Archive for ‘Filosofia’

8 Novembre, 2016

Quadrifarmaco contro la paura. La scuola ai tempi del terremoto

by gabriella
Epicuro

Epicuro

A tutti gli studenti, delle mie o di altre classi, con cui sto parlando in questi giorni, dopo il nostro rientro a scuola. Vi lascio le parole di Epicuro che mi avete sentito pronunciare, a volte senza citarlo:

Siamo nati una sola volta, e non potremo essere nati una seconda volta; dovremo non essere più per l’eternità. Ma tu, benché non abbia padronanza del domani, stai rinviando la tua felicità. La vita si perde nei rinvii, ed ognuno di noi muore senza aver goduto una sola giornata [Massime vaticane, 14].

Nel caso di altri tipi di attività, se ne coglie il frutto solo dopo di essere riusciti, dopo molta fatica, a diventare padroni della materia. Nel caso della filosofia però, la conoscenza ed il diletto vanno insieme; visto che il godimento non si raggiunge dopo gli studi, ma gli studi ed il godimento vanno avanti insieme [Mv, 27].

Da ogni altra cosa è possibile metterci al sicuro, ma rispetto alla morte noi tutti abitiamo una città senza mura [Mv, 31].

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8 Novembre, 2016

Jean-Pierre Vernant, Le origini del pensiero greco

by gabriella

Tratto da Les origines de la pensée grecque (1962) trad. it. Le origini del pensiero greco [Milano, Feltrinelli, 2007, pp. 7-10].

Tentare l’impresa nel settore che avevo l’incarico di esplorare [una storia delle origini del pensiero greco che non superasse, come richiesto dall’editore P.U.F., le cento pagine. Nota mia] implicava una certa imprudenza. Non era forse un po’ troppo azzardato pretendere di delineare in pochi capitoli le origini del pensiero greco, ossia di abbozzare il quadro delle mutazioni intellettuali che si producono tra il XII secolo prima della nostra era, quando crollano i reami micenei, e il V secolo, il momento in cui si colloca il fiorire di una città come Atene? Settecento anni da sorvolare, la massima parte dei quali, dal XII all’VIII secolo, rappresentata dal periodo battezzato dagli storici dell’antichità come “secoli oscuri” giacché, scomparsa in quell’epoca la pratica della scrittura, non disponiamo per conoscerla di nessuna fonte grafica, di nessun testo.

Su un’estensione temporale di questo genere non era dunque possibile procedere come uno storico o un archeologo che mobilitano per la loro indagine tutte le risorse della loro disciplina. Nella forma di un semplice saggio, la cui ambizione non era chiudere il dibattito con una ricerca esaustiva ma rilanciarlo orientando la riflessione su una nuova strada, ho così tentato di ridisegnare le grandi linee di un’evoluzione che, dalla monarchia micenea alla città democratica, ha segnato il declino del mito e l’avvento dei saperi razionali. Di questa rivoluzione intellettuale ho proposto un’interpretazione globale che mi sembrava, nella sua coerenza, conforme ai principali dati di fatto di cui disponiamo.

Qual è, mi sono dunque chiesto, l’origine del pensiero razionale in Occidente? Come è avvenuta la sua nascita nel mondo greco?

Mileto, Agora

Mileto, Agora

Tre aspetti mi sono sembrati caratterizzare, per l’essenziale, il nuovo tipo di riflessione la cui apparizione segna, agli albori del VI secolo, nella colonia greca di Mileto, in Asia Minore, l’inizio della filosofia e delle scienze elleniche. In primo luogo, si costituisce un ambito di pensiero esterno ed estraneo alla religione. I “fisici” della Ionia danno alla genesi del cosmo e dei fenomeni naturali spiegazioni di carattere profano e di tipo assolutamente positivo. Essi ignorano deliberatamente le potenze divine riconosciute dal culto, le pratiche rituali stabilite e i racconti sacri tradizionalmente fissati dai canti di poeti “teologi” come Esiodo.

In secondo luogo, si delinea l’idea di un ordine cosmico che non si fonda più, come nelle teogonie tradizionali, sulla potenza di un dio sovrano, sulla sua monarchia, la sua basileia, ma su una legge immanente all’universo, una regola di ripartizione, nomos, che impone a tutti gli elementi costitutivi della natura un ordine egualitario, in modo che nessuno possa esercitare sugli altri il suo dominio (kratos).

Infine questo pensiero ha un carattere profondamente geometrico. Si tratti di geografia, di astronomia o di cosmologia, esso concepisce e proietta il mondo fisico entro un quadro spaziale che non è più definito dalle qualità religiose del fasto e del nefasto, del celeste o dell’infernale, ma è fatto di relazioni reciproche, simmetriche, reversibili.

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5 Novembre, 2016

Enrico Manera, La colpa dei terremoti

by gabriella
terremoto+lisbona

Il terremoto di Lisbona del 1755

Una bella ricognizione delle ragioni antimoderne del finalismo che punteggia con persistente tenacia ogni manifestazione del negativo, dai terremoti ai conflitti umani. Tratto da Doppiozero.it.

Ci risiamo. A quanto pare per alcuni il terremoto sarebbe correlato alla colpa del peccato originale o delle unioni civili, mentre in rete altri (r)umori trash si sono addensati sul “karma” negativo delle città produttrici di salumi o sulla “necessità” di “benedire” la terra.

Superfluo dire quanto sia inaccettabile che in mezzo a tanto dolore e a tanti problemi le persone colpite dal sisma debbano anche sopportare che nel discorso pubblico circolino simili dabbenaggini (non trovo parole più adeguate e non mi piace usare quelle offensive); detto questo non ce la caveremo semplicemente additando o irridendo l’irragionevolezza, il fanatismo, la superstizione, la pochezza, la paura e la follia che stanno lì dietro.

Busto di un greco sconosciuto identificato con Democrito o Eraclito

Democrito

C’è un tratto di lunghissimo periodo nella storia del pensiero umano, una tesi comune ai pensatori religiosi o metafisici di ogni tempo che suona più o meno così: rifiutare un disegno di senso teleologicamente orientato e garantito dal divino comporta crisi etica e disordine civile e naturale, se non anarchia e violenza. Il che è tanto più falso se si pensa che Democrito e Spinoza, ad esempio, sono stati tra i filosofi più attenti alla dimensione etica e a quella politica nel senso di una democrazia “terrestre” e sensibile alle ragioni dell’intersoggettività.

Spinoza

Spinoza

È sempre stata proprio la concezione finalistica invece a veicolare superstizione e pregiudizi, come mostrano i noti dibattiti storici settecenteschi sui passaggi delle comete (Halley nel 1682) e sul terremoto di Lisbona (del 1755): i teologi infatti leggevano i fenomeni naturali come castighi divini, particolarmente rivolti a chi non accettasse le concezioni religiose dominanti.

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4 Novembre, 2016

Gilles Deleuze, Poscritto sulle società di controllo

by gabriella

Per ricordare Deleuze, nel ventunesimo anniversario della morte, rileggiamo il Post-scriptum sur les sociétés de contrôle [pubblicato ne L’autre journal (1990), poi in Pourparler (1990), trad. it. Pourparler] la cui visione ha realizzato l’auspicio foucaltiano che «il secolo» sarebbe stato «deleuziano».

 

Gilles Deleuze (1925 – 1995)

I. Storia

Foucault ha collocato le società disciplinari tra il Diciottesimo e il Diciannovesimo secolo; giungono al loro apogeo all’inizio del Ventesimo. Procedono all’organizzazione di grandi ambienti di reclusione. L’individuo non cessa di passare da un ambiente chiuso all’altro, ciascuno dotato di proprie leggi: dapprima la famiglia, poi la scuola («non sei più in famiglia»), poi la caserma («non sei più a scuola»), poi la fabbrica, ogni tanto l’ospedale, eventualmente la prigione che è l’ambiente di reclusione per eccellenza. È il carcere che serve da modello analogico: la protagonista di Europe 51 può esclamare quando vede degli operai «ho creduto di vedere dei condannati…».

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23 Ottobre, 2016

Raniero la Valle, Approvate il superamento della democrazia parlamentare?

by gabriella
Il marchese di Salina: se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi

Bisogna che tutto cambi, se vogliamo che tutto rimanga com’è

Nell’intervento seguente, pronunciato il 30 settembre davanti al meeting dei Focolari di Loppiano (FI) di cui propongo qualche stralcio, Raniero la Valle ha indicato una questione di verità e una questione di giustizia nel referendum costituzionale, dimostrando che il messaggio di cambiamento che il governo invia è ingannevole e che la sostanza del referendum è iniqua, comportando, nel quadro di norme vigenti, non il solo superamento del bicameralismo paritario, ma quello della democrazia parlamentare. Tratto da Micromega.

Allo stato attuale delle cose, il bicameralismo perfetto consiste in due Camere che hanno gli stessi poteri: danno la fiducia, controllano l’esecutivo e fanno le leggi. Avendo entrambe la stessa dignità e la stessa centralità nel sistema, non c’è una Camera alta e una Camera bassa, tutte e due sono Camere alte.

La diversa misura delle due Camere era invece la caratteristica del Regno d’Italia. Secondo lo Statuto Albertino c’era una Camera alta, che era il Senato del Regno, ed era chiamata alta perché i senatori erano nominati dal Re. La Camera dei deputati, i quali invece erano eletti dal popolo, era detta Camera bassa. Era evidente in quella concezione che il Re era l’alto, e il popolo era il basso. Il Senato, nella varietà delle vicende politiche, doveva garantire la continuità del Regno. Questa è la ragione per cui nel Gattopardo un messaggero del Re va a chiedere al principe di Salina di fare il senatore: perché anche con l’unità d’Italia i signori continuino a regnare come prima e tutto cambi perché tutto resti com’era. La stessa continuità il Senato del Regno doveva assicurare nel passaggio dallo Stato liberale allo Stato fascista, ma Mussolini preferì fare la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, sicché fu poi la Costituente che sciolse il Senato; e i costituenti, trovando il terreno vergine, senza Camera né alta né bassa, decisero di fare due Camere, ambedue elette dal popolo e perciò aventi la stessa statura.

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19 Ottobre, 2016

David Hume, La critica alla nozione di causa

by gabriella
David Hume (1711 - 1776)

David Hume (1711 – 1776)

Nel Trattato sulla natura umana (1739/1740), la critica alla nozione di causa, affine a quella svolta da Sesto Empirico nell’ambito dello scetticismo antico, ha un ruolo centrale.

Secondo Hume, la causa e l’effetto non sono proprietà delle cose, ma idee prodotte dall’attitudine ­associativa della nostra immaginazione. Di conseguenza, al di fuori della rappresentazione immaginativa, la relazione causale risulta indefinibile, dato che nei fatti non si può trovare nulla che basti a stabilirne il significato oggettivo.

La causalità è, quindi, senza dubbio una relazione indispensabile per la nostra conoscenza, ma è impossibile cercare di verificare se le “cose” stanno veramente così [trad. it. Bari, Laterza, 1982, I, pp. 22-24 e 87-90].

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1. Se le idee fossero interamente slegate e sconnesse, soltanto il caso potrebbe congiungerle; ma è impossibile che le stesse idee semplici si raccolgano regolarmente in idee complesse (come di solito accade) senza un legame che le unisca tra loro, sen­za una proprietà associativa, sì che un’idea ne introduca un’altra naturalmente. […]

2. Le proprietà che danno origine a quest’associazione e fanno sì che la mente venga trasportata da un’idea all’altra sono tre: ­somiglianza, contiguità nel tempo e nello spazio, causa ed effetto. Io non credo necessario attardarmi a dimostrare che le suddette proprietà producono un’associazione fra le idee, sì che, all’atto in cui se ne presenta una, ne fanno sorgere naturalmente un’altra. E ovvio, infatti, che nel corso del nostro pensiero e nel costante giro delle idee, la nostra immaginazione passa facilmente da un’i­dea ad altre che le somigliano: questa proprietà, da sola, è già un legame e un’associazione sufficiente per l’immaginazione. […]

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13 Ottobre, 2016

Gustavo Zagrebelski, Referendum. Tempo di oligarchie e di chiarimenti

by gabriella

zagrebelsky

Il costituzionalista ha reagito con questo articolo ad un intervento del fondatore de La Repubblica volto a minimizzare gli esiti antidemocratici  della Riforma costituzionale con l’argomento che la democrazia è sostanzialmente irrealizzabile.

L’oligarchia è la sola forma di democrazia, ha sostenuto Eugenio Scalfari nei suoi due ultimi editoriali su questo giornale. Ha precisato che le democrazie, di fatto, sono sempre guidate da pochi e quindi altro non sono che oligarchie. Non ci sarebbero alternative: la democrazia diretta può valere solo per questioni circoscritte in momenti particolari, ma per governare è totalmente inadatta. O meglio: un’alternativa ci sarebbe, ed è la dittatura. Quindi — questa la conclusione che traggo io, credo non arbitrariamente, dalle proposizioni che precedono — la questione non è democrazia o oligarchia, ma oligarchia o dittatura. Poiché, però, la dittatura è anch’essa un’oligarchia, anzi ne è evidentemente la forma estrema, si dovrebbe concludere che la differenza rispetto alla democrazia non è di sostanza.

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11 Ottobre, 2016

John Locke, Della proprietà

by gabriella

Locke1Dal capitolo V del Secondo Trattato sul governo civile.

  1. (…) Dio, che ha dato il mondo agli uomini in comune ha anche dato loro la ragione, per farne l’uso più vantaggioso alla vita e più comodo. La terra e tutto ciò che vi si trova è data agli uomini per la sussistenza e il conforto della loro esistenza. Ma, sebbene tutti i frutti ch’essa produce naturalmente e gli animali ch’essa nutre, in quanto sono prodotti spontaneamente dalla natura, appartengono agli uomini in comune, e sebbene nessuno abbia originariamente, ad esclusione degli altri uomini, dominio privato su alcuno di essi fin tanto che sono a quel modo nel loro stato naturale, tuttavia, dal momento che sono dati per l’uso degli uomini, vi deve essere necessariamente un mezzo per appropriarsene in una qualche maniera, prima che possano essere in qualche modo di uso o di vantaggio a un singolo. La frutta o la cacciagione che nutre il selvaggio delle Indie, il quale non conosce recinti, e continua ad essere concessionario in comune, deve esser sua, e in tal modo sua, cioè a dire parte di lui, che un altro non può avervi alcun diritto se non quando gli sia utile per la sussistenza della sua vita.

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1 Ottobre, 2016

L’Illuminismo

by gabriella

Montaggio di Grazia Caniglia: da Voltaire a Kant.

21 Settembre, 2016

La polemica antiinnatista del saggio sull’intelletto umano

by gabriella

john_lockeIn polemica con i neoplatonici di Cambrige, in questo brano del Saggio sull’intelletto umano, Locke mostra che quanto si pretende posseduto universalmente dalla nascita, come i principi logici e le idee morali, è invece acquisito dall’esperienza.

Alcuni ritengono, come opinione incontestabile, che nell’intelligenza vi siano certi principi innati, certe nozioni pri­marie, altrimenti dette nozioni comuni, caratteri, per dir così, impressi nella nostra mente, che l’anima riceve fin dal primo momento della sua esistenza, portandoli con sé nel mondo.

Se i miei lettori fossero liberi da ogni pregiudizio, per con­vincerli della falsità di questa supposizione non avrei che a mostrar loro […] come gli uomini possano acquistare tutte le co­noscenze che hanno mediante il semplice uso delle loro fa­coltà naturali, senza il soccorso di alcuna nozione innata; e co­me possano raggiungere la certezza, senza aver bisogno di al­cuna di tali nozioni o principi originari.

Poiché, a mio avviso, ognuno converrà facilmente che sa­rebbe incongruo supporre le idee dei colori innate in una crea­tura, cui Dio ha dato la vista e il potere di ricevere queste idee mediante gli occhi dagli oggetti esterni. E non sarebbe meno irragionevole attribuire a delle impressioni naturali e a dei ca­ratteri innati la conoscenza che noi abbiamo di molte verità, quando possiamo osservare in noi stessi l’esistenza delle facoltà appropriate a farci conoscere quelle verità con altrettanta faci­lità e certezza come se impresse nella mente fin dall’origine […].

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