Posts tagged ‘pensioni’

6 Novembre, 2012

Pensioni: sostenibilità finanziaria vs sostenibilità sociale

by gabriella

Da una ventina d’anni in Italia i diritti sono esigibili solo se compatibili con le esigenze di bilancio. La Corte dei Conti ha tracciato un bilancio dei conti dell’INPS, concludendone che precariato e licenziabilità avranno «riflessi su adeguatezza delle prestazioni e sostenibilità sociale del sistema». In sintesi, i versamenti sempre più modesti e aleatori finiranno per dissestare il sistema previdenziale, nonostante i futuri pensionati percepiranno assegni che li collocheranno sotto la fascia di povertà. La ricetta della Corte é il rilancio della previdenza integrativa (=pagatevi anche quella) attualmente rifiutata dai lavoratori sia a causa delle turbolenze finanziarie (e relativi crack dei fondi pensione) che dell’impossibilità di dilazionare parti di reddito già oggi insufficiente.

MILANO – Le “crescenti forme di precarietà del mercato del lavoro, nei posti e nelle retribuzioni, che incidono sui futuri trattamenti pensionistici, soprattutto per le fasce più deboli (giovani e donne)” avranno “riflessi su adeguatezza delle prestazioni e sostenibilità sociale del sistema”. Lo afferma la Corte dei Conti nel rapporto sull’Inps in cui si sottolinea anche la necessità di monitorare assiduamente l’incidenza delle riforme del lavoro e della previdenza obbligatoria sulla spesa pensionistica fino all’entrata a regime del sistema contributivo e sottoporre a riesame il modello della previdenza complementare.

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26 Novembre, 2011

Le riforme del sistema previdenziale italiano

by gabriella

Fin dai tempi della prima riforma previdenziale, tra pensioni ed euro c’è sempre stato un rapporto molto stretto. Siamo entrati nell’euro (1992-1995) rinunciando a pensioni che garantissero a chi aveva lavorato tutta la vita di conservare lo  stesso tenore di vita di cui aveva goduto in precedenza ed ora, a quanto pare, ci immoleremo per l’euro (senza peraltro sperare di salvare né la “casa comune” né la sua moneta) non solo lavorando più a lungo ma, soprattutto accettando che i lavoratori dipendenti percepiscano pensioni drammaticamente al di sotto della soglia di povertà relativa.

Prima della riforma Dini (1995) chi andava a riposo vedeva calcolata la sua pensione sulla media degli ultimi cinque anni di servizio (all’epoca, la parte economica dei contratti di lavoro veniva rinnovata ogni due anni, il che significava calcolare la pensione sugli ultimi 3 contratti di lavoro invece che sull’ultimo stipendio) perciò, di fatto, benché vedesse diminuire il suo reddito conservava sostanzialmente la propria capacità di spesa. Il seguente riepilogo è proposto da Repubblica.it:

Retributivo. Nel sistema retributivo la pensione si calcola in misura percentuale sulla media delle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro. E’ il meccanismo più vantaggioso, ma è utilizzabile solo dai lavoratori che al 31 dicembre 1995 (termine fissato dalla riforma Dini) avevano già versato 18 anni di contributi.

Con la riforma Dini, dal 1 gennaio 1996 la pensione di calcola non sul salario, ma sulla contribuzione effettivamente versata: il nuovo sistema sgancia la pensione dal salario e non gli interessa quanto diventi poveri andando in pensione. Cito ancora da Repubblica.it:

Contributivo. L’importo si calcola solo in base all’ammontare dei contributi versati, al netto delle spese di gestione dell’istituto di previdenza. Viene applicato ai lavoratori assunti dal primo gennaio 1996 in poi.

Misto. E’ la via di mezzo fra gli altri due meccanismi ed interessa le persone che, al dicembre 1995, avevano versato meno di 18 anni di contributi. La loro pensione, fino a quell’anno, sarà calcolata con il retributivo, ma per gli anni che vanno dal 1996 in poi si applicherà il sistema contributivo.

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6 Luglio, 2011

Censis, meno di 1000 euro di pensione per i giovani dipendenti (più fortunati)

by gabriella
“Repubblica”, 6 luglio 2011
 Secondo uno studio, il 42% dei lavoratori che si ritirerà nel 2050 con introiti anche più bassi di quelli ricevuti a inizio carriera. La previsione riguarda solo la fascia che oggi ha già un contratto fisso

Meno di 1000 euro di pensione per i giovani dipendenti

ROMA – Il 42% dei lavoratori dipendenti che oggi hanno fra i 25 e i 34 anni andrà in pensione intorno al 2050 con meno di mille euro al mese. E’ uno dei risultati del primo anno di lavoro del progetto ‘Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali’ di Censis e Unipol, che mostra anche come la percentuale dei futuri pensionati ‘under 1000’ sia assai maggiore di quella attuale dei dipendenti in questa fascia di età con uno stipendio inferiore ai mille euro, ovvero il 31,9%. Ciò significa che in molti si troveranno ad avere dalla pensione pubblica un reddito addirittura più basso di quello che avevano a inizio carriera.

La previsione, aggiunge il Censis, riguarda i più ‘fortunati’, cioè i 4 milioni di giovani oggi ben inseriti nel mercato del lavoro, con contratti standard: poi ci sono un milione di giovani autonomi o con contratti atipici e 2 milioni di giovani che non studiano nè lavorano.

Nel 2030 gli anziani over 64 anni saranno più del 26% della popolazione totale: ci saranno 4 milioni di persone non attive in più e 2 milioni di attivi in meno. A fronte di un tasso di sostituzione del 72,7% calcolato per il 2010, nel 2040 i lavoratori dipendenti beneficeranno di una pensione pari a poco più del 60% dell’ultima retribuzione (andando in pensione a 67 anni con 37 anni di contributi), mentre gli autonomi vedranno ridursi il tasso fino a meno del 40% (a 68 anni con 38 anni di contributi).


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