Indice
1. Laicizzazione del sapere e critica del principio d’autorità
2. Una nuova filosofia della natura e dell’uomo
Audiolezione: Il Rinascimento
Per Rinascimento, quale categoria storiografica, si intende il periodo che va dal pieno trecento agli inizi del XVI secolo. Rinascimento fu anche la definizione che diedero di sé e della propria esperienza culturale gli uomini di lettere e di scienza che percepivano il proprio netto distacco dalla tradizione medievale, concepita come chiusa e oscurantista, e la volontà di tornare ai classici, depurati dalle letture posteriori. Si sviluppa per questo, il senso storico della prospettiva e la capacità di collocare le fonti nel contesto appropriato, attraverso un nuovo sguardo filologico.
L’idea della dignitas hominis, il possesso di una dignità superiore a quella di ogni altro essere, enunciata da Pico della Mirandola, portava a rifiutare l’immobilità della tradizione, e a proporsi obiettivi ambiziosi e del tutto nuovi, sul piano della conoscenza ma anche degli assetti costituiti della società – emblematica in proposito la figura di Giordano Bruno. Le gerarchie considerate legittime e riflettenti un ordine cosmico fondato sulla centralità di Dio vengono messe in questione e si affacciano prospettive inedite che troveranno piena espressione nella modernità. Centrale, in questo contesto, è lo spirito delle correnti di riforma che oppongono al mondo chiuso di un potere ecclesiastico arroccato nel godimento delle sue rendite e dei suoi onori, un’idea del valore morale e religioso dei comportamenti umani non dato una volta per tutte ed esteriormente misurabile, ma da conquistare individualmente e misurabile col metro interiore della coscienza.
1. Laicizzazione del sapere e critica del principio d’autorità
Oltre alla riscoperta della cultura classica, il primo aspetto di rilievo della cultura rinascimentale è il processo di laicizzazione (con l’autonomizzazione dalla teologia e dalla metafisica scolastica) che investì ogni ambito del sapere: la politica con Machiavelli, la fisica con gli aristotelici padovani e con Telesio, la medicina con Paracelso e Vesalio, la filosofia con Bruno – per citarne solo alcuni – si avviarono a diventare ricerche autonome, indipendenti da ogni passiva accettazione dell’auctoritas.
Il rifiuto del principio d’autorità non avviene, tuttavia, soltanto nella forma di un’esplicita rivendicazione della libertà della critica e della ricerca razionale, ma anche attraverso la moltiplicazione delle auctoritates rispetto a quelle riconosciute nel Medioevo, aspetto che rese polifonico il dibattito, relativizzando l’importanza di ciascuna voce. Tra 400 e 500, filosofia, fisica e astronomia, mettono in discussione l’autorità di Aristotele e della Chiesa, sfidata a sua volta dalla Riforma protestante, mentre i calvinisti francesi attaccano quella del sovrano, preparando l’armamentario concettuale del costituzionalismo (monarchico) e della legittimazione della resistenza ai tiranni:
«Noi che valiamo più di voi e che possiamo più di voi, vi eleggiamo re a queste e quest’altre condizioni e c’è uno tra voi e noi che comanda sopra di voi».
Questa la formula calvinista della consacrazione del re del Regno d’Aragona, nella quale spicca la dichiarazione di sovranità del popolo (che vale e che sceglie) e il dovere comune di sottomissione a Dio: vincolo permanente di legittimità dell’azione del monarca.
2. Una nuova filosofia della natura e dell’uomo
In primo luogo, già nel corso del dibattito quattrocentesco sulla dignitate hominis emerse, se non una vera e propria filosofia della natura, almeno una sua nuova immagine, certamente più positiva rispetto a quella teorizzata dal Medioevo nei suoi indirizzi più ascetici, e che preparò la riflessione sistematica del Cinquecento. D’altra parte, nei grandi filosofi della natura del XVI secolo, la problematica antropologica insieme con le sue questioni etiche, politiche e religiose non venne meno. Al contrario. La nuova filosofia della natura si accompagnò a grandi progetti di renovatio politica e religiosa dell’umanità, come nel caso di Bruno e Campanella. Proprio il Cinquecento, inoltre, conobbe una riflessione sul problema politico di enorme importanza, data la grandiosità dei contemporanei processi storici.
Religione, antropologia e filosofia della natura si intrecciano nella nuova cultura rinascimentale. In secondo luogo, e soprattutto, i due temi citati, non esauriscono da soli la problematica filosofica né del Quattrocento né del Cinquecento perché tutto il periodo rinascimentale fu percorso da una intensa sensibilità religiosa. Da Salutati a Valla, da Cusano a Ficino, da Pico a Erasmo, da Moro a Telesio, da Bruno a Campanella, per non parlare ovviamente dei protagonisti della Riforma protestante (Lutero, Zwingli, Calvino) e della Controriforma cattolica (Ignazio di Loyola), le grandi figure di quest’epoca furono spiriti profondamente religiosi. I tre classici termini della ricerca filosofica (uomo, mondo, Dio) furono dunque tutti presenti nel pensiero del Rinascimento. Fu però uno di essi che, di volta in volta, si impose, delineandosi in primo piano.
Se il Medioevo era stato essenzialmente dominato dal problema teologico, il Quattrocento appare prevalentemente impegnato a ridiscutere l’immagine dell’uomo e il Cinquecento prevalentemente caratterizzato da un nuovo interesse per la natura (e per la vita associata). Ma nel pensiero filosofico quattrocentesco l’uomo risulta ancor sempre aperto a Dio e in cerca di un rinnovato contatto con la natura, sentita in tutta la sua bellezza come creatura divina. E, reciprocamente, nel pensiero filosofico cinquecentesco la problematica antropologica non è accantonata e, soprattutto, nella natura viene cercato un nuovo e diverso rapporto con il divino, aprendosi a volte a prospettive panteistiche.
Tutto il pensiero magico, d’altronde, così caratteristico del Rinascimento, è un pensiero in cui dimensione filosofica, religiosa e scientifica (come le definiremmo oggi, distinguendo ciò che all’epoca non era distinto) vivono confuse assieme e portano a una immagine della natura impregnata di spirito divino e a quella di un uomo, del mago, capace di conoscere e di dominare la natura proprio in quanto in grado di sondarne i misteri.
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