Il terremoto di Lisbona e la filosofia delle catastrofi

by gabriella

A un anno dal terremoto che ha colpito l’Umbria e le Marche, la scuola dedica una giornata di riflessione alle misure di sicurezza nei luoghi pubblici, con una serie di interventi volti a stimolare la discussione tra gli studenti [il programma della giornata è in coda all’articolo].

Il mio è dedicato al dibattito settecentesco sul terremoto di Lisbona. Il disastro più celebre della storia europea avvia, infatti, una riflessione sulle catastrofi che costituisce uno spartiacque tra le teorie scientifiche e filosofiche intorno ai fenomeni naturali.

Nasce qui la meteorologia moderna e il radicamento di un nuovo pensiero eretico.

Indice
1.
Lisbona, 1 Novembre 1755, h. 9.30
2. La filosofia delle catastrofi

2.1 Un nuovo punto di vista

1. Lisbona, 1° Novembre 1755, h. 9,30

È il primo novembre 1755, giorno di Ognissanti. Alle 9,40 del mattino, a Lisbona, le chiese sono affollate di gente e di ceri accesi per le celebrazioni liturgiche, quando tre scosse di terremoto (nono grado della scala Richter) che si susseguono per diciassette minuti fanno crollare i palazzi più grandi e le chiese, causando la fuga disordinata delle persone verso la costa e la foce del fiume Tago che credevano più sicure.

Non possono sapere che il terremoto si è generato in mare, a 200 km. dalla costa, e che un maremoto  sta per abbattersi sulla città. Le onde alte sedici metri fanno migliaia di vittime, dopo quelle causate dai crolli e da un gigantesco incendio divampato subito dalle candele che ogni famiglia ha acceso per Ognissanti. Si conteranno, infine, sessantamila vittime e oltre centomila feriti sui duecentomila abitanti della città.

 

2. La filosofia delle catastrofi

«Il terremoto del 1° novembre 1755 colpì allora il mondo occidentale come un colpo di fulmine
e trasformò per sempre la filosofia degli esseri pensanti».

Théodore Besterman

«Il terremoto di Lisbona bastò a guarire Voltaire dalla teodicea».

Theodor W. Adorno

François-Marie Arouet (Voltaire)

Alexander Pope, Essay on Man, «whatever is, is right» (1734)

Il terremoto viene avvertito in tutta Europa [ma anche in Africa e in America] da scienziati, filosofi e persone comuni: lo avvertono in Germania Goethe e Kant, in Francia Voltaire, in Svizzera Rousseau. In Italia lo sente Giacomo Casanova che è richiuso ai Piombi di Venezia con l’accusa di libertinaggio e magia.

Voltaire che non ha visto le rovine, ma ha letto le cronache e visto i disegni che circolano in tutta Europa, resta estremamente colpito dall’entità del disastro e scrive un poema che attacca duramente la filosofia di Leibniz e Pope per la quale «tutto è per il meglio nel migliore dei mondi», ma prima ancora quelli che attribuivano il terremoto all’ira di Dio:

Poveri umani e povera terra nostra, terribile coacervo di disastri. Consolatori ognor di inutili dolori, filosofi che osate gridare che tutto è bene, venite a contemplare queste rovine orrende: muri a pezzi, carni a brandelli e ceneri. Donne ed infanti ammucchiati uno sull’altra, sotto pezzi di pietre, membra sparse, centomila feriti che la terra divora, straziati e insanguinati, ma ancora palpitanti, sepolti dai loro tetti, perdono senza soccorsi, tra atroci tormenti, le loro misere vite.

Ai lamenti smorzati di voci moribonde, alla vista pietosa di ceneri fumanti, direte: è questo l’effetto delle leggi eterne  che a un Dio libero e buono non lasciano la scelta? Direte, vedendo questi mucchi di vittime: fu questo il prezzo che Dio fece pagar pei loro peccati? Quali peccati? Qual colpa han commesso questi infanti schiacciati, insanguinati sul materno seno, la Lisbona che fu conobbe maggior vizi di Parigi e di Londra immerse nei piaceri? Lisbona è distrutta e a Parigi si balla. Tranquilli spettatori, spiriti intrepidi, dei fratelli morenti assistendo al naufragio, voi cercate in pace le cause dei disastri, ma se avvertite i colpi avversi del destino, divenite più umani, e come noi piangete [Voltaire, Poema sul disastro di Lisbona, 18 agosto 1756].

Voltaire non vede certo nelle rovine di Lisbona, qualcosa che pur nella sua durezza è volto al bene generale, e si scaglia contro i «filosofi fallaci», più crudeli del terremoto stesso:

«Tutto è bene: gli eredi dei morti accresceranno così le loro fortune, i falegnami avranno il loro bel guadagno ricostruendo le case; mentre gli animali si nutriranno dei cadaveri sepolti tra le rovine; è l’effetto necessario delle cause necessarie; il vostro male individuale non è nulla, voi, anzi, contribuirete al bene generale».

Due anni dopo torna sul tema con il Candido (Candide, ou l’Optimisme, 1758), opera in cui presenta il filosofo ottimista Pangloss che arriva a Lisbona con il discepolo Candido il novembre 1755, giusto in tempo per assistere al disastro.

Jean-Jacques Rousseau

Voltaire invia il Poema sul disastro di Lisbona a Rousseau che reagisce però, inaspettatamente, in modo opposto, schierandosi apparentemente con Leibniz e Pope. In realtà, la tesi di Rousseau è che non la natura, le cui leggi coincidono con la volontà divina, ma l’uomo è causa della propria rovina:

« Restando al tema del disastro di Lisbona, converrete che, per esempio, la natura non aveva affatto riunito in quel luogo ventimila case di sei o sette piani, e che se gli abitanti di quella città fossero stati distribuiti più equamente sul territorio e alloggiati in edifici di minor imponenza, il disastro sarebbe stato meno violento o, forse, non ci sarebbe stato affatto » [Rousseau, Lettera a Voltaire sul disastro di Lisbona].

Gli abitanti di Lisbona, secondo Rousseau, hanno offeso la semplicità della natura, costruendo una capitale dove si sono ammassate migliaia di persone che se fossero rimaste in un ambiente naturale non avrebbero perso la vita:

« […] Si può dubitare che accadano sismi anche nei deserti? Soltanto non se ne parla perché non provocano alcun danno ai Signori delle città, gli unici uomini di cui si tenga conto ».

 

2.1 Un nuovo punto di vista

«Descriverò qui solo il lavoro della natura, le sorprendenti circostanze naturali che hanno accompagnato il terribile evento e le loro cause».

Immanuel Kant, Storia e descrizione naturale degli straordinari eventi del terremoto che alla fine del 1755 ha scosso gran parte della terra, 1756

Immanuel Kant, tre scritti sui terremoti, 1756

Pierre Bayle, Pensieri sulla cometa, 1682

Mentre per ordine del re Dom José I, il marchese di Pombal coordina i soccorsi e la ricostruzione di Lisbona, un giovane Kant pubblica tre scritti sui terremoti nei quali prende le distanze dalle interpretazioni teologiche, sostenendo che i terremoti sono fenomeni naturali e non manifestazioni del divino e che, alla luce di questi fenomeni, l’uomo dovrebbe abbandonare l’idea di essere il fine dell’universo.

Kant ipotizza che i terremoti siano causati dal crollo di caverne sotterranee sature di gas: è il primo tentativo di spiegazione scientifica del fenomeno. Il filosofo conclude così un dibattito illuminista che, a partire da Pierre Bayle, aveva rifiutato di attribuire al passaggio delle comete presunti significati divini e, polemizzando con i gesuiti, alle catastrofi naturali la prova del castigo.

Dopo il terremoto, Lisbona viene ricostruita su nuove basi: gli edifici vengono progettati perché rispondano in modo elastico alle scosse, la maiolica (azulejos), ignifuga, prende il posto delle pavimentazioni di legno, mentre si pongono le basi per un’analisi sistematica delle manifestazioni dei terremoti.

 

Bibliografia

Alessandro Amato, Il terremoto di Lisbona, Wikiradio, 1 novembre 2016

Enzo Manera, La colpa dei terremoti, «Doppiozero» 5 novembre 2016

Concita De Gregorio, Lo tsunami che cancellò Lisbona, «Repubblica», 1 novembre 2005

 

Giornata della sicurezza

7:55 – 9:45: interventi della Preside, del Presidente e del Vice Presidente del Consiglio d’Istituto, dei docenti Gabriella Giudici, Antonello Penna, Francesca Tantucci, Anna Maria Trequattrini, indirizzati al Comitato studentesco

9:55 – 11:45 Focus group nelle singole classi sui temi: “L’attenzione alla sicurezza è out?”; “Si possono creare condizioni di sicurezza senza rispettare delle regole?”: “Qual è l’atteggiamento più diffuso dei teenagers sulla prova d’evacuazione”?

11:55 – 12:55 Prova d’evacuazione

12:55 – 13:45 Realizzazione con il pc di classe di una breve relazione in formato testo o slide su un’immagine pubblicitaria contenente  uno slogan o uno storyboard per la realizzazione di un video che promuovano la cultura della sicurezza presso i teenagers. Il prodotto dovrà essere inviato a orientamentopieralli@gmail.com.

Una giuria formata dal Preside, docenti e studenti selezionerà il prodotto migliore.

 

 

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