavo, devo essermi burlato del dr. M. con la prognosi conso­lante «sopravverrà la dissenteria ecc.»; infatti mi ritornò in mente che anni prima egli stesso aveva raccontato una storia divertente dello stesso tipo su un altro dottore. Il dr. M. era stato da lui chiamato per consulto presso un paziente gravemente ammalato e si era sentito ob­bligato ad osservare, a causa del grande ottimismo dimostrato dal col­lega, che aveva trovato dell’albumina nell’urina del paziente. L’altro comunque non si lasciò impressionare: «Non importa», aveva detto, «l’albumina si eliminerà da sé!» Non potevo più avere dubbi quindi che questa parte dèi sogno esprimesse derisione per quei medici che ignorano l’isteria. E, come per confermare questo, mi venne in mente un’ulteriore idea: «Si rende conto il dr. M. che i sintomi che nella sua paziente (l’amica di Irma) fanno seriamente temere la tubercolosi, hanno anche una base isterica? Ha localizzato questa isteria? O si è fatto ingannare?».

Ma quale poteva essere il mio motivo per trattare così male questo amico? Questa era una faccenda molto semplice. Il dr. M., alla pari di Irma, non condivideva la mia «soluzione». Così in questo sogno mi ero già vendicato di due persone: di Irma con le parole «se hai ancora dei dolori, è solo colpa tua», e del dr. M. facendogli esprimere la con­solazione insensata.

Noi comprendevamo subito anche l’origine dell’infezione. Questa conoscenza immediata nel sogno era strana. Poco prima non ne ave­vamo alcuna idea, poiché l’infezione era stata scoperta da Leopoldo. Quando si sentiva poco bene, il mio amico Otto le aveva fatto un’i­niezione. Otto mi aveva detto in realtà che, durante il suo breve sog­giorno con la famiglia di Irma, era stato chiamato all’albergo vicino per fare un’iniezione a qualcuno che si era improvvisamente sentito male. Queste iniezioni mi ricordavano ancora una volta il mio sfortu­nato amico che si era avvelenato con la cocaina. Lo avevo avvertito di usare la droga internamente, mentre si attenuava l’effetto della morfi­na; ma egli si era subito fatto delle iniezioni di cocaina.

Un preparato di propile… propili… acido propionico. Come mi era potuto venire in mente tutto ciò? La sera precedente, prima che io scrivessi la cartella clinica e facessi il sogno, mia moglie aveva aperto una bottiglia di liquore sulla quale appariva la parola «ananas» [devo aggiungere che il suono della parola «ananas» somiglia notevolmente al cognome della mia paziente Irma] che era un dono del nostro amico Otto: egli infatti aveva l’abitudine di fare regali ad ogni possibile occasione. C’era da sperare, pensavo tra me, che un giorno o l’altro avrebbe trovato una moglie che lo guarisse dall’abitudine. Questo liquore emanava un odore così forte di acqua­vite scadente che rifiutai di assaggiarlo. Mia moglie propose di dare la bottiglia ai domestici, ma io, con una prudenza ancora maggiore, glielo vietai, aggiungendo con uno spirito filantropico che neanche loro avevano bisogno di essere avvelenati. L’odore di alcool amilico (amil…) evidentemente aveva risvegliato nella mia mente il ricordo di tutta la serie, propil, metil e così via, e ciò spiegava il preparato di propile del sogno. È vero che avevo effettuato una sostituzione del processo: avevo sognato propile dopo aver annusato amile. Ma sosti­tuzioni di questo genere sono forse permesse nella chimica organica.

Trimetilammina. Nel sogno avevo visto la formula chimica di que­sta sostanza, e ciò testimonia un grande sforzo da parte della mia me­moria. Inoltre la formula era stampata in grassetto, come se avessi vo­luto far risaltare dal contesto qualche particolare importante. Su che cosa la trimetilammina attirava la mia attenzione in questo modo? Su una conversazione con un altro amico che per anni aveva seguito tutti i miei progetti, proprio come io i suoi. Una volta mi aveva confidato le sue idee sulla chimica dei processi sessuali e mi aveva detto tra l’altro che riteneva la trimetilammina uno dei prodotti del metaboli­smo sessuale. Quindi questa sostanza mi portava alla sessualità, il fat­tore al quale attribuisco la massima importanza nell’origine dei di­sturbi nervosi che intendo curare. La mia paziente Irma era una gio­vane vedova; se volevo trovare una scusa per il fallimento della mia cura nel suo caso, la cosa migliore cui appellarsi era senza dubbio questo suo stato di vedovanza, che i suoi amici vedrebbero volentieri cambiato. Quanto stranamente, pensai tra me, un sogno come questo viene intessuto insieme! Anche l’altra donna, che nel sogno era stata mia paziente al posto di Irma, era una giovane vedova.

Incominciai a comprendere perché la formula della trimetilammina era stata così rilevante nel sogno. Molte cose importanti convergeva­no su quell’unica parola. La trimetilammina era un’allusione non solo al fattore predominante della sessualità, ma anche ad una persona alla cui solidarietà pensavo con soddisfazione quando mi sentivo isolato con le mie opinioni. Certamente questo amico, che aveva una parte così importante nella mia vita, doveva apparire di nuovo in qualche altro punto di queste catene di pensieri. Infatti. Egli conosceva in modo particolare le conseguenze delle affezioni del naso e delle sue cavità secondarie; e aveva richiamato l ’attenzione della scienza su al­cune relazioni molto rilevanti tra le fosse nasali e gli organi sessuali femminili (le tre forme increspate nella gola di Irma). Avevo fatto vi­sitare Irma da lui, per vedere se i suoi dolori gastrici avessero origine dal naso. Ma egli stesso soffriva di rinite suppurativa, il che mi dava
preoccupazione; e senza dubbio alludeva a questo la piemia che affio­rò alla mia mente in relazione alle metastasi del sogno.

Iniezioni di quel genere non si dovrebbero fare così sconsiderata­mente. Qui c’era un’accusa di leggerezza fatta direttamente contro il mio amico Otto. Mi sembrava di aver pensato qualcosa del genere quel pomeriggio, quando le sue parole e i suoi sguardi avevano mo­strato che si stava schierando contro di me. Doveva essere stata qual­che osservazione quale: «Quanto facilmente si fa influenzare! Quanto leggermente salta alla conclusione!». Oltre a ciò, questa frase nel so­gno mi ricordava ancora una volta il mio amico morto, che era ricorso così affrettatamente alle iniezioni di cocaina. Come ho detto, non ho mai previsto l’uso della droga per iniezione. Notai anche, che accu­sando Otto di leggerezza nel maneggiare sostanze chimiche, mi stavo ancora una volta riferendo alla storia della sfortunata Matilde, che forniva gli elementi per la stessa accusa contro me stesso. Qui era evi­dente che stavo raccogliendo esempi della mia coscienziosità, ma an­che del contrario.

E probabilmente la siringa non era pulita. Questa era una nuova ac­cusa contro Otto, ma derivava da una fonte diversa. Avevo incontrato per caso il figlio di una signora di ottantadue anni, alla quale dovevo fare un’iniezione di morfina due volte al giorno. In quel tempo era in campagna ed egli mi disse che soffriva di flebite. Avevo subito pen­sato che dovesse trattarsi di una infiltrazione causata da una siringa sporca. Ero orgoglioso di non averle causato in due anni nessuna in­filtrazione; mi preoccupavo continuamente di assicurarmi che la si­ringa fosse pulita. In breve, ero coscienzioso. La flebite mi fece ri­pensare ancora a mia moglie, che aveva sofferto di stasi venosa du­rante una delle sue gravidanze; e ora mi venivano in mente tre situa­zioni simili che coinvolgevano mia moglie, Irma e la defunta Matilde.

L’identità di queste situazioni mi aveva evidentemente permesso di sostituire nel sogno le tre persone l’una con l’altra. Ora ho completato l’interpretazione del sogno [ma è chiaro che non ho riferito tutto ciò che mi è venuto in mente durante il pro­cesso di interpretazione]. Mentre la svolge­vo, ho avuto qualche difficoltà nel tenere lontane tutte le idee che avrebbero provocato un confronto fra il contenuto del sogno e i pen­sieri nascosti in esso. E nel frattempo si chiariva in me il significato del sogno. Cominciai a rendermi conto dell’intenzione che si era realizzata in esso e che deve averne costituito il motivo. Il sogno soddisfaceva certi desideri sorti in me in seguito agli eventi della sera precedente (le informazio­ni ricevute da Otto e la stesura della cartella clinica). E, in conclusio­ne, stabiliva cioè che non ero io il responsabile del persistere dei do­lori di Irma, bensì Otto. Questi, infatti, mi aveva irritato con le sue os­servazioni sulla cura incompleta di Irma e il sogno mi aveva vendica­to rigettando la colpa su di lui. Il sogno mi liberava dalla responsabi­lità per le condizioni di Irma dimostrando che erano dovute ad altri fattori, anzi creava tutta una serie di ragioni. Esso rappresentava un particolare stato di cose che io avrei desiderato in realtà. Quindi il suo contenuto costituiva la realizzazione di un desiderio ed era provoca­to da questo.

Tutto questo saltava agli occhi. Ma molti dettagli del sogno mi di­vennero comprensibili dal punto di vista della soddisfazione del desi­derio. Non solo mi ero vendicato di Otto per essersi troppo frettolosa­mente schierato contro di me, rappresentandolo come troppo superfi­ciale nelle cure mediche (nel fare l’iniezione), ma mi ero anche ven­dicato per il cattivo liquore che aveva l’odore dell’alcool amilico. E nel sogno avevo trovato un’espressione che univa i due rimproveri: l’iniezione di un preparato di propilene. Ma questo non mi bastava e avevo continuato la vendetta mettendolo a confronto con il suo con­corrente più coscienzioso. Sembrava che dicessi: «Mi piace più di te». Ma Otto non era il solo a subire lo sfogo della mia ira. Mi vendi­cai anche della mia paziente disobbediente, sostituendola con una più saggia e più docile. Né permisi al dr. M. di sfuggire le conseguenze della sua contraddizione, ma gli dimostrai con una chiara allusione che era ignorante in materia (,sopravverrà la dissenteria ecc.). Effetti­vamente mi sembra che io mi stessi appellando a qualcun altro più esperto (al mio amico che mi aveva parlato della trimetilammina), proprio come da Irma mi ero rivolto alla sua amica e da Otto a Leo­poldo. «Portate via questa gente! Datemi piuttosto altre tre persone di mia scelta! Allora sarò libero da questi rimproveri immeritati!».

Il so­gno provava per me l ’infondatezza dei rimproveri nella maniera più esauriente, lo non dovevo essere incolpato per i dolori di Irma, dal momento che essa rifiutava la mia soluzione. I suoi dolori inoltre non mi riguardavano, poiché erano di natura organica e non potevano es­sere curati psicologicamente. Ancora, quei dolori si potevano spiega­re in modo soddisfacente con la sua vedovanza (vedi trimetilammina), ed io non potevo cambiare le cose. Otto aveva causato i dolori di Irma facendole imprudentemente un’iniezione di un farmaco inadat­to, cosa che io non avrei mai fatto. I dolori di Irma erano la conse­guenza di una iniezione fatta con un ago non pulito, come la flebite della mia vecchia signora, mentre io non avevo mai fatto del male con le mie iniezioni. Notai, è vero, che queste spiegazioni dei dolori di Ir­ma (che concordemente mi discolpavano) non erano in tutto coerenti l’una con l’altra, anzi si escludevano a vicenda.

Tutta la difesa – poiché il sogno non era altro – mi ricordava viva­mente la difesa avanzata da quell’uomo che fu accusato dal vicino di avergli restituito un secchio danneggiato. Colui che si difendeva asse­rì dapprima che aveva restituito il secchio senza danni, poi che nel secchio c’era un buco quando l’aveva preso in prestito, infine che non aveva affatto preso in prestito un secchio dal vicino. Ma tanto meglio: se una sola di queste tre difese fosse accettata come valida, l’uomo dovrebbe essere assolto. Si presentavano nel sogno certi altri temi che non erano così ovvia­mente connessi con la mia discolpa dalla malattia di Irma: la malattia di mia figlia e quella della mia paziente che aveva lo stesso nome, l’ef­fetto dannoso della cocaina, il disturbo dei mio paziente che viaggiava in Egitto, la preoccupazione per la salute di mia moglie, di mio fratel­lo, del dr. M., le mie sofferenze fisiche, l’ansia per l’amico assente che soffriva di rinite suppurativa. Ma quando li considerai tutti insieme, potei catalogarli in un unico gruppo di idee dal titolo «preoccupazione per la salute mia e di altre persone, coscienziosità professionale». Ri­cordai l’oscura impressione sgradevole che avevo provato quando Otto mi aveva informato sulle condizioni di Irma. Grazie a questo gruppo di pensieri che avevano avuto una parte nel sogno, potei retro­spettivamente mettere in parole quest’impressione fugace. Era come se egli mi avesse detto: «Non prendi abbastanza sul serio i tuoi doveri di medico. Non sei coscienzioso, non porti a termine ciò che hai intrapre­so». Quindi questo gruppo di pensieri si sarebbe messo a disposizione perché io potessi dimostrare la mia grande coscienziosità e la mia pro­fonda preoccupazione per la salute dei miei parenti, amici e pazienti. E notevole il fatto che questo materiale includesse anche dei ricordi sgra­devoli, che sostenevano l’accusa del mio amico Otto piuttosto che la mia discolpa. Si potrebbe dire che il materiale era imparziale, tuttavia era evidente il rapporto tra questo materiale più esteso di sottofondo del sogno e l’argomento più ristretto che dava vita al desiderio di non essere responsabile della malattia di Irma.

Non pretendo di aver completamente scoperto il significato di questo sogno o che la sua interpretazione sia priva di lacune. Potrei passarci più tempo, trarne altre informazioni e discutere nuovi problemi che esso solleva, lo stesso conosco i punti dai quali si potrebbero seguire nuove catene di pensieri. Ma mi trattiene dal continuare questo lavoro interpretativo il riserbo che si presenta per ogni mio sogno. Se qualcu­no si sentisse tentato ad esprimere un’affrettata condanna della mia re­ticenza, lo inviterei a provarsi ad essere più sincero di me. Per il mo­mento mi basta aver raggiunto questa nuova conoscenza. Se adottiamo il metodo di interpretazione dei sogni che ho appena indicato, scoprire­ mo che essi hanno davvero un significato e che sono lungi dall’essere l’espressione dell’attività frammentaria del cervello, come fonti auto­revoli hanno affermato. Compiuto il lavoro di interpretazione, ci ac­corgiamo che il sogno è la soddisfazione di un desiderio.

 

 

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