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Accumulazione capitalistica
I due sociologi che hanno usato il concetto di capitalismo per descrivere i cambiamenti della modernità sono Karl Marx e Max Weber, due autori molto diversi che attribuiscono la radicale trasformazione moderna l’uno a cause economiche, l’altro a un significativo cambiamento culturale.
Indice
1. L’accumulazione originaria in Karl Marx
1.1 La cacciata dei contadini dalle campagne
1.2 La nascita del lavoro salariato
2. L’etica protestante e lo spirito del capitalismo in Max Weber
1. L’accumulazione originaria in Karl Marx
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Karl Marx (1818 – 1883)
La tesi di Marx è che l’accumulo di denaro (il capitale, appunto) che più tardi finanzierà lo sviluppo tecnologico e industriale della modernizzazione nasce da uno spossessamento ripetutosi a ondate dal primo ‘500 all”800, noto come enclosures.
Nel primo libro del Capitale, Marx fotografa questo momento fondativo del capitalismo definendolo accumulazione originaria.
La sua tesi è che il modo di produzione capitalistico, basato sullo sfruttamento del lavoro e l’accumulazione del profitto (capitale) si sviluppa sulla base di due condizioni: la liberazione del lavoro dalla servitù feudale (nella quale il contadino era legato alla terra) che permetterà la mobilità e lo spostamento della forza lavoro secondo le necessità del capitale e l’espulsione dei contadini dalla terra, con la prima pauperizzazione delle classi popolari e la nascita del lavoro salariato.
«Fu così che i contadini, dapprima espropriati con la forza delle proprie terre, cacciati dalle proprie case, trasformati in vagabondi e poi frustati, marchiati, torturati in base a leggi grottescamente terribili, furono condotti alla disciplina necessaria per il sistema salariale»
Karl Marx, Il capitale, I, VII.
Quando Marx parla di spossessamento operato dalle enclosures, si riferisce ai due fenomeni della cacciata dei contadini dalla campagne e della successiva nascita del lavoro salariato.
1.1 La cacciata dei contadini dalle campagne
Con il concetto di cacciata dei contadini dalle campagne, Marx indica la conseguenza della concentrazione della proprietà terriera, che ingloba oltre ai piccoli appezzamenti anche quelle che nel Medioevo erano state terre comuni, per effetto della riconversione delle terre a pascolo al servizio della fiorente industria tessile inglese.
1.2 La nascita del lavoro salariato
Il lavoro salariato e la nascita del proletariato sono legati, invece, alla dismissione delle attività agricole da parte dei piccoli proprietari e fittavoli inglesi che nel tardo cinquecento abbandonarono progressivamente la coltivazione dei campi per dedicarsi alla sola attività domestica di filatura e tessitura tipiche dell’economia domestica nell’Inghilterra premoderna che al tempo delle prime enclosures assicurava un reddito più alto di quello tradizionale (cura del piccolo campo + filatura), con la conseguenza di legarsi permanentemente ai fornitori di lana per vivere e di diventare dipendenti, appunto, dai proprietari terrieri.
In sintesi, sono stati i due fenomeni essenziali della concentrazione della terra nelle mani di grandi proprietari e della perdita di autonomia produttiva da parte del popolo a creare le condizioni per la relativamente rapida accumulazione di ingenti capitali nelle mani della borghesia produttiva del primo paese capitalistico (o moderno) al mondo: l’Inghilterra.
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Max Weber (1864 – 1920)
2. L’etica protestante e lo spirito del capitalismo in Max Weber
Per Weber, l’accumulazione capitalistica che dà impulso alla modernizzazione ha, invece, origine nella radicale trasformazione della sensibilità religiosa nel mondo calvinista.
Non a caso, nota, infatti, Weber, i paesi calvinisti sono quelli in cui l’aziendalizzazione delle fattorie e l’industrializzazione dei processi produttivi hanno mosso i primi passi.
Secondo il sociologo tedesco, le premesse dell’accumulazione di capitali vengono poste nel contesto della teologia protestante e più specificamente nella concezione calvinista della predestinazione.
Nel mondo protestante, infatti, la tesi del sacerdozio universale aveva privato il fedele di un rapporto diretto con Dio per effetto della mediazione ecclesiastica che somministrava la confessione e il perdono, valorizzando il pentimento e le buone opere da parte dei fedeli.
Tale mediazione era stata sostituita dalla convinzione che ci si salvi per sola fede (sola fide) e per effetto della grazia (sola gratia) da sempre posseduta o mai raggiungibile nell’imperscrutabile disegno divino.
In questo contesto, lasciato solo a confrontarsi con le Scritture, senza poter dare risposte alla propria angoscia religiosa, non restava al fedele calvinista che il lavoro con il quale rendere grazie a Dio dei doni ricevuti nella vita terrrena.
Ed è proprio nel lavoro, accanitamente eseguito ad maiorem Dei Gloriam, che il calvinista cerca indizi del favore divino. La prosperità, quindi, mai ricercata come fine, ma solo come segno di benevolenza divina e salvezza dell’anima, diventa lo strumento dell’accumulazione di denaro che chiamiamo capitalismo.
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