Tratto, con modifiche e integrazioni da Pensierocritico.eu.
Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso.
Guy Debord, La società dello spettacolo
Manipolare non è solo mentire, quanto agire sulle credenze altrui per indurre comportamenti dannosi per altri o per la stessa persona che li adotta (Franca D’Agostini).
Le origini degli studi sulla manipolazione mediatica
La manipolazione individuale, ovvero il tentativo di modificare a proprio vantaggio il comportamento di altri soggetti, è sempre esistita. Nel V secolo A.C. i Sofisti, retori che si vantavano di poter prevalere nelle assemblee popolari per mezzo di abili discorsi, vennero violentemente attaccati da Platone in diversi dialoghi e, in particolare, nel Gorgia.
In opposizione ai sofisti, Platone sosteneva che il vero politico è colui che non bada al successo, ma ha a cuore il vero e il bene.
Un fenomeno relativamente recente è invece la manipolazione dell’opinione pubblica attuata attraverso la propaganda consentita dai mezzi di comunicazione di massa. Nel seguito vengono brevemente descritte alcune delle tappe con le quali la sociologia ha indagato il fenomeno della manipolazione mediatica fino ai nostri giorni.
La manipolazione dell’opinione pubblica secondo Walter Lippmann
Un precursore degli studi sulla manipolazione mediatica è stato il giornalista americano Walter Lippmann che, a partire dalla prima guerra mondiale, ha studiato l’uso massiccio della propaganda sia da parte dei regimi autoritari che di quelli democratici.
Nel 1922, Lippmann pubblicò L’opinione pubblica, ora un classico, in cui sosteneva che la società era diventata troppo complessa per consentire all’uomo una conoscenza diretta del suo ambiente e che, a causa di questa complessità, l’uomo era costretto a rappresentarsi il proprio ambiente con modelli semplificati che lo studioso chiamò “pseudo-ambienti”.
Il contenuto degli pseudoambienti veniva alimentato, secondo Lippmann, dai mezzi di informazione (all’epoca solo stampa e radio), che potevano manipolare e distorcere i messaggi a beneficio delle politiche di pace o di guerra dei loro paesi. Lo pseudo-ambiente è il mondo virtuale in cui la simbolizzazione ci fa vivere; in virtù del quale possiamo vivere la nostra vita fatta più di rappresentazioni che di fatti o eventi ai quali assistiamo:
Scagli la prima pietra chi non ha mai fatto circolare come verità autentica quello che aveva sentito dire da qualcuno che non ne sapeva affatto più di lui. In tutti questi casi c’è un fattore comune che è particolarmente degno di nota: l’inserimento di uno pseudo-ambiente tra l’individuo e il suo ambiente. Il comportamento dell’individuo è appunto una reazione a questo pseudo-ambiente. Ma dato che è un comportamento, le sue conseguenze, se si tratta di atti, non operano nello pseudo-ambiente nel quale è stato stimolato, ma nell’ambiente reale nel quale l’azione accade (p. 13).
Gli uomini cercano continuamente di “adattare” la loro rappresentazione della realtà al loro ambiente reale, ma la qualità di questo adattamento dipende da due fattori. Il primo è la qualità delle informazioni (fatti+opinioni), sempre esposta al rischio di manipolazione, che egli è in grado di procurarsi. Il secondo dipende dalla sua capacità di analizzarle criticamente senza “piegarle” ai propri pregiudizi.
Al paradigma critico di Lippmann, basato sulle rappresentazioni di realtà, si affianca oggi un nuovo paradigma sociologico che attribuisce ai media la capacità non solo di rappresentare ma anche di creare la realtà. Quest’ultimo paradigma è giustificato dall’ampiezza e pervasività degli effetti dei nuovi mezzi di comunicazione di massa.
Manipolazione mediatica come esito della modernità
Un ulteriore contributo al concetto di manipolazione è stato dato negli anni ’40 dal sociologo Karl Mannheim. Nei suoi studi sulla manipolazione psicologica egli scrive che nelle società moderne le tecniche dirette di influenza sociale sono inefficaci. Occorre usare tecniche indirette che operino mediante la manipolazione dell’influenza psicologica. Consapevole del rischio che tali tecniche potessero riaffacciarsi anche nelle società democratiche, assegnò la massima importanza al pluralismo delle fonti informative e al loro controllo istituzionalizzato.
Il desiderio di uniformarsi agli altri
Negli anni ’50, il sociologo David Riesman trattò il problema del conformismo sociale causato dalla crescente paura dell’isolamento insita nelle società moderne. Ne La folla solitaria, scrisse che la manipolazione degli individui è resa possibile dal desiderio, costruito e alimentato dalla società, di uniformarsi agli altri. Avviene così che i gruppi sociali di appartenenza, anziché costituire una barriera di protezione dall’influenza della comunicazione di massa, alimentano il conformismo. Riesman per primo mise in evidenza la caratteristica auto-manipolatoria dell’essere umano: anche in presenza di un grande pluralismo di fonti informative il desiderio di conformità sociale (magari mantenendo differenze marginali), prende il sopravvento.
Manipolare le idee per indirizzare i bisogni
Negli anni ’50 il sociologo Vance Packard affrontò, ne I persuasori occulti (vedi bibliografia), il tema della manipolazione della mente dei consumatori mediante messaggi pubblicitari che facevano ricorso a tecniche psicologiche per indirizzare le scelte d’acquisto. Egli arrivò a proporre una visione del mercato completamente dominata dai grandi gruppi industriali e dalla loro strategia di allevamento e condizionamento mentale dei consumatori “dalla culla alla tomba”.
Packard si occupò, pionieristicamente, dell’influsso della pubblicità televisiva sul pubblico statunitense, mettendo in evidenza il fatto che alcuni inserzionisti si lamentavano dell’elevata qualità dei programmi televisivi (erano gli anni ’50) perché, negli intervalli in cui venivano trasmessi gli inserti pubblicitari, i telespettatori parlavano tra loro del programma…Ecco un brano tratto dal libro (p.147):
La domanda risale al 1955. Oggi non pochi degli spettatori dei programmi televisivi americani hanno diritto di porsela. E’ possibile che talune tra le trasmissioni decisamente brutte siano tali di proposito, per dare maggiore forza di penetrazione agli inserti pubblicitari?
https://www.facebook.com/mistocolvitto/videos/10154717662603336/
Puntare alla personalità del cliente
Già negli anni ’70 lo psicologo Kurt Danziger aveva descritto, ne La comunicazione interpersonale (vedi bibliografia), la manipolazione che ogni venditore cerca di attuare con i suoi
clienti spostando il focus della discussione dal prodotto all’immagine della personalità del cliente.
L’ingannevole pubblicità online: Astroturfing
A partire dagli anni ’80, il marketing online ha inventato l’Astrosurfing, vale a dire l’arruolamento di utenti che, dietro compenso, pubblicano false recensioni positive per promuovere prodotti o servizi sul Web, ad esempio su Tripadvisor, Yelp, Amazon. Questo dilagante fenomeno ha coinvolto anche Wikipedia, infatti molte aziende eticamente poco dotate fanno modificare (da utenti anonimi) le pagine che li riguardano cancellando i commenti negativi e inserendo informazioni che ne propagandano un’immagine positiva. Per contrastare tale fenomeno un hacker statunitense ha creato il software Wikiscanner che consente di trovare le relazioni tra le modifiche anonime fatte su Wikipedia e le aziende alle quali le modifiche si riferiscono. Secondo la società di consulenza strategica Gartner, il fenomeno dell’astroturfing è così esteso che entro il 2014 una recensione su sette sarà falsa.
L’Astroturfing è alla base di ogni attività di Lobbying
Come individuare l’Astroturfing sul Web
I consigli della giornalista investigativa Sharyl Attkisson per chi vuole individuare l’Astroturfing nelle proprie letture online (da “4 Ways To Spot Big Pharma’s Astroturfing And Media Manipulation“) sono:
- Uso di un linguaggio “emotivamente carico” o “incendiario”
- Citazione di miti che sono stati smascherati e demistificati
- Aggressione verbale rivolta al carattere di persone o organizzazioni specifiche piuttosto che alla “Analisi dei fatti”
- Scetticismo e critiche verso coloro che espongono i fatti piuttosto che verso i fatti stessi
Manipolare le idee per indirizzare i comportamenti
I mezzi di comunicazione di massa (radio-TV-Web) sono diventati determinanti nella creazione del senso comune. Quel ruolo di mediazione tra la complessità della realtà sociale e l’individuo, ruolo che Lippmann aveva assegnato agli “pseudoambienti”, è cambiato.
Secondo il linguista George Lakoff (vedi bibliografia) gli pseudoambienti sono oggi costituiti non tanto da contenuti quanto da codici, simboli e cornici comunicative (frame), vale a dire da metafore che orientano la mente degli ascoltatori/telespettatori nella direzione voluta. Infatti, l’efficacia della manipolazione mediatica non dipende dai simboli o dalle metafore in quanto tali, quanto dalla loro capacità di creare un contesto emotivo favorevole all’accoglimento dei successivi messaggi politici o commerciali.
Esempi analoghi relativi alla situazione politica italiana sono presenti in Sulla lingua del tempo presente di Gustavo Zagrebelsky. In particolare, la pagina Analisi argomenti riporta un’analisi del lessico berlusconiano alla luce della Teoria degli Atti Linguistici.
Questo paradigma sociologico sostiene che la realtà viene costruita per mezzo del linguaggio e altre forme simboliche attraverso cui ce la rappresentiamo. Conseguentemente i mezzi di comunicazione di massa, nell’atto stesso di trasmettere informazioni, trasformano e creano la realtà.
Il Web favorisce o ostacola la manipolazione mediatica?
Recentemente, il sociologo Manuel Castells ha evidenziato il nuovo paradigma della comunicazione di massa: i nuovi media (citizen journalism e social media) rendono possibile una comunicazione individuale di massa (mass self-communication) che favorisce il contropotere e il sorgere di nuovi movimenti sociali. Esempi recenti di tale fenomeno sono la Primavera Araba in Egitto e Tunisia, Occupy Wall Street negli USA, Rivolta in Islanda, gli Indignados in Spagna, il Movimento 5Stelle in Italia. Il successo di questi movimenti dimostra, secondo Castells, che i social networks possono essere impiegati come strumenti di contropotere.
Dai mass media alla mass self-communication
La trasformazione del sistema di comunicazione da mass media a mass self-communication, è in corso e consiste nel passaggio dalla distribuzione di massa di messaggi unidirezionali one-to-many, allo scambio di messaggi interattivi many-to-many. Di fronte a questa trasformazione i media tradizionali (mainstream) stanno cercando di reagire creando dei link alla rete orizzontale di comunicazione dei social media e connettendosi alla blogosfera dove giornalisti non professionisti e indipendenti pubblicano contenuti non sottoposti al controllo delle redazioni.
Si è avviata l’interconnessione tra due mondi: il mondo dei media tradizionali (Radio, TV, Giornali) e il mondo dei social media (Blog, Microblog, Forum, ecc). La campagna elettorale di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti (2008), è stata la prima che si è avvalsa dei social media.
Manipolazione del Web
L’idea che la manipolazione mediatica scomparirà con l’uso del Web è largamente mitica, come scrive il sociologo Guido Gili (p. 263 vedi bibliografia):
“In realtà la “rete delle reti” contiene sia “reti a nodi” che “reti a centri”, del tutto simili ai sistemi della comunicazione di massa. Tant’è vero che moltissimi media tradizionali, dai quotidiani alle TV, sono ora attivi sulla rete. Con un’importante differenza: nei sistemi a centri tradizionali il ricevente era anonimo per l’emittente che poteva avvalersi solo di un feedback deduttivo, con il quale ricostruire le tendenze e le aspettative del pubblico per segmenti e categorie più o meno vaste. Inserendosi nella rete, questo sistema a centri può consentire a chi occupa la posizione centrale di conoscere assai meglio i destinatari, e i loro consumi comunicativi, aumentando e non riducendo le possibilità di manipolazione.”
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Manipolazione dei Social Media
La manipolazione dei social media è già iniziata in campo militare: un articolo del Guardian descrive l’iniziativa del comando militare USA che ha fatto sviluppare da una società specializzata (Ntrepid) un software per manipolare i social media. Lo scopo è quello di influenzare le conversazioni online svolgendo propaganda pro-USA in medio ed estremo oriente. Questo software permette ai singoli militari americani di creare e controllare (dagli USA) fino a dieci identità false (sockpuppet), che partecipino alle conversazioni sui social media nel linguaggio locale (Arabo, Farsi, Urdu, Pashtu, ecc), pubblicando blogposts, chatroom posts, ecc.
Un altro ambito in cui la manipolazione dei social media ha iniziato a operare è quello politico. Uno studio di due ricercatori americani, Social Media and the Elections, ha descritto vari tipi di manipolazione finalizzati ad alterare la percezione che gli elettori avevano dei candidati:
- incremento fittizio dei sostenitori (fake)
- associazione di termini denigratori a un candidato per falsarne l’indicizzazione nelle ricerche google
- spamming con invio di falsi messaggi twitter.
Il falso decalogo delle 10 strategie di manipolazione attribuito a Chomsky
Se si cerca sul web con un qualsiasi motore il termine “manipolazione” o “strategia manipolazione”, si trovano diversi website che presentano un “decalogo sulle strategie di manipolazione” attribuito al famoso linguista Noam Chomsky. Se però si decide di verificare se tale decalogo è stato scritto realmente da Chomsky non si trova nessuna fonte diretta; infatti se si cerca tale documento sul sito ufficiale di Chomsky non se ne trova traccia.
Lo scrittore Jean Bricmont, che ha scritto un testo sul pensiero di Chomsky, ha descritto in un articolo le sue impressioni sul decalogo attribuito a Chomsky e ha trovato che esso gli sembrava una semplificazione e una deformazione del pensiero del linguista americano. Bricmont ha così deciso di verificare la correttezza dell’attribuzione inviando una email a Chomsky che gli ha così risposto:
“Non ho alcuna idea della provenienza di questo testo. Non ho fatto io quella compilation né l’ho messa sul web. Suppongo che colui che l’ha scritta potrà pretendere che si tratti di una interpretazione di ciò che ho scritto qui o là, ma certamente non in quella forma né come elenco”.
Bricman ha concluso scrivendo che il successo del testo (che viene cliccato e linkato in molte lingue sul web) illustra il fraintendimento del pensiero di Chomsky, sia tra i suoi sostenitori che tra i suoi avversari.
Il problema che si vuole evidenziare non riguarda la qualità del falso decalogo, i cui concetti potrebbero anche essere validi, quanto il fatto che non corrispondono al pensiero di Chomsky: è stata sfruttata la notorietà dell’autore per propagandare un testo che altrimenti pochi avrebbero letto. Questo caso mette in rilievo l’importanza della verifica di credibilità delle fonti (del singolo documento o dell’intero website). In particolare è essenziale risalire al website dell’Autore del testo citato, o del suo Editore o del suo Istituto di ricerca. Altri elementi sul falso decalogo, compreso il suo vero autore, sono stati ricostruiti da Ricardo Nuno Silva in questo post.
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