Archive for Gennaio, 2014

2 Gennaio, 2014

Bronislaw Malinovski, Il Kula presso i Trobriand

by gabriella

MalinovskiTratto da B. Malinowski, Argonauti del Pacifico occidentale, Newton Compton, Roma, 1973, pp. 100-102, 110 e 107-108.

Soulava e Mwali

Soulava e Mwali

Il kula è una forma di scambio di carattere intertribale ad ampio raggio che viene effettuato da comunità si­tuate in un vasto cerchio di isole che formano un circuito chiuso. Questo circuito lo si può vedere nella carta qui riprodotta, dove è rappresentato dalle linee che uniscono un certo numero di isole a nord e a est dell’estremità orientale della Nuova Guinea.

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2 Gennaio, 2014

Ruth Benedict, L’educazione dei bambini in Giappone

by gabriella

Tratto da Il crisantemo e la spada, 1946.

Anche l’educatore occidentale più premuroso non riuscirebbe ad immaginare quali siano le cure che i Giapponesi riservano di loro bambini.

In America i genitori, pur preparando i loro piccoli ad un tipo di vita molto più sciolto e molto meno stoico di quel­lo giapponese, tuttavia, fin dall’inizio, non esitano a dimostrare al bambino che i suoi piccoli desideri non sono affatto legge a questo mondo. Noi siamo abituati ad imporre al bimbo un certo regime relativamente alla nutrizione e alle ore di riposo, e, anche se il piccolo protesta e fa i capricci, lo obblighiamo ugualmente ad aspettare il momento prestabilito per il cibo e per il sonno.

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1 Gennaio, 2014

Giorgio Agamben, Democrazia e sicurezza

by gabriella

AgambenL’autore di Stato d’eccezione su sicurezza e democrazia. Tratto da Le Monde diplomatique, gennaio 2014.

Eretta a priorità politica da una quarantina di anni, la sicurezza, questa nuova denominazione del mantenimento dell’ordine cambia spesso di pretesto (la sovversione politica, il «terrorismo») ma conserva la sua mira: governare le popolazioni. Per comprendere ed eludere la ragione securitaria, bisogna coglierne l’origine e risalire al XVIII secolo…

La formula «per ragioni di sicurezza» («for security reasons», «pour raisons de sécurité») funziona come un argomento autorevole che, tagliando corto in ogni discussione, permette di imporre prospettive e misure che non si accetterebbero senza di essa. Bisogna opporgli l’analisi di un concetto dall’apparenza anodino, ma che sembra aver soppiantato ogni altra nozione politica: la sicurezza.

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1 Gennaio, 2014

Emilio Quadrelli, L’esclusione ovunque. Loïc Wacquant, Sull’incarcerazione degli immigrati nell’Unione Europea

by gabriella

In questo bellissimo scritto apparso su Outlet [n. 2, 2002, pp. 33-38], Emilio Quadrelli riflette sul cambiamento del regime di governamentalità delle società contemporanee che si esprime nel passaggio dal far vivere e lasciar morire al lasciar morire e far vivere. Il mondo della prigione, dei CIE, dell’esclusione, sono ancora, come ha insegnato Michel Foucault, gli indicatori più preziosi della condizione e dei mutamenti dell’intero corpo sociale.  

I borghesi hanno ottime ragioni per attribuire al lavoro una soprannaturale forza creativa, poiché proprio dalla natura condizionata del lavoro risulta che l’uomo, possessore soltanto della propria forza – lavoro, deve essere, in tutte le condizioni sociali e culturali, schiavo di altri uomini che si sono resi proprietari delle materiali condizioni di lavoro.

K. Marx, Critica al programma di Gotha

Intorno al carcere, alla sua storia e funzione, sono state scritte intere biblioteche […]. Il carcere non è, come certa letteratura di genere (prendiamo su tutti i romanzi di Edward Bunker) ama mostrare, un mondo a sé con regole e retoriche diverse e distanti dai mondi sociali esterni bensì la sintesi, portata sino alle estreme conseguenze, del mondo che lo circonda. Il carcere è esattamente lo specchio, neppure troppo deformato, del mondo cosiddetto normale. Questo, chiaramente, non significa che tra dentro e fuori non esistano differenze ma, più realisticamente, che le regole e i modelli della prigione sono i medesimi della società circostante. Parlare del carcere, quindi, significa parlare dei modelli sociali nei quali siamo immessi. Ciò è vero sia per quanto riguarda la società ufficiale e legittima, ossia quella che utilizza e gestisce il carcere, sia per quanto riguarda la parte deputata a subirlo e ad abitarlo. Il carcere, non diversamente da qualunque altro ambito sociale, non può che essere l’effetto di una condizione storicamente determinata.

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1 Gennaio, 2014

Lorenzo Possamai, L’evoluzione politica delle poleis greche

by gabriella

bassorilievoIndice

1. Dall’aristocrazia alla democrazia
2. L’evoluzione politica
3. L’età dei tiranni (650- 500 a.C.)
4. La democrazia
Conclusione

 

1. Dall’aristocrazia alla democrazia

Il miglioramento delle tecniche agricole e il conseguente aumento della popolazione, avevano profondamente trasformato il sistema economico uscito dal Medioevo ellenjco. A questa situazione di forte crescita demografica si aggiunse l’impulso al commercio che l’espansione coloniale continuava ad alimentare, sia fra città madre e colonia, che fra tutte le poleis tra loro.
La proprietà fondiaria, appannaggio dell’aristocrazia, cominciò ad essere superata come fonte di ricchezza dal commercio marittimo. Il sistema economico stava trasformandosi: commercio ed artigianato diventavano i settori chiave. Verso la fine del VII secolo, questo processo raggiunse il traguardo importantissimo dell’introduzione della moneta. Ogni polis batteva la sua moneta, recante da un lato l’effige della dea protettrice e dall’altro il simbolo della città. Nacquero presto delle vere e proprie banche, che prestavano denaro ad interesse e che garantivano ai propri clienti la possibilità di prelevare e depositare i propri guadagni, presso una filiale in un’altra città. Ciò è sufficiente a dare l’idea dei progressi che l’economia delle poleis greche compì nel breve spazio di meno di due secoli. Ma quale fu l’impatto sulla società e sugli equilibri politici di simili mutamenti?

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1 Gennaio, 2014

Alessandro De Giorgi, La paura neoliberista. Il governo penale della miseria

by gabriella

carcere

Questo ottimo articolo di Alessandro De Giorgi uscito su Alfabeta2, [n. 30, giugno 2013] fa luce sui meccanismi simbolici e sociologici della cosiddetta governamentalità neoliberale della paura, una razionalità di governo incentrata sulla guerra al nemico pubblico individuato nel marginale e sulla criminalizzazione di massa delle popolazioni urbane segregate, rese economicamente superflue dalla ristrutturazione capitalistica postindustriale.

Il 14 ottobre 1982 Ronald Reagan teneva un importante discorso in cui illustrava la svolta punitiva alla base della nuova politica criminale della sua amministrazione:

«La crescita di una classe criminale senza scrupoli è stata in parte il risultato di una filosofia sociale sbagliata, che in modo utopico considera l’uomo come prodotto del suo ambiente, mentre la trasgressione è vista sempre come conseguenza di condizioni socio-economiche svantaggiate. Questa filosofia predica che dove si verifica un crimine è responsabile la società, non l’individuo. Ma il popolo americano sta finalmente riaffermando alcune verità indiscutibili: il bene e il male esistono, gli individui sono responsabili delle proprie azioni, il male è spesso frutto di una scelta, e la pena deve essere certa e immediata per chi si fa strada a danno degli innocenti».

A trent’anni da quella dichiarazione di guerra alla criminalità la popolazione carceraria degli Usa ha raggiunto la quota di 2,4 milioni di individui confinati in oltre 5000 istituti penali, per un tasso di incarcerazione di 756 soggetti per 100.000abitanti. Nel complesso 7,2 milioni di persone sono sottoposte a controllo penale: il 2,4% della popolazione. Sebbene trascurata dai media e dal dibattito politico, la situazione carceraria statunitense rappresenta una vera e propria emergenza sociale, risultato di quarant’anni di simbiosi tra liberismo economico e governo punitivo della povertà.

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