Posts tagged ‘economia neoclassica’

18 Novembre, 2018

Pareto

by gabriella
Vilfredo Pareto

Vilfredo Pareto (1848 -1923)

Nato a Parigi da padre italiano e madre francese, Pareto si formò come matematico al Politecnico di Torino, quindi come ingegnere, professione che esercitò per molti anni, prima di darsi alla carriera accademica e politica.

Nel 1893 ottenne la cattedra di Economia politica all’Università di Losanna, dove elaborò la teoria dell’equilibrio economico ed altri importanti strumenti teorici quali l’ottimo paretiano (o Pareto ottimalità) e l’indice di distribuzione dei redditi, che ne fanno uno dei maggiori rappresentanti dell’economia marginalista o neoclassica [il pdf per la stampa è in coda al testo].

 

Indice

1. Il marginalismo o economia neoclassica

1.1 L’efficienza allocativa
1.2 L’individualismo metodologico: homo oeconomicus e mano invisibile

 

2. Il contributo paretiano: l’Ottimo e il principio 80/20

2.1 L’utilità marginale del bene
2.2 L’efficienza allocativa o Ottimo paretiano
2.3 Il principio 80/20

 

3. I limiti del razionalismo economico e la sociologia basata sui fatti

3.1 Pareto nella sociologia del primo 900
3.2 Le azioni non logiche e la teoria della circolazione delle élite

3.2.1 Residui e derivazioni
3.2.2 Il principio della circolazione delle élite e l’omeostasi sociale

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18 Luglio, 2016

Francesco Suman, Olmo Viola, L’economia neoclassica? Una pseudoscienza

by gabriella

scienza-economia-499

In questa intervista al fisico Francesco Sylos Labini, i redattori de La Mela di Newton discutono della scientificità dell’economia neoclassica e dell’egemonia culturale che l’ha imposta senza essere scalfita dalle smentite della realtà, a partire dalla grande crisi del 2008.

La riflessione si conclude con una interessante riflessione sull’applicazione dei principi dell’economia neoclassica al finanziamento della ricerca e alla valutazione che massimizza il conformismo e insterilisce la capacità di produrre innovazione – proprio perché cambiamento e progresso sono portati dalla diversità, non dalla conformità – ottenendo stagnazione economica, contrazione delle opportunità per i giovani e impoverimento delle aree periferiche.

Un modello teorico che ambisca a diventare una spiegazione scientifica della realtà dovrebbe produrre predizioni su fatti nuovi che permettano di controllarne l’affidabilità ed eventualmente confutarlo. Il successo empirico è un buon indicatore, non certo infallibile, dell’alta probabilità che una teoria possa aver colto una qualche regolarità della realtà, e possa conseguentemente divenire utile per pianificare azioni sulla stessa realtà.

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7 Luglio, 2013

Karl Polanyi, La fallacia economicista

by gabriella

Karl-PolanyiTratto da K. Polanyi, The Livelihood of Man (1971) trad. it. La sussistenza dell’uomo, Einaudi, Torino, 1983, pp. 28-36 e 42-47.

Il passo cruciale fu costituito dalla trasformazione del lavoro e della terra in merci; ossia, essi furono trattati come se fossero stati prodotti per essere venduti. Naturalmente essi non erano propriamente merci, poiché non erano affatto prodotti (come la terra), oppure lo erano ma non a scopo di vendita (come il lavoro).
Eppure non fu mai escogitata finzione più efficace […].
La vera portata di un passo del genere può essere valutata se teniamo presente che «lavoro» e «terra» non sono altro che modi alternativi di definire, rispettivamente, l’uomo e la natura. La finzione della merce affidò il destino dell’uomo e della natura al giuoco di un automa che si muoveva nelle sue guide ed era governato dalle sue leggi.

Karl Polanyi

Gli sforzi compiuti per giungere ad una visione più realistica del problema generale posto alla nostra generazione dalla sussistenza umana si imbattono fin dall’inizio in un ostacolo formidabile: un’abitudine mentale inveterata caratteristica delle condizioni di vita di quel tipo di economia che il secolo XIX ha creato in tutte le società industrializzate. Questa mentalità si esprime nel modo di ragionare legato alle pratiche di mercato. In questo capitolo sarà nostro compito rilevare preliminarmente le falla cui quel modo di pensare ha dato origine e, incidentalmente, spiegare alcune delle ragioni per cui queste fallacie hanno influenzato così capillarmente il pensiero delle nostre società.

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5 Marzo, 2013

Nique la police, Demotic turn. Il declino della società del lavoro e il potere mediatico pastorale di Grillo

by gabriella

labour-isnt-working-poster-for-the-conservatives-from-the-1979-general-electionE’ uscito ieri su SenzaSoste un nuovo saggio capolavoro di nique-la-police, dedicato all’analisi della società del post-lavoro e delle nuove tecnologie politiche della comunicazione post-ideologica che oggi trovano nel successo elettorale del M5S il punto massimo della propria visibilità.

La critica non ha strappato i fiori immaginari dalla catena perché l’uomo continui a trascinarla
spoglia e triste, ma perché la getti via e colga il fiore vivo .

Marx, Critica della filosofia hegeliana del diritto

Wasteland

Le rivoluzioni conservatrici vincono quando interpretano verità progressiste. Durante la campagna elettorale del 1979, il partito conservatore di Margareth Thatcher letteralmente sfondò nei ceti popolari con un manifesto destinato a fare epoca del marketing politico. E’ quello che riproduciamo come immagine dell’articolo e significava, con un semplice quanto abile gioco di parole, che il Labour (il partito del lavoro) non produceva posti di lavoro. La rivoluzione conservatrice di Margareth Thachter, la cui importanza per la formazione della globalizzazione che conosciamo non è seconda al reaganismo a lei contemporaneo,  emergeva trovando consenso di massa. Interpretando una verità già conosciuta alle miriadi e differenti  scuole di pensiero progressiste, di sinistra e comuniste dell’epoca. Ovvero che i partiti del lavoro, nelle diverse coniugazioni, non erano più in grado di produrre occupazione. Si trattava dell’assunzione, da destra, del  fatto che in occidente si imponeva il corso storico, frutto di una lenta degradazione del saggio di profitto come dell’evoluzione tecnologica, del declino della società del lavoro. Intesa soprattuto come una società dove il lavoro mette a produzione capitalistica, e quindi a valore, l’intera popolazione.

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