Lo stoicismo

by gabriella

Zenone di Cizio (336-5 a.C. – 263 a. C.)

Indice

1. I principi della Stoá
2. La cosmologia
3. La teoria del significato
4. I paradossi logici

      4.1 Il dilemma del coccodrillo
4.2
Il paradosso del mentitore
4.3 Il paradosso del Sorite
      4.4 Il paradosso del Velato
4.5 Il paradosso del Calvo
4.6 Il paradosso del Cornuto

 

1. I principi della St

La scuola stoica fu fondata intorno al 300 a.C. presso il portico dipinto (Stoá Poikile) dell’agorà di Atene da Zenone di Cizio (Cipro) il quale, in quanto straniero, non poteva possedere una casa ad Atene. Come Epicuro, Zenone riteneva che il fine della filosofia fosse non la conoscenza, ma la felicità, alla quale però si accede solo attraverso l’esercizio della virtù che è intimamente legata al filosofare.

Anche quello stoico, come l’epicureo, rappresenta un superamento del dualismo platonico-aristotelico di Dio-materia e il ritorno ad una concezione unitaria del tutto.

Gli stoici rilevano, infatti, che Dio, che è eterno, non potrebbe essere perfetto se la materia (radice del mondo) esistesse indipendentemente da lui : egli produce non solo il sistema delle forme (come con il Demiurgo platonico), ma la stessa materia prima di esse.

Dio è perciò principio attivo, causa dell’universo e della materia. Per gli stoici Dio è, come per Aristotele, “pensiero che pensa se stesso”, ma mostrano che proprio perché pensa se stesso, il pensiero divino pensa insieme l’universo e pensandolo gli conferisce esistenza, forma ed ordine.

Gli stoici chiamano questo pensiero in atto con il termine eracliteo LógosDi qui la teodicea stoica: tutto nel mondo è assolutamente razionale ed è come deve essere.

Questo Tutto è la phýsis, intesa non come parte della realtà (cioè come una natura al di là della quale ci sarebbe il mondo dello spirito), ma come il processo da cui il Lógos produce ogni cosa del mondo e ogni cosa ritorna ad esso.

Dire quindi che il Lógos supremo produce il mondo, vuol dire che Lógos e mondo non sarebbero potuti essere che come sono e che sono perfetti e immodificabili: nel suo insieme, infatti, il mondo è assolutamente perfetto e dunque retto da una “provvidenza” divina.

La stoa è determinista: tutto ciò che si produce nell’universo, si produce necessariamente e cioè non sarebbe potuto essere diverso da com’è e come tornerà ad essere alla fine del ciclo (il grande anno) dopo la palingenesi che forma il nuovo ordine cosmico (identico al precedente).

Come si vede, l’idea stoica che tutto è determinato e necessario si pone in netta contrapposizione con quella di Epicuro, per il quale tutto è casuale (e privo di senso).

Per gli stoici, nessuna libertà dell’uomo può quindi esistere: la vera libertà consiste allora nel volere ciò che il fato vuole (nel mondo romano lo stoicismo si prolungherà in Seneca).

 

mappa

2. La cosmologia

Gli stoici concepiscono il cosmo, intendendo con questo termine tutto ciò che esiste, come un immenso organismo, vitale e pulsante, retto dal Lógos immanente ad esso. L’unico piano dell’essere è, dunque quello della corporeità: tutto ciò che esiste è corpo, anche la divinità, l’anima, il vizio e la virtù.

La natura è quindi un tutto pieno che non ammette discontinuità o vuoto. Al contrario della fisica democritea, fatta di corpuscoli che vagano nel vuoto, quella stoica è una fisica del continuo nella quale ogni evento è inserito in una catena di cause che lo determinano in modo assoluto: tutto ciò che è è espressione della ragione (Zeus, l’intelligenza divina) che ordina il mondo e quindi non può essere altrimenti.

 

3. La teoria del significato

Gli soici sono i primi a distinguere il segno in:

significato: la rappresentazione mentale legata alla cosa;

– significante: la parola e;

– cosa significata, cioè l’oggetto reale che la linguistica contemporanea chiamerà il referente.

La loro dottrina è incorporata senza variazioni nella linguistica moderna e può essere considerata il fondamento di scienze contemporanee come la semiotica e la semiologia.

 

4. I paradossi logici

Quanto alla logica, è fondamentale l’uso stoico dei connettivi logici, cioè delle particelle che collegano le proposizioni (“e”, “o”, “non”, “se .. allora”).

Oltre al ragionamento anapodittico in cui risulta evidente non solo la premessa ma anche le conclusioni, gli stoici inclusero nella logica i cosiddetti i “discorsi insolubili” (paradossi, antinomie, sofismi, aporie ecc.), tra i quali il “dilemma del coccodrillo”, il paradosso del mentitore, del sorite (e del calvo) e del cornuto.

 

4.1 Il dilemma del coccodrillo

Nel primo, un coccodrillo, sottratto un bambino alla madre, promette di restituirglielo a patto che la madre indovini la sua intenzione di renderglielo o meno. La madre rispose che il coccodrillo non lo avrebbe restituito e mette il coccodrillo di fronte al dilemma:

  1. Non restituendolo, renderebbe vera la risposta della madre e, in base al patto, dovrebbe rendere il bambino.
  2. Restituendolo, renderebbe falsa la risposta della madre, quindi in base al patto non dovrebbe consegnare il bambino.

In entrambi i casi, il coccodrillo è in uno stato di paralizzante contraddizione con se stesso.

 

4.2 Il paradosso del mentitore

Nel paradosso del mentitore (di origine megarica, attribuito a Eubulide) Epimenide cretese proclamava che tutti i cretesi erano bugiardi: diceva il vero o il falso?

 

4.3 Il paradosso del Sorite

Paradosso del Sorite (o mucchio): quanti chicchi di grano sono necessari per formare un sóros, cioè un mucchio? Poiché un solo chicco non costituisce un mucchio, si aggiungano uno alla volta altri chicchi e si dica quand’è che si avrà un mucchio. Poi li tolga ad uno ad uno e si dica quando non si ha più un mucchio.

 

4.4 Il paradosso del Velato

Conosci quell’uomo che si avvicina col viso coperto da un velo? No. Se si scopre il volto lo conosci? Si. Dunque conosci e non conosci la stessa persona.

 

 

4.5 Il paradosso del Calvo

Posto che la perdita di un solo capello non rende calvi, quand’è che un uomo può dirsi calvo?

 

 

4.6 Paradosso del Cornuto

Ciò che non hai perduto lo hai: non hai perso le corna, dunque le hai.

 

Alcuni di questi paradossi sono sofismi (Velato e Cornuto), altri, come il dilemma del Mentitore, sono autentiche antinomie della ragione e vennero considerati insolubili fino alle ricerche logiche del ‘900, grazie soprattutto al logico e matematico Bertrand Russell, il quale osservò che per dare soluzione a queste antinomie occorre limitare la portata di certe affermazioni universali evitando che si riferiscano a se stesse.

Considerando che l’enigma ha potuto essere sciolto solo osservando che ciò che vale per tutti deve escludere chi parla, solo un’epoca relativista come quella contemporanea avrebbe potuto riuscirci.

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