Stralcio da un articolo di Emilio Carnevali, la premessa dedicata alla riflessione keynesiana sull’“intuizione del conformismo”, la dinamica dell’investimento a breve e della relativa necessità degli individui di collocarsi in posizione mediana rispetto al gruppo.
In un capitolo centrale della sua Teoria generale Keynes si sofferma ad indagare i fattori che ostacolano il predominio dell’«investimento bastato su genuine aspettative a lungo termine» nei moderni mercati di borsa.
«Chi cerca di realizzarlo», scrive il grande economista inglese, «deve certamente condurre giornate più laboriose e incorrere in rischi maggiori di chi si ingegna di individuare meglio della folla come la folla stessa si comporterà».
Ed è a questo punto che viene evocato l’ormai celebre esempio del concorso di bellezza per spiegare le dinamiche delle ondate speculative. L’investimento professionale è infatti paragonato a
«quei concorsi dei giornali, nei quali i concorrenti devono scegliere i sei volti più graziosi fra un centinaio di fotografie, e nei quali vince il premio il concorrente che si è più avvicinato, con la sua scelta, alla media fra tutte le risposte».
In pratica non è importante che un individuo scelga quali, fra tutte le ragazze, considera personalmente le più belle, ma quali egli ritenga possano essere considerate le più belle da tutti gli altri individui. E dal momento che tutti sono chiamati al medesimo ragionamento, nessuno esprimerà una preferenza personale ben ponderata, bensì una mera previsione del comportamento collettivo, sapendo che la scelta altrui non è autentica ma anch’essa basata su una “intuizione del conformismo”. È quel terzo grado – ma si potrebbe parlare anche di un quarto, quinto, ecc. grado – in cui, come ancora scrive Keynes, «la nostra intelligenza è rivolta ad indovinare come l’opinione media immagina che sia fatta l’opinione media medesima».
7 Aprile 2013 at 18:48
…’ragionamento sillogico’ che assomiglia molto al Teorema di Arrow e, come il Paradosso di Condorcet (da cui deriva), non offre mai una scelta ottimale nell’impossibilità di pervenire ad una soluzione certa.
In pratica, tanto in economia quanto in scelte elettorali, non se ne esce proprio!
7 Aprile 2013 at 19:26
ottime ragioni, se non ci bastasse il resto, per accantonare tanto l’economia che la rappresentanza 😉