Archive for ‘Filosofia’

12 Ottobre, 2012

Alberto Burgio, Tutto il resto é spreco

by gabriella

Alberto Burgio suggerisce di guardare al degrado dei nostri monumenti, all’abbandono della cultura, al tradimento della scuola, non come a meri “accidenti” delle politiche di destra, ma come effetti necessari e coerenti dell’economia di mercato o società borghese che dir si voglia.

Quando Tremonti pensò di trasformare gli atenei pubblici in Fondazioni, che notoriamente non sono enti filantropici, e poi la Gelmini portò a compimento il processo di aziendalizzazione dell’Università, ci scandalizzammo. Quando vediamo Pompei e le mura del Pincio crollare, rimaniamo attoniti. Quando leggiamo di un’intera biblioteca – quella dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici – costretta a sloggiare dalla sua sede naturale per trasferirsi in un capannone, protestiamo. Abbiamo tutte le ragioni per farlo. Ma forse commettiamo un errore in qualche modo analogo a quello in cui perseveriamo pensando che certi politici si ingannino sul senso delle proprie azioni e della devastazione che ne consegue.

Siamo sicuri che le cose stiano proprio così?

E se invece in questa incuria storica (quanti, per esempio, conoscono lo stato cronico di abbandono delle biblioteche pubbliche, a cominciare dalle nazionali, tenute in vita, contro il sadismo ministeriale, dall’amore eroico del personale?) se invece in questo degrado si manifestasse né più né meno, anzi nel modo più diretto e limpido, il modo di essere proprio della borghesia»?

Se avesse ragione Marx quando, sin nel Manifesto, descrive il ruolo rivoluzionario della borghesia osservando che essa tutto traduce in termini economici? Come dire che, nella modernità borghese, il denaro è finalmente e in senso pieno l’«equivalente generale», la misura di ogni valore. Se avesse ragione Marx quando poi analizza il rapporto sociale come né più né meno che la coerente e organica manifestazione del processo di accumulazione del capitale? E avesse ragione Debord, che, sulla scia di Marx, descrive la società contemporanea (il capitalismo maturo) come teatro della merce, nel quale lo spirito della merce – che è poi lo spirito del valore monetario – domina incontrastato e ridefinisce tutti i valori a partire da sé?

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9 Ottobre, 2012

Filosofia “scolastica” (cioé studiata a scuola) e senso della morte

by gabriella

Spassosa e intelligente la clip vincitrice del trofeo Zarathustra alla seconda edizione del Festival Internazionale del Cortometraggio di filosofia “scolastica” di di St-Pol-sur-Ternois (F).

Il video mette in scena ironicamente l’improvvisa immersione di due amiche, in terzo liceo, nei grandi temi dell’esistenzail senso della vita», «perché il sole sorge ogni mattina»; «perché la morte?» «quando la morte?» «dove la morte?» «chi sono?» «perché ogni mattina il mio biscotto si rompe?») attraverso la “philo”, una materia sui generis, difficile, che richiede riflessione .. Arriva il professore e parla loro di Jankélévitch e dei tre volti della morte. Inizia una ponderosa riflessione che esamina dapprima la morte degli altri (Whitney Houston, egli), poi la morte di altri a noi prossimi (tu), mentre sopraggiunge la propria (io): bref, je suis morte mais j’ai compris la vie.

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Si veda anche Artificiel sul tema dell’artificialità della vita metropolitana, dell’alienazione e dello strangolamento di tutto ciò che é natura negli spazi urbani.

7 Ottobre, 2012

Artificiel

by gabriella

Cortometraggio realizzato nel contesto della seconda edizione del Festival International du Court Metrage Philosophique scolaire di St-Pol-sur-Ternois, ideato dal prof. Clovis Fauquembergue.

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Il programma del festival 2013.

5 Ottobre, 2012

Dal terrore alla violenza estrema, Colloquio internazionale di Belgrado 8-10 dicembre 2011

by gabriella

Raccolgo gli interventi al Colloquio internazionale di Belgrado dedicato al passaggio dal terrore alla violenza estrema che caratterizzerebbe le società neoliberali e che Etienne Balibar colloca dubitativamente, nella sua relazione introduttiva, tra la constatazione, la profezia e l’avvertimento.

L’intervento introduttivo di Etienne Balibar

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5 Ottobre, 2012

Jean-Paul Galibert, Siete usa e getta? Recensione di Bertrand Ogilvie, L’homme jetable

by gabriella

Traduco la recensione di Jean-Paul Galibert al libro di Bertrand Ogilvie, L’homme jetable. Essai sur l’exterminisme et la violence extrème, Paris, Éditions Amsterdam, 2012, prefazione di Étienne Balibar [L’uomo usa e getta. Saggio sullo sterminismo e la violenza estrema].  Ogilvie illustra il passaggio dalla biopolica del far vivere e lasciar morire (Foucault) ad una bioeconomia del far vivere a morte e far morire in massa (si veda il Colloquio di Belgrado dal minuto 9:00 al 10:34). L’originale francese è in coda. Qui una sintesi (in francese) del saggio.

Après le «faire mourir et laisser vivre» qui serait la formule de la souverainété, et le «faire vivre et laisser mourir» qui Foucault forge comme la formule de la biopolitique, on serait dans l’hypothèse  d’un «faire vivre à mort et d’un laisser mourir en masse» qui serait celle de la bioéconomie.

Bertrand Ogilvie

Stagisti, precari. Contratti a tempo determinato. Flessibilità. Licenziamenti. Disoccupati «in fin di diritti», persone in fin di vita. Tutti questi termini dicono a quale punto, in fondo, si ha ben poco bisogno di noi. Quale sorte ci attende?

Bertrand Ogilvie ci pone una questione tanto terribile quanto inevitabile: come siamo diventati rottamabili? Come concepire, nella storia della violenza, questa nuova relazione di potere e questo nuovo statuto che, al di là dello sfruttamento del nostro lavoro, ci destina in anticipo a una sorta di liquidazione programmata?

Sotto il duro e bel titolo de l‘homme jetable (a perdere, rottamabile, da gettare, NDR) Ogilvie raccoglie una serie organica di saggi, una serie di tappe del cammino per pensare questa violenza estrema che é divenuta oggi il quotidiano spettacolare e al tempo stesso meglio dissimulato nella sua ordinarietà.

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1 Ottobre, 2012

Il pensiero cinese antico

by gabriella

china province-mapContemporaneamente alla fioritura della filosofia greca (Socrate, Platone) e indiana (Siddhartha Gautama, il Buddha), il VI° e V° secolo vede attivi in Cina Confucio (Kung Fuzí), fondatore del Ru Jia, la scuola dei letterati, Mòzî (Mo Tzu), caposcuola del moismo (Mo Chia), e Zhuāngzǐ (Chuang Tzu), il principale prosecutore della scuola daoista nata con Laozí (Lao Tzu).

A questa prima fase segue il cosiddetto periodo delle “cento scuole”, un’epoca di impressionante vivacità intellettuale che vede nascere, oltre alla scuola dello yin-yang il cui testo fondamentale, l’I-Ching o Libro dei mutamenti, è da datare però al secondo o addirittura al terzo millennio a. C. -, la speculazione di Mencio (Mengzí), caposcuola dell’indirizzo spiritualista del Ru Jia, di Xunzí  (Hsun Tzu), autore de L’arte della guerra ed espressione dell’opposta corrente materialista della scuola confuciana, e di Han Feizí, iniziatore del pensiero autoritario dei legisti (Fa Jia).

 

Indice

1. Confucio e il Ru Jia
2. Laozí e il Dao Jia
3. Han Feizí e i legisti (Fa Jia)


1.
Confucio e il Ru Jia

Tutte le cose sono complete dentro di noi. Non c’è maggiore delizia che comprendere questo mediante l’educazione di se stessi.

Mencio (Mengzí) , VII, 1

Il maestro Kung (Khung Fu Tzu, latinizzato in Confucio), come fu sempre chiamato Khung Chhiu, era nato nel -552 (VI° a. C.) nel piccolo stato di Lu nell’odierno Shandong.

Più che un pensatore originale, Confucio fu, in primo luogo, un maestro di morale, interessato a sviluppare un codice etico capace di migliorare la vita associata degli uomini. Il tema centrale del suo insegnamento è stato infatti quello del completo sviluppo della personalità e dell’armonizzazione dei rapporti umani finalizzato al conseguimento del bene comune.

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1 Ottobre, 2012

Lin Hai 林海. Lo Chia-Luen, Il punto di vista confuciano sull’integrazione oriente-occidente

by gabriella

In questi giorni ho ripreso in mano un vecchio libro di storia della filosofia orientale. Rileggendolo, ho sostato con sorpresa sulle parole con cui il prof. Lo Chia-Luen aveva concluso il capitolo dedicato al pensiero cinese, parole spiazzanti per chi è abituato a pensare in termini di identità e omologazione. Con finale confuciano.

Le componenti e le manifestazioni del pensiero che abbiamo ricordato costituiscono la materia di cui è sostanziata la civiltà cinese. Esse hanno meriti e demeriti, comportano vantaggi e svantaggi, produssero fortune e sventure, risultati ambiti e conseguenze spiacevoli.

Ma quel che più importa è che noi ci troviamo in una nuova èra di contatti, impulsi e integrazioni culturali. L’oriente non è più a oriente e l’occidente a occidente, poiché la diminuzione delle distanze e le sempre più ingegnose invenzioni per trasmettere il pensiero e diffondere le idee costringono continuamente i due titanici gemelli ad incontrarsi ad ogni momento.

La nascita di una nuova civiltà, forse di una civiltà mondiale, è già annunciata. Nulla dell’antico può conservare la sua antica forma o sostanza, perché è antico, e nulla del nuovo può sorgere e permanere scacciando completamente il passato, in quanto tale passato permane e continua a vivere in coloro che lo hanno ereditato.

Il che fa parte del grande schema dell’evoluzione, che significa semplicemente mutamento e non implica mai progresso. Il progresso presuppone uno scopo, un ideale posto davanti o dietro di noi. Nel gigantesco processo di formazione di una nuova cultura, è essenziale che gli intellettuali di tutto il mondo conservino un’ampia visione della vita e alti ideali. Solo così potranno essere accomunati alla nobile missione di accelerare l’evoluzione culturale verso la perfezione del genere umano.

Lo Chia-Luen, Caratteristiche generali del pensiero cinese, in Storia della filosofia orientale, a cura di Sarvepalli Radhakrishnan, Milano, Feltrinelli, 1962, pp. 702-703.

1 Ottobre, 2012

Joseph Needham, Il Fa Chia, la scuola dei legisti

by gabriella
Joseph Needham

Joseph Needham

needhNel capitolo di Scienza e civiltà in Cina dedicato ai legisti [contenuto nel secondo volume dell’opera], Needham analizza in profondità l’indirizzo di pensiero autoritario che contribuì all’unificazione imperiale della Cina: il Fa Chia, la scuola dei legisti.

Significative le loro dispute sul conflitto tra legge positiva (fa) e legge di natura e non meno celebri le convinzioni della scuola sulla funzione del diritto penale e della crudeltà delle sanzioni nella conservazione dello stato.

L’amore legista per i numerico e il quantitativo a scapito del “qualitativo” e la capacità di rovesciamento delle tesi antagoniste di cui diedero prova i suoi esponenti ne fanno una lettura di straordinario interesse per chi si interessi dei topoi e del funzionamento del pensiero autoritario di ogni epoca.

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26 Settembre, 2012

Codocenza filosofia-storia. 4F

by gabriella
25 Settembre, 2012

Anselm Jappe, Cambiare cavallo

by gabriella

«Quando gli artigiani comunisti si riuniscono, essi hanno primamente come scopo la dottrina, la propaganda, ecc. Ma con ciò si appropriano insieme di un nuovo bisogno, del bisogno della società, e ciò che sembra un mezzo, è diventato scopo. Questo movimento pratico può essere osservato nei suoi risultati più luminosi, se si guarda ad una riunione di “ouvriers” socialisti francesi. Fumare, bere, mangiare, ecc. non sono più puri mezzi per stare uniti, mezzi di unione. A loro basta la società, l’unione, la conversazione che questa società ha a sua volta per scopo; la fratellanza degli uomini non è presso di loro una frase, ma una verità, e la nobiltà dell’uomo s’irradia verso di noi da questi volti induriti dal lavoro».[1]

Quando a 26 anni Marx scrisse uno dei suoi testi più importanti, i Manoscritti economico-filosofici del 1844, viveva a Parigi e frequentava le associazioni operaie in cui si parlava del socialismo. Marx ha sempre attribuito una grande importanza a questo primo incontro con degli uomini che si proponevano di rovesciare praticamente l’ordine borghese. Nel paragrafo citato (che si trova all’interno di un’analisi consacrata alla degenerazione del bisogno nella società capitalista) ha reso loro un bell’omaggio – non solo alle loro dottrine (che presto inizierà a criticare senza pietà), ma anche al loro spirito di fraternità: nella loro esistenza quotidiana, nei loro atti più semplici, essi vivevano già in una maniera diversa rispetto a quella della società che intendevano combattere.

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