28 Ottobre, 2015
by gabriella
Michel Foucault (1926-1984)
Nel corso tenuto a Berkley nell’autunno 1983, sei mesi prima di morire, Foucault si propose di indagare la nascita dell’attitudine critica in Occidente e la genealogia del soggetto e delle moderne forme di condotta occidentale. Nel tracciare la storia della libertà di parola nel mondo antico, Foucault indagò non il modo in cui l’idea o la pratica sono emerse, si sono affermate o diffuse, ma il modo in cui sono diventate un problema, staccandosi dalla normalità o familiarità di cui erano circondate in precedenza – da questo punto di vista, ogni problematizzazione si riferisce a fenomeni esistenti, ma considerati ovvi, dunque non esaminati prima.
Nel primo di questi sei seminari californiani, Foucault definì la parresia, il parlar franco o capacità di dire la verità e l’evoluzione del termine. Si rivolse poi all’idea di parresia nelle tragedie di Euripide ed evidenziò come la crisi delle istituzioni democratiche avesse cambiato il significato del termine, originariamente diritto di critica dei cittadini liberi e uguali – in quanto maschi e proprietari – legandolo progressivamente alle qualità etico-morali di chi la esercitava (il parresiastes) e di chi la subiva (il re). Dedicò infine l’ultimo seminario all’epimeleia eautou, la cura di sé, prassi caratterizzata da uno specifico rapporto con la verità attraverso la franchezza, con se stessi attraverso il pericolo, con gli altri attraverso la critica e con la legge morale attraverso la libertà e il dovere.
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Posted in Filosofia | Commenti disabilitati su Michel Foucault, Discorso e verità. La problematizzazione della parresia
23 Gennaio, 2012
by gabriella
La verità è un fatto di giustizia, non solo di forma logica.
[…] quando un filosofo si rivolge a un sovrano, a un tiranno, e gli dice che la sua tirannide è pericolosa e spiacevole, perché la tirannide è incompatibile con la giustizia, in quel caso il filosofo dice la verità, crede di stare dicendo la verità, e ancor più, corre un rischio (giacché il tiranno può adirarsi, può punirlo, può esiliarlo, può ucciderlo). Fu questa esattamente la situazione in cui si trovò Platone con Dionigi di Siracusa – sulla quale ci sono interessantissimi riferimenti nella Lettera settima di Platone, e anche nella Vita di Dionigi di Plutarco.
Quindi, come vedete,
il parresiastes è qualcuno che corre un rischio. Naturalmente, non è sempre il rischio della vita. Quando, per esempio, qualcuno vede un amico che sta commettendo un errore e rischia di incorrere nelle sue ire dicendogli che sta sbagliando, costui sta agendo da
parresiastes. In tal caso, certo, non rischia la vita, ma può irritare l’amico coi suoi rilievi, e conseguentemente l’amicizia può risentirne. Se, in una discussione politica, un oratore rischia di perdere la sua popolarità perché la sua opinione è contraria a quella della maggioranza, o perché può condurre ad uno scandalo politico, egli sta usando la
parresia. La parresia dunque è legata al coraggio di fronte al pericolo: essa richiede propriamente il coraggio di dire la verità a dispetto di un qualche pericolo. E nella sua forma estrema, dire la verità diventa un «gioco» di vita o di morte». Michel Foucault, Discourse and Truth. The Problematization of Parresia, 1985; trad. it
. Discorso e verità nella Grecia antica, Donzelli, Roma, 1996, p. 7.
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