Posts tagged ‘legame sociale’

31 Ottobre, 2018

Gabriel Tarde, Che cos’è la società?

by gabriella

L’articolo di Gabriel Tarde, Qu’est-ce que la société?, del 1884, in cui teorizza la natura culturale dei sentimenti e individua la forza dell’influenza sociale nel meccanismo dell’imitazione.

Indice

1. Premessa: sulla natura culturale dei sentimenti
2. Che cos’è la società?

 

1. Premessa: sulla natura culturale dei sentimenti

Gabriel Tarde (1843 - 1904)

Gabriel Tarde (1843 – 1904)

In uno scritto del 1884, uscito su una rivista filosofica parigina e intitolato Che cos’è la società, Gabriel Tarde, scienziato sociale a lungo oscurato dalla fama di Durkheim, descriveva la condizione dell’uomo in società come il

«non avere che idee suggerite e crederle spontanee»,

Durkheim

Émile Durkheim (1858 – 1917)

concludendo che

«tale è l’illusione del sonnambulo come dell’uomo sociale».

Le prove addotte da Tarde circa la natura artificiale, non naturale, delle opinioni e dei sentimenti umani sono tratte, come in tutta la sociologia delle origini (a partire dalle Lettere persiane di Montesquieu) dalla diversità culturale. Come mostra il sociologo, anche ciò che sembra più naturale in una cultura è “respinto con orrore” in un’altra, come

«l’amore paterno nei popoli per i quali lo zio materno veniva prima del padre, la gelosia in amore nelle tribù in cui regnava la comunanza delle donne, ecc.».

Sarà Durkheim a rendere ancora più perentoria l’osservazione di Tarde e ad indicare nelle istituzioni sociali il luogo d’origine dei sentimenti, delle convenzioni, delle opinioni umane:

è perché esiste il matrimonio che amo mia moglie .. è perché ho introiettato l’obbligazione sociale di proteggerli che amo i miei figli.

 In altre parole,

l’uomo non è, nella sua essenza che l’insieme dei rapporti sociali [Marx, Sesta tesi su Feuerbach]

 

 

2. Che cos’è una società?

tarde1Che cos’è una società? Si è in genere risposto: un gruppo di individui diversi che si rendono mutui servizi. Da questa definizione chiara quanto falsa sono nate tutte le frequenti confusioni tra le cosiddette società animali, o la maggior parte di esse, e le uniche, autentiche società, delle quali, sotto un certo riguardo, quelle animali costituiscono un piccolo numero.

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23 Settembre, 2015

Il capitale sociale

by gabriella
Pieter Bruegel il vecchio, La danza (1568)

Pieter Bruegel il vecchio, La danza (1568)

Due saggi sul concetto di capitale sociale; uno tratto dall’inchiesta di Ugo Carlone sull’insicurezza percepita a Perugia [U. Carlone, «Se fosse più vissuto sarebbe più sicuro». Capitale sociale e insicurezza urbana a Perugia, Perugia, 2013, pp. 13-26], è una ricognizione dello stato del dibattito sociologico sul concetto di capitale sociale; l’altro, di Pierre Bourdieu, uscito negli Actes de la recherche en sciences sociales [1980, vol. 31, pp. 2-3] è un classico, oggi reperibile in Persée (in francese).

 

Il capitale sociale

In tempi recenti, il concetto di capitale sociale si è diffuso molto rapidamente nelle scienze sociali europee ed americane. E difficile trovare, però, una sua definizione unanimemente riconosciuta. Le significative differenze tra le diverse definizioni rimandano a teorie e programmi di ricerca anche assai diversi tra loro.

In prima battuta, potremmo dire che il capitale sociale è la

«capacità degli attori di assicurarsi benefici in virtù del fatto di essere membri di una rete o di strutture sociali» (Portes 1998, 6);

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28 Dicembre, 2013

Pierre Clastres, Tabu alimentare, obbligo di scambio e legame sociale presso i Guayaki

by gabriella
cacciatore Guayaki

cacciatore Guayaki

In questo passo di Interdit alimentaire, échange contraint, et lien social chez les Guayaki – ora in La socièté contre l’état, 1974 – Clastres spiega il legame tra il divieto posto ai cacciatori di mangiare le proprie prede, l’obbligo universale di dono e la costruzione del legame sociale presso la società tradizionale del Guayaki [traduzione mia, testo originale in coda].

Per il cacciatore Aché c’è un tabù alimentare che gli impedisce formalmente di consumare la carne delle proprie prede:

baï jyvombré ja uéméré : « è vietato mangiare gli animali che noi stessi abbiamo cacciato»,

così che quando un uomo arriva al villaggio, egli condivida il risultato della caccia con la sua famiglia (moglie e figli) e gli altri membri del gruppo di caccia; naturalmente, egli non assaggerà la carne preparata da sua moglie. Ora, come si è visto, la selvaggina occupa il posto più importante nell’alimentazione dei Guayaki. Ne risulta che ogni uomo passa la propria vita a cacciare per gli altri e a ricevere da questi il proprio cibo. Questa proibizione è strettamente rispettata, persino dai ragazzi non iniziati quando uccidono degli uccelli.

Una delle conseguenze più importanti è che impedisce di fatto [1] la dispersione degli indios in famiglie nucleari: l’uomo morirebbe di fame, a meno di rinunciare al tabù. Bisogna dunque spostarsi in gruppo. I Guayaki, per renderne conto, affermano che mangiare gli animali uccisi con le proprie mani è il modo più sicuro di attirarsi il maleficio.
Questo superiore timore dei cacciatori basta a imporre il rispetto che essa fonda: se si vuole continuare a uccidere degli animali, non bisogna mangiarli.
La teoria indigena fa leva semplicemente sull’idea che la congiunzione tra il cacciatore e gli animali morti, sul piano del consumo, implichi una disgiunzione tra il cacciatore e gli animali vivi, sul piano della produzione.

In realtà, questa proibizione alimentare possiede anche un valore positivo, in quanto opera come un principio strutturante che fonda la società guayaki come tale. Stabilendo una relazione negativa tra ogni cacciatore e il prodotto della propria caccia, essa mette tutti gli uomini nella stessa posizione l’uno in rapporto agli altri, e la reciprocità del dono di cibo si rivela così non soltanto possibile, ma necessaria: ogni cacciatore è allo stesso tempo donatore e ricevente di carne.

Il tabù sulla selvaggina appare così come l’atto fondativo della scambio di cibo presso i Guayaki, vale a dire come il fondamento stesso della loro società. […] Esso costringe l’individuo a separarsi dalla propria selvaggina, lo obbliga a contare sugli altri, permettendo così al legame sociale di stringersi in maniera definitiva, l’indipendenza dei cacciatori garantisce la solidità e la permanenza di questo legame, e la società guadagna in forza ciò che l’individuo perde in autonomia.

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