Oggi la Grecia grida al mondo che un’unità costruita su necessità economico-finanziarie non produce di per sé alcuna comunità politica. Se pensiamo all’Europa come a un colossale gruppo finanziario, allora è “giusto” che una delle sue società di minore peso (magari mal gestita, da un management inadeguato) possa tranquillamente essere lasciata fallire. L’importante è solo che non contagi le altre. Ma se l’Europa vuole ancora esistere in quanto tale, e non disfarsi in egoismi, nazionalismi e populismi, deve sapere che la Grecia appartiene al suo mito fondativo, e che nessuna credenza è più superstiziosa di quella, apparentemente così ragionevole e “laica”, che ritiene il puro calcolemus senso, valore e fine di una comunità. #TuttiGreci
Sotto, l’intervento, a tratti molto bello, di Massimo Cacciari a Tutta la città ne parla. Consiglio di saltare l’inutile intervento dell’economista sul crowdfunding e le osservazioni dello stesso Cacciari sulla democrazia, vale a dire dal minuto 10:02 a 14:00 e da 15:36 a 18:55.
Può l’Europa fare a meno della Grecia? Se la domanda fosse stata rivolta a uno qualsiasi dei protagonisti della cultura europea almeno dal Petrarca in poi, questi neppure ne avrebbe compreso il significato. La patria di Europa è l’Ellade, la “migliore patria”, avrebbe risposto, come verrà chiamata da Wilhelm von Humboldt, fondatore dell’Università di Berlino. Filologia e filosofia si accompagnano, magari confliggendo tra loro, nel dar ragione di questa spirituale figliolanza. Non si tratta affatto di vaghe nostalgie per perdute bellezze, né di sedentaria erudizione per un presunto glorioso passato, coltivate da letterati in vacua polemica con il primato di Scienza e Tecnica. Oltre le differenze di tradizione, costumi, lingue e confessioni religiose che costituiscono l’arcipelago d’Europa, oltre l’appartenenza di ciascuno a una o all’altra delle sue “isole”, si comprende che il logos greco ne è portante radice, che non si intende il proprio parlare, che si sarà parlati soltanto, se non restiamo in colloquio con esso.
Quel logos ci raccoglie insieme e ha informato di sé la storia, il destino di Europa. Ciò vale per pensatori e movimenti culturali opposti, per Hegel come per Nietzsche.Vale per scienziati come Schroedinger, Heisenberg, Pauli. Vale anche per coloro che si sforzano di pensare ciò che nella civiltà europea resterebbe non-pensato o in-audito: anche costoro non possono costruire la propria visione che nel confronto con quella greca classica. Per la cultura europea, dall’Umanesimo alle catastrofi del Novecento, la memoria della “migliore patria” è tutta attiva e immaginativa: non si dà formazione, non può essere pensata costruzione-educazione della persona umana nella integrità e complessità delle sue dimensioni senza l’interiorizzazione dei valori che in essa avrebbero trovato la più perfetta espressione. Un grande filosofo, Edmund Husserl, li ha riassunti in una potente prospettiva: nulla accogliere come quieto presupposto, tutto interrogare, procedere per pure evidenze razionali, regolare la propria stessa vita secondo norme razionali, volere che il mondo si trasfiguri teleologicamente in un prodotto della vita di questo stesso sapere. Una follia? Forse — ma una follia che ha veramente finito col dominare il mondo. Eurocentrismo? Certamente — ma autore dell’occidentalizzazione dell’intero pianeta.
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