Posts tagged ‘valutazione’

17 Maggio, 2024

Massimo Recalcati, Non fate gli psicologi, insegnate!

by gabriella

Recalcati esamina le distorsioni educative della scuola contemporanea (non solo, ma soprattutto, italiana): la stupidità valutativa, il ripiegamento su un insegnamento trasmissivo, la finalizzazione della didattica al principio di prestazione, ma anche la rinuncia ad insegnare davvero una disciplina, un campo del sapere, a vantaggio di una generica accoglienza che lascia i giovani privi di «quel trasporto erotico verso la cultura che costituisce il vero antidoto per non smarrirsi nella vita». Tratto da Repubblica, 20 settembre 2013.

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RecalcatiIn queste settimane che la Scuola riapre le sue porte auguro che ogni insegnante ritrovi il senso del suo lavoro – bistrattato e umiliato economicamente e socialmente – come uno tra quelli più decisivi nella formazione dell’individuo. Auguro loro di saper ritrovare passione nello spiegare una poesia di Ungaretti, le leggi della termodinamica, la deriva dei continenti, una lingua nuova, la bellezza formale di una operazione di matematica o di un teorema di geometria.

Auguro che la loro parola riesca a tenere vivi gli oggetti del sapere generando quel trasporto amoroso ed erotico verso la cultura che costituisce il vero antidoto per non smarrirsi nella vita. Nel nostro tempo la scuola di ogni ordine e grado sembra ridotta ad un “esamificio”. L’impeto della valutazione vorrebbe imporre scansioni dell’apprendimento uguali per tutti. Sempre più si sta imponendo una scuola che il “sogno” di un recente ministro della pubblica istruzione codificava con le tre “i” (impresa, inglese, informatica), cioè una scuola fondata sul principio di prestazione.

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10 Luglio, 2018

Scuola: l’America fa dietrofront. Più conoscenze, meno competenze

by gabriella

e il suo collega Daniel Willingham

Il pedagogista americano Timothy Shanahan

Le conclusioni di un panel di esperti consultati dall’Ente nazionale di valutazione americano: gli studenti non imparano più a leggere perché a scuola si fanno solo test e si trascurano storia e letteratura, arte e scienze. Tratto dal Corriere.it.

29 Aprile, 2018

Carlo Scognamiglio, La società della prestazione

by gabriella

Nella recensione di Carlo Scognamiglio a La società della prestazione di Federico Chicchi e Anna Simone [Ediesse, 2017] uscita su Micromega, l’autore esamina l’origine e le conseguenze del dispositivo ideologico dell’emporwement e dell’investire su di sé, con il suo portato di ipercompetizione, eccesso di valutazione e strumentalizzazione utilitaria di ogni competenza e qualità personale che sfocia nel dilagare dell’ansia e della depressione giovanile.

L’ipotesi di un burattinaio occulto capace di costruire l’immaginario collettivo, o di pilotare le dinamiche strangolanti dell’economia mondiale, somiglia molto a un teorema privo di fondamento e credibilità. Le strutture sociali, i progressi tecnologici, i residui di passato e le azioni di singoli o gruppi, si incrociano producendo effetti non sempre prevedibili. Tuttavia, chi li studia a posteriori tende a tracciarne l’evoluzione come se si trattasse di una dinamica univoca e di facile lettura. Siamo noi, con le nostre analisi, a disegnare la linearità dei processi storici. Perché li srotoliamo a partire dal punto d’arrivo.

Tuttavia, questo lavoro archeologico di scavo tra le tracce di un sistema di trasformazioni è necessario e interessante, sebbene non debba cadere nel tranello della presunta intenzionalità (nel senso psicologico del termine), per riconoscere l’impersonalità delle dinamiche sociali. Il che non deresponsabilizza affatto chi quei processi è deputato a governare e controllare, né chi alimenta le crisi più drammatiche per trarne profitti personali.

Un esempio concreto. In un loro recente lavoro, Federico Chicchi e Anna Simone hanno studiato La società della prestazione (Ediesse, 2017). Analizzando in modo sistematico letteratura scientifica e dati empirici, essi rintracciano, come linea di sviluppo sociale degli ultimi decenni, il passaggio dalla società salariale alla società prestazionale. I primi processi di precarizzazione del lavoro hanno universalizzato una condizione (con aggregata retorica) precedentemente propria dei lavoratori autonomi e della dimensione d’impresa. In particolare la piccola impresa. La trasformazione del mercato del lavoro, con annessa sovrastruttura ideologica rapidissimamente capace di penetrare linguaggi e modelli, ha sgretolato tutto, e tale frammentazione sociale si configura come dato talmente evidente, che i nostri contemporanei hanno dimenticato che sia frutto di un passaggio epocale.

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4 Febbraio, 2017

Franco Lorenzoni, I voti e le bocciature fanno male agli studenti e alla scuola

by gabriella

Per una giusta valutazione, tutti devono sostenere la stessa prova: salite sull’albero!

Nel cinquantennale della Lettera ad una professoressa, la riflessione di un maestro sull’isteria valutativa e sulla fabbrica di impotenze apprese che, per l’effetto, la scuola, non soltanto Primaria, sta inevitabilmente diventando. Tratto da Internazionale 10 febbraio 2017.

Alla fine i voti sono rimasti anche nella scuola primaria e media. Ministra e governo hanno avuto paura di andare contro l’opinione prevalente degli insegnanti, già abbondantemente irritati per alcune pessime conseguenze della legge della buona scuola, e contro diversi opinionisti di peso, che vedono nei voti e nelle bocciature i simboli di una scuola seria e rigorosa.

Insegno nella scuola elementare da 38 anni e continuo a domandarmi come sia concepibile affibbiare a un bambino un voto in geografia, italiano o matematica nei primi anni di scuola. A chi stiamo dando quel voto? Al grado di istruzione della sua famiglia? Al grado di ascolto che hanno avuto le sue prime parole a casa? Alle esperienze che ha avuto la fortuna di fare? Al destino che ha fatto giungere proprio qui la sua famiglia da campagne analfabete o dalle periferie di qualche megalopoli africana o asiatica?

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14 Luglio, 2015

Valutazione

by gabriella

La valutazione del profitto secondo il Piano dell’Offerta Formativa del nostro Liceo.
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14 Maggio, 2014

Valeria Pinto, Valutare e punire

by gabriella

pintoValutare e punire. Una critica della cultura della valutazione, Cronopio, Napoli, 2012.

 

I presupposti cognitivisti della valutazione

[…] l’identificazione – assunta spesso del tutto ingenuamente – della conoscenza con i processi computazionali, ovvero con quella che si può ben chiamare una considerazione disincarnata e disincarnante della conoscenza, una certa idea cognitivista. Essa distacca la conoscenza dai processi materiali e soggettivi che la materiano, distillando da un lato una conoscenza meramente funzionale e dall’altro dei portatori di conoscenza sempre più alieni (e alienati) dalla (e nella) conoscenza che ‘supportano’: soggetti neu(t)rali e neu(t)ralizzati, da rendere anzi sempre più tali, cioè sempre meno coinvolti e capaci di interferire con la conoscenza che sono chiamati a produrre. Si tratta di un’idea letteralmente ingegneristica della conoscenza, legata alla progettazione di ‘sistemi esperti’ e guidata dal principio metodico per il quale conoscere qualcosa vuol dire essere in grado di riprodurlo, ovvero essere sempre in grado di delucidare il proprio operato.

Sganciata dalle percezioni corporee, depurata dalle sensazioni e dai sentimenti, dalle fantasie come dai desideri e dai bisogni concreti, dalle aspettative come dalle rinunce, svincolata cioè dall’accidentalità e caoticità dei contenuti di cui è intessuta e del tutto aliena dalla capacità di formulare giudizi, interpretare e determinare svolte o decidere alcunché, questa idea di conoscenza si sposa fino a combaciarvi con le esigenze di controllo funzionale attive negli approcci di tipo sistemico. È un’idea di conoscenza concepita interamente sotto il segno della esecuzione, dell’ubbidienza senza sforzo e senza tentennamenti a un sistema di regole definito in anticipo, dall’esterno e dall’alto.
Le considerazioni di tipo sistemico sono divenute ormai un modello privilegiato per trattare le questioni della conoscenza e della sua organizzazione soprattutto a livello istituzionale, grazie alla loro efficacia in fatto di gestione e progettazione di realtà complesse. Le esigenze di ottimizzazione che la valutazione persegue si intrecciano qui con il principio fondamentale del rendere più lineari e definite le funzionalità di sistema. Ora, in un sistema non meccanico ma ‘socio-tecnico’ qual è il sistema della conoscenza, il maggior elemento di variabilità, divergenza e attrito è rappresentato dalle individualità che lo compongono. Un’esigenza di sistema prioritaria è quindi quella di depurare per quanto possibile i soggetti in gioco dal potenziale di disturbo o ‘rumore’ implicito in ciò che eccede la loro funzione di portatori indifferenti e fungibili della conoscenza. A quest’opera di neutralizzazione e contenimento necessaria all’autoconservazione del sistema la valutazione mette a disposizione la sua capacità di portare in luce, estrarre, rendere trasparente il sapere tacito, cioè trattenuto e/o disperso (due cose che non sono affatto opposte tra di loro) dai suoi possessori.

 

La recensione di Eleonora de Conciliis, da Kainós.

In un’epoca di conformismo gregario travestito da individualismo radical chic, e in un’università, come quella italiana, giunta a sua volta ad uno snodo epocale (ovvero alla definitiva trasformazione in agenzia formativa tra le altre, che vende saperi spendibili su un mercato del lavoro cognitivo ormai tragicamente saturo), Valeria Pinto, che in quest’università insegna come professore associato di filosofia teoretica, ha deciso di prendere posizione – una posizione abbastanza solitaria e quindi scomoda, per non dire paradossale, visto che il suo libro, foucaultiano fin dal titolo e documentato con un’acribia ironicamente coniugata all’impegno teorico, attacca frontalmente la logica della valutazione che ha generato il decreto ministeriale in virtù del quale la stessa Pinto dovrà essere valutata per accedere, o almeno aspirare al ruolo di professore ordinario.

Poiché mi sono formata nella stessa università nella quale si è formata e attualmente insegna Valeria Pinto (la “Federico II” di Napoli), e poiché sono reduce da un’animata discussione intorno a questi temi svoltasi nella sede della casa editrice che l’ha pubblicato (Cronopio), la mia recensione, più che illustrare il contenuto del volume (già ampiamente recensito su quotidiani e riviste) sarà una riflessione su quell’incontro ed anche – in parte – un dialogo con coloro che colà sono intervenuti.

Ciò premesso, il principale merito genealogico di questo libro rischiosamente ‘militante’ ma, come vedremo, assolutamente impolitico, consiste nel mostrare fino a che punto ciò che sembra ormai a molti docenti (universitari e non) qualcosa di assolutamente naturale, apriorico e indiscutibile – la docimologia quantitativa, il sistema dell’istruzione come sistema di servizio per un’utenza e, dulcis in fundo, le famose mediane dell’abilitazione scientifica nazionale – sia in realtà qualcosa di costruito, artificiale, storico, per non dire basso e volgare: allo sguardo illuminante e indocile della critica 1, la sacra triade ‘trasparenza, valutazione e merito’ non appare affatto come natura, ma come storia, così come storica e impura è la logica concorrenziale che si è innestata nelle menti dei valutatori.

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13 Maggio, 2014

Matteo Vescovi, Testificare le menti, banalizzare la scuola

by gabriella

Un intervento di Matteo Vescovi sulla relazione valutativa e i test INVALSI uscito su Carmillaonline. In coda l’inchiesta di Silvia Di Fresco sulla chiusura di una piccola scuola e l’esclusione di chi ha di meno nell’Italia dei tecnocrati.

Silvia e Matteo, insieme a Girolamo De Michele miei amici e colleghi, sono diventati un costante punto di riferimento della scuola pubblica italiana più attiva, le penne capaci di esprimere il meglio di ciò che siamo. Hanno già scritto insieme L’arrestabile ascesa della scuola delle competenze e non li ringrazierò mai abbastanza.

I test scolastici sono un mezzo per misurare il grado di banalizzazione. Se lo studente ottiene il punteggio massimo, ciò è segno di una perfetta banalizzazione: lo studente è completamente prevedibile, e quindi può essere ammesso nella società. Non sarà fonte di sorprese, né di problemi.

Heinz Von Foerster

Che dalla voce di un Ministro “tecnico” di un governo “tecnico” non potessero che uscire elogi nei confronti di uno strumento anch’esso “tecnico” di valutazione “oggettiva” degli apprendimenti dei nostri studenti, certo non poteva stupirci. Come non ci ha stupito sentirlo tessere l’elogio di un sistema di valutazione finalmente “moderno” ed europeo che basandosi sulle evidenze di questi test possa fornire ai decisori gli strumenti necessari per conoscere e intervenire nel sistema di istruzione nazionale. Come non ci ha stupito nemmeno la sede squisitamente “tecnica” (un convegno organizzato dalle Fondazioni San Paolo e TreeLLLe) in cui queste affermazioni sono state rilasciate per la prima volta dal Ministro ai mezzi d’informazione.

Cerchiamo, però, di prendere in considerazione anche alcuni aspetti sgradevoli, ma purtroppo necessari quando si ha a che fare con “obsoleti” esseri umani e non con moderne tecnologie d’avanguardia.

Alcune ovvietà sulla relazione valutativa a scuola

Cominciamo esaminando alcuni aspetti generali della relazione valutativa [1]. Aspetti che ogni insegnante conosce bene anche se spesso rimangono sottintesi alla sua attività didattica. È evidente infatti che, prima ancora di qualunque riflessione sugli obiettivi e sulle metodologie, prima ancora delle griglie e delle scale alfanumeriche o delle strategie di correzione che fanno il mestiere dell’insegnare, l’attività di valutare è parte fondamentale della relazione educativa.

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13 Maggio, 2014

La sperimentazione filosofica di una maestra alla prova dell’INVALSI

by gabriella

Adriana Presentini, La forza del moscerino. Una favola morale… con più punti di vista.

«ad una domanda di senso, o valoriale, non c’è mai una e una sola risposta [..] la risposta giusta lo è nella misura di una condivisione su base dialogica, oltre ad essere ‘verità provvisoria’ del gruppo, sempre suscettibile di essere di nuovo oggetto di indagine e discussione».

Adriana Presentini

La storia

Sara la formica e le sue sorelle tornavano a casa dopo una lunga giornata di lavoro. Sara spingeva un chicco di grano, Mara una briciola di pane e Lara, la più forte, una spiga d’orzo tutta intera.
Arrivarono all’entrata del formicaio, ma lì trovarono una sorpresa: l’ingresso era ostruito da una pietra grigia, enorme e liscia. Sara girò intorno al grande sasso per cercare un buchetto da cui entrare, ma fu tutto inutile: non c’era nemmeno un passaggio piccolo piccolo! La pietra copriva perfettamente l’entrata.

Le tre sorelle si misero a spingere la pietra con tutte le loro forze, ma il sasso non si spostò nemmeno di un pochino così. Spinsero da destra, da sinistra, da dietro, da davanti, di lato, di traverso… Ma la pietra liscia era troppo pesante e non si mosse di un millimetro. Le formiche erano sudate e stanche, mentre l’entrata della loro casa era sempre chiusa.

In quel momento un ronzio leggero fece alzare la testa alle tre sorelle. Era un moscerino, che si fermò proprio in cima al sasso.

“Posso aiutarvi?” chiese.

“Non credo” rispose Sara.

“Se non riusciamo a spostare questo sasso noi tre robuste formiche, non vedo che cosa potrebbe fare un esserino deboluccio come te!”

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13 Maggio, 2014

Giorgio Mascitelli, La scuola della valutazione

by gabriella

The GuardianUna condivisibile riflessione sulla standardizzazione dei saperi e sulle finalità private infiltrate negli obiettivi educativi dettati dalle prove OCSE-PISA e dai test INVALSI: «finale di partita – osserva Mascitelli su Alfabeta2 –  dell’idea di acculturazione e della formazione come processo di emancipazione che ha informato di sé la scuola moderna», cioè della scuola repubblicana nata dalla Rivoluzione francese.

La pubblicazione sul giornale inglese Guardian il 6 maggio scorso di una lettera al direttore del programma PISA dell’OCSE Andreas Schleicher da parte di un gruppo di accademici ed esperti di didattica in prevalenza anglosassoni sui danni prodotti dallo stesso programma al sistema scolastico rappresenta una riflessione e una proposta di dibattito che per la sua ampiezza richiederebbe il rapido sviluppo di quella che, per comodità, potrei chiamare un’opinione pubblica globale.

Gli estensori della lettera criticano la pretesa di ridurre a valutazioni quantitative omogenee sistemi scolastici disomogenei finendo con il produrre risultati falsati, ponendo le scuole e i sistemi scolastici che operano in ambienti sociali sfavorevoli agli ultimi posti e favorendo una didattica tutta rivolta a migliorare la posizione in classifica, che trascura obiettivi fondamentali dell’insegnamento come la formazione culturale e civica dello studente. Un secondo genere di osservazioni non meno importanti è relativo al quadro di legittimità delle prove PISA che sono promosse da un’organizzazione che non ha alcun mandato internazionale, a differenze di Unicef o Unesco, per occuparsi di questioni educative e culturali e alla sua collaborazione per la realizzazione di queste prove con soggetti economici privati che hanno interessi aziendali nel mondo della scuola.

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13 Maggio, 2014

Chi fa i quiz danneggia anche te, digli di smettere

by gabriella

scioperoNel contesto della Giornata nazionale anti-INVALSI, Martedì 13 maggio alle 17,00 i proff. Calascione e Giudici animeranno un caffé filosofico sul tema della valutazione al CVA di Ponte san Giovanni. L’incontro è aperto a studenti e cittadini.

Ho letto di recente su La Letteratura e noi che quando il filosofo e matematico Henri Poincaré fu chiamato dalla Corte di Cassazione francese a dare un parere sulle perizie calligrafiche che dovevano stabilire la colpevolezza del capitano Dreyfus nel contesto del celebre affaire, scrisse un rapporto in cui osservava che sostituire gli elementi morali con cifre è «pericoloso e vano» e che

«occorre astenersi assolutamente dall’applicare il calcolo alle cose morali»,

che definì «lo scandalo della scienza». E’ dello storico americano Irwin Thompson, invece, l’osservazione che

«ciò che veramente conta non può essere contato».

Giornata antiinvalsiDa quando li stanno imponendo alla scuola, sui test INVALSI si è scritto molto, ma non ancora abbastanza. Incollo quindi una bella intervista a Guido Armellini, per preparci allo sciopero e al pomeriggio di scuola alternativa che faremo il 13 per continuare a insegnare nella scuola che vale la pena di fare.

Mi è particolarmente piaciuto quanto Armellini dice del mestiere di insegnante:

[..] un lavoro interessante e molto impegnativo: fare domande sensate su un testo letterario non è affatto facile. Ma questo è il nostro mestiere: un artigianato che è che anche pensiero, perché implica una riflessione sul senso della letteratura e sul senso dell’insegnamento. Spesso noi insegnanti nutriamo un senso di inferiorità nei confronti del sapere accademico, sia in campo pedagogico sia in campo letterario; ma il nostro mestiere è fondato su un sapere relativamente autonomo, che certo deve interagire con gli altri, ma che ha una sua specificità. Il criterio per valutare la qualità del mio lavoro non sta nella maggiore o minore vicinanza al sapere accademico, ma nella qualità della relazione che si è instaurata fra le opere letterarie e i miei studenti. Il mio scopo non è di trasmettere agli studenti le prospettive più aggiornate e accreditate della critica, ma di aiutarli a sviluppare una loro interpretazione, che può anche andare in una direzione completamente diversa.

 

D.L.V. Oggi la presenza mediatica del tema della valutazione (prove Invalsi, rilevazioni internazionali sulla literacy) è forte. Si tratta però sempre di rilevazioni standardizzate, allo scopo di rendere i risultati comparabili su scala nazionale e internazionale. Secondo lei tutto ciò sta schiacciando l’idea della valutazione su quella della misurazione?

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